LA Mente E LE MENTi (riassunto) Esame Filosofia Teoretica PDF

Title LA Mente E LE MENTi (riassunto) Esame Filosofia Teoretica
Author Carola Marino
Course Filosofia teoretica
Institution Università degli Studi di Genova
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Summary

LA MENTE E LE analisi della mente in relazione ad altre possibili menti (es. mai possibile che cosa passa nella mente di qualcun Cartesio sosteneva che tutti gli animali, tranne gli esseri umani, non sono in robot privi di proprio sicuri che tutti gli esseri umani abbiano una mente? O che addirittur...


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LA MENTE E LE MENTI TEMA: analisi della mente in relazione ad altre possibili menti (es. è mai possibile sapere veramente che cosa passa nella mente di qualcun altro?) Nel 600’ Cartesio sosteneva che tutti gli animali, tranne gli esseri umani, non sono in realtà altro che robot privi di mente. Siamo proprio sicuri che tutti gli esseri umani abbiano una mente? O che addirittura voi siate l’unica mente dell’universo? O che tutti gli altri, come me, siano macchine prive di mente? strana idea che l’autore ebbe per la prima volta da bambino. È una vera e propria ipotesi filosofica con il nome SOLIPSISMO. Nessuno ha mai preso il solipsismo sul serio molto a lungo, così come sembra, tuttavia esso solleva un importante interrogativo: se sappiamo che il solipsismo è una stupidaggine, se sappiamo che esistono altre menti oltre alla nostra, come facciamo noi a saperlo? QUALI TIPI DI MENTI ESISTONO? COME POSSIAMO SAPERLO? La prima domanda riguarda ciò che esiste, in questione ONTOLOGICA (in termini filosofici); la seconda riguarda la nostra conoscenza, questione EPISTEMOLOGICA. L’OBIETTIVO del libro non è rispondere a tali domande una volta per tutte, ma piuttosto dimostrare che è necessario rispondere a esse insieme in modo tale da rendere la mente “trasparente” all’analisi scientifica. I filosofi hanno spesso messo in guardia, invitando a on confondere i problemi ontologici con quelli epistemologici. Ciò che esiste è una cosa, essi dicono, e quello che possiamo sapere su di esso è un’altra. Potrebbero esistere cose assolutamente inconoscibili per noi, e quindi dobbiamo stare molto attenti a non prendere i limiti della nostra conoscenza come guide sicure per conoscere i limiti di ciò che esiste. Dennet: una delle caratteristiche che rende le menti così diverse dal resto dell’universo è il modo in cui noi le conosciamo. Ad esempio, noi sappiamo di avere una mente, come sappiamo anche di avere un cervello, ma si tratta di due tipi di conoscenza diversi. Sappiamo di avere un cervello nello stesso modi in cui sappiamo di avere una milza, per sentito dire. Di certo non abbiamo mai la nostra milza o il nostro cervello, ma dal momento che i libri di scuola ci assicurano che tutti gli esseri umani normali ne sono provvisti, concludiamo di averli sicuramente anche noi. Ma la conoscenza che abbiamo della nostra mente è molto più intima- talmente intima che potremmo affermare di ESSERE LA NOSTRA MENTE. (questo è esattamente ciò che disse Cartesio: “sono una mente, una res cogitans, una cosa pensante”). Un libro, o un insegnante, possono spiegarci che cosa è una mente, ma non c’è bisogno che nessuno ci dica che ne abbiamo una. Se ci capitasse di domandarci se siamo normali e se abbiamo una mente come le altre persone, ci renderemmo immediatamente conto, come sottolineò Cartesio, che il fatto stesso di porci questa domanda dimostri, al di là di ogni dubbio, che noi abbiamo davvero una mente. Solipsismo falso. Non può esistere una sola mente, quanto meno non una sola mente come le nostre.

