LE Parti E I Difensori PDF

Title LE Parti E I Difensori
Author Felisiana Quitadamo
Course Diritto processuale civile
Institution Università degli Studi di Foggia
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Le parti e i difensori ...


Description

LE PARTI E I DIFENSORI LA NOZIONE DI PARTE Il termine parte può assumere significati nient’affatto coincidenti. 

Così in alcune ipotesi esso allude ai soggetti del rapporto sostanziale dedotto in giudizio;



In altri casi indica genericamente i soggetti che agiscono nel processo, senza distinguere tra parte e difensore;



Altre volte ancora, invece, è riferito alla parte rappresentata, come soggetto distinto dal suo difensore con procura.

Nell’accezione che maggiormente rileva si intende come parte, il soggetto che agisce nel processo in nome proprio e nei cui confronti si produrranno senz’altro gli effetti, favorevoli o sfavorevoli, dei provvedimenti del giudice; ed a questo riguardo si è soliti parlare di parte in senso processuale, in quanto è una nozione interna al processo. La qualità di parte, da cui discende la titolarità di una serie di situazioni giuridiche, attive e passive (diritti, poteri, doveri, oneri), tipicamente processuali, può acquistarsi in vari modi: 

Per aver dato via al processo attraverso l’atto introduttivo (attore);



O per essere stato destinatario di quest’ultimo (convenuto);



Per essere succeduti a taluna delle parti originarie;



E per il fatto di essere indicati come parte, seppure per errore, nel provvedimento del giudice.

CAPACITÀ DI ESSERE PARTE E CAPACITÀ PROCESSUALE; LA LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE Come nel mondo sostanziale si distingue tra capacità giuridica e capacità di agire, così sul terreno processuale si è soliti contrapporre la capacità di esser parte (cioè di assumere la qualità) alla capacità processuale (intesa come capacità di agire nel processo) e questa seconda distinzione è strettamente correlata alla prima. La capacità di esser parte, si ritiene che coincida, infatti, con la capacità giuridica, cioè

spetti a tutti i soggetti o enti (anche privi di personalità giuridica) cui è riconosciuta quest’ultima. Quanto alla capacità processuale, poi il nesso con la capacità di agire sostanzialmente emerge dall’art. 75 comma 1, per cui sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere. Ciò significa che anche la capacità processuale, alla quale il legislatore subordina la possibilità di stare in giudizio e dunque il potere di porre in essere gli atti del processo (legittimazione processuale) si acquista, al pari della capacità di agire, con la maggiore età. Parallelamente, sulla capacità processuale possono incidere gli stessi eventi giuridici suscettibili di escludere, limitare o condizionare la capacità di agire: il comma 2 art. 75, infatti, stabilisce che le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti possono stare in giudizio solo a patto di essere rappresentate, assistite o autorizzate secondo le norme che regolano la loro capacità. Il riferimento è anzitutto alla minore età, all’interdizione, all’inabilitazione e alle altre situazioni da cui può derivare la perdita o la limitazione della c. di agire (ad es. la dichiarazione di fallimento).

In tali ipotesi il soggetto incapace o limitatamente capace potrà stare in giudizio, a seconda dei casi, tramite un soggetto che lo rappresenta legalmente (il genitore, il tutore, il curatore) al quale competerà in via esclusiva la legittimazione processuale, oppure insieme ad un altro soggetto che lo assiste. LA RAPPRESENTANZA PROCESSUALE Nell’ambito del processo si ritrovano le stesse forme di rappresentanza note al diritto sostanziale, tutte caratterizzate dalla circostanza che il rappresentante agisce in nome e per conto del soggetto rappresentato. Alla rappresentanza legale fa riferimento il già esaminato art. 75 comma 2, richiamando le ipotesi in cui determinati soggetti, incapaci o limitatamente capaci, possono stare in giudizio solo nella persona del soggetto (tutore, genitore) cui la stessa legge attribuisce tale potere di agire nomine alieno. I commi successivi del medesimo art. 75 invece, vengono solitamente ascritti a quella peculiare forma di rappresentanza che suole definirsi organica e che serve a descrivere, in realtà, il

