Le procedure concorsuali delle crisi da sovraindebitamento PDF

Title Le procedure concorsuali delle crisi da sovraindebitamento
Author Riccardo di rocco
Course Diritto commerciale
Institution Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli
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CAPITOLO QUARANTANOVESIMO LE PROCEDURE CONCORSUALI DELLE CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO

1. Caratteri generali. Fino a poco tempo fa le procedure concorsuali regolavano solo l’insolvenza dell’imprenditore commerciale non piccolo, mentre la composizione della crisi degli altri debitori rimaneva affidata esclusivamente agli strumenti di diritto comune, e in particolare alla esecuzione forzata individuale. Per evitare che il debitore resti continuamente esposto ad esse, sono da tempo diffuse in altri Paesi, e da poco anche in Italia, procedure che consentano a tutti i soggetti non più capaci di far fronte ai debiti di ripianare la propria situazione tramite un accordo coi creditori oppure mediante la liquidazione concorsuale dell’intero patrimonio. Una procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento è stata introdotta con il d.l. 212/2011, la cui disciplina è confluita nella l. 3/2012. Il testo di tale legge è stato modificato dal d.l. 179/2012 che, accanto alla originaria procedura degli accordi di composizione della crisi, ne ha aggiunte altre due: procedura di liquidazione del patrimonio e piano del consumatore. Il sistema delle procedure concorsuali destinate ai soggetti non fallibili si articola in 3 istituti: a. Procedura di liquidazione del patrimonio b. Accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento: crisi superata mediante un piano predisposto dal debitore ed accettato dalla maggioranza dei creditori. c. Piano del consumatore: riservata solo ai consumatori incolpevoli del proprio stato di sovraindebitamento, in cui il piano da essi predisposto viene omologato e reso effettivo solo dal giudice. Presupposto oggettivo comune a tutte queste procedure è che il debitore versi in stato di “sovraindebitamento”: “situazione di perdurante squilibrio tra obbligazioni assunte e patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte”. Si tratta quindi di una condizione di illiquidità patrimoniale del debitore, che può consistere tanto in uno stato di insolvenza quanto in una mera crisi finanziaria. Tale concetto nulla a che fare con l’ammontare complessivo dei debiti o con il rapporto fra passività e attivo patrimoniale. Altra caratteristica comune è che tali procedure sono concepite come un beneficio concesso al debitore, per consentirgli di regolare contestualmente i rapporti con i creditori ed ottenere l’esdebitazione dalle passività. I creditori quindi non sono legittimati a chiedere l’apertura di uno di questi procedimenti, e neanche il tribunale ha potere di iniziativa d’ufficio o su richiesta del PM. Solo per la conversione di una procedura di composizione della crisi in una di liquidazione è concessa ai creditori la legittimazione a presentare domanda.

A: LA PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO

2. Apertura ed effetti della procedura. Il debitore chiede la liquidazione giudiziale di tutti i suoi beni affinché il ricavato sia distribuito ai creditori secondo il principio della parità di trattamento. Se si tratta di persona fisica, può anche ottenere esdebitazione dai debiti rimasti insoddisfatti al termine della procedura. Tale procedimento è affine al fallimento sia per scopo che per struttura. A differenza del fallimento però, è utilizzabile anche in presenza di una mera crisi finanziaria non qualificabile come insolvenza. Inoltre, gli effetti per il debitore sono meno gravosi, non essendo previste speciali azioni revocatorie. Possono presentare domanda di liquidazione i debitori non soggetti ad altre procedura concorsuali fuorchè quelle disciplinate dalla l. 3/2012: consumatori, professionisti, start-up innovative, imprenditori commerciali che non superano le soglie di fallibilità e imprenditori agricoli. Non può proporre domanda il debitore che ha fatto ricorso nei precedenti 5 anni ad altra procedura di composizione delle crisi o di liquidazione del patrimonio. La domanda si propone con ricorso al tribunale del luogo dove il debitore ha residenza o sede principale. Alla domanda vanno allegati: -

Inventario di tutti i beni; Elenco dei creditori e degli atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni; Dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni; Certificazione del nucleo familiare del debitore con elenco delle spese correnti; Scritture contabili degli ultimi 3 esercizi (se è svolta attività d’impresa).

