La collezione come forma d\'arte di Elio Grazioli PDF

Title La collezione come forma d\'arte di Elio Grazioli
Author Nicole Ugolini
Course MUSEOLOGIA E COLLEZIONISMO
Institution Università di Bologna
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Summary

LA COLLEZIONE COME FORMA D'ARTEELIO GRAZIOLI – critico d'arte, insegna Storia dell'arte contemporanea all'Università e all'Accademia di belle Arti di Bergamo.Introduzione - Il collezionismo non è più solo affare di chi, non artista, raccoglie oggetti in quantità rilevante, ma diventa modalità espres...


Description

LA COLLEZIONE COME FORMA D'ARTE

ELIO GRAZIOLI – critico d'arte, insegna Storia dell'arte contemporanea all'Università e all'Accademia di belle Arti di Bergamo. Introduzione - Il collezionismo non è più solo affare di chi, non artista, raccoglie oggetti in quantità rilevante, ma diventa modalità espressiva di quegli artisti che li radunano per costruire opere d’arte secondo il principio warburghiano del montaggio. Trasversalità, soffio personale definiscono una tipologia di collezione agli antipodi rispetto a quella chiusa e preordinata dei musei. A questa dimensione più privata e creativa fa riferimento Elio Grazioli il quale, nel ricostruire il percorso che dalla Wunderkammer porta al collage e all’assemblage, racconta un collezionismo non utilitarista ma passionale, meno vetrina di rappresentanza e più gioco per intenditori che sappiano apprezzare le articolazioni impreviste. PRINCIPIO DEL MONTAGGIO di ABY WARBURG: Immaginò qualcosa di inaudito, cioè che le immagini dall'antichità a oggi potessero in qualche modo comunicare fra loro e per farlo ideò una specie di montaggio, il quale presupponeva che le immagini funzionassero in modo epidemico. Ovvero sopravvivessero contagiandosi, poiché ciascuna di esse, sopravvivendo, spiegava il senso delle altre. Nel suo "montaggio" convivono immagini separate da duemila e più anni di storia.

CAPITOLO 1 ➢ I collezionisti sono persone che hanno la smania di raccogliere oggetti in quantità spesso rilevante, talvolta eccessiva per le loro stesse possibilità; oggetti legati tra loro da una qualche relazione, tenuti in ordine o in un disordine significativo. → in un certo senso soddisfano a un grado più elevato un impulso che forse tutti possediamo, lo stesso che ci spinge comunque a circondarci di oggetti che scegliamo e che diventano importanti nello spazio in cui viviamo, che persino lo riscrivono. ➢ La particolarità degli oggetti della collezione risiede anche nel singolare rapporto che hanno con la realtà. → lo dimostra non solo la scelta di cui sono motivo, ma soprattutto la cura di cui vengono circondati: conservati e protetti per la loro unicità, rarità individuale e oggettuale, ordinati per il loro simbolico e affettivo, il collezionista sembra custodire in essi anche un segreto e vedervi qualcos'altro ancora. → è una loro materialità peculiare, forse quella qualità stessa di "cosa", nel senso di Heidegger, per cui collezionare significa aver cura non solo delle cose e del proprio mondo, ma, per così dire, del mondo e della cosa stessa. ➢ Mentre da un lato musei e archivi vogliono raccogliere, conservare, sistemare, da un altro lato persistono iniziative particolari, inevitabilmente individuali, di persone che vanno dietro a una propria idea o passione per realizzare ed esprimere qualcos'altro. → le prime sono raccolte di oggetti, di opere; le seconde sono come un'opera propria del collezionista, il suo modo di fare arte, per quanto attraverso oggetti di opere altrui. ! Non tragga in inganno, soprattutto in quest'era postreadymade e postmoderna, si tratti

di raccolte di opere altrui ► il collezionista non raduna mai oggetti costruiti da sé. ~ anche per questo l'oggetto collezionistico ha un carattere particolare e la collezione è prima di tutto un modo di raccogliere e di tenere insieme una forma e una logica diverse, in quest'era, potremmo allora dire postcollage e postassemblage. ~ la preoccupazione del collezionista per il destino postumo della sua collezione conservazione, dono, dispersione, abbandono - si comprende in questa prospettiva più che in altre. ➢ E' forse questa l'idea di collezionismo che corrisponde ai presenti momenti di pretesa globalizzazione del mondo dell'arte, di affermazione della diversità, di pluralità e molteplicità dei linguaggi e dei contenuti. Infatti, a ogni epoca si ritrovano modalità e concezioni di collezionismo corrispettivi.

