La cuoca di Castamar - roass-----eeeeeeeeee--eeeeee-eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee+ PDF

Title La cuoca di Castamar - roass-----eeeeeeeeee--eeeeee-eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee+
Author Alfonso Romeo
Course cinese
Institution Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli
Pages 1
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Summary

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Description

In quest’affannata estate da bagordi post-partita, variante Delta e social-polemiche quotidiane è comprensibile che molti di noi desiderino staccare la spina. Se si ha una barca da attraccare a Capri tanto meglio; per tutto il resto viene in soccorso Netflix, con un’offerta sempre più vasta. L’ultimo acchiappo del colosso dello streaming è La Cuoca di Castamar, serie tv spagnola disponibile in tutte le sue 12 puntate a partire da 9 luglio, originariamente in onda sulla piattaforma Atresplayer. Specifichiamo subito che dagli spagnoli ci si aspettava quello che generalmente sanno fare come nessun altro: del genuino, purissimo kitsch. Con l’ultima stagione di Èlite dopotutto era andata alla grande: un teen-porno a base di docce sexy dal primo all’ultimo fotogramma. Tra l’altro anche in questo caso il plot si prestava meravigliosamente: la giovane serva che trova un impiego preso la tenuta di un nobile rimasto vedovo, il quale inizierà a provare per lei sentimenti che vanno oltre le convenzioni sociali dell’epoca. La cuoca di Castamar è tratta dall’omonimo romanzo di Fernando J. Múñez, anche se appare a tutti gli effetti come una trasposizione brachicardica di Elisa di Rivombrosa. La brachicardia è motivata prima di tutto da un completo scollamento della serie dalle contemporanee regole stilistiche di Netflix, riassumibili in pochi ingredienti: scopate, bonaggine, ammucchiate, queer factor, sarcasmo basico e ancora scopate. In tal senso La Cuoca di Castamar è un inevitabile vorrei ma non porno, tanto da sembrare scritta e riadattata per la sua trasposizione televisiva da un gruppo di massaie cattoliche alle soglie della terza età cresciute a pane e soap low-budget. La protagonista, Clara, è una cuoca agorafobica - ma sì, infiliamocelo un pizzico di neuro che fa sempre cool - e dice frasi come “Non si può fuggire dal distillato di uno stufato, così come non si può fuggire da noi stessi”(!). Inutile il maldestro tentativo di rendere il tutto più frizzantino, facendo scopiazzare la sottotrama di Dangerous Liaisons da qualche stagista. Insomma, il grigiume in cui è immerso l’intero progetto si riflette in tutto, dalle inquadrature rigorosamente simmetriche di chi ha studiato Barry Lyndon ma si sta ritrovando a dirigere un’immemorabile “poracciata”, ai costumi che non osano andare oltre le tinte pastello (quanto ci manca la Milena Canonero di Marie Antoinette…). Nel calderone non è stato gettato nemmeno l’ingrediente bonaggine, forse un inno alla body positivity femminile e maschile: infatti risulterà molto difficile alle quattordicenni o alle loro mamme scrutare con voluttuosa curiosità qualcuno dei protagonisti. Pare proprio che Bridgerton non abbia insegnato nulla all’ufficio casting della produzione. Dove sono finiti i catfight tra pizzi e merletti, le scene di sesso in slow-motion con violini romantici in sottofondo, il sano camp cui si poteva aspirare dall’estro iberico? La Cuoca di Castamar si rivela sostanzialmente una serie orfana di qualsiasi attrattiva, noiosa come un qualsiasi polpettone tv norvegese, anche se può essere considerata una valido piano B vista l’assenza di Pomeriggio Cinque dai nostri piatti pomeriggi di mezza estate.

Alfonso Romeo...


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