P. Klee - teoria della forma e della figurazione PDF

Title P. Klee - teoria della forma e della figurazione
Course Pittura
Institution Accademia di Belle Arti di Brera
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buon riassunto, da leggere tutto buona lettura...


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TEORIA DELLA PERCEZIONE E PSICOLOGIA DELLA FORMA Gabriella Barbieri 3/1/2022 Paul Klee, Teoria della forma e della figurazione, 1° volume, 1959 Paul Klee, Münchenbuchsee, 18 dicembre 1879 – Muralto, 29 giugno 1940), Svizzera Gli scritti teorici di Paul Klee raccolti in questo primo volume della Teoria della forma e della figurazione rispettando il piano tracciato dall’artista, rappresentano un imprescindibile punto d’accesso al laboratorio creativo del grande pittore. Intuizione poetica ed esperienza didattica si fecondano qui vicendevolmente: - la prima parte del volume comprende undici brevi saggi - tra cui la famosa “Confessione creatrice” - in cui Klee delinea i motivi essenziali delle sue ricerche teoriche - la seconda, riproduce un corso di lezioni, tenute tra il 1921 e il 1922 al Bauhaus di Weimar, \in cui la riflessione dell’artista si concentra invece sul problema della genesi della forma e delle sue potenziali metamorfosi nelle arti figurative. Si tratta quindi di un testo davvero fondamentale, passaggio obbligato per chiunque intenda penetrare a fondo le complesse trasformazioni che inaugurano l’arte del Novecento. Una vera pietra miliare il cui ruolo è forse paragonabile a quello giocato dalla teoria della pittura di Leonardo per l’arte del Rinascimento. Va detto però che la quasi totalità delle immagini è riprodotta in bianco e nero e questo toglie molto alla possibilità di apprezzare l’opera di Klee nella totalità delle sue componenti tra cui il colore gioca un ruolo molto importante.

Dalla prefazione all’edizione italiana di Giulio Carlo Argan “Se Ingres ha posto ordine

L’esperienza del reale che si dà nella ricerca del valore estetico non è meno concreta o

alla quiete, io vorrei, al di là

conclusiva di quella che si dà nella ricerca scientifica o filosofica.

del pathos, porre ordine al movimento” Paul Klee, 1914

Tanto Leonardo che Klee, nella loro riflessione, non hanno di mira l’oggetto dell’arte, ma piuttosto il modo del suo prodursi; non la forma come valore ma la formazione come processo. La riflessione di Leonardo, come poi quella di Klee, investe tutta la dimensione dell’essere, assume come proprio campo l’universo nella sua totalità: poichè l’arte realizza, e sia pure secondo prospettiva univoca del visibile, una consapevolezza globale della realtà, non v’è momento o aspetto dell’essere che possa considerarsi estraneo o irrelativo rispetto all’esperienza che si compie nell’operazione artistica. Il tema fondamentale è sempre quello della non-positività, dell’inafferabilità, della dubbiosa esistenza, della vacuità del reale; e della necessità di riempire quel vuoto con la creazione umana, con l’opera d’arte. Nè questa nasce da un’imperiosa volontà creativa, ma dalla contraddizione tra la consapevolezza dell’angosciosa incertezza del tutto e la nostra insopprimibile coscienza di esistere e di esistere, necessariamente, in un tempo, in uno spazio, in un mondo. Tutto ciò che sappiamo della realtà è un precipitoso succedersi d’immagini, spesso dissociate ed emblematiche, sempre frammentarie, lungo tutto l’arco della nostra esistenza: la quale, a sua volta, altro non è, nella sua realtà spazio-temporale, che quella successione di immagimi, non essendovi momento dell’esistenza che non sia esperienza della realtà.