CAPITOLO 2 Wunderkammer ➢ in italiano camera delle meraviglie o gabinetto delle curiosità o delle meraviglie, è un'espressione appartenente alla lingua tedesca, usata per indicare particolari ambienti in cui, dal XVI secolo al XVIII secolo, i collezionisti erano soliti conservare raccolte di oggetti straordinari per le loro caratteristiche intrinseche ed estrinseche. ➢ Quello delle Wunderkammer fu un fenomeno tipico del Cinquecento, che però affonda le sue radici nel Medioevo. Esso poi si sviluppò per tutto il Seicento, alimentandosi delle grandiosità barocche, e si protrasse fino al Settecento, favorito dal tipico amore per le curiosità scientifiche, proprio dell'Illuminismo. ➢ Per un certo verso, la Wunderkammer si può considerare come il primo stadio dello sviluppo del concetto di museo, sebbene non abbia di quest'ultimo le caratteristiche della sistemazione e del metodo, ma per la sua realizzazione si partì proprio dal contenuto di Wunderkammer ereditate da privati e messe poi a disposizione del pubblico. → infatti, tutti gli oggetti che destavano meraviglia nei secoli sopra citati, erano strettamente legati all'idea di possesso da parte dei privati, cosa che stimolò la crescita e la diffusione del collezionismo, fenomeno già conosciuto nell'antichità. → scopo del collezionista era quello di riuscire ad impossessarsi, talvolta pagando cifre molto cospicue, di oggetti straordinari provenienti dal mondo della natura o creati dalle mani dell'uomo. Cabinet d’amateur ➢ forma di collezionismo tipica del XVII secolo, dove il protagonista è la raccolta del collezionista ► ed è quindi la rappresentazione di una collezione. ➢ Anche in questo caso, come per quanto riguarda la collezione stessa, la maggioranza di questi quadri nasce dalla necessità di fare ordine e catalogare. → la confusione e il caos dei quadri appesi è solo apparente, in realtà è un sapiente montaggio di accostamenti e rimandi, spesso anche un’occasione per suggestioni eterodosse, più o meno manifeste, quando non nascoste per sfuggire a censure di vario tipo.



I cabinet d’amateur si dividono nelle quadrerie (termine seicentesco che veniva usato per definire una collezione di dipinti; si trattò delle prime raccolte riunite da privati, nobili o borghesi, nelle quali il dipinto non era più considerato come elemento di arredamento) e nelle conversazioni in cui vi erano i personaggi, il collezionista e i suoi ospiti che commentano la collezione ► ci si trova quindi di fronte a un colloquio, tra i personaggi e tra i quadri stessi.

! Il collezionista più moderno e vicino a noi è quello dell’800. Nel 19 secolo si crea un nuovo tipo di collezionista che è a caccia di occasioni, appassionato ad un ambito specifico va alla continua ricerca di un pezzo che possa aggiungere alla sua collezione.

CAPITOLO 3 ➢ Con il nuovo secolo si consolida la modernità, le collezioni iniziano ad entrare nei musei e

