IL Tessuto Osseo PDF

Title IL Tessuto Osseo
Author bruno mattiussi
Course ANATOMIA UMANA
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
Pages 9
File Size 113.7 KB
File Type PDF
Total Downloads 40
Total Views 145

Summary

Spiegazione anatomica, istologica e fisiologica del tessuto osseo ...


Description

1. Il tessuto osseo 1.1. Generalità Le ossa sono una forma di tessuto connettivo, altamente specializzata, con funzione di sostegno, protezione dei tessuti molli e, tramite le giunzioni articolari, di locomozione. La vivace attività metabolica cui va incontro il tessuto osseo gli permette, inoltre, di espletare altre due funzioni di fondamentale importanza: riserva di calcio e l’emopoiesi. L’appartenenza dell’osso alla classe dei tessuti connettivi è legittimata sia per la sua origine dal mesenchima, sia per la costituzione, essendo composto di cellule e da matrice extracellulare. La matrice ossea presenta due tipi di componenti : una organica (sostanza fondamentale amorfa e fibre collagene) e una inorganica o minerale, a cui si devono le straordinarie proprietà meccaniche come la durezza e la resistenza del tessuto alla compressione, alla trazione ed alla torsione. Nonostante l’elevata stabilità, il tessuto osseo gode di uno spiccato dinamismo essendo in grado di adattarsi continuamente alla forze che agiscono su di esso (1). Dal punto di vista morfologico possiamo distinguere diversi tipi di segmenti scheletrici: ossa brevi, lunghe, piatte e ossa irregolari ; esse non differiscono solo per dimensioni e forma, ma anche per proporzione e quantità di due differenti tipi di tessuto osseo che le caratterizzano, ovvero l’osso compatto e l’osso spugnoso. Le ossa lunghe si trovano negli arti e sono contraddistinte da una maggiore lunghezza dell’asse longitudinale rispetto a quello trasversale. Esse presentano diverse parti: la diafisi che corrisponde al corpo centrale, le due epifisi,distinte in prossimale e distale, le cui forme tondeggianti forniscono uno spazio ampio per l’inserzione dei muscoli , e una cavità interna, detta cavità midollare, che nell’adulto è occupata da tessuto connettivo ricco di grasso, il midollo giallo (1; 2). Le ossa brevi sono piccole strutture isodiametriche ; esempi ne sono le ossa del carpo e quelle tarsali. Le ossa piatte, invece, presentano generalmente superfici sottili e ampie e sono caratterizzate dalla presenza del midollo rosso che occupa i canali della parte spugnosa ; infine ci sono le ossa irregolari che si distinguono per la loro forma atipica, come suggerisce il nome (2). Il tessuto osseo è rivestito da due strutture connettivali: esternamente dal periostio e, internamente, dall’endostio. Il periostio è una membrana connettivale di natura fibroelastica, fittamente vascolarizzata, assente nelle zone d'inserzione tendinea e legamentosa e a livello delle superfici articolari. Il periostio si

