Politeismo e monoteismo PDF

Title Politeismo e monoteismo
Author Soff. Russell
Course Storia delle religioni (i) sc
Institution Università degli Studi di Verona
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Caratteristiche e differenze tra monoteismo e politeismo ...


Description

POLITEISMO E MONOTEISMO C’è sempre stata nella storia degli studi una preferenza a privilegiare il monoteismo, rispetto al politeismo, nonostante oggi ci siano ancora forme di quest’ultimo in atto. Grazie a queste due tipologie classificatorie, possiamo mettere a confronto diverse civiltà: dal vicino Oriente antico ad altre realtà, quali ad esempio lo Shintoismo in Giappone o le culture precolombiane come Incas e Maya. La differenza tra le due categorie è nel nome stesso: politeismo = tanti dei; monoteismo = un solo Dio. Una divinità: - È un essere sovrumano; -

Ha caratteristiche che lo pongono qualitativamente sopra l’essere umano, nel senso di avere qualità superiori all’essere umano – sovraumano o non umano v Rupke;

È un essere con una personalità: ha un nome e una forma in cui è riconoscibile e ha uno stile di comportamento; - È un essere agente attivo e agente, con la capacità di azione nel presente ma soprattutto nel passato definito il passato delle origini. Le varie religioni prevedono due possibilità per quanto concerne le origini del cosmo e dell’uomo:  Creazionistica: l’azione della creazione è completata una volta per tutte e ad opera di un singolo essere divino; la genesi avviene e si conclude (Dio creò il mondo in 7 giorni). È tipica del monoteismo. -

Mitologica o di fondazione: prevede una azione diluita, opera di fondazione è dinamica e sempre in atto; si costruisce per aggregazione. È tipica del politeismo. Se non c’è questo tipo di divinità (essere sovraumano o non umano, con personalità e agente), si hanno religioni che però non sono TEISMI. Fondare è più di creare perché nella soluzione creazionistica non si dà giustificazione dell’opera di Dio: è così e basta. Invece, nei miti teogonici e cosmogonici del mondo politeista, si dà spiegazione del perché la realtà è stata creata così e non diversamente. 

Politeismo (molti dei) e monoteismo (un dio) sono entrambi teismi quindi hanno una divinità con caratteristiche, ma il Dio unico del monoteismo è profondamente diverso dagli dei del politeismo. Perciò, la differenza sostanziale non è nel numero delle divinità venerate ma è nelle qualità di queste divinità; nello specifico le differenze tra dio del monoteismo e dei del politeismo sono:  Predicabilità all’ennesima potenza: tutte le qualità di Dio sono considerate illimitate (onnipotente, onnisciente) mentre gli dei del politeismo hanno specifiche competenze settoriali al di fuori delle quali non hanno particolari poteri, i loro poteri sono limitati dalla presenza di altri dei con altri poteri (Efesto= dio fabbro perché la sua storia mitica lo ha reso adeguato a questo, al di fuori della sfera metallurgica non ha nessuna competenza). La società degli dei, come noi la conosciamo (regno di Zeus) prevede che il dio indicato come più forte e più potente degli altri abbia anche lui delle limitazioni (ad esempio, Zeus è sottoposto, come gli altri dei, al destino, Moire) < è impossibile nel politeismo pensare ad un Dio che può tutto. Questo è impensabile nel monoteismo perché qui il Dio può tutto e si occupa di tutti i problemi.  Mancanza di una dottrina: nel politeismo non ci sono testi che sono considerati sacri e canonici; manca una rivelazione quindi non ci sono profeti e messia e non c’è una interpretazione autorevole di testi sacri. Questo invece è tipico del