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nasce quindi l’arte per le collezioni ► cioè un’arte fatta apposta per inserirsi in un percorso prestabilito, arte fatta per stare bene nella collezione o nel museo, arte d’arredo. La collezione diventa simile al museo, espressione di una visione generale più che individuale, sociale e pubblica più che privata. Con il surrealismo si profilano altri due caratteri interessanti per la collezione: 1) visione più nobile della ricostruzione retrospettiva di un percorso di legittimazione del proprio punto di arrivo, che comporta una vera e propria ricerca con scoperte effettive e reinterpretazioni e rivalutazioni critiche. Le chiavi del fantastico, dell’inconscio del meraviglioso, dell’invisibile, di uno sguardo attento a dettagli solitamente trascurati, a espressioni mai prese in considerazione 2) i bambini, i pazzi, gli occasionali aprono nuove vie in avanti, oltre a suggellare all’indietro. La stessa collezione di Breton ne è un esempio e ogni mostra o pubblicazione del gruppo surrealista non ne ha mai mancato di una sezione o di una mescolanza con oggetti del genere. → è una concezione più dialettica, nel senso che attribuirà Walter Benjamin a tale espressione, ovvero un circuito temporale, invece che una linearità conseguente e storicista, in cui il presente rilegge il passato in una chiave nuova. Anticipando un futuro ancora da venire: nel presente cioè si ritrovano tutte e tre le dimensioni temporali intrecciate tra loro. È un tempo-collezione. → l’altro punto è quello che Breton chiama il ‘’caso oggettivo’’, mediando da Freud un’interpretazione di come la scoperta di un oggetto d’affezione, una scelta di gusto, siano regolamentate da un movimento in due direzioni, non solo quella del collezionista verso l’oggetto, ma anche quello dell’oggetto verso il collezionista, un incontro, un appuntamento. L’oggetto per il surrealismo è ‘’emblema’’ come dice Line Gabellone, capace com’è “di evocare il meraviglioso, di sostituirsi o identificarsi ad esso come la parte al tutto”.

L’oggetto non ha mai avuto tale importanza per un movimento artistico e un valore così illuminante per la collezione. → il collezionista vuole comprendere ciò che colleziona, far proprio in questo senso totale, non solo riempire una casella di uno schema. → la forma compositiva che ne deriva è il montaggio, che ha ormai mostrato e anche teorizzato il cinema, ma più come una mappa del pensiero, della mente, che come metodo narrativo. ➢ Tra il ’39 e il ‘45 (anno della sua morte) Hitler ha portato avanti due modalità deformi di collezionismo: 1. l’una consisteva nel raccogliere le più grandi opere dell’arte europea che incontrava sul suo cammino; 2. la seconda nell’ordinare la riproduzione fotografica di tutte le opere d’arte della Germania in caso fossero andate distrutte dalla guerra e dagli alleati. Questo è un esempio che sottolinea come dal legame tra megalomania collezionistica e pretesa archivistica possa esserci in tutta la sua esasperazione totalitaria il rischio del collezionismo archivistico non creativo. ➢ Andre Marlaux nel dopoguerra concepisce quello che chiama ‘’museo immaginario’’, si tratta di un museo mentale che racchiude le conoscenze di ogni individuo, nel caso dei collezionisti tali conoscenze diventano amore puro che si trasforma in collezione, nel desiderio cioè di trasformare il museo immaginario in una collezione fisica.

CAPITOLO 4 ➢ Negli anni ’70 la situazione subisce un curioso rovesciamento, la direzione si inverte: il

collezionismo non è più solo affare di chi, non artista, raccoglie le opere altrui, ma entra direttamente nell’arte, come l’arte nel collezionismo; la forma della collezione entra cioè a far parte della modalità del fare arte ► gli artisti raccolgono ed espongono collezioni come opere proprie. → è stato probabilmente lo sviluppo dell’assemblage a portare a ciò. Il perno di tali collezioni sta nel non sapere all’inizio di esse dove si arriverà, anche se una volta formatesi sembreranno collezioni pensate e studiate fin dal principio anche se non è così. → il risvolto più attuale di ciò si può vedere nell’opera Rebus di Rauschemberg (1955), che tratta della disposizione di materiali di una collezione in forma di collage. ➢ Dall’interdisciplinarietà si passa alla visione di un nuovo mondo in cui le parti sono integrate in un unicum. Da qui si legano arte e vita, scienza e tecnologia, design e cultura popolare fino alla leggendaria mostra del ’56 intitolata “This is tomorrow’’. → qui vi appare il famoso collage di Richard Hamilton “che cosa rende così diverse e attraenti le case d’oggi?”, ovvero una delle prime opere in cui le parti non sono scindibili dall’insieme, non hanno autonomia né valore, ma sono integrate in modo assoluto. ➢ Nel ’61 si tiene la grande mostra “Art of assemblage’’ al MOMA che tratta del passaggio dal collage al nuovo esito tridimensionale e bricoleur che Rauschemberg sta sviluppando. → nella realtà del bricoleur ritroviamo tutti i caratteri del collezionista. 1. ogni elemento del suo strumentario non è vincolato ad un unico impiego determinato

