le spondiloentesoartriti PDF

Title le spondiloentesoartriti
Course REUMATOLOGIA
Institution Università degli Studi dell'Aquila
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le
spondiloentesoartriti...


Description

Epidemiologia Da un punto di vista epidemiologico, le spondiloentesoartriti sieronegative sono patologie frequenti, raggiungendo una prevalenza di 1-1.5%. Colpiscono tendenzialmente soggetti giovani, che sono pertanto in età lavorativa. La severità della malattia è variabile, e nei casi più gravi, specialmente se non si interviene con una appropriata terapia, queste patologie possono dar luogo a forme invalidanti, con anchilosi e disabilità completa.

Più nello specifico: - la spondilite anchilosante o SA: interessa soprattutto il maschio giovane, nelle donne più spesso il quadro clinico è asintomatico, meno eclatante (è più frequente del rapporto 5:1 della slide, nel libro il rapporto è 2:1). La sua prevalenza è intorno allo 0.1-0.2%, rispecchia strettamente quella dell’antigene di istocompatibilità HLA B27 (in Italia presente nel 4% della popolazione). Questo evidenzia come il supporto genetico sia importante nella patogenesi (sono interessati anche altri geni, meno importanti), l’ereditarietà è multifattoriale. - l’artrite psoriasica o AP: sappiamo che la psoriasi colpisce circa il 2% della popolazione italiana, quindi, se definiamo le manifestazioni spondiloentesoartritiche come entesite e dattilite, la prevalenza di alterazioni muscolo scheletriche riguarda circa 1/3 dei pazienti, mentre se ci riferiamo alla vera artrite psoriasica abbiamo una prevalenza circa uguale a quella dell’AR. - l’artrite reattiva: si manifesta come reazione a un evento infettivo, quindi è più difficile da valutare circa la sua prevalenza perché meno spesso cronicizza. Ha un’incidenza di 5/100.000 pazienti annui. - le artriti enteropatiche sono chiamate così poiché associate a RCU e Morbo di Crohn (vedremo che ci sono anche forme legate alla celiachia, al morbo di Whipple, al bypass intestinale, che non sono propriamente spondiloartriti sieronegative, anche se hanno alcune manifestazioni tipiche). Circa 1/3 dei pazienti con RCU e morbo di Crohn ha manifestazioni muscolo-scheletriche, che dividiamo in assiali e periferiche. L’impegno assiale spesso precede l’esordio clinico delle IBD ed è frequente in questi pazienti la presenza dell’antigene HLA-B27, mentre l’artrite periferica corre parallelamente o segue l’IBD. Il prof sottolinea l’importanza della stretta collaborazione dei reumatologi con gastroenterologi e dermatologi, in particolare in questo gruppo di malattie. L’approccio è multidisciplinare, bisogna condividere col gastroenterologo e col dermatologo le decisioni terapeutiche e insieme valutare l’impatto clinico.

Quadro clinico Le manifestazioni si possono suddividere in: • Muscolo-scheletriche o Assiali: - Sacroileite - Spondilite - Sinfisite pubica - Dolore alla parete del torace (dolore sterno-claveare e sterno-costale) o Periferiche - Artrite - Entesite 123



Tenosinovite e dattilite Borsite

Extra-articolari ed extra-tendinee:

Oculari (tra le più frequenti): congiuntivite e uveite anteriore acuta (associata a positività per HLA-B27, presente ad esempio nella SA) o Intestinali, nelle artriti enteropatiche e reattive: Crohn, RCU, IBD subclinica, infezioni o Cardiache, principalmente nella SA: insufficienza aortica, disturbi della conduzione o Polmonari: interessamento apicale, interstiziopatia o Genitourinario, nelle artriti reattive: uretrite, balanite, cervicite o Cutanee: psoriasi, eritema nodoso NB: queste manifestazioni vanno sempre viste nel loro insieme, ci sono pazienti che hanno sia un interessamento gastrointestinale sia genitourinario, ad esempio. Possono essere presenti in tutte le spondiloartriti sieronegative. o