modo in cui si manifesta, all’esterno, la volontà delle persone giuridiche e degli altri enti diversi dalla persona fisica. Così si precisa che le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta (cioè dell’organo o della persona fisica che con esso si identifica) a norma della legge o dello statuto; mentre le associazioni e i comitati, privi di personalità giuridica, stanno in giudizio per mezzo delle persone cui compete, in base agli accordi degli associati, la presidenza o la direzione degli stessi. Per finire rimane da considerare la rappresentanza processuale volontaria, quella che si fonda, cioè, su una libera scelta del rappresentato, estrinsecata attraverso il conferimento di una apposita procura. Il codice non se ne occupa direttamente e in via generale, ma si limita a prendere in considerazione la sola rappresentanza processuale del procuratore generale e di quello preposto a determinati affari, ossia di soggetti cui compete il potere di rappresentanza sostanziale. Essi, in base all’art. 77, non possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere non è stato loro conferito espressamente per iscritto. Le sole deroghe riguardano: a) Il compimento di atti urgenti e la richiesta di misure cautelari, attività che non tollererebbero un differimento e che rientrano sempre nei poteri del rappresentante sostanziale; b) Il procuratore generale di chi abbia la residenza ed il domicilio all’estero e l’institore (cioè il preposto all’esercizio di un’impresa commerciale) ai quali il potere di rappresentanza processuale si presume senz’altro conferito e pertanto non necessita di una espressa menzione. In tutti i casi di rappresentanza processuale, comunque, ci si trova in presenza di una parte complessa, che comprende sia il rappresentante sia il rappresentato: parte in senso processuale è in realtà proprio quest’ultimo, destinatario, in linea di principio, degli effetti del processo e degli atti che in esso vengono compiuti; ma la legittimazione processuale compete al rappresentante, riguardo al quale si è soliti discorrere di parte in senso formale. Lo stesso rappresentante può direttamente risentire degli effetti del processo se sussistano

le condizioni per una sua condanna al pagamento delle spese del giudizio.

IL CURATORE SPECIALE L’art. 78 prevede la nomina di un curatore speciale in 2 situazioni: a) Quando manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l’assistenza dell’incapace, della persona giuridica o dell’associazione non riconosciuta, e vi sono ragioni di urgenza, sì da non poter attendere che si provveda nei modi ordinari. b) Quando vi sia un conflitto d’interessi (da intendere anche come meramente potenziale) tra rappresentante e rappresentato. In queste ipotesi al curatore speciale spetta, dunque, la legittimazione processuale, in luogo della parte (quando debba assumerne la rappresentanza) oppure accanto a essa (quando debba solamente assisterla). I soggetti che possono prendere l’iniziativa per la nomina sono in base all’art. 79: 

Lo stesso soggetto che dovrà beneficiare della rappresentanza o dell’assistenza del curatore, quantunque sia incapace;



I suoi prossimi congiunti;



Il rappresentante, quando la nomina si renda necessaria per conflitto d’interessi;



Ed infine, in ogni caso, il PM.

La competenza appartiene, a seconda dei casi, al giudice di pace oppure al presidente dell’ufficio giudiziario (tribunale, Corte d’appello o Corte di cassazione) davanti al quale s’intende proporre la causa; il quale provvede con decreto dopo aver assunto le opportune informazioni e sentite possibilmente le persone interessate. Il decreto di nomina deve essere comunicato dall’ufficio al PM, affinché questi possa attivarsi per chiedere i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell’incapace, della persona giuridica e dell’associazione non riconosciuta. IL DIFETTO DI LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE

Il legislatore non disciplina direttamente le conseguenze dell’eventuale difetto di legittimazione processuale, ma se ne occupa nell’art. 182 comma 2, per stabilire che il giudice allorché rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o autorizzazione, è tenuto ad assegnare alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni. Da ciò si evince che il difetto di legittimazione processuale, quale che sia la causa da cui deriva è sempre rilevabile d’ufficio (in ogni stato e grado del giudizio); il che può spiegarsi tenendo presente che il difetto di rappresentanza o assistenza incide sulla regolarità del contraddittorio. Nel contempo, però, lo stesso art. 182 prevede che il vizio sia rimediabile (in ogni stato e grado) con efficacia retroattiva ex tunc, poiché, se la sanatoria si realizza tempestivamente, attraverso una sorta di tacita ratifica e accettazione del processo da parte del soggetto a cui spetti la legittimazione processuale, gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione, come se il processo fosse iniziato in modo del tutto regolare. Se invece la sanatoria non si verifica, oppure interviene al di là del termine perentorio fissato dal giudice, è lecito pensare che il difetto di legittimazione processuale si consolidi e divenga insanabile, con conseguenze diverse a seconda che il vizio riguardi l’attore o il convenuto. In particolare:





Il difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione dell’attore incide sulla valida instaurazione del giudizio e pertanto impone la definizione di quest’ultimo con una sentenza in mero rito, a causa della mancanza di un presupposto processuale (la capacità processuale). Il difetto di legittimazione processuale del convenuto, invece, qualora sia a lui soltanto addebitabile, si riflette esclusivamente sulla costituzione in giudizio del convenuto stesso e sulla validità degli atti da lui compiuti, sicché non può in nessun caso impedire la prosecuzione del processo.

LA RAPPRESENTANZA E LA DIFESA TECNICA

Nel nostro ordinamento la parte, che pure sia munita di capacità processuale a norma dell’art. 75, non può, però, quanto meno di regola, agire essa stessa, direttamente e personalmente, nel processo, poiché difetta dello ius postulandi, e deve dunque avvalersi dell’opera di determinati soggetti professionalmente qualificati, ossia del patrocinio di un difensore. Tale principio si trova enunciato nell’art. 82 (Patrocinio), da cui si ricava che: 

Davanti al tribunale e alla corte d’appello è sempre necessario che le parti stiano in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; da intendere, oggi, come iscritto all’albo degli avvocati. Le deroghe cui allude la norma riguardano i casi in cui è consentito alla parte di stare in giudizio personalmente: ad es. quando abbia “la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il giudice adito”, cioè sia essa stessa un avvocato.



Dinanzi al giudice di pace è senz’altro ammessa la difesa personale nelle cause il cui valore non ecceda i 1.100 euro; negli altri casi, invece, sono richiesti il ministero oppure l’assistenza di un difensore, salvo che il giudice, “in considerazione della natura e entità della causa” autorizzi la parte a stare in giudizio di persona.



Davanti alla Corte di cassazione, infine è prescritto il ministero di un avvocato iscritto nell’apposito albo.

Si sarà notato che la norma adopera distintamente, con riguardo all’opera del difensore, i termini ministero e assistenza. In tal modo si intende alludere a 2 funzioni distinte che il difensore è chiamato a svolgere, sebbene il più delle volte cumulativamente, nel processo: la rappresentanza e l’assistenza. 

Nel primo caso, quello cui fa riferimento il concetto di ministero, egli agisce per l’appunto in sostituzione della parte, compiendo gli atti del processo in nome e per conto della parte stessa, in forza di una procura che quest’ultima gli ha conferito; procura per la quale sono previste forme tendenzialmente solenni. Trattasi dunque di una vera e propria rappresentanza, che si è soliti definire

tecnica e che costituisce una forma sui generis per un duplice profilo: 







Anzitutto in considerazione del suo peculiare oggetto, consistente nel compimento di tutti gli atti processuali occorrenti in relazione ad una determinata azione;

In secondo luogo, perché il contenuto della procura è tipico, mentre i poteri concretamente spettanti al difensore sono in questo caso definiti direttamente dalla legge. Deve ritenersi, infine, che il difensore goda di una notevole discrezionalità tecnica nella scelta degli strumenti processuali e delle strategie difensive più consone agli interessi del suo rappresentato, la cui volontà non potrebbe vincolarlo né determinare altra conseguenza che non sia la revoca del mandato.

Il difensore-assistente, invece, è quello che si affianca alla parte oppure ad un altro suo difensore-procuratore, per fornire la propria consulenza giuridica e perorare le tesi difensive del patrocinato. Ovviamente anch’egli opera in base ad un mandato conferitogli dal cliente; per il quale, tuttavia, non sono previste forme particolari e che ben potrebbe essergli attribuito verbalmente.