Di tuti gli artisti del XX secolo, Klee è forse quello che più deliberatamente si addentra nel dominio incantato della fantasia, quasi cercando nell’esplorazione dell’inconscio l’avverarsi di un’esperienza assolutamente autentica e singolare, fino all’anoscia della solitudine dell’io e, oltre, a quell’ultimo e finalmente veritiero manifestarsi dell’io che si da nell’istante della morte. Cionostante la sua più costante preoccupazione è stata comunicare e rendere in qualche modo ripetibile e utilizzabile la propria esperienza. Si è dedicato all’insegnamento con un impegno addirittura apostolico, cosciente della necessità che l’arte sia comunicazione umana. Si tratta di insegnare a camminare su fili sottili, invisibili, tesi nel buio, per penetrare in una dimensione ignota. La necessità è di non essere soli, tenersi per mano. Ciò che gli preme è di designare una dimensione o una prospettiva, di riconoscere i limiti di spazio e tempo nei quali si avvera la propria esistenza, di ritessere la trama dell’universo partendo dal quel punto che è il proprio io, con la sua volontà di fare o formare. Spazio e tempo sono insieme soggettivi e oggettivi; ecco perchè la serie dei valori è infinita e ciascuno di essi non è stabilmente legato all’oggetto ma all’essere dell’oggetto in questo o quel punto dello spazio e del tempo, al ricordo del suo essere stato, all’eventuialità del suo prossimo essere, in tutt’altre condizioni di spazio e di tempo. La realtà è un’incessante metamorfosi: è un pensiero che Klee eredita da Bosch (1453/1516) e ha in comune con Kafka (1883/1924). Il filo conduttore che si dipana lungo tutta la teoria di Klee è quello della ricerca della qualità; e nella ricerca della qualità, cioè della propria assoluta autenticità, che l’uomo vuole disperatamente essere se stesso e, forse, si salva. Ma non basta volerlo: il fare o il farsi sono la vita stessa, e solo il fare consapevolmente, secondo un metodo, può condurre alla qualità o al valore, ch’è pur sempre valore dell’esistenza, consapevolezza piena di ogni suo istante. È la ricerca della qualità che è in tutte le cose della realtà, ma si rivela soltanto nella meditazione e nell’operazione dell’arte. Trapassare da quantità tonale in qualità timbrica, un continuo risalire dalle quantità verso il livello delle qualità; e poichè questo è il livello della coscienza, quell’ultimo trapasso non potrà avvenire che nella mente e mediante l’operazione umana. Questo è il fondamento umanistico dell’arte e della dottrina di Klee. La trasformazione, attraverso la ricerca, dalla quantità alla qualità era anche il programma del Bauhaus (1919/1925 Weimar, 1925/33 Dessau). Qualità è per Klee il prodotto ultimo dell’esperienza unica e irripetibile dell’individuo; la si conquista discendendo nel profondo e progressivamente chiarendo i motivi reconditi dell’agire, i miti e le memorie che, dall’inconscio, influenzano potentemente la coscienza e l’azione. Il mondo delle qualità è il mondo delle relazioni infinite e organiche, che nascono da incontri reali e si misurano dalla forza effettiva che ogni immagine sviluppa in quella sua particolare condizione di spazio e tempo. La vasta visione cosmologica che si dispiega nella teorie di Klee non fornisce la chiave dell’interpretazione simbolica o semantica delle immagini e dei segni della sua pittura; spiega piuttosto come ognuna di quelle immagini, ognuno di quei segni contenga una verità che ciascun uomo leggerà secondo la propria esperienza, inserirà nel ritmo

della propria esistenza, eppure conserverà per tutti lo stesso valore di verità. La poetica di Klee non è una poetica del sogno, ma la verifica, punto per punto, di un’esperienza che, nel suo attuarsi, non teme di varcare le soglie del sogno e neppure della morte, poichè sogno e morte sono, ancora, realtà.