Caso clinico: Paziente maschio giovane1 presenta monoartrite asimmetrica a carico di una grossa articolazione dell’arto inferiore. Dall’anamnesi risultano i seguenti reperti: - dolore ai talloni al cammino (tendinite achillea); - mal di schiena, tanto intenso da non permettere il riposo notturno. Tuttavia il paziente riferisce sollievo in caso di movimento e assunzione di antinfiammatori; - dolore toracico; - infiammazione agli occhi; - bruciore alla minzione; - problemi intestinali; - lesioni cutanee (“una cosa molto piccola ai gomiti”) - prostatite; - il prof. ride… le domande che poniamo all’anamnesi indagano su tutti gli organi e apparati e sono fondamentali per inquadrare bene il paziente. Poi, quando si sospetta una determinata patologia, è necessario valutare l’intera gamma di segni e sintomi possibili. “Questo paziente le ha tutte ma perché noi stiamo pensando alle domande giuste e pensiamo in positivo per i nostri scopi... Allora la diagnosi viene facile!” Si analizzano ora le manifestazioni principali:

1. SACROILEITE: L’articolazione sacroiliaca è un’anfiartrosi nella porzione superiore e una diartrosi (quindi con membrana sinoviale) nella porzione inferiore. Queste articolazioni rappresentano quasi sempre il primo distretto assiale coinvolto e talvolta l’unico (sacroileite isolata). Per valutare l’impegno sacroiliaco si possono effettuare due manovre a paziente: - Prono, si comprime il solco sacrale; - Supino, si preme sulle spine iliache anteriorsuperiori (SIAS): in caso di positività il paziente lamenterà dolore, in particolare dove i glutei poggiano sul lettino.

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Essendo giovane, l’AR è rarissima!

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Se tali manovre provocano dolore, allora si può affermare la presenza di sacroiletie. La dolorabilità articolare può essere mono- o bilaterale e più o meno simmetrica: § nell’artrite psoriasica e nella sindrome di Reiter è asimmetrica; § nelle malattie infiammatorie intestinali e nella spondilite anchilosante è invece tendenzialmente bilaterale e simmetrica, potendosi associare a esami strumentali negativi e infiltrati infiammatori. All’anamnesi il paziente riferisce spesso la presenza di un dolore che scende lungo la coscia e si ferma al ginocchio e che periodicamente cambia lato (sciatica tronca alternante, già citata), fenomeno che riflette un'altalenanza nella flogosi, che in periodi diversi è più impegnativa in un’articolazione piuttosto che nella controlaterale. Queste manovre cliniche possono essere positive anche in pazienti che non hanno evidenza strumentale, esempio di come clinica e laboratorio non sempre coincidano. La dimostrazione radiologica di sacroileite è un elemento fortemente indicativo di spondiloartrite, anche se l’RX rappresenta una metodica poco sensibile nelle fasi precoci della malattia. All’RX si valuta in particolare la presenza di erosioni ed il grado di anchilosi. La sacroileite è determinata da un’infiammazione dell’articolazione sacroiliaca: è stata dimostrata la presenza del TNFa a questo livello, quindi frequentemente verrà somministrata una terapia antiTNFa. Nella spondilite la risposta linfocitaria è Th1 ed all’attività erosiva, al danno osteocartilagineo, segue un’iperattività osteoblastica, fattore che la differenzia dall’AR. N.B.: L’erosione è l’elemento diagnostico specifico! Dal punto di vista radiologico si può classificare la spondiloartrite in 5 gradi, secondo i criteri di New York: § Grado 0: normale § Grado 1: sospetto. Rima sfumata, pseudoallargamento (sinovite/edema); § Grado 2: minima. Erosioni iniziali, superficiali; sclerosi ossea focale (in maggior percentuale al terzo inferiore); § Grado 3: moderata-media. Erosioni evidenti, poi focali ponti ossei con aspetto a francobollo. Seguo con molta difficoltà il decorso dell’articolazione nell’immagine radiografica; § Grado 4: fusione delle sacroiliache. Grazie all’imaging si può determinare se la sacroileite è: - monolaterale o bilaterale; - simmetrica o asimmetrica; - più evidente sul versante iliaco.

