Mosca e San Pietroburgo PDF

Title Mosca e San Pietroburgo
Author Elisa De Santis
Course Cultura russa
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Summary

Riassunto del capitolo "Mosca e San Pietroburgo" del libro "Storia della Russia" di Bartlett. ...


Description

MOSCA E SAN PIETRO BURGO: L A GENESI DELLO STATO IMPER IALE (16001760) CRISI, RIPRESA E C AMBIAME NTO L’EPOCA DEI TORBIDI I primi anni del XVII secolo sono ricordati nella storia della Russia come l’epoca dei torbidi. Con la fine della dinastia, infatti, il paese entrò in una crisi profonda causata soprattutto dall’assenza di un’autorità politica legittima ed esacerbata dal disastro economico, dalle tensioni sociali e dall’invasione straniera. Nella lotta al potere che seguì la morte di Fedor prevalse come nuovo sovrano suo cognato, Boris Godunov. Appoggiato dal patriarca, si guadagnò il consenso popolare e si fece offrire il trono da un improvvisato zemskij sobor. Per rafforzare la sua posizione, attaccò i Romanov, suoi principali rivali e famiglia della prima moglie di Ivan. Ma il governo del nuovo zar si trovò presto a dover fronteggiare un diffuso malcontento. La mancanza di autorevolezza dinastica portò tra l’élite nuove lotte intestine. Alcune voci insistenti lo collegavano alla morte dello zarevic Dmitrij Ivanovic. Nel 1591, nel ruolo di primo ministro, Godunov aveva istituito una Commissione di inchiesta con a capo il boiaro Vasilij Sujskij, che dopo aver confutato le accuse di omicidio, dichiarando che il piccolo Dmitrij, epilettico, era caduto sul suo stesso pugnale, cambiò più volte versione. Tra il 1601 e il 1603, a causa della piccola glaciazione i contadini russi soffrirono per la scarsità del raccolto; situazione aggravata dal divieto di spostarsi. Si diffuse il brigantaggio e il governo non riuscì a trovare cibo a sufficienza per sfamare i disperati che si rifugiavano nei centri urbani. Nel 1604 si fece avanti un pretendente al trono appoggiato da avventurieri polacchi, che sosteneva di essere Dmitrij, sfuggito ai suoi presunti assassini. Laddove il rjurikide Ivan IV, sovrano per diritto divino, aveva potuto impunemente commettere ogni sorta di atrocità senza che il suo potere fosse mai messo in discussione, per il nuovo monarca non rjurikide le accuse di omicidio e l’insurrezione dell’esercito erano gravi minacce. Questo primo Dmitrij diede il via a una lunga serie di pretendenti che sostennero di essere il vero zar scampato alla morte e tornato per salvare il popolo da un usurpatore. Dmitrij riuscì a raccogliere molti consensi. La sua ribellione portò a una vera e propria guerra civile. La storia di Boris Godunov e del falso Dmitrij è uno dei grandi miti nazionali russi, reso immortale dalla tragedia di Puskin e dall’opera di Modest Musorgskij. Il Boris della realtà storica probabilmente era davvero colpevole di omicidio, mentre il pretendente al trono non era altro che un monaco rinnegato, un certo Grigorij Otrepev. Ma dalle poche fonti si può desumere che Dmitrij, la cui vera identità è ancora incerta, avesse grandi capacità e fosse realmente convinto dei suoi diritti di rivendicazione. Gudonov morì all’improvviso nel 1605, lasciando campo libero a Dmitrij che entrò a Mosca e fu coronato zar per un anno. Il falso Dmitrij fu assassinato in una congiura architettata sa Sujskij e le sue ceneri vennero sparate da un cannone del Cremlino in direzione della Polonia. Gli succedete Sujskij. Ma anche questo zar boiaro non fu capace di imporsi: l’ascesa al trono irritò i suoi rivali e riaccese la guerra civile, guidata inizialmente da Ivan Bolotnikov; sul fronte opposto si fece avanti un altro falso Dmitrij. A partire dal 1610, dopo la caduta di Suskij, le truppe polacche occuparono la capitale: la Moscovia rischiava seriamente di collassare ma grazie a un appello del patriarca Ermogene si riuscì a formare un’armata a Jaroslav, la zona meno colpita dai torbidi e ancora capace di affrontare i costi di una nuova campagna militare: l’esercito fu capitanato dal principe Dmitrij Pozarskij. La fede ortodossa, minacciata dal cattolicesimo polacco, diede impulso all’unità nazionale e nel 1612 gli invasori furono cacciati. Nel 1613 uno zemskij sobor si riunì per eleggere un nuovo zar: Michail Romanov, pronipote di Ivan IV e figlio diciasettenne