Dall’Introduzione - Genesi degli scritti pedagogici Essere ‘astratto’ quale pittore, significa per Klee la liberazione di puri rapporti formali. Lo scopo del suo insegnamento consisteva nell’avviare ‘intimamente’, nel favorire la disposizione creativa. “Qualora io sia in grado di riconoscere chiarmente una struttura, ne ricaverò più che da un’estrosa costruzione fantastica, e dall’insieme degli esempi il tipico risulterà autonomamente”. Nel suo percorso di ricerca, con lenta e costante evoluzione, si consolida il mutuo rapporto tra la sua concezione e la produzione figurativa, in vista dell’esigenza di amalgamare elemento formale e Weltanschauung. Egli lavora in pari tempo alla norma e all’opera, alle fondamento e all’edificio. Il particolare valore dei disegni infantili Klee lo ricnosce assai presto, e già nel 1913 richiama l’attenzione sul fatto che vi sono tuttora primordi dell’arte, come è dato constatare dalle raccolte etnologiche e, a casa propria, nella stanza dei bambini. Nel ’credo espressionistico’ egli vede l’’innalzamento della costruzione a mezzo espressivo’. Gli balena l’idea della fusione di tassative idee costruttive e di ‘libero respiro’: l’arte non sarebbe già scienza, ma al contrario mondo della varietà. Ha indicato negli aspetti d’una multiforme consonanza di contenuto e colore l’autentico soggetto della pittura. Gli anni della guerra gli portarono, nonostante certe difficoltà materiali, la nozione che in arte il vedere non è altrettanto essenziale del rendere visibile. A guerra finita (dic 18) Klee porta a compimento la prima stesura di ‘Pensieri sulla grafica e l’arte in generale’, riflessioni sulla forma e il contenuto dal punto di vista dei nuovi mezzi. Lo permea l’idea del dualismo concettuale, che si compone in unità: movimento e contromovimento si dispongono in significativa armonia, divenendo funzioni nell’ambito dell’immagine. Nel 1919 Oskar Schlemmer propone per Klee la nomina all’Accademia di Belle Arti di Stoccarda, nomina cheil senato accademico respinse non anvendo compreso il valore della sua opera, ma che induce Klee a confrontarsi con il tema dell’insegnamento, portandolo a capire che non vi si può sottrarre. Riflessione che lo portreà nel 1920 ad accettare l’incarico presso il Bauhaus di Weimar, impegni che porterà avanti con grandissimo impegno per più di dieci anni. Ai fini della produzione è la via l’essenziale, il divenire è superiore all’essere.

Il nocciolo della sua teoria prese corpo tra Weimar e Dessau nel giro di cinque anni (1920-25). Fu poi ampliato, a chiarimento di nuovi problemi figurativi mediante aggiunta di numerose parti e saggi, e adattato alle esigenze dell’attività didattica.

Klee cambiava di anno in anno il nesso tematico delle sue lezioni. Quanto egli afferma a proposito dell’origine dei suoi quadri vale anche per il modo di procedere del suo pensiero: “Ogniqualvolta nel corso della creazione una forma fondamentale supera lo stadio della genesi e io raggiungo la meta, la tensione scema con estrema rapidità e io devo cercare nuove vie”. Negli anni del Bauhaus i suoi studi della natura subiscono una trasformazione: essi s’accentrano sull’osservazione dei processi funzionali e motori. Klee cerca di capire come la forma si origini in natura. Semplici attività manuali quali intrecciare, tessere, seminare, costruire un muro, riconducono al ‘primigenio’ alle ‘primordiali vie verso la forma’ e forniscono la risposta alla sua domanda: come diviene la forma? Di fronte a un opera, egli si pone il problema se la rappresentazione renda l’essenza dell’oggetto oppure solo l’involucro del fenomeno ottico esteriore. I processi motori costituiscono sempre più chiaramente il fulcro della coscienza della forma di Klee. Nel tipo di mobilità (statica e dinamica) Klee scorge il contrassegno stilistico per la distinzione delle forme (egli indaga le leggi generali del moto sulla terra, nell’acqua e nell’aria): penetrazioni che trasformano in maniera decisiva la sua percezione di forma e spazio. Da una statica centrata sull’equilibrio, si sviluppa l’assetto plurimotorio, dinamico, dei suoi mezzi. Nel momento del passaggio del Bauhaus da Wiemar a Dessau a seguito del clima di opposizione, Klee comincia ad avere successo a livello interbnazionale. Sono del 1924 la sua prima personale a New York e del 1925 la sua partecipazione ad una collettiva surrealista a Parigi. A Dessau Klee ripete più volte che alla lunga gli riesce difficile conciliare l’attività artistica con quella didattica al Bauhaus. Le trattative con L’Accademia di Belle Arti di Stoccarda, riprese nel 1929, giungono a conclusione nel 1930 con la sua accettazione dell’incarico e la fine della collaborazione con il Bauhaus.

L’uomo non è compiuto.