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La radiografia tradizionale non permette di valutare la presenza d’infiammazione attiva, non distingue tra attività e danno, cosa che invece può fare la RMN. Questa metodica dimostra la flogosi come osteite e come edema osseo iperintenso in T2 e ipointenso in T1. Il processo riparativo adiposo, invece, sarà caratterizzato da un’iperintensità sia in T1 che in T2. ESEMPIO: un paziente non ha più dolore, ma presenta osteite, quindi starò attento a variare la terapia, a ridurgli la dose del biologico; ci può essere anche un paziente con dolore ma senza osteite e anche in questo caso si agirà variando la terapia. Possono essere assenti entrambi, quindi anche in questo caso cambierò le strategie terapeutiche: si tratta di farmaci molto costosi, se funzionano ugualmente bene anche a dosi dimezzate c’è un risparmio notevole. La TC viene impiegata per l'individuazione di alterazioni ossee, lesione che sono tuttavia molto tardive; risulta utile quando il paziente non presenta una sacroileite attiva (dolore e dolorabilità sono assenti) ma riferisce una glutalgia pregressa. Si effettua raramente. Le lesioni minime e non attive non vengono viste dalla RM o dalla radiografia, per cui se il sospetto di sacroileite è forte l’unico esame che darà risultati attendibili è la TC. Immagine: la RM ripetuta dopo terapia 2 antiinfiammatoria efficace permette di osservare come le aree di danno scompaiono (d). Questo esame risulta quindi utile per monitorare la risposta terapeutica. La RMN è una metodica che permette di ottenere informazioni sull’attività di flogosi (osteite, edema osseo, sostituzione adiposa), sulle erosioni e sulle attività riparative dell’osso. Un’altra tecnica che sta acquisendo sempre maggior rilevanza è la scintigrafia ossea quantitativa, esame funzionale e non morfologico, la quale, in caso di ipercaptazione -normalizzata rispetto ad un’altra area corporea che funge da standard (solitamente viene impiegato il fegato), - è indicativa di flogosi localizzata. Tuttavia, sebbene rappresenti un esame molto informativo e molto richiesto, anche in virtù della visione total-body, che permette di individuare altri eventuali foci infiammatori asintomatici, la scintigrafia risulta in qualche modo ancora operatore-dipendente e pertanto poco standardizzabile. 2

La RM prima della terapia è in figura b.

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Riassumendo, gli esami che vengono richiesti nella pratica sono la RMN in prima battuta e la scintigrafia ossea come esame di secondo livello. La RMN viene impiegata per individuare la sacroileite in fase precoce, poiché permette di visualizzare l’osteite con l’edema osseo prima della formazione di alterazioni osteoproliferative visibili invece anche alla radiografia standard o alla scintigrafia ossea (meno utilizzata). La diagnosi differenziale della sacroileite comprende: - le varie forme di spondiloentesoartriti; - condizioni legate ad infezioni: in questo caso la RMN vedrà un danno molto più evidente e il dolore sarà molto intenso (brucellosi e TBC, le quali mostrano però anchilosi tardiva e grosse aree litiche, in modo monolaterale); - l’osteite condensante dell’ileo, che si presenta con iperdensità ossea triangolare, a rima regolare e conservata e tendenzialmente asintomatica (definizione prettamente radiologica che non implica patologia). 2. SPONDILITE: Per spondilite s’intende la flogosi della colonna vertebrale sia a livello intervertebrale che sacroiliaco a cui si accompagna una osteoproliferazione reattiva. Clinicamente si manifesta con lombalgia, cioè un dolore spinale assiale infiammatorio, cronica, ovvero della durata maggiore di 3 mesi, che può estendersi successivamente ad altri segmenti corporei. Al dolore infiammatorio si associa la rigidità. Il coinvolgimento del rachide è una caratteristica costante della SpA ma è di frequente riscontro, pur se non obbligatorio, anche nelle altre spondiliti. Rappresenta uno dei principali elementi di diagnosi differenziale con altre artropatie infiammatorie e in particolare con l’AR 3 . La spondilite determina la formazione di ponti ossei (sindesmofiti) tra corpi vertebrali contigui, i quali si fondono, conferendo il classico aspetto radiologico “a canna di bambù”, cui segue un’importante limitazione funzionale. Possono essere identificati due tipi di sindesmofiti: o Classici: lineari, spesso bilaterali e più frequenti nelle spondiliti anchilosanti e nelle spondiliti enteroepatiche; o Grossolani: originano dal tessuto connettivo paravertebrale, asimmetrici e più frequenti nell’AP e nella Sindrome di Reiter.