ma rappresenta un insieme di relazioni di possibilità al tempo stesso sia concrete che virtuali. 2. ogni modificazione che riguarda un elemento interesserà automaticamente tutti gli altri e ogni stato intermedio di realizzazione divergerà automaticamente dall’intenzione iniziale, sempre nel caso ce ne fosse una. ➢ La società di quegli anni è diventata una società del consumo, quella che interessa la pop art, non per niente uno dei veri e propri artisti ad esporre una collezione come opera propria è Oldenburg , che ha aperto la sua carriera con l’esposizione delle proprie opere in forma di store, cioè di negozio, anziché di luogo dedicato all’arte. → il Mouse Museum (’65-’77) è un piccolo museo con un padiglione a forma di Mickey Mouse, all’interno del quale è esposta la collezione di 380 gadget di vario tipo e soggetto raccolta dal Oldenburg nel tempo. Gli oggetti nel museo sono caratterizzati come kitsch, gusto di massa. ➢ Esempi simili a questo si possono trovare nel Fluxus e nel Nouveau Realisme; il Fluxus ( = un network internazionale di artisti e designer, che ebbe una corrente interna dalla sensibilità fortemente anti-commerciale ed anti-artistica ) ne realizza la variante più radicale. → questo movimento si basa sul pensiero che l’arte debba diventare creatività diffusa, che tutto è arte, che niente deve diventare merce, tutto deve risolversi in un flusso, continuo e inarrestabile; si dedica poi molto tempo alla realizzazione di ephemera (come vengono chiamati tutti quei prodotti che generalmente stanno intorno all’opera vera e propria e alla sua esposizione, per esempio gli inviti alle mostre, i biglietti da visita, le pubblicità ecc. )

▼ l’insieme di questi oggetti ha la logica di una collezione, ma al tempo stesso ne sono l’opposto, perché normalmente li si usa e poi li si getta, non vengono conservati. Convertiti in opere d’arte dagli artisti hanno lo scopo di sovvertire l’aspetto feticistico ed economico della collezione, diventando simbolo di un’attività che deve diventare comune, uno stimolo alla creatività di ciascuno, un invito al pubblico affinché passi dall’essere passivo ad attivo, artista egli stesso. ➢ Sul concetto di collezione Marcel Broodthaers ha impostato il centro della propria strategia estetica, oltre che la motivazione originaria della sua scelta di diventare artista (divenne artista per l’impossibilità economica di diventare un collezionista, perché allora non crearsi le opere da sé??)

→ la sua opera “Museo d’arte moderna. Dipartimento delle aquile” (’68-’72) è una collezione di tutto ciò che possa riguardare le aquile, da oggetti di uso quotidiano a opere d’arte (anche riproduzioni), a documenti storici, pubblicità e vere e proprie aquile impagliate. → un’altra sua opera è “Ma Collection”, il cui titolo fa pensare a una raccolta di oggetti riguardanti la sfera personale dell’artista; si tratta invece di una collezione contenete un suo ritratto e cataloghi delle sue mostre ► è quindi una collezione di lui come artista. Il tema dell'obsolescenza ➢ è importante nel collezionismo che stiamo analizzando, perché di solito caratterizza ciò che va fuori moda, che non ha più utilità, che non verrà più prodotto. Queste caratteristiche