di Fedor Romanov, russo di nascita e con radici rjurikidi, e aveva l’appoggio dei cosacchi. L’elezione ristabilì una casata regnante riconosciuta da tutta la Russia e confermò il principio di autocrazia. Dalla sua elezione, i Romanov regneranno per 3 secoli come sovrani assoluti. Il graduale sviluppo di un’economia agricola nei territori dell’orda ne minò la capacità ti addestrare e mantenere un esercito adeguato, e a causa dell’originaria organizzazione nomade, che non riusciva evolversi e adattarsi alla nuova situazione non fu garantito un saldo controllo delle popolazioni assoggettate né impedire lotte intestine tra le varie élite; inoltre l’orda fu fatta oggetto di attacchi esterni. Il 1380 Dmitrij Ivanovic di Mosca ottenne una vittoria contro il comandante mongolo Mamaj che non era discendente della linea cingiside e che poteva benissimo quindi essere considerato un usurpatore illegittimo dell’Orda. Tuttavia, il cingiside Toqtamish preso in mano il potere ripristinò l’autorità mongola e nel 1382 Dmitrij non poté impedire il saccheggio di Mosca. Ma Kulikovo aveva infranto il mito dell’invincibilità mongola. Tuttavia, il potere mongolo rimaneva stabile, capace di affermare la sua supremazia ed imporre riscuotere i tributi, tanto che nel 1408 quando Vasilij I Dmitriyevich si rifiutò di pagare, le truppe mongole assediarono di nuovo Mosca. Ma da lì a pochi decenni il khanato Kipcak si frantumò definitivamente in una serie di Stati indipendenti tra cui la Rus’ e la popolazione tatara si divise mei khanati di Crimea, di Kazan sul medio Volga, di Astrachan alla sua foce, e di Sibir oltre gli Urali. Al posto dell’orda rimase la cosiddetta grande orda che continuò la sua esistenza nomade nelle steppe, orbitando intorno Saraj fino al 1502 quando venne conquistata e annessa la Crimea, il più potente e longevo dei khanati. Dmitrij Donskoj aveva istituito a Mosca un sistema di discendenza verticale. nel 1431, però, il titolo del suo giovane nipote Vasilij II fu rivendicato da uno zio. Ne conseguirono anni di guerra civile. Vasilij II venne catturato accecato ma negli anni 50 del quattrocento alla fine risultò vincitore. Mosca radunò attorno a sé altri principati e il suo dominio sulla Russ’ divenne indiscutibile come il diritto ereditario dei suoi principi. i principi prima indipendenti si trasformarono in servitori di Mosca. Alla morte di Vasilij del 1462 gli succedette il figlio Ivan, che già aiutava il padre cieco a governare. Sotto Ivan III e Vasilij III Mosca completò la formazione di quello che sarebbe diventato lo stato moscovita. Ivan ignorò l’autorità di Saraj e rifiutò ufficialmente la sovranità mongola. Il confronto sull’Ugra con i mongoli segnò la fine del giogo tataro. IL CONSOLIDAMENTO DEL POTERE AUTOCRATICO E IL PROBLEMA DELLA SICUREZZA NAZIONALE L’elezione di Michail segnò la fine dell’epoca dei torbidi. Tuttavia, ci volle ancora parecchio tempo per far riacquisire alla Moscovia piena stabilità. Il regno di Michail, inizialmente fragile, trovò nei primi anni un forte appoggio nello zemskij sobor; nel 1619 tornò suo padre Filaret che assunse la carica di vacante di patriarca ed ebbe un ruolo preponderante nel governo: ricevette il titolo di gran gosudar e rappresentò l’eminenza grigia dietro il trono fino al 1633. In campo militare, dopo il fallimento di Ivan IV nella guerra livonica fu chiaro che erano indispensabili un esercito più efficiente, e le risorse per finanziarlo. Servivano, inoltre, riforme per riassestare l’economia, migliorarne la produttività e riscuotere le entrate. Il catrame, la canapa, il legname e la potassa acquisirono nuovo valore a livello internazionale come materiali per le navi, grazie ai quali venne coinvolta nelle nuove reti commerciali. Durante il 600 sul fronte meridionale la Russia si trovò l’impero ottomano. La nuova dinastia si trovò a controllare una società estremamente stratificata. Una caratteristica dell’inizio dell’età moderna in Russia è la crescita esponenziale della popolazione, che prese avvio nel XVI secolo e proseguì fino al XX secolo. La