compone di uno strato fibroso più esterno e ricco di vasi, e da uno strato profondo, estesamente capillarizzato, che presenta una massiccia quantità di cellule e di fibre elastiche. Tra le varie cellule presenti nello strato interno, compaiono le cellule osteoprogenitrici, normalmente quiescenti, che, durante l’accrescimento dell’osso e nei processi riparativi di fratture, possono proliferare dando luogo allo strato osteogenico di Ollier. Il periostio, in prossimità dell’articolazione, si continua nella cartilagine ialina, una particolare guaina connettivale elastica che favorisce l’assorbimento delle pressioni. In aggiunta, le fibre periostali s'intrecciano con quelle tendinee che si inseriscono a livello dei capi ossei ; ciò, non solo garantisce un saldo ancoraggio dei muscoli alle ossa, ma determina anche un incremento della resistenza a forze di trazione. L’endostio è una sottile membrana fibrosa che tappezza tutte le cavità ossee ed è costituito da un unico strato di cellule osteoprogenitrici. Questa lamina di cellule è attiva durante lo sviluppo, la crescita dell’osso e ogni volta che siano necessari nuovi osteoblasti per rimodellarlo o per la sua riparazione in seguito ad una frattura ; il periostio e l’endostio, quindi, oltre a costituire delle guaine connettivali di rivestimento, svolgono anche una funzione nutritiva del tessuto osseo, nonché di rifornimento continuo di osteoblasti (1). 1.2. Organizzazione tridimensionale dell’osso Il tessuto osseo primario, che compare inizialmente in tutti i processi di osteogenesi, è quello che caratterizza lo scheletro fetale ; esso differisce da quello adulto per la disposizione intrecciata delle fibre collagene. Questo tessuto primitivo, che prende il nome di callo osseo se deposto in seguito ad una frattura, viene riassorbito rapidamente e sostituito con tessuto osseo lamellare, cioè il tessuto osseo dell’adulto (o secondario). Il tessuto osseo lamellare differisce da quello non lamellare, da cui deriva attraverso un processo di rimodellamento, per la presenza di lamelle ossee aggregate in strati paralleli nei quali si distinguono fibre collagene disposte ordinatamente, e tra le quali sono localizzati gli osteociti. Si distinguono due tipologie di tessuto osseo lamellare in base all’organizzazione spaziale delle lamelle ossee: il tessuto osseo compatto e il tessuto osseo spugnoso. L’osso compatto, presente nelle ossa piatte e in quelle lunghe, costituisce la maggior parte della massa totale dello scheletro adulto ; gli osteoni, chiamati anche sistemi Haversiani, ne rappresentano le unità strutturali. Ciascun osteone è costituito da lamelle ossee disposte in modo concentrico attorno ad un canale centrale, chiamato anche canale di Havers, attraversato da vasi sanguigni, linfatici e fibre nervose ; i canali haversiani sono collegati, attraverso i canali trasversi (di Volkmann), con i vasi sanguigni proveniente dalla rete arteriosa periostale e midollare.

Tra i vari osteoni sono posti gruppi di lamelle ossee, le lamelle interstiziali, prodotti dal riassorbimento incompleto degli osteoni durante i processi di rimodellamento. Un ultimo tipo di sistema lamellare è quello che costeggia la porzione esterna dell’osso compatto, lungo il periostio, e il limite più interno che si affaccia sulla cavità midollare, ed è formato dalle cosiddette lamelle circonferenziali. L’osso spugnoso, localizzato maggiormente all’interno delle ossa piatte, delle ossa brevi e nelle epifisi delle ossa lunghe, si distingue da quello compatto per la sua struttura microscopica ; priva di osteoni e dall’aspetto alveolare, si organizza in sottili trabecole che si diramano e si anastomizzano formando una maglia che ospita il midollo osseo. L’orientamento spaziale delle trabecole non è casuale ma è organizzato in modo molto rigido e complesso, che rispecchia precisamente quelle che sono le linee di forza che vengono abitualmente esercitate sul segmento di osso. L’adeguamento architetturale che dinamicamente compie l’osso, consente quindi di ottenere un minimo peso strutturale, garantendo al contempo la massima resistenza meccanica.

1.3. La matrice ossea La matrice ossea è costituita da due componenti chimiche : la matrice inorganica e quella organica. La componente minerale è formata principalmente da fosfati di calcio e carbonato di calcio ai quali si aggiungono, in quantità minori, altri sali come gli ioni bicarbonato, magnesio, citrato, sodio e potassio. Il fosfato di calcio è presente sotto forma di cristalli aghiformi d'idrossiapatite, derivanti da una doppia idrossilazione dell’apatite, che si distribuiscono lungo le fibre di collagene immersi nella matrice amorfa. I cristalli, oltre ad essere responsabili della durezza peculiare dell’osso, fungono anche da deposito di ioni calcio, la cui concentrazione ossea e plasmatica dipende da un fine controllo ormonale esercitato principalmente dalla calcitonina e dal paratormone. Il primo è un polipeptide che inibisce l’attività osteoclastica stimolando la deposizione di calcio nelle ossa e la sua escrezione renale; l’ormone paratiroideo, al contrario, ha un effetto complessivo ipercalcemizzante. La componente organica conferisce al tessuto osseo le sua natura di relativa flessibilità e la possibilità di sopportare il carico e di ammortizzarlo, quantomeno entro certi limiti fisiologici. La matrice organica è costituita da fibre collagene di tipo I che sono immerse nella sostanza fondamentale amorfa ed essenziali per la composizione dell’osso, poiché contengono nella loro struttura i centri di nucleazione dei cristalli minerali. Le fibre collagene si presentano in fasci e