Nella maggior parte dei casi, le due funzioni vengono attribuite cumulativamente ad uno o più difensori; ma ancora oggi può avvenire che la parte ritenga di conferire ad un avvocato la sola sua rappresentanza e ad un altro la sua sola assistenza.

controversie, anche future (procura ad lites), oppure speciale, allorché si riferisca ad una causa determinata (procura ad litem). In linea di principio la procura dovrebbe essere rilasciata in forme solenni, ossia con atto pubblico o scrittura privata autenticata; il che richiederebbe l’intervento di un notaio o altro pubblico ufficiale a ciò abilitato. Limitatamente alla procura speciale (ad litem), però, l’art. 83 comma 3, consente che essa sia apposta in calce (cioè alla fine) oppure a margine di taluni atti processuali e che, in questi casi, l’autografia della sottoscrizione della parte sia certificata dallo stesso difensore destinatario del mandato. L’art. 83 fa esplicito riferimento agli atti lato sensu iniziali di qualunque procedimento: la citazione, il ricorso, il controricorso, il precetto, la domanda di intervento nell’esecuzione; e la riforma del 2009 vi ha pure inserito un esplicito riferimento alla eventuale memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o sostituzione del difensore originariamente designato. Il co. 3 art. 83 precisa, poi, che la procura speciale si considera apposta in calce, e dunque è valida, anche quando sia rilasciata su un foglio separato che sia però congiunto materialmente (solitamente tramite spilli metallici) all’atto cui si riferisce. Lo stesso comma 3, infine, prende espressamente in considerazione l’eventualità che la procura ad litem debba accedere ad un atto processuale redatto come documento informatico e trasmesso attraverso strumenti telematici.

In tale ipotesi sono date due possibilità: 1.

Se la stessa procura è formata (e dunque nasce fin dall’origine) come autonomo documento informatico sottoscritto con firma digitale, quest’ultimo può essere virtualmente congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con decreto del Ministero della Giustizia.

2.

Se invece la procura è stata originariamente conferita con le modalità tradizionali, ossia su supporto cartaceo con sottoscrizione autografa della parte, il difensore può ricavarne una copia informatica (adoperando a tal fine uno scanner), autenticare quest’ultima con la propria firma digitale e trasmetterla in

LA PROCURA Il nostro ordinamento esige che il difensorerappresentante sia sempre munito di una procura scritta, redatta secondo le formalità indicate nell’art. 83; che sembrano ispirate soprattutto dalla preoccupazione di evitare che la parte rappresentata possa sconfessare, magari in relazione all’andamento o all’esito del processo, l’operato del proprio avvocato. La procura può essere generale, allorché sia conferita per un numero indefinito di

via telematica come allegato del documento informatico cui essa accede. In entrambi i casi, la procura si considera apposta in calce all’atto processuale cui si riferisce e dunque soddisfa le forme prescritte dall’art. 83. Per quel che concerne la permanenza del potere rappresentativo del difensore, infine, v’è da rilevare che l’art. 85, pur consentendo in ogni momento tanto la revoca della procura, ad opera della parte che l’aveva conferita, quanto la rinuncia ad essa, da parte dello stesso difensore, si preoccupa di evitare possibili tattiche dilatorie e pertanto stabilisce che né l’una né l’altra hanno effetto nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta l’effettiva sostituzione, evidentemente con la nomina e la costituzione in giudizio di un nuovo difensore.

I POTERI DEL DIFENSORE La formale procura richiesta dall’art. 83 serve soltanto a legittimare il difensore quale rappresentante della parte nel processo, ma non a definirne i poteri; che risultano, invece, dalla stessa legge. L’art. 84 (poteri del difensore), infatti, attribuisce al difensore-procuratore il potere di compiere e ricevere, nell’interesse della parte rappresentata, tutti gli atti del processo che per legge non sono espressamente riservati alla parte medesima. In generale lo stesso art. 84 sottrae al difensore il potere di transigere o conciliare la controversia, quando la parte non gli abbia attribuito esplicitamente tali poteri. Altre norme specifiche poi richiedono una procura ad hoc per determinati atti, ritenuti dal legislatore particolarmente delicati (quanto alla proposizione della querela di falso), o idonei ad incidere sulla prosecuzione della causa (in tema di rinuncia agli atti del giudizio). Al di fuori di queste limitazioni, peraltro, i poteri del difensore devono ritenersi estesi a tutti gli atti che egli reputi opportuni nell’interesse del proprio assistito, compresi la modificazione o l’abbandono di taluna delle domande originariamente formulate, la proposizione di domande nuove e l’eventuale chiamata in causa

di terzi; alla sola condizione che, laddove si tratti di domande formulare nel corso del giudizio, esse siano oggettivamente connesse a quelle originarie. Il difensore con procura diviene, dal momento della costituzione in giudizio, il destinatario naturale di tutte le notificazioni e le comunicazioni dirette alla parte da lui rappresentata....


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