Nella presentazione della domanda, il debitore deve farsi assistere da un organismo di composizione della crisi, iscritto nell’apposito albo del Ministero della Giustizia. In alternativa, compiti e funzioni di organismo di composizione possono essere svolti da professionista o società tra professionisti o notaio, possessori dei requisiti per la nomina come curatore, nominati dal tribunale. L’organismo di composizione deve: -

Verificare la veridicità dei dati contenuti nella domanda; Riferire in una apposita relazione sulle cause della crisi, sulla diligenza del debitore e sulla sua capacità di adempiere in passato.

La domanda è inammissibile se la documentazione prodotta non consente di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore. Nel caso in cui il giudice ritiene sussistenti i requisiti, ammette con decreto il debitore alla procedura e contestualmente nomina il liquidatore, prescelto fra quelli possessori dei requisiti ex art. 28 l.fall (può essere liquidatore anche l’organismo di composizione). La domanda ed il conseguente provvedimento sono iscritti nel registro se il debitore è un imprenditore ed il decreto è trascritto nei registri dei beni mobili ed immobili. L’apertura della procedura di liquidazione determina per il debitore effetti patrimoniali analoghi a quelli del fallimento. Gli atti di disposizione del debitore sono inefficaci nei confronti dei creditori concorsuali ( = spossessamento).

La liquidazione ha ad oggetto l’intero patrimonio del debitore salvo alcune eccezioni, praticamente coincidenti con le categorie di beni esclusi dallo spossessamento. La liquidazione si estende ai beni pervenuti al debitore nei 4 anni successivi al deposito della domanda di ammissione, dedotte le passività per l’acquisto e la conservazione degli stessi, da soddisfare in prededuzione. Durante la procedura, il patrimonio oggetto di liquidazione è amministrato dal liquidatore, salvo che il giudice non ritenga ragionevole autorizzare il debitore ad utilizzare alcuni beni. A carico del debitore ammesso non si producono gli effetti penali e personali del fallimento. Non viene neanche richiamata la disciplina degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli per i creditori, impugnabili solo con gli strumenti di diritto comune. Manca inoltre una disciplina degli effetti della procedura sui contratti in corso di esecuzione, lasciando ciò intendere che l’apertura della liquidazione non ne determina automaticamente la sospensione o lo scioglimento. È dettata invece una disciplina degli effetti della disciplina per i creditori, ispirata a quella fallimentare. I creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura di liquidazione (creditori concorsuali) devono far valere le loro pretese esclusivamente nell’ambito della procedura concorsuale. Per tutta la durata del procedimento quindi non possono, a pena di nullità, iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutivi, né acquistare diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione. Se alla data di apertura della liquidazione sono pendenti procedure esecutive, il liquidatore può subentrarvi. Il deposito della domanda sospende il corso degli interessi convenzionali e legali fino alla chiusura della liquidazione, salvo che per i crediti privilegiati. Come nel fallimento, i creditori partecipanti al concorso si dividono in gradi, a seconda che siano chirografari, privilegiati o creditori della massa. Quest’ultimi, titolari di crediti sorti in funzione di procedura disciplinata dalla l. 3/2012, devono essere soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, salvo quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. I creditori con causa o titolo posteriore al momento in cui è eseguita la pubblicità del decreto di apertura sono esclusi dalla massa, potendo avviare azioni esecutive individuali anche durante lo svolgimento della procedura, ma soltanto sui beni non facenti parte del patrimonio di liquidazione. Il procedimento prevede una fase di accertamento del passivo, con modalità semplificate rispetto al fallimento. Il liquidatore esamina l domande di ammissione presentate, predispone un progetto di stato passivo e lo comunica agli interessati, assegnando un termine per osservazioni. Altrimenti, rimetti agli atti al giudice che lo ha nominato, il quale provvede alla definitiva formazione del passivo; il decreto di quest’ultimo è impugnabile con reclamo dinnanzi al tribunale.

3. Liquidazione del patrimonio ed esdebitazione. Entro 30 giorni dall’inventario il liquidatore elabora un programma di liquidazione, da comunicare a debitore e creditori e da depositare presso la cancelleria del tribunale.