Questo libro rivela la mirabile compenetrazione dei motivi teorici fondamentali di Klee:

Ci si deve mantenere in

- l’eterna dialettica, che a ogni epoca si rinnova suscitatrice, fra statica e dinamica

evoluzione, essere aperti, anche nella vita restare figlio eletto della creazione, rampollo del creatore.

- la contemporaneità pluridimensionale, da cui è particolarmente attratto, e che per primi cubisti avevano formulata - il rapporto tra elementi attivi e passivi, la relazione di quantità e qualità - la corrisponenza tra funzioni accentuate e non accentuate Questi motivi teorici si compongono in simboli affascinanti. Essi lo aiutano a formulare le sue estreme intuizioni nell’ambito autonomo della sua pittura.

Questa prima parte raccoglie 11 scritti teorici, testi di orientamento nell’ambito dei mezzi figurativi e saggi sui problemi fondamentali della figurazione. Di ognuno degli scritti riassumo brevemente i temi trattati.

CONCETTI INTRODUTTIVI ALLA TEORIA DELLA FIGURAZIONE

Scopo delle lezioni teoriche è l’organizzazione delle diversità in unità, la riunione degli organi in un organismo.

1. Storia naturale infinita/L’azione delle forze vitali In questo testo affronta i grandi binomi al cui interno trova posto l’uomo. esiste un dinamismo macroscopico e un dinamismo microscopico, frammezzo ai quali sta il particolare caso statico, qual’è senza dubbio quello della nostra esistenza d’uomini e delle sue forme caos/cosmo, caos-disordine/cosmo-ordine L’autentico caos non potrà mai essere messo sul piatto di una bilancia, ma per sempre resterà imponderabile e incommensurabile. ordine naturale/ordine artificiale, misurazione naturale/misurazione artificiale Il naturale è non articolato crescendo o diminuendo attraverso innumerevoli sfumature. Soltanto nel movimento è possibile la molteplicità delle sfumature: per diventare più precisi bisogna impoverire. Progressione continua. L’artificiale è articolazione analitica che permette di misurare. Articolazione in base a una scala con rapporti di combinazioni misurabili. Indubbiamente impoverito ma reso chiarmente percepibile. Scansione ritmica. 2. Il concetto impensabile senza il suo opposto/La dualità considerata come unità Non esistono concetti a sè stanti ma di regola solo binomi di concetti. Fermo è un punto solo, il punto centrale, nel quale i concetti sono latenti (grigio). Quiete e agitazione sono gli elementi alterni del discorso pittorico. La teoria della figurzione si occupa delle vie che conducono alla figura cioè una forma fondata su funzioni vitali, che sono di natura spirituale, basi del bisogno d’espressione. 3. Genesi della forma/Il movimento sta alla base di ogni divenire Quale elemento originario il punto è cosmico Il punto si mette in movimento, si sviluppa un’immagine essenziale, fondata sulla figurazione. La fine è soltanto una parte dell’essenza (il fenomeno). La figura vera, essenziale è una sintesi di figurazione e fenomeno. 4. La figurazione è legata al movimento/impulsi motori e limiti Il punto diventa linea, la linea superficie e la superficie volume. Accentuazione graduata della linea la stratificazione progressiva ha per caratteristica il rapporto dell’esterno con l’interno. Spazio interno e spazio esterno sono concetti relativi, ovvero concetti-limite Genesi delle forme fondamentali attraverso le tensioni tra esterno ed interno Limiti di diverso valore per l’interno e l’esterno 5. L’orientamento sul piano e nello spazio/L’articolazione del complesso figurativo La scena è il piano, più precisamente la superficie limitata. Bisogna porsi due domande: che cosa e in che punto appare sulla scena? Le dimensioni sul piano appaiono sempre a coppie, a partire dal centro (sopra/sotto, avanti/dietro, destra/sinistra) Il quadro è il tutto, le parti vanno valutate in rapporto al tutto, cioè in rapporto al quadro. Spazio interno e spazio esterno. Movimento prodotto dalla progressione chiaroscurale.