Sindesmofiti grossolani nella Sdr di Reiter

Sindesmofiti fini nella spondilite anchilosante

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Inoltre, a differenza della osteoproliferazione reattiva, nell'artrite reumatoide il processo infiammatorio è osteopenizzante.

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Il prof. dice espressamente di studiare le altre alterazioni radiografiche dal libro.

Si può avere neo-apposizione ossea a livello del corpo vertebrale nel margine anteriore, che determina uno squadramento, che a sua volta induce squaring del corpo vertebrale stesso. Si può rilevare inoltre entesite nell’angolo del corpo vertebrale che può dare iperostosi. La spondilodiscite, invece, è determinata da un evento infiammatorio che si crea nel complesso disco-vertebrale, con lisi cartilaginea e ossea con erosione nella giunzione, che porterà a una riduzione della rima articolare. L’infiammazione può riguardare l’articolazione interapofisaria, costovertebrale, i legamenti inter o sopra-spinoso, e, come nell’AR, possono essere interessate le prime vertebre cervicali. La mobilità della colonna vertebrale può essere misurata con vari metodi clinimetrici. In particolare si impiegano: - Distanza occipite-muro: con il paziente in posizione eretta, con dorso e talloni contro la parete, con la linea di sguardo in orizzontale (evitando movimenti di estensione del collo), facendo il massimo sforzo per toccare con la testa la parete, si misura la distanza tra la protuberanza occipitale e la parete. Tale distanza aumenta in caso di cifosi dorsale; - Test di Schober e test di Schober modificato (o MacraeSchober). - Espansibilità toracica, ridotta sotto i 2,5 cm in caso di anchilosi toracica. Il Test di Schober permette di valutare la flessibilità delle vertebre lombari individuando l’entità del grado di riduzione della loro mobilità. Al soggetto esaminato, posto in posizione eretta, si procede individuando 2 punti di repere: - apofisi spinosa di L5 (fossette di Venere); - un punto situato 10 cm al di sopra dell’apofisi di L5, lungo la linea mediana (misurato a paziente in posizione eretta). Una volta individuati questi punti si chiede al soggetto di flettersi in avanti come per toccarsi i piedi senza flettere le ginocchia o le gambe; quindi si valuterà se la distanza tra i due punti di repere aumenta o rimane costante (10 cm). Un aumento di tale distanza, tra le vertebre lombari, inferiore a 3-4 cm è indice di alterazione della flessibilità del rachide lombare4. Nel test modificato invece di 10 cm se ne contano 15: 10 sopra e 5 sotto L5; il delta di riduzione da considerarsi è sempre di 3-4 cm (5 secondo il prof ed il libro). Il test oltre all’anchilosi rileva anche la flogosi attiva, quindi un paziente con infiammazione può avere un test positivo, esso dunque non è al 100% specifico. Tali test sono definiti positivi quando a livello lombare si ha una ridotta mobilità nella flesso-estensione.

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Il prof. in classe parla di riduzione dell’estensione del rachide lombare quando la distanza non aumenta di almeno 5 cm.

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[Ndr: la tabella sottostante riporta sia quali sono i parametri da analizzare per identificare le alterazioni presenti in caso si SpA, sia la valutazione del dolore come step a completamento dell’esame del paziente.]

Il prof. precisa che l’anchilosi toracica può essere valutata sia in base all’espansione toracica che alla flessione laterale. Un problema emerso recentemente riguarda il fatto che nonostante la terapia risulti efficace in quanto abbatte lo stato di flogosi, al momento del follow-up breve con RX si rileva comunque la presenza dei sindesmofiti. Ovvero, si sta curando l’infiammazione ma non si evita il danno! Questo avviene perché un minimo stato di flogosi (non visibile alla RM) persiste e causa l’osteoproliferazione, che non viene bloccata dal TNF a causa della terapia stessa: si parla infatti di TNF brake hypothesis. Però, grazie a un follow-up eseguito dopo molto tempo, sono stati osservati i miglioramenti a lungo termine del danno osteoproliferativo e il blocco di produzione di nuovi sindesmofiti (a causa dell’azzeramento dell’infiammazione con tempistiche più lunghe, evitando che nuove aree si infiammino) e della diffusione di tale processo ad altre localizzazioni del rachide. Questo è un disco vertebrale, l’articolazione tra due corpi vertebrali, nella giunzione tra disco e corpo (entesi) parte processo infiammatorio e osteoproliferativo.

