Latino 9 diretta - Appunti di lezione 9 PDF

Title Latino 9 diretta - Appunti di lezione 9
Course Lingua e letteratura latina
Institution Università degli Studi di Ferrara
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lezione 9...


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Latino 9 (streaming) Abbiamo uno degli argomenti più caratteristici dell’epica davvero più aulica e della tradizione più alta ma anche più pomposa. Molto spesso preso come bersaglio polemico contro un certo stile epico a volte troppo alto, troppo elevato, troppo solenne fino a diventare appunto stucchevole. Sta parlando del mito della gigantomachia, tipico tema che dall’ellenismo in poi sostanzialmente, insieme alla titanomachia, è l’emblema di un’epica grandiosa e però sostanzialmente sorpassata dal nuovo gusto ellenistico. Anche Ovidio non può fare a meno di trattarla, la tratta di scorcio, in pochi versi prima invece di entrare in un nuovo tema altrettanto epico che è quello dell’omicidio degli dèi. Questi sono 12 versi sulla gigantomachia: dopo questa lotta dopo questi esseri di grandezza e forza smisurata, così come fuori dal modo e dalla misura è la forza dell’argomento epico della gigantomachia, dopo questa lotta Giove decide di punire poi di punire insieme ai giganti che gli uomini (include anche il mito di Licaone, la prima vera e propria metamorfosi, che viene da lui trasformato in lupo —> è la prima metamorfosi individuale che vediamo all’interno dell’opera. Licaone è preso ad esempio dell’empietà umana che sarà poi punita da Giove. Avremo lì anche il primo esempio di narrazione all’interno di un discorso diretto, diciamo che un personaggio, Giove, prende la parola e racconta un mito (agli altri dei): è un espediente che Ovidio userà poi molte volte all’interno della sua opera). Libro 1, 151-162 151

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Neve foret terris securior ardues aether, Adfectasse ferunt regnum caeleste gigantas altaque congestos struxisse ad sidera montes. Tum pater omnipotens misso perfregit Olympum Fulmine et excussit subiecto Pelion Ossae. obruta mole sua cum corpora dira iacerent, Perfusam multo natorum sanguine Terram Immaduisse ferund calidumque animasse cruorem Et, ne nulla suae stirpis movimenta manerent, In facies vertisse hominum; sed et illa propago Contemprix superum saevaeque avidissima caedis Et violenta fuit: scires et sanguine natos

C’è una pausa pentemimere dopo terris Dopo adfectasse ferunt c’è sempre una pausa pentemimere Regnum caeleste è iunctura a contatto all’inizio del secondo emistichio Altaquae congestos più pausa pentemimere Classica iuncutra dell’epica: il padre che può tutto (cioè Giove / Zeus) Misso all’inizio del secondo emistichio sta in concordanza con fulmine che è fine enjambement all’inizio del verso successivo Sinalefe tra fulmine ed et Pausa pentemimere dopo fulmine et excussit Subiecto è concordato con Ossae che sta alla fine del verso a cornice del secondo emistichio Obruta mole sua + pausa pent Sua mole e corpora dira sono a contatto Perfudam multo + pausa pent Multo è concordato con sanguine all’interno del secondo emistichio Perfusam terram è invece a cornice —> la terra è completamente bagnata, è

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madida, del tanto sangue dei suoi figli (i Giganti stessi) ABBA, abbinamento chiesastico con al centro il genitivo natorum Immaduisse Freund + pausa pent Suae è concordato a stirpis è posto a cavallo di cesura pentemimere, è una iunctura allitterante, di nuovo ordinamento chiesastico perché nulla sta con movimenta ABBA, cesura in mezzo della iunctura suae stirpis, e poi il verbo manerent alla fine del verso; Vertisse hominum —> considerando anche la pausa sintattica dopo hominum, dopo cesura eftemimere, ecco è vista anche questa sinalefe costituita da vertisse hominum commendevole (? CONTROLLA) organizzare il verso in tre parti con la cesura tritemimere dopo in facies e la cesura eftemiemre dopo hominum Contempli superum + pausa pentemimere Sinalefe fra saeveque e avidissima e la giuntura tra saeve e caedis (la crudele strage) è a cornice di secondo emistichio Forte pausa sintetica dopo et violenta fuit, in corrispondenza di cesura pentemimere

Con questo verso già si esaurisce questo tema così alto e così terribile, con i giganti che mettono il Palio sopra l’Ossa, queste due montagne della tessaglia, per fare la scalata all’Olimpo- Zeus, con quello che è il simbolo della sua potenza, ovvero il fulmine, sventa questo tentativo di impadronirsi (adfectasse) del regno sugli dei e sulla’universo interno che i giganti hanno posto in alto, è davvero un conflitto ciclopico in cui sono coinvolte cielo, terra, montagne, le forze primigenie della natura. Proprio per questo era considerato argomento smisurato, fuori da un’idea di epica, che poi naturalmente si impone in età ellenistica e ch epoi scopre tutte le altre dimensioni del trattamento dell’epica, della figura dell’eroe ma anche della stessa divinità. La sezione che segue ben più alta è relativa al mito degli dei in cui Giove annuncia la sua decisione di punire con il diluvio l’umanità e poi racconta il mito di Licaone e l’emblema di questa crudeltà umana che egli intende punire Libro I, 163163 165

Quae pater ut summa vidit Saturnius arce, ingemit et facto nondum vulgata recenti foeda Lycaoniae referens convivia mensae ingentes animo et dignas Iove concipit iras conciliumque vocat: tenuti mora nulla vocatos

- summa arce è una iunctura in sperrung che abbiamo già incontrato in precedenza (era uno dei versi della parte della cosmogonia cfr. Verso 27 —> ritorna di nuovo con l’etere che va nella parte più alta del cielo, mentre qui indica la parte più alta del cielo, l’olimpo, dove evidentemente Giove convoca gli dei quindi è in entrambi i casi usato in modo figurato, più che per indicare la rocca di una città umana è usato per indicare il punto più alto del cielo, l’etere nel primo caso, il luogo dove si riuniscono gli dèi qui —> non viene specificato esattamente che sia l’olimpo, ma la cosa interessante è che poi questo posto viene paragonato al palazzo palatino di Augusto al verso 176 che sorgeva sul Palatino dove poi del resto erano situate anche le case di altri importanti famiglie aristocratiche romane —> quindi questa summa arce del cielo poi viene in qualche modo paragonata al colle di Roma dove ha sede il potere imperiale. Vediamo infatti che questo episodio del concilio degli dei è uno di quelli in cui è più forte la realtà attualizzante nelle Metamorfosi di Ovidio, tanto che lui ad un certo punto si rivolge direttamente ad augusto, sostanzialmente poi paragonando il suo ruolo imperiale a quello regale di Giove all’interno del

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concilio degli dei che si sta descrivendo. Quindi fin dagli inizi c’è questo intento da parte di Ovidio di attualizzare il concilio degli dèi facendone in qualche modo un modello per il palazzo palatino di augusto e più in generale per il potere e per il consenso che augusto ha nella Roma contemporanea. Quindi il tema politico sarà molto forte) Pausa dopo ingemit et facto Recenti di nuovo in sperrung Foeda lycaoniae + pausa Lycaoniae è in sperrung con mensae alla fine del verso, è un verso aureo con l’ordinamento AB verbo in mezzo e poi di nuovo A e poi B alla fine Sinalefe in cesura Sinalefe tra animo ed et Dignas Iole concipit ira Conciliumque vocat pausa sintattica e pausa metrica, che ancora una volta...


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