-NOI, ESSERI DOTATI DI MENTE Quanto al problema di una mente negli animali non umani, dobbiamo innanzitutto chiederci se essi abbiano una mente per certi aspetti simile alla nostra, poiché fino ad ora è la sola mente di cui noi conosciamo qualcosa. Perciò la nostra mente, la sola mente che noi conosciamo fin dal principio, è lo standard di riferimento iniziale. Se non si stabilisce questo, stiamo solo ingannandoci, parlando a vanvera di ciò che non conosciamo. Noi, esseri dotati di mente: appartenenza ad un gruppo distinto, ad una classe di personaggi privilegiati (solipsismo falso perché il “noi” presuppone il fatto che non siamo soli, che siamo in compagnia) . L’appartenenza alla classe di oggetti dotati di mente fornisce un’importantissima garanzia di una certa RILEVANZA MORALE. Solo gli esseri dotati di mente possono avere a cuore qualcosa; solo loro si preoccupano di ciò che accade. (valore sul piano morale) Gli esseri dotati di mente hanno degli interessi e questi interessi contano. La gente è moralmente preoccupata di stabilire quali esseri abbiano una mente: ogni correzione del confine di questa classe di appartenenza ha infatti un importante significato etico. Potremmo commettere degli errori, ad esempio attribuendo una mente a oggetti che ne sono privi, oppure ignorando un essere dotato di mente in mezzo a noi. Questi errori non hanno lo stesso peso; attribuire una mente a esseri che non l’hanno rappresentata, nel caso peggiore, una forma di creduloneria o troppa generosità, ma ignorare un essere che ne sia dotato, ebbe questo sarebbe un terribile peccato. Entrambi gli errori potrebbero avere serie conseguenze morali. (dibattito sull’aborto) Incertezza: alcuni ritengono ovvio che un feto di 10 settimane abbia una mente, altri pensano il contrario. Se fosse vero che il feto ha già una mente, allora, quale che sia la nostra decisione, dovremmo ovviamente prendere in considerazione i suoi interessi. Il vero dilemma sta in mezzo a queste posizioni estreme: se lasciato indisturbato, il feto ben presto svilupperà una mente, ma allora da quale momento dobbiamo cominciare a tener conto dei sui interessi futuri? L’importanza di avere o no una mente ai fini della valutazione morale è particolarmente chiara in questi casi, perché se si sapesse che il feto in questione è anecefalico (privo di cervello) per la maggior parte delle persone ciò cambierebbe drasticamente in termini del problema. Nell’attribuire il possesso della mente l’atteggiamento scientifico pretende una dimostrazione. (come scienziati non potete semplicemente dichiarare ma dovete dimostrare, fornendo prove, formulando o confermando teorie..) -PAROLE E MENTI In ogni caso, è fuori dubbio che voi e io abbiamo una mente. Chiunque è in grado di comprendere le mie parole è dotato di mente. Perché le parole sono tanto convincenti? Perché risolvono in modo efficacissimo dubbi e ambiguità. = breve scambio di battute che non solo fa svanire ogni residuo di incertezza, ma aggiunge dettagli che non avrebbero potuto essere cominciati in altro modo. Noi esseri umani condividiamo una realtà soggettiva, e siamo consapevoli di questa condivisione, in un modo che è completamente fuori dalla portata di qualunque altra creatura del pianeta, e questo perché possiamo parlarci l’un l’altro. (sordomuti e neonati sono l’eccezione).