vanno a costituire delle strutture di forma lamellare, ottimizzando le proprietà di solidità e resistenza meccanica del tessuto. La componente non fibrillare della matrice è costituita in prevalenza da proteoglicani, ovvero macromolecole composte da glicosamminoglicani, legate covalentemente a brevi catene polipeptidiche. Un'importante classe di proteoglicani sono quelli a catena corta ricchi in leucina (SLRPs), tra i quali i più conosciuti sono il biglicano e la decorina strutturalmente molto simili ma che differiscono per la presenza nel primo di una molecole in più di condroitinsolfato. Questo gruppo di proteoglicani è coinvolto nello sviluppo e nell’omeostasi ossea, svolgendo dei ruoli specifici durante tutte le fasi di formazione dell’osso, compresi i periodi relativi alla proliferazione cellulare, la deposizione della matrice organica, il rimodellamento e al processo di mineralizzazione. In particolare, il biglicano può controllare delle vie di segnalazione chiave che regolano il programma osteogenico, comprese l’attività delle citochine multifunzionali TGF-β, BMP4 e Wnt e, di conseguenza, il numero di precursori osteogenici disponibili, nonché il loro successivo sviluppo, il processo di differenzazione e funzione nella formazione ossea (3). La decorina, invece, è un piccolo proteoglicano presente principalmente nel tendine, ed è coinvolto nella fibrillogenesi. Un altro gruppo di proteine non collageniche è rappresentato dalle glicoproteine che comprendono diverse molecole: 

L'osteonectina, è una glicoproteina che viene secreta dagli osteoblasti per favorire il processo di mineralizzazione ; infatti l’osteonectina, avendo un’alta affinità per lo ione calcio, ha il compito di agire come elemento di nucleazione dei cristalli.



La fosfatasi alcalina, un enzima la cui funzione è quella di idrolizzare gli esteri fosforici in modo da rendere disponibile fosfato nella formazione dei cristalli di idrossiapatite.



La fibronectina, presente nella matrice pericellulare, è una molecola di adesione cellulare ed è coinvolta nei processi di organizzazione e migrazione delle cellule ossee.



Le sialoproteine, sono glicoproteine caratterizzate dalla presenza di residui glicidici di acido sialico; esse contengono la sequenza amminoacidica RGD (arginina-glicina-acido aspartico) la cui funzione è quella di mediare l’adesione con diversi tipi cellualri, tra cui anche le cellule dell’osso. Le sialoproteine comprendono diverse proteine, tra le quali l’osteopontina (BPS I), la BSP II e la glicoproteina acida dell’osso (BAG-75), che sono fondamentali per l’ancoraggio degli osteoclasti alla matrice e per la loro alta affinità con lo ione calcio.



Le proteine contenenti l’acido γ-carbossiglutammico (GLA). Questo gruppo comprende due proteine principali: l’osteocalcina, e la proteina GLA della matrice. La sintesi dell’osteocalcina, stimolata positivamente dalla forma attiva della vitamina D, è svolta

specificatamente dagli osteoblasti nel corso dell’osteoformazione. Questa proteina esercita un’azione chemiotattica nei confronti degli osteoclasti che suggerisce un suo ruolo nell’attività di rimodellamento dell’osso; inoltre, si ipotizza che l’osteocalcina, avendo un’alta affinità per lo ione calcio, possa essere coinvolta nel processo di mineralizzazione. I livelli sierici di osteocalcina sono utilizzati per la valutazione quantitativa del metabolismo osseo (1;4).