popolazione si può dividere in militari e contribuenti. In cima alla società stavano le grandi famiglie che formavano la corte, ovvero la ricca élite e la fascia più alta dei militari, i cui membri potevano essere eletti nei ranghi della duma; insieme a loro c’era la nobiltà minore con cariche statali leggermente più basse, i cosiddetti ranghi di Mosca. Dopo l’élite veniva la classe media dei servitori, composta principalmente dalla piccola nobiltà locale: i suoi rappresentanti prestavano servizio nella cavalleria, erano tra i maggiori beneficiari del sistema di pomest’e e il gruppo più numeroso di proprietari di servi della gleba. Si trovavano soprattutto al centro, a ovest e a sud: le zone tradizionalmente concesse come pomest’e erano quelle dove la terra era disponibile e fertile, e dove la presenza militare era utile o necessaria. Più in basso c’era la classe dei militari minori che non potevano ricevere concessioni di pomest’e o possedere servi della gleba, erano a contratto nell’esercito e venivano pagati in contanti. I cittadini permanenti registrati (i membri del posad) avevano un certo margine di autogoverno, erano tenuti a pagare le tasse e servizi locali al sovrano. La popolazione lovale era composta per lo più da artigiani e piccoli commercianti, che spesso svolgevano anche lavori agricoli. I rappresentanti del clero “bianco” sposato vivevano nelle parrocchie di appartenenza e per i loro servigi ricevevano terre e denaro, ma non erano molto più agiati dei contadini che assistevano. A quell’epoca l’ingresso nel clero parrocchiale era aperto a tutti. La stragrande maggioranza della popolazione era formata da contadini. Chi lavorava per i latifondisti ed erano veri e propri servi della gleba, lavoravano per i monasteri, per la corte, vivendo su proprietà che rifornivano la famiglia imperiale. Il resto della popolazione contadina era formato da semplici contribuenti che vivevano su terreni statali e pagavano le tasse direttamente al governo. Al gradino più basso della società stavano gli schiavi, impiegati in una vasta gamma di mestieri sotto le dirette dipendenze del padrone. Tuttavia, non si trattò mai di suddivisioni rigide: le vere occupazioni non rispecchiavano sempre lo status ufficiale di chi le svolgeva, i confini sociali erano labili, e i raminghi senza fissa dimora in giro erano numerosi: mendicanti e vagabondi, servi fuggitivi, monaci itineranti, pellegrini e venditori ambulanti, menestrelli e saltimbanchi (skomorochi). Con la crescita dell’impero, il cuore della Grande Russia si trovò circondato da un miscuglio di gruppi etnici, nell’estremo nord e a est in Siberia, lungo il Volga fino alle steppe e al Caucaso settentrionale, con una mescolanza di altri europei a ovest, nei territori conquistati. La situazione religiosa era complessa: l’ortodossia si avvicendava con Islam, buddismo, Animismo e, a ovest, con Ebraismo, Luteranesimo, Cattolicesimo. Questa situazione si complicò con l’ulteriore espansione nel XVII secolo. Nel 1635 il governo riprese una politica tradizionale di successo: costruì un grande sistema di difesa a sud, la linea di Belgorod, che fu armata con gruppi eterogenei di servitori minori, mercenari cosacchi e forze regolari inviate dal centro. Essa protesse il cuore del paese dalla minaccia tatara e rese così disponibile l’esercito per altri compiti, formando una solida base da cui partire per continuare l’avanzata attraverso le steppe. Il trattato di Perejaslavl’ del 1654 segnò l’effettiva annessione della riva sinistra ucraina del Dnepr che fruttò alla Moscovia settentrionale nuovi territori e nuove risorse a est del fiume e allargò i suoi confini meridionali avvicinando la Russia alla cultura polacca e affidandole la difficile eredità della chiesa cattolica greca ucraina. lo zar Aleksej Michailovic ratificò l’accordo dando il via alla guerra dei tredici anni (16451676); per qualche tempo egli dovette anche far fronte all’intervento svedese con la Prima guerra del nord. Aleksej guidò le sue armate di persona: fu il primo zar a lasciare il paese per combattere all’estero. Il conflitto mise a dura prova la Moscovia. Aleksej uscì vincitore dallo scontro con i polacchi ottenendo per due anni anche il controllo di Kiev. Nel XVII secolo i nuovi governi lavorarono alacramente per migliorare le forze armate, partecipando all’innovazione internazionale di quella che è stata definita l’area comune euro-ottomana di interazione militare. Mentre era sempre più