La conversazione unisce. (possiamo conoscere le nostre somiglianze e rifletterle sulle nostre differenze). Non riescono forse gli animali a comprendersi l’un l’altro “istintivamente” in un modo che noi esseri umani non possiamo neanche immaginare? A tal proposito alcuni autori affermano che gli animali possiedono in realtà una saggezza tutta loro che noi umani non possiamo neanche immaginare. Dalla conversazione sappiamo, però, che gli esseri umani sono solitamente in grado di raggiungere un livello di comprensione di se stessi e degli altri molto elevato. Naturalmente possiamo ingannarci. Spesso la gente sottolinea quanto sia difficile stabilire se chi parla sia sincero. Le parole, essendo il più potente strumento per comunicare, sono anche il più potente strumento al servizio dell’inganno e della manipolazione. Sappiamo tutto questo fin dai tempi antichi, perché l’uomo si è sempre dilungato a parlarne. Ma non siamo a conoscenza di nulla di simile sulla vita mentale di altre specie, perché non possiamo parlare di questi argomenti con altri esseri. Possiamo pensare di sapere, ma per confermare o respingere le nostre idee tradizionali sarà necessaria un’indagine scientifica,. -IL PROBLEMA DELLE MENTI CHE NON COMUNICANO È difficilissimo dire che a che cosa stia pensando una persona che si rifiuta di discuterne, o che per una ragione o per l’altra non possa farlo. Tuttavia, di solito supponiamo che questi tipi poco comunicativi siano in effetti creature pensanti e che abbiano comunque una mente, anche se non siamo in grado di conoscerne i dettagli. La parola dunque, indipendente da quanto possa poi rivelarsi decisiva, non è un requisito necessario per il possesso della mente. Potrebbero esistere entità dotate di mente ma incapaci di comunicarci il loro pensiero, poiché prive di linguaggio. Senza dubbio queste menti sono differenti dalla nostra ma pur sempre menti. Se la nostra principale via d’accesso alla conoscenza delle altre menti, il linguaggio, non arriva fino a esse, questa non è che una limitazione della nostra conoscenza, non di quelle menti. Ecco sorgere la possibilità che esistano menti i cui contenuti siano sistematicamente inaccessibili alla nostra curiosità, inconoscibili. Le menti sono l’ultima terra incognita, fuori dalla portata della scienza e, nel caso delle menti prive di linguaggio, anche da quelle di una conversazione empatica. Probabilmente non sapremo mai dove tracciare esattamente il confine fra creature dotate di mente e quelle che ne sono prive, che ad esempio compiono ogni cosa automaticamente o inconsciamente. Ecco , dunque, due ordini di cose ipoteticamente inconoscibili: -quelle che riguardano ciò che accade in chi è dotato di mente ma non ha modo di comunicare i propri pensieri; -quelle che servono a distinguere quali creature abbiano una mente e quali no. (differenza tra menti che risultano illimitate ma indagabili; differenza tra avere e non avere una mente invece equivale al tutto o nulla). Ovviamente siamo in grado di sapere, con un certo grado di sicurezza morale, che alcune creature hanno una mente e altre no ma quel che non conosciamo ancora è come siamo arrivati a saperlo; la forza delle nostre intuizioni su questi argomenti non garantisce affatto la loro attendibilità. Le menti non sono sempre esistite. Noi abbiamo una mente, ma l’uomo non esiste da sempre. Ci siamo evoluti da creature con menti più semplici che a loro volta si erano evolute da creature dotate di aspiranti menti ancora più elementari. E ci fu un tempo nel tempo nel quale c’erano menti di nessun tipo, né semplici né complesse.

-LA NASCITA DELLA CAPACITÀ DI AGIRE Effetto dell’auto replicazione: alcune macromolecole hanno la straordinaria capacità di costruire e liberare, automaticamente, copie esatte o quasi di se stesse. Il DNA e il suo antenato RNA sono macromolecole di questo tipo; esse sono la base di tutta la vita su questo pianeta e rappresentano pertanto un prerequisito storico per tutte le menti di questo pianeta. Per circa un miliardo di anni, prima che sulla Terra comparissero semplici organismi unicellulari, ci furono molecole auto replicanti, che incessantemente mutavano, crescevano, si auto replicavano con una sempre maggior efficienza e continuavano a replicarsi. Queste molecole non hanno menti e non sono neppure vive. Queste molecole gigantesche non sono altro che minuscole macchine, sono a tutti gli effetti robot naturali. Attraverso la biologia molecolare, noi assistiamo alla nascita delle capacità di agire quando compaiono le prime macromolecole abbastanza complesse da eseguire azioni, senza limitarsi ad avere effetti. Il loro modo di essere agenti non è completo come il nostro. Esse non sanno cosa fanno. Noi agenti umani, nel bene e nel male, siamo in grado di compiere azioni intenzionali, dopo averne soppesato consapevolmente i pro e i contro. Gli agenti macromolecolari sono diversi; sebbene esistano delle ragioni alla base di ciò che essi fanno, ne sono tuttavia inconsapevoli. Il loro tipo di capacità di azione è la sola base dalla quale potè poi svilupparsi il nostro. Sono:  Sistematiche: mostrano un’appropriata sensibilità alla variazione  Impersonali  Incapaci di riflessione: agiscono come veri e propri robot, ovvero automaticamente e inconsapevolmente Noi siamo i diretti discendenti di questi robot autoreplicanti. Noi siamo mammiferi, e tutti i mammiferi discendono da antenati rettili a loro volta discendenti dalla stirpe dei pesci; gli antenati dei pesci erano creature marine piuttosto simile ai vermi, discendenti da esseri pluricellulari più semplici vissuti diverse centinaia di milioni di anni fa, evoluitisi da creature unicellulari; queste, infine, si originarono da macromolecole auto replicanti. Tutti gli esseri viventi comparsi su questo pianeta si trovano su un unico albero genealogico. Fra i progenitori ci sono le macromolecole. La nostra bis-bis.. bisnonna era un robot Non solo noi discendiamo da questi robot macromolecolari; essi sono anche le unicità di cui è fatto il nostro corpo. Tutto il nostro corpo è composto da meccanismi che compiono SENZA INTELLIGENZA un lavoro meraviglioso, elegantemente progettato. Ogni cellula è priva di mente proprio come un virus. È mai possibile che mettendo insieme un numero sufficiente di questi homuncoli si ottenga una persona reale, dotata di conoscenza e un’autentica mente? Secondo la scienza moderna, non esiste altro modo per arrivare a una persona. Certo il fatto che noi discendiamo dai robot non implica che siamo robot anche noi. Noi siamo fatti di robot. Ciascuno di noi è un insieme di migliaia di miliardi di macchine macromolecolari, tutte le discendenti dalle molecole auto replicanti originali. Un qualcosa fatto dall’unione di numerosi robot può, quindi esibire una autentica coscienza. Supposizioni alternative riguardo : -DUALISMO: concezione secondo la quale le menti sarebbero composte di una materia non fisica assolutamente misteriosa; -VITALISMO: secondo il quale gli esseri viventi conterebbero un qualcosa di fisico speciale ma ugualmente misterioso. I nostri antenati macromolecolari erano in qualche modo simili ad agenti e tuttavia, per altri versi, erano innegabilmente passivi, mentre galleggiavano spinti casualmente qua e la (attesa la loro senza speranza, senza risoluzione, senza intenzione).