1.4. Le cellule La componente cellulare dell’osso è costituita da cellule osteoprogenitrici, osteoblasti, osteociti e osteoclasti. I primi tre gruppi cellulari derivano da cellule staminali presenti nel mesenchima; gli osteoclasti, invece, non sono delle cellule autoctone dell’osso, bensì derivanti da precursori della famiglia monocito-macrofagica, chiamati pre-osteoclasti,che si differenziano a loro volta da cellule staminali ematopoietiche. Le cellule osteprogenitrici sono elementi relativamente indifferenziati caratterizzate da un’intensa attività mitotica, che si esplica nei processi di accrescimento o riparazione, da cui originano gli osteoblasti. La funzione degli osteoblasti è di sintetizzare i componenti organici della matrice, grazie alle proprietà istologiche intrinseche di cui godono. Il collagene di tipo I è il prodotto principale dell’attività secretoria osteoblastica, cui si aggiungono il resto delle componenti non collageniche ; si realizza in tal modo una matrice ossea non ancora cristallizzata, denominata tessuto osteoide. Gli osteoblasti si dispongono principalmente a livello delle superfici ossee e nello strato osteogenico del periostio e dell’endostio, soprattutto durante l’accrescimento e i processi riparativi del tessuto; l’attività e il numero di queste cellule può variare in funzione delle sollecitazioni esterne, ricoprendo un ruolo fondamentale nel controllo del turnover osseo. Quando termina la fase biosintetica, gli osteoblasti rimasti intrappolati nella matrice neoformata,

possono morire per

apoptosi, diventare osteociti oppure cellule ossee di rivestimento (bone lining cells ) (5). Le cellule ossee di rivestimento (BLC) sono, dunque, osteoblasti quiescenti di forma piatta che rivestono le superfici ossee inattive, dove cioè non si verifica ne riassorbimento ne formazione dell’osso ; poiché l’attivazione del rimodellamento osseo si verifica in corrispondenza di tali superfici, le BLC potrebbero essere coinvolte nella propagazione del segnale di accensione del processo rimodellante e anche di quello relativo al riassorbimento (5;6).

Gli osteociti sono contenuti in cavità interposte tra le lamelle, chiamate lacune ossee, dalle quali si diparte una rete, scavata nella matrice, di canalicoli non calcificati che prendono il nome di canalicoli ossei. Questi tunnel, nei quali gli osteociti introducono i loro sottili prolungamenti citoplasmatici, sono connessi con il sistema vascolare formato dai canali di Havers e di Volkmann; ciò consente lo scambio costante di metaboliti tra il sangue e le cellule dell’osso che sarebbe, altrimenti, compromesso dalla presenza della matrice calcificata. Inoltre, tra i prolungamenti degli osteociti all’interno dei canalicoli e gli osteoblasti posti in superficie dell’osso, sono presenti delle giunzioni comunicanti (gap junctions) che permettono la rapida trasmissione delle informazioni, garantendo in tal modo un monitoraggio efficace dello stato del tessuto; in particolare, viene facilitato il trasporto intercellulare di piccole molecole di segnalazione, quali le prostaglandine e l’ossido nitrico. Quindi, attraverso questo sistema lacuno-canalicolare, i dendriti citoplasmatici degli osteociti agiscono come meccanocettori, in grado di rilevare ed elaborare le pressioni, i carichi e nel complesso tutte le informazioni meccaniche trasmesse al citoplasma (5;7). Pertanto, è chiaro che, in contrasto con la visione storica che considerava gli osteociti cellule passive, essi possano effettivamente rappresentare gli orchestratori principali del rimodellamento osseo, integrando i segnali ormonali e meccanici ai fini della regolazione della massa ossea; è attraverso questo tipo di meccanismo che lo scheletro può soddisfare non solo le sue esigenze meccaniche, ma anche le altre richieste in relazione all’omeostasi del calcio e del fosfato (8). Gli osteoclasti sono cellule polinucleate, derivanti dalla fusione di precursori reclutati dalla linea monocito-macrofagica; la loro origine è influenzata da diversi fattori, tra i quali il fattore stimolante la crescita delle colonie macrofagiche (M-CSF) secreto dalle cellule osteoprogenitrici mesenchimali e dagli osteoblasti, e il fattore Receptor Activator for Nuclear Factor k Ligand (RANKL), secreto da osteoblasti, osteociti e cellule stromali. Insieme, queste promuovono l’attivazione dei fattori di trascrizione e dell’espressione genica degli osteoclasti (5). Gli osteoclasti sono le cellule specializzate nel riassorbimento della matrice ossea mineralizzata. Caratterizzati da una morfologia variabile, essi si adattano ogni volta alle richieste funzionali del momento; presentano un citoplasma ricco di fasci di actina contrattili (stress fibers) che consente loro di muoversi, e pseudopodi lamellari che non permettono di definirne chiaramente la forma. Gli osteoclasti, una volta adesi al substrato osseo deputato al riassorbimento, polarizzano il proprio citoscheletro verso l’interfaccia cellula-osso, dando origine al fronte di erosione (1). Il versante citoplasmatico dell’osteoclasto posto in continuità con la matrice è diviso in due zone distinte. L’orletto increspato o ruffled border, è la porzione localizzata centralmente ed è contraddistinta da una seria di microvilli e da un gran