La scintigrafia ossea, oltre alla valutazione funzionale, permette anche di valutare lo scheletro, quindi le strutture nell’insieme e la localizzazione del processo infiammatorio. Diagnosi differenziale della spondilite: - Osteoartrosi, che dà un dolore meccanico, radiologicamente si osservano osteofiti “che tendono a sfuggire”. - DISH (Diffuse Idiopathic Skeletal Hyperostosis, vedere dal libro): forma non infiammatoria con abbondante proliferazione ossea, difficile da distinguere dal sindesmofita grossolano (talvolta possono coesistere). - Spondilodiscite infettiva: tipicamente localizzata in un particolare segmento osseo, dà dolore intenso, talvolta anche febbre. La diagnosi differenziale è clinica, con RMN e talvolta biopsia (es. TBC).

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3. ENTESITE: NB: la patologia in generale dell’entesi viene definita entesopatia. Non è detto che un paziente con entesopatia abbia un’entesite. In caso di infiammazione dell’entesi avrò un’entesite, caratterizzata da dolore e dolorabilità in corrispondenza dell’entesi. Possiamo avere anche l’entesopatia iperostosante (DISH) o una degenerazione dell’entesi (nel tendine degenerato possono depositarsi cristalli di idrossiapatite o, più raramente, cristalli di calcio pirofosfato, che a loro volta possono innescare la flogosi). Si riportano le entesi coinvolte tipicamente: - fascia plantare (tubercolo mediale del calcagno): è la più frequente. Spesso si chiede al paziente: “Lei ha dolore sotto i talloni?”. Si tratta di una condizione in cui il calcagno reagisce formando uno sperone osseo, che a sua volta aggrava la fascite; - tendine di Achille (posteriormente al calcagno), (nell’immagine: tendinite achillea del piede destro in pz con psoriasi cutanea); - zampa d’oca (inserzione dei muscoli sartorio, gracile e semitendinoso sulla faccia anteromediale della tibia); - il trocantere (inserzione femorale dei muscoli per il movimento dell’anca); - il tendine rotuleo (del quadricipite sulla rotula). L’RX al piede si esegue spesso nelle situazioni di sospetto di spondiloartrite. Con l’RX si valuta l’erosione e l’osteoproliferazione. Si utilizzano anche gli ultrasuoni per valutare l’infiammazione attiva. In queste immagini si possono osservare gli speroni calcaneari.

4. ARTRITE: Spesso è oligoarticolare (< 5 articolazioni coinvolte) asimmetrica e predilige gli arti inferiori. Può essere acuta, recidivante, cronica. Importante la diagnosi differenziale con l’AR, la quale esordisce come artrite asimmetrica e colpisce le articolazioni delle mani e dei piedi. Nelle articolazioni importanti, come quella dell’anca, le SpA possono essere particolarmente severe, ribelli alle terapie: ci sono giovani andati incontro precocemente a protesizzazione (i farmaci biologici hanno ridotto questa complicanza importante). Diagnosi differenziale dell’artrite, “che non chiederò all’esame”. L’artrite può essere associata a versamento anche molto abbondante, soprattutto nell’artrite psoriasica.

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Per una valutazione adeguata delle artricolazioni, nelle SpA, è necessario un monitoraggio, come nell’AR, ricercando tumefazione, dolorabilità, rigidità mattutina, etc.

Artrite coxofemorale (o d’anca): molto severa, alto grado di disabilità, è un fattore prognostico sfavorevole

Articolazioni metacarpofalangee: l’iperproliferazione ossea può essere causa di disabilità (in questo caso si tratta di artrite psoriasica)

L’immagine a sinistra mostra un quadro di artrite psoriasica: si osservano erosione, osteoproliferazione intorno alle erosioni (di aspetto sfumato, a gess...


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