fanno scattare la molla dei collezionisti che desiderano accaparrarsi gli ultimi elementi di qualcosa che a breve verrà considerato raro. ➢ In questo periodo sono gli stessi artisti che si rendono conto che collezionare è un modo particolare per scegliere e accostare le cose, assumendo questa forma come una modalità del fare e dell’esporre. ➢ Di fronte alla riduzione di tutto in immagini, alla sostituzione della materia con il virtuale, all’accumulo indiscriminato e al consumismo sempre nuovo, la collezione valorizza gli oggetti. ➢ Gli archivi di Gilbert e George degli anni ’70 sono molto particolari, raccolsero tutto ciò che riguardava le loro opere, dai materiali utilizzati ad ogni locandina delle loro mostre, qualunque cosa riportasse all’opera stessa, ci si chiede quindi se è la collezione che rimanda all’opera o viceversa. → non riconducibili né alla documentazione né al puro materiale preparatorio per le opere, i loro archivi risentono l’atteggiamento da collezionista. Atlas ➢ I casi più clamorosi di raccolte di immagini che diventano programmaticamente opere sono di area germanica, ognuno diverso e che presenta un lato differente della questione del rapporto raccolta-opera. ➢ A partire da Gerhard Richter, con Atlas (work in progress dal 1962). Atlante, appunto, e non semplice riserva o archivio di soggetti per le opere, suggerisce più profondamente come anche l’artista colleziona prima di dipingere, scegliendo cioè i soggetti delle proprie opere un po' come il collezionista sceglie le opere della propria collezione, e li tiene tutti a disposizione in un insieme simultaneo, creando rimandi, connessioni, sviluppi, agganci. ➢ La collezione come forma è anche una risposta al museo come istituzione, alla sua struttura rigida e autoreferenziale, meta-discorsiva anziché diretta. E poi è la risposta alla critica stessa del museo, dell’istituzione, dell’esposizione, che entra sempre di più nell’arte degli anni ’70. → il fatto che Atlas sia stata considerata un’opera a tutti gli effetti è avvenuto grazie a sue varie esposizioni, questo incrocio di collezione-opera cambia lo statuto di entrambe, resta l’ambivalenza perché lui dipinge a partire dalle immagini trovate. Atlas contiene in sé diversi modelli di raccolta, non si attiene a uno solo omogeneo. → la raccolta di immagini tocca vari temi e ambiti, le motivazioni di questa scelta potrebbero essere estetiche, di sintonia con la pop art nel voler lavorare con immagini già esistenti. Iconografia e documentazione ➢ Da un lato c’è il diventare tutto immagine, per cui l’iconografia cerca la ricorrenza delle stesse immagini o di dettagli come segno indicativo al di là del suo contenuto manifesto, dall’altro (documentazione) c’è il viaggiare tra le immagini alla ricerca di sintomi e metafore. ➢ L’artista sicuramente guarda e raccoglie le immagini diversamente rispetto allo studioso, dallo storico e dal filosofo, ma al contempo il lavoro stesso dell’artista sta diventando molto simile a quello del collezionista.

es. Atlas è un’opera ma al contempo anche un atlante, cioè l’insieme dei dipinti dell’artista che va guardato come una collezione. ➢ Il libro diventa spesso il supporto per le operazioni artistiche che al tempo venivano genericamente dette “concettuali’’. ➢ Dal ’68 Peter Feldelman (riferente all'Arte Concettuale) fabbrica piccoli libretti con immagini trovate e raccolte, perlopiù a tema, spesso vere e proprie collezioni in senso tradizionale, di cartoline, poster, immagini tratte da diverse riviste e periodici. I soggetti sono i più vari, ma sostanzialmente semplici e diretti, come ritratti, fototessere, figurine di calciatori, animali, oggetti, bambini, uova, verdure ecc. → dal ’77 inizia a esporre le sue raccolte insieme a una serie di oggetti sempre di collezionismo, come giocattoli e gadget. → i libri e le collezioni non hanno delle particolarità evidenti e lui sembra voler presentare mere raccolte lasciando all’osservatore qualsiasi tipo di deduzione. I ‘’libri’’ di Feldelmann hanno un evidente intento politico, contro il mercato, contro la feticizzazione dell'opera ( = portare all'esaltazione fanatica). ➢ Durante le varie correnti del ‘900 la fotografia è diventato il primo mezzo di documentazione. → la neutralità della fotografia ha fatto pensare al procedimento fotografico come un readymade (= già fatto) meccanico, prelievo non di un oggetto in sé ma di un’immagine che sta per quell’oggetto. → Dieter Roth inizia nel ’73 un’operazione che lo porterà alla realizzazione, in due fasi, dal ’73 al ’75 e dal ’90 al ’98, di ben 31.000 diapositive. Il soggetto sono le case di Reykjavik, la capitale dell’Islanda, e il progetto possiede una sua sistematicità inventariale, ma in qualche modo assurda in sé, questo perché: 1. sostanzialmente inutile 2. è impossibile nel tempo visto che le case venivano abbattute ed altre ricostruite 3. destinata alla presentazione in proiezione, cioè in pura visione, non archiviata per studio o altra funzione. ➢ Mario Nannucci è un vero e proprio collezionista di ephemera ( = oggetti e cose effimere), cartoncini di invito, fanzine, ogni tipo di pubblicazione o gadget prodotto da a...


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