numero di vacuoli, granuli e vescicole. L’orletto increspato rappresenta il dominio maggiormente implicato nel processo di riassorbimento grazie alla spiccata attività dei suoi processi digitiformi; inoltre, in corrispondenza di questa regione si rileva la presenza dell’enzima anidrasi carbonica e di pompe protoniche. La seconda zona occupa un’area a corona circolare che circoscrive la precedente e prende il nome di zona sigillante (sealing zone). In corrispondenza di questa regione, la membrana dell’osteoclasto è in contatto con la superficie ossea mediante le strutture di adesione chiamate podosomi costituite da microfilamenti di actina, diverse proteine citoscheletriche ed integrine (1). 2. Il rimodellamento osseo 1.2. I fattori locali e sistemici che regolano il turnover osseo L’osso non è un tessuto inerte, bensì un organo dinamico in grado di rinnovarsi costantemente attraverso dei cicli di rimodellamento, nei quali si distinguono fasi, finemente coordinate, di riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti e deposizione di nuova matrice ossea ad opera degli osteoblasti (1). La formazione, la proliferazione, la differenziazione e l’attività di queste cellule sottostanno al controllo di fattori locali e sistemici. I fattori locali includono sostanze autocrine e paracrine, tra i quali i fattori di crescita, citochine e prostaglandine prodotte dalle cellule ossee, e altri fattori rilasciati direttamente dalla matrice ossea : la matrice mineralizzata dell’osso, infatti, è una vera e propria riserve di fattori osteoinduttivi come la proteina morfogenetica dell’osso (BMP) e il fattore di crescita trasformante (TGF-β) (5). A livello sistemico, gli ormoni che regolano il metabolismo osseo e, di riflesso, l’omeostasi calcica e di fosforo nel sangue sono il paratormone (PTH), la calcitonina, l’1,25 diidrossicolecalciferolo (calcitriolo), androgeni ed estrogeni. Il PTH, sintetizzato dalle paratiroidi, ha un'azione osteolitica che si esplica tramite gli osteoblasti ; infatti, questi, stimolati dall’ormone, libererebbero i cosiddetti fattori di attivazione osteoclastica (OAF) che agirebbero sugli osteoclasti, innescando il riassorbimento della matrice calcificata con conseguente effetto ipercalcemizzante (1); il paratormone, inoltre, riduce l’escrezione renale di calcio, esaltando quella del fosfato. La calcitonina è prodotta dalle cellule parafollicolari della tiroide. La sua funzione fisiologica è quella di abbassare la concentrazione plasmatica di calcio, aumentando l’assorbimento intestinale dello ione e promuovendone la deposizione ; congiuntamente a questo effetto mineralizzante, viene soppressa l’attività di riassorbimento degli osteoclasti. La calcitonina, oltre a scongiurare un incremento eccessivo della calcemia, è, insieme al paratormone e alla forma attiva della vitamina D, essenziale per l’omeostasi del fosforo ; con la sua azione, infatti, viene stimolata l’escrezione renale di questo importante minerale.

Per vitamina D s'intende una classe di sostanze liposolubili dotate di specifici effetti sul metabolismo del calcio e del fosforo : la vitamina D 2 ( o ergocalciferolo) e la vitamina D 3, detta anche colecalciferolo, rappresentano le forme biologicamente più attive. La vitamina D 2 deriva dall’ergosterolo, ampiamente diffuso nel mondo vegetale, mentre la vitamina D ...


Similar Free PDFs