impegnata contro i nemici occidentali, Polonia e Svezia, Mosca continuava a combattere contro la Crimea e gli ottomani nella steppa. La rete delle cancellerie (prikazy) continuò a crescere, andando a formare, a inzio 700, il tipico apparato amministrativo grazie al quale Michail e i suoi successori ebbero sempre maggiore capacità di governo e controllo sulla società moscovita. La funzione di base di questo sistema era la riscossione dei tributi a scopo militare. Tra le cancellerie la maggior parte era definita in base alle funzioni. Lo zemskij sobor lentamente sparì. Queste due istituzioni sparirono sotto Pietro I che le ignorò completamente. IL CODICE DELLE LEGGI, LA RIFORMA DELLA CHIESA E LO SCISMA Le procedure burocratiche mal si accordavano con la cultura sociale dominante abituata a vedere il potere monarchico come un potere personale esercitato in base alla tradizione o secondo norme morali di derivazione divina. Il nuovo zar Aleksej dovette affrontare il malcontento popolare a causa di tasse, corruzione e regolamentazione del servizio militare. la popolazione di Mosca espresse il proprio malcontento in una petizione di massa presentata ad Aleksej nel 1648. Lui inizialmente la rifiutò, il che provocò una rivolta. Gruppi di pomesciki preoccupati dalla fuga dei contadini e del declino della propria dignità militare, approfittarono degli eventi per rinnovare le richieste. Riuscì a disinnescare la minaccia sacrificando alcuni consiglieri impopolari e promettendo una revisione delle leggi incriminate sotto l’egida di uno zemskij sobor. Nacque così il Sobornoe ulozenie (codice dell’assemblea, o conciliare) del 1649. L’Ulozenie fu la prima raccolta di leggi applicata in ogni zona del paese e rimase il codice di riferimento fino al 1830. Fu anche la prima opera secolare a essere pubblicata in Moscovia. L’idea che in giusto ordine dovesse e potesse essere raggiunto all’interno dello stato e attraverso la legge favorì la coesione e l’integrazione sociale. I provvedimenti del codice rispondevano alle insicurezze dello zar e alle più immediate lamentele del popolo. Nei decenni che seguono i torbidi sorse un movimento religioso guidato dagli Zeloti, un gruppo di ecclesiastici e di laici, che predicavano un rinnovamento dei valori spirituali e della vita nella Chiesa. Le loro questioni politiche andavano dritte al cuore dell’identità nazionale e culturale di Mosca: si preoccupavano della morale ma anche della purezza della fede e di devozione della Chiesa. Lo zar era legato ad alcuni zeloti in particolare all’archimandrita Nikon, suo mentore e intimo amico. Nel 1652 lo nominò patriarca. Nikon emendò i testi della chiesa e il rituale liturgico, ignorando le proteste dei conservatori che erano fedeli ai testi della liturgia non revisionati e consacrati dalla tradizione. Essi divennero noti come vecchi credenti. Quando nel 1654 Aleksej dichiarò guerra alla Polonia, il governo fu affidato a Nikon cui venne affidato il titolo di gran gosudar. Quando lo zar tornò i rapporti con il patriarca si guastarono: lo scontro culminò ne 1667 con l’affermazione del potere temporale su quello spirituale. Allo stesso tempo, il concilio confermò le riforme liturgiche di Nikon e scomunicò i vecchi credenti. Questo causò uno scisma che allontanò milioni di persone dallo stato e dalla sua chiesa nikoniana ufficiale. Secondo i vecchi credenti usare il sapere straniero per cambiare le forme e le pratiche religiose della Moscovia significava tradire la vera spiritualità russa ortodossa e portava direttamente alla dannazione, che faceva presagire la venuta dell’anticristo. Questa era la visione dello zelota Avvakum la cui autobiografia fu una delle prime opere importanti scritta in volgare russo. Le riforme liturgiche di Nikon rappresentarono un tentativo conservatore di ritornare al cristianesimo ortodosso originario e ripotare la tradizione moscovita nel solco dei testi greci, per cui Mosca dovette ricorrere a monaci educati all’estero. Dopo la deposizione di Nikon il clero ucraino occupò molte posizioni importanti all’interno della gerarchia moscovita.