L’orientamento nello spazio dell’opera ha per base la nozione dell’opera come immagine speculare dell’io. Tridimensionale è l’opera nella quale si possono chiaramente distinguere interno ed esterno e in cui altezza, larghezza, lunghezza e profondità sono misurabili rispetto alla norma. Sulle antitesi si fondano le espressioni di forza. 6. Gli oggetti di natura indagati nel loro interno/Essenza e apparenza Sapere è, nei limiti del possibile, precisione, ma il ricorso all’immaginazione è inevitabile. Vogliamo non già la forma, bensì la funzione. Arte come emissione di fenomeni, proiezione della causa prima iperdimensionale, similitudine di procreazione, presagio, mistero. È appunto il segreto dell’arte penetrare il mistero, figurandolo, fino al suo suggello. 7. Vie allo studio della natura Il dialogo con la natura resta, per l’artista, condicio sine qua non. Egli è creatura terrestre e insieme creatura nell’ambito del tutto - creatura vivente su un astro tra gli astri. Umanizzazione dell’oggetto. Vie che pongono l’io e l’oggetto in rapporto di risonanza che trascende i fondamenti ottici. In primo luogo, la via non ottica della comune radice terrestre che dal basso sale all’occhio dell’io; in secondo luogo la via, del pari non ottica, della comunanza cosmica, che proviene dall’alto: vie che congiuntamente sono mtefisiche. Tutte le vie s’incontrano nell’occhio e conducono, convertite in forma a partire dal punto di incrocio, alla sintesi di visione esterna e contemplazione interiore. Dal suddetto punto di incrocio s’originano opere manuali completamente diverse dall’immagine ottica d’un oggetto, senza però contraddirlo dal punto di vista della totalità. 8. Esperienze esatte nel campo dell’arte Noi costruiamo e costruiamo, ma l’intuizione resta pur sempre un’ottima cosa. L’intuizione non può essere surrogata. Il genio non è diligenza. La genialità non la si può insegnare, in quanto non è regola bensì eccezione, e con l’imprevedibile è difficile far di conto. Il genio è spesso, rispetto al dogma, l’eretico; non segue principio alcuno all’infuori di se stesso. 9. La purezza è sfera astratta Essere, quale pittore, astratto, non significa qualcosa come astrarre dalla possibilità di istituire un paragone con gli oggetti naturali, ma consiste, indipendentemente da tale possibilità, nella liberazione di puri rapporti figurativi. Quel che conta per un giudizio non è tanto se vien rappresentato un cane, un gatto o “nulla” (ciò che non esiste), ma se la rappresentazione si serve di mezzi compresi nell’ambito del quadri o di mezzi che ne stanno al di fuori. Purezza è dialettica di elementi entro i limiti della figura e del quadro. Nulla può aggiungervisi solo dal di fuori. L’illuminazione può contribuire alla rappresentazione, se non proviene dal di fuori, ma è insita nel quadro. Ciò significa che se ne deve poter trovare, topicamente e funzionalmente, la fonte nel quadro. 10. La confessione creatrice L’arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile. L’essenza della grafica induce spesso e giustamente all’astrazione. Nella grafica albergano i fantasmi e le fiabe dell’immaginazione e nello stesso tempo si rivelano con grande precisione. Gli elementi devono produrre forme, senza tuttavia immolarvisi, anzi conservando se stessi. Il movimento sta alla base di ogni divenire.

Anche lo spazio è una nozione temporale. Un punto si fa movimento e linea: ma questo richiede del tempo. Altrettanto allorchè una linea movendosi diventa superficie, e lo stesso per il movimento da superfici a spazi. Atemporale è solo il punto morto in sè. Anche l’opera d’arte è in primo luogo genesi, ma se ne può avere l’esperienza soltanto come di un prodotto. L’opera figurativa è nata dal movimento, è essa stessa movimento fissato e viene percepita col movimento (muscoli oculomotori). L’introduzione dei concetti buono-cattivo crea una sfera morale. Il male non deve essere un nemico trionfante o umiliante, ma una forza che coopera alla creazione del tutto, coagente di procerazione e sviluppo. L’arte è una similitudine della creazione. Essa è sempre un esempio, come il terrestre è un esempio cosmico. Nella cerchia suprema, dietro la pluralità delle interpretazioni possibili, resta pur sempre un ultimo segreto - e la luce dell’intelletto miseramente impallidisce. 11. Visione e orientamento nell’ambito dei mezzi figurativi e loro aspetto spaziale Analizzando il ruolo dell’artista ricorre al ...


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