Le vendite devono seguire procedure competitive adeguatamente pubblicizzate, e ci si può avvalere di soggetti specializzati. La procedura rimane aperta sino alla completa esecuzione del programma di liquidazione, e in ogni caso, per una durata minima di quattro anni successivi al deposito della domanda di ammissione. Trascorso tale termine ed accertata la completa esecuzione del programma, il giudice dispone con decreto la chiusura della procedura. Al termine della procedura, il debitore persona fisica è ammesso al beneficio di esdebitazione per ottenere la liberazione dai debiti residui. A tal fine egli deve presentare i requisiti di meritevolezza determinati dalla legge, e la procedura deve aver almeno in parte soddisfatto i creditori concorsuali. Il debitore perde requisito di meritevolezza quando: -

-

E’ imputabile lo stato di sovraindebitamento per aver fatto ricorso al credito in modo colposo e sproporzionato alle sue capacità; Ha già beneficiato di esdebitazione negli 8 anni antecedenti la domanda. Nei 5 anni precedenti l’apertura della liquidazione o nel corso della stessa ha posto in essere atti in frode ai creditori o simulazione di titoli di prelazione, allo scopo di favorire alcuni creditori a danno di altri. Ha conseguito una condanna penale definitiva per reati attinenti allo svolgimento della procedura.

Infine, il debitore deve aver mantenuto una condotta collaborativa ed operosa durante la procedura, e in particolare deve: -

Aver cooperato al regolare, rapido ed efficace svolgimento della procedura; Aver svolto una attività produttiva di reddito o quanto meno cercato una occupazione, senza rifiutare ingiustificatamente proposte di impiego.

Se i requisiti sono presenti, l’esdebitazione viene concessa dal giudice su richiesta del debitore, da presentare entro un anno dalla chiusura della procedura. Il provvedimento è impugnabile dai creditori tramite reclamo al tribunale, ed è comunque sempre revocabile se risulta che il debitore ha: a. Compiuto atti in frode ai creditori; b. Violato la par condicio creditorum; c. Con dolo o colpa grave rappresentato infedelmente il proprio stato patrimoniale. Per effetto del decreto, tutti i crediti concorsuali ancora insoddisfatti sono dichiarati inesigibili. L’esdebitazione però non opera per alcune categorie di debiti: a. Di mantenimento e alimentari; b. Responsabilità extracontrattuale, sanzioni pecuniarie penali e amministrative. c. Debiti fiscali accertati dopo apertura della procedura.

B: LE PROCEDURA DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO 4. L’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento. Proposta ed effetti.

La legge 3/2012 raggruppa sotto tale nome due procedure, accordo di composizione della crisi e piano del consumatore, accomunate dal fatto che la crisi economica del debitore viene superata tramite attuazione di un piano proposto dal debitore stesso. Possono proporre un accordo di composizione tutti i debitori, consumatori inclusi, in stato di sovraindebitamento, soggetti solo alle procedure disciplinate dalla legge sopracitata. Tale procedura presenta somiglianze con il concordato preventivo; la proposta di accordo infatti può prevedere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori tramite qualsiasi forma e può prevedere anche la suddivisione in classi dei creditori. Il contenuto della proposta deve però osservare i seguenti limiti: a. Per i crediti impignorabili per legge (alimenti, stipendi ecc) deve essere assicurato il regolare pagamento. b. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca devono essere soddisfatti in misura non inferiore a quella realizzabile in ragione della loro collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione. Quando la proposta prevede la continuazione dell’attività, è possibile stabilire una moratoria fino ad 1 anno dalla omologazione per tali crediti, salvo che siano liquidati i beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. c. Per i tributi costituenti risorse proprie dell’UE, l’IVA e le ritenute operate e non versate si può prevedere solo una dilazione di pagamento. Il debitore deve rivolgersi ad un organismo di composizione della crisi, che assume ogni iniziativa funzionale alla realizzazione del piano, verifica la veridicità e attesta la fattibilità. La proposta di accordo è depositata presso il tribunale del luogo di residenza o sede principale del debitore. Se beni e redditi del debitori non garantiscono la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta anche da uno o più terzi che consentono il conferimento di redditi o beni. Alla proposta va allegata una documentazione analoga a quella precedentemente vista, insieme ovviamente alla attestazione dell’organismo di composizione. La proposta è inammissibile quando il proponente non rientra in una delle categorie di debitori non ammesse a presentarla, e inoltre quando il debitore ha: a. Fatto ricorso nei 5 anni precedenti ad una procedura di composizione o di liquidazione del patrimonio. b. Subito, per causa a lui imputabile, un provvedimento di annullamento o risoluzione di un precedente accordo, o di revoca o cessazione degli effetti di un precedente accordo. c. Fornito una documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale. Il giudice, verificata esistenza dei requisiti e completezza della documentazione, ammette il debitore alla procedura. L’esame si conclude con decreto di apertura o di rigetto, contro il quale è possibile presentare ricorso al tribunale. La proposta ed il decreto di apertura sono pubblicate nel registro e con le altre forme stabilite dal giudice. Dal decreto di apertura fino all’omologazione, si producono per il proponente e per i creditori effetti analoghi a quelli del concordato preventivo. Il primo rimane nella disponibilità del proprio patrimonio potendo compiere però solo atti di ordinaria

amministrazione. I creditori concorsuali invece non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, attuare sequestri o acquistare diritti sul patrimonio del proponente. Per lo stesso periodo rimangono sospese le prescrizioni e non si verificano le decadenze, ed anche il corso degli interessi. Non trova applicazione la disciplina della revocatoria fallimentare.