Prima che i nostri antenati acquisissero una mente, dovettero acquisire un corpo. Dapprima divennero semplici cellule, o procarioti; poi procarioti inglobarono alcuni microrganismi invasori e divennero cellule complesse, gli eucarioti. A quel punto, dopo la comparsa delle prime cellule semplici, i nostri antenati erano già macchine straordinariamente complesse (macchine a loro volta fatte di macchine, ma ancora prive di mente. Erano passivi e seguivano percorsi casuali esattamente come prima; adesso, però erano dotato di diversi sottosistemi per ricavare energia e materia dall’ambiente e per proteggersi e auto ripararsi in caso di necessità.) L’elaborata organizzazione di tutte queste parti coordinate non era assolutamente simile a una mente. Aristotele le aveva dato un nome, anima nutritiva. Un’anima nutritiva non è una cosa ma un principio di organizzazione, è forma non sostanza. Tutte le creature viventi, non solo le piante e gli animali ma anche gli organismi unicellulari, hanno un corpo che necessita di un’organizzazione auto-regolatrice e auto-protettiva che può essere attivata in modo diverso da differenti condizioni. In noi essa consiste nel sistema metabolico, nel sistema immunitario e in tutti gli altri sistemi di auto riparazione incredibilmente complessi proposti al mantenimento della salute dell’organismo. -Azioni intenzionali: effetti prodotti da sistemi orientati a un fine e modulati dall’informazione. -Sistemi intenzionali: agenti che perseguono razionalmente e ossessivamente i loro particolari obiettivi agendo nel modo che viene loro dettato dalla percezione delle circostanze. -ADOTTARE L’ATTEGGIAMENTO INTENZIONALE L’atteggiamento intenzionale è la strategia per intraprendere il comportamento di un’entità (non importa se persona, animale o artefatto) trattandola come se fosse un agente razionale che orienta la propria scelta d’azione prendendo in considerazione le proprie credenze e i propri desideri. L’adozione dell’atteggiamento intenzionale non è solo una buona idea poiché prospettiva che solitamente noi uomini adottiamo l’uno verso l’altro ma è anche la chiave di lettura per svelare i misteri della mente, di tutti i tipi di mente. Si tratta di un metodo che sfrutta le somiglianze per scoprire le differenze. La strategia fondamentale dell’atteggiamento intenzionale è quello di trattare l’entità in questione come un agente, in modo da prevedere, e quindi da spiegare, in un certo senso, le sue azioni o le sue mosse. I caratteri distintivi dell’atteggiamento intenzionale possono essere meglio compresi se li si confronta con due atteggiamenti o strategie di revisione più elementari: 1. ATTEGGIAMENTO FISICO : formulare previsioni servendoci di tutte le conoscenze sulle leggi della fisica e la costruzione materiale degli oggetti in questione. Nel caso di oggetti che non sono vivi e neppure artefatti, l’atteggiamento fisico è l’unica strategia disponibile, sebbene possa essere attuata a diversi gradi di precisione, da quello subatomico a quello astronomico. Ogni oggetto fisico, indipendentemente dal fatto che sia frutto di un progetto, che sia vivo oppure no, è soggetto alle leggi della fisica e quindi presenta alcuni comportamenti spiegabili e prevedibili servendosi dell’atteggiamento fisico. 2. ATTEGGIAMENTO PROGETTO: sorta di scorciatoia che tutti noi usiamo in continuazione. Le previsioni compiute sulla base dell’atteggiamento del progetto sono più rischiose di quelle compiute dall’atteggiamento fisico ma sicuramente più economiche e veloci (es. sveglia). Tali previsioni funzionano bene sia con gli artefatti ben progettati sia con quelli propri di Madre Natura, le creature e le sue parti.