IL MUTAMENTO CULTURALE Il conservatorismo della Chiesa portò a un’azione di retroguardia contro il progressivo diffondersi nella società moscovita di influenze culturali estere. Nikon fece distruggere pubblicamente le icone dipinte in stile realistico, non tradizionale. Si stava diffondendo l’uso del tabacco, considerato dalla chiesa un abominio, e alcuni uomini profanavano l’immagine divina dell’uomo radendosi la barba: nel 1675 lo zar Aleksej promulgò un decreto che vietava di vestirsi con abiti stranieri e di tagliarsi i capelli. Nel 1652 la crescente colonia di occidentali residenti a Mosca era stata segregata in un quartiere separato alla periferia della città, che aveva sostituito quello distrutto da Ivan. Lo zar appoggiò la riforma liturgica, ma non tollerò né il cesaropapismo di Nikon né la xenofobia oscurantista di Avvakum. Le sue sortite in Polonia era state per lui esperienze fondamentali. Al suo rientro in patria il suo pensiero si era evoluto ed egli cominciò a imporre maggiore solennità alla sua corte e ai suoi palazzi. Senza sfidare pubblicamente i dettami della chiesa nelle questioni morali e culturali. Il mutamento culturale fu graduale, informale e limitato a piccoli circoli, ma si insinuò nell’élite. Innovazioni simili toccarono anche l’economia: gli stranieri erano incoraggiati a fondare industrie nel paese; il governo si preoccupò anche di proteggere i mercanti russi dai loro concorrenti esteri: impose dazi pesanti sulle importazioni e acquisì il monopolio delle merci da esportazione. Nel corso del XVII secolo i Romanov svilupparono un sistema di governo e capacità economiche e militari che le permisero di dominare la società, finanziare le proprie guerre e imporsi su un nemico storico come la Polonia. Il regno di Aleksej segnò il completo istaurarsi di un regime assolutistico. L A RUSSIA DI PIE TRO L’APPRENDISTATO DI PIETRO I Aleksej morì e gli successe Fedor Alekseevic che morì senza figli nel 1682 e questo causò una crisi di successione, e la lotta per il potere tra le famiglie delle due mogli si risolse solo con la nomina, sotto reggenza, di due giovani zar: il fratello di Fedor, Ivan e il suo fratellastro minore Pietro, di 9 anni. Ebbe ruolo di reggente Sofia, sorella di Ivan. Pietro il Grande, passò i successivi anni (1682,1689) lontano dalle questioni ufficiali e dalla tradizionale vita di corte. Durante questo peridio ricevette un’educazione formale ma fu libero di vivere come preferiva. Abbandonò presto gli abiti moscoviti per indossare abiti stranieri e cominciò ad andare in giro rasato. Amava tutto ciò che aveva a che fare con la navigazione e questa sua passione si espresse nella creazione di una flotta potente. L’utilità pratica degli stranieri portò Pietro a frequentare regolarmente il quartiere tedesco, in particolar modo dopo la morte del patriarca Ioachim, ferocemente xenofobo: qui Imparò a parlare olandese, apprese la tolleranza delle diversità religiose, aveva una mentalità sempre aperta a nuovi orizzonti; qui conobbe anche l’amore: Anna Mons anche se per convenzione dovette sposare Evdokija Lopuchina con cui ebbe due figli, ma siccome Pietro non riuscì a trovare con lei nessuna affinità la costrinse a diventare monaca. A questo periodo risale l’Assemblea dei pazzi, teatro di feste che frequentò per tutta la vita. Nel 1698 uno scontro tra Pietro e Sofia mise fine al governo di quest’ultima, sofia inaugurò un secolo al femminile, unico per la casa regnante russa. Nel 1695, Pietro entrò in contatto con un’importante azione militare per una fortezza turca sul mare di Azov che fu un disastro. Ma la reazione di Pietro fu radicale: la Moscovia riattaccò l’anno successivo con nuove galee progettate dagli olandesi e con l’ausilio di esperti austriaci in armi da fuoco portand...


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