5. (Segue): Approvazione ed esecuzione dell’accordo. Con il decreto di apertura, il giudice fissa l’udienza nella quale si constaterà il raggiungimento dell’accordo. Quest’ultimo deve essere raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti (non rileva la suddivisione in classi). I creditori privilegiati non sono computati e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, se non rinunciando al diritto di prelazione. Sono inoltre esclusi il coniuge, parenti ed affini fino al 4° grado del debitore, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta. Anche qui opera un meccanismo di silenzio-assenso. In sede di omologazione, il giudice verifica: -

Raggiungimento della maggioranza; Idoneità del piano ad assicurare pagamento integrale dei crediti non riducibili; Regolarità del procedimento.

Non entra nel merito della convenienza dell’accordo, salvo che sul punto siano state sollevate contestazioni da parte di creditori dissenzienti, esclusi o da qualsiasi interessato. In questo caso, il giudice può comunque omologare l’accordo se ritiene che il credito può essere ugualmente soddisfatto. Il decreto di omologazione è pubblicizzato con le stesse forme per il decreto di ammissione. L’accordo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità del decreto di ammissione. Non determina novazione delle obbligazioni né pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori e obbligati di regresso. Intervenuta l’omologazione si passa alla fase di esecuzione, guidata dal debitore, o dal liquidatore o dall’organismo di composizione. Quest’ultimo vigila sull’esatto adempimento dell’accordo, risolvendo le difficoltà sopraggiunte, fermo restando che solo il giudice può decidere sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione dei diritti soggettivi.

L’accordo raggiunto con i creditori può essere: Revocato: di diritto se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le ragioni dei creditori. Annullato: su istanza di ogni creditore, quando il debitore abbia, dolosamente o con colpa grave, aumentato o diminuito il passivo, dissimulato l’attivo o simulato dolosamente attività

inesistenti. Il ricorso deve essere proposto entro 6 mesi dalla scoperta e non oltre 2 anni dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento. Risolto: di diritto: a. Quando il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti secondo il piano alle amministrazioni pubbliche e agli enti previdenziali. b. Per il mancato pagamento di crediti per i quali non è consentito proporre adempimento parziale. c. Quando interviene dichiarazione di fallimento del proponente. Fuori da queste ipotesi la risoluzione è giudiziale, disposta dal tribunale su richiesta dei creditori, quando non sono adempiuti gli obblighi o non costituite le garanzie promesse. Ricorso per la risoluzione da proporre entro 6 mesi dalla scoperta e comunque entro 1 anno dalla scadenza del termine dell’ultimo adempimento. I creditori possono domandare risoluzione dell’accordo anche quando l’esecuzione dello stesso è divenuta impossibile per ragioni non imputabili al debitore. In questo caso, il debitore può proporre una modifica del piano originario, che equivale ad una nuova proposta di accordo. Per effetto della risoluzione o dell’annullamento, cessano retroattivamente gli effetti dell’accordo, rimanendo salvi i diritti acquistati da terzi in buona fede. Quando interviene revoca, annullamento o risoluzione, su richiesta del debitore o di un creditore, il giudice può disporre conversione della procedura di composizione delle crisi in procedura di liquidazione del patrimonio. La conversione è esclusa in caso di risoluzione dell’accordo per causa non imputabile al creditore. Se invece sopraggiunge il fallimento, gli atti i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione dell’accordo omologato non sono soggetti all’azione revocatoria fallimentare.

6. Il piano del consumatore. Istituto particolarmente vantaggioso per il debitore, riservato ai consumatori che presentino specifici requisiti di meritevolezza. Per “consumatore” si intende la persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei alla attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. La disciplina è in larga parte coincidente con quella degli accordi di composizione della crisi. A differenza d quest’ultima però la presentazione della proposta non comporta sospensione automatica delle azioni esecutive individuali dei creditori prima della omologazione, salva diversa disposizione in decreto di apertura. Il piano non può essere omologato dal giudice quando il consumatore ha: -

Assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva d...


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