L’atteggiamento intenzionale, per se stesso, è ancora più rischioso e veloce e lo si può considerare una sottospecie di quello del progetto. L’adozione dell’atteggiamento intenzionale è più utile

quando si ha a che fare con un artefatto molto più complicato di una sveglia (es: computer programmato per giocare a scacchi). Bisogna pensare ad essi come ad agenti razionali e prevedere il loro comportamento (“se io mi trovassi nella situazione di questo organismo, che cosa farei?”- antropomorfismo=trattare tutti i sistemi intenzionali come se fossero esattamente come noi) L’atteggiamento intenzionale funziona indipendentemente dal fatto che gli obiettivi attribuiti siano autentici o naturali o veramente compresi dal cosiddetto agente. I SISTEMI INTENZIONALI sono tutte quelle entità, e solo a quelle, il cui comportamento è prevedibile/spiegabile assumendo un atteggiamento intenzionale. Poiché il punto essenziale dell’atteggiamento intenzionale è quello di trarre un’entità come un agente per poterne prevedere le azioni, dobbiamo supporre che l’agente sia dotato di intelligenza, poiché se fosse stupido potrebbe compiere una qualunque azione stupida. INTENZIONALITÀ, nel senso del filosofo, è solo un riferimento. Una cosa esibisce intenzionalità se è capace di riferirsi in qualche modo a qualcos’altro. In altri termini, potremmo dire che ciò che esibisce intenzionalità contiene una rappresentazione di qualcos’altro. Ogni sistema intenzionale dipende dai propri modi di pensare, percepire, cercare, identificare, temere, ricordare quale sia l’oggetto a cui sono riferiti i suoi pensieri. intenzionalità è una caratteristica dei linguaggi che non ha nessuna applicazione diretta in nessun altro tipo di sistema rappresentazionale. Le parole o i simboli di un linguaggio possono essere suddivisi in logici o funzionali e in termini o predicati. In un linguaggio, ogni termine o predicato dotato di significato ha un’estensione, cioè l’oggetto o l’insieme degli oggetti ai quali il termine di riferisce, e un’intensione, cioè il modo particolare nel quale questo oggetto o quest’insieme di oggetti viene individuato o determinato. -L’INGANNEVOLE OBIETTIVO DELLA PRECISIONE PROPOSIZIONALE Ogniqualvolta un agente agisce, lo fa sulla base di una particolare conoscenza delle circostanze, corretta o errata che sia; le spiegazioni e le previsioni intenzionali vengono formulate confidando di aver compreso quelle conoscenze. Per prevedere l’azione di un sistema intenzionale è necessario conoscere a che cosa si riferiscono le credenze e i desideri dell’agente; inoltre è necessario sapere, almeno approssimamene, in che modo quelle credenze e quei desideri si riferiscono ai loro oggetti. Quando si adotta l’atteggiamento intenzionale è necessario conoscere Approssimativamente il modo in cui l’agente sceglie gli oggetti del suo interesse. Il pensiero deve essere costituito da particolari concetti. Noi siamo ONNICREDENTi; non c’è limite a ciò che possiamo credere e alle distinzioni che possiamo compiere. Le proposizioni sono le entità teor...


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