monoteismo e implica grandissime incongruenze all’interno dei miti grecoromano: non ci sono testi sacri e canonici, però per la Grecia e in parte anche per Roma alcuni autori come Esiodo e Omero sono considerati come punti di riferimento, hanno maggiore autorevolezza. Questa differenza tra presenza e mancanza di testi canonici è alla base di una delle possibili altre classificazioni delle religioni: quelle del libro e quelle non del libro; le prime hanno a fondamento di loro stesse un testo sacro a cui si deve fare riferimento in ogni manifestazione della vita.  Imperturbabilità degli dei del politeismo: gli dei vivono beatamente in un posto definito iperuranio (politeismo greco), separato dagli uomini; per questa ragione, non si interessano a ciò che fanno gli uomini e se questi si comportino in maniera corretta dal punto di vista etico. In realtà, anche gli dei hanno bisogno di un qualcosa da parte degli esseri umani: ad esempio, il fumo delle offerte che li fa vivere serenamente v mito di Demetra e Kore: Demetra è mamma di Core e sono molto unite e la fanciulla kore (teonimo funzionale: indica la funzione che ha all’interno del pantheon ossia essere una fanciulla da sposare) viene rapita da Ade che la porta sotto terra, la madre non lo sa e si accorge della mancnza e va in disperazione e fa una cosa che se dovessimo tener conte dell’imperturbabilità assoluta degli dei non dovrebbe mai accadere ossia lei si spoglia dei suoi abiti divini, abbandona la società degli dei e il lutto cerca la figlia nel mondo terreno. Demetra è la dea della cerealicultura e nel mondo in cui smette di far parte del pantheon gli uomini non hanno più il grano. Se non hanno più il loro principale mezzo di sostentamento e quindi non possono fare offerte agli dei. Dei iniziano a soffrire della situazione che Demetra ha creato. Interviene Zeus e patteggia con Ade parziale ritorno della figlia sulla terra nei mesi estivi < regola il passaggio delle stagioni: quando core è sottoterra sono i mesi invernali (il seme è protetto sottoterra), quando il seme germoglia è quando Kora torna dalla madre ed è il momento della raccolta  il mito fonda la realtà, i miti spiegano qualcosa della realtà. Gli dei sono disinteressati su quello che fanno gli uomini ma vanno in crisi quando gli uomini smettono di fare sacrifici. Questo ricorda il DO UT DES: meccanismo di interesse alla base delle religioni antiche politeiste: seguo regole (anche senza coinvolgimento personale) perché il dio mi dia qualcosa in cambio. Questo meccanismo vale anche in percentuale minore per gli dei perché vogliono qualcosa in cambio. Arte antica – sorriso olimpico: lo troviamo in alcune statue greche e vuole richiamare l’idea del dio sereno e pacifico nel suo iperuranio lontano dalle questioni degli uomini.  Antropomorfismo degli dei del politeismo: sono fatti come gli esseri umani però se si spogliano delle loro caratteristiche divine, non si distinguono più tra gli esseri umani. Gli dei greci/romani sono rappresentati come persone anche se qualitativamente superiori: più grandi, più belli, più luminosi … Zeus, a capo della società divina, è tutto fuorché esempio di virtù, avendo un debole per le fanciulle umane/non umane; si manifesta e si accoppia con fanciulle sotto qualche altra sembianza, necessariamente con l’inganno perché la fanciulla non potrebbe reggere lo splendore del dio. Siamo lontani dall’ideale eticamente perfetto del dio del monoteismo. Nascita di Dioniso: Deus si invaghisce di Semele, si accoppia con lei e rimane incinta di Dioniso. Moglie legittima di Zeus, Era cerca vendetta e convince semele a chiedere zeus a mostrarsi a lei in tutto il suo splendore come farebbe davanti ad

una dea. Zeus che aveva promosso alla fanciulla che avrebbe esaudito ogni suo desiderio, esaudisce la richiesta senza di ucciderla. Appena si manifesta la fanciulla viene folgorata. Zeus taglia il ventre della donna e tira fuori il figlio e se lo cuce nella coscia. Il nome dioniso vuol dire nato due volte: dal ventre della madre e dalla coscia del padre. Il dio del monoteismo invece non si può rappresentare proprio per la sua mancanza di limiti (punto 1).  Personalismo degli dei del politeismo: sono persone in tutto e per tutto, aventi una personalità; provano quindi una serie di sentimenti che provano anche esseri umani. Rispetto al dio del monoteismo inteso come perfezione assoluta, gli dei sono del tutto imperfetti v tradimenti di Zeus con inganno e dispetto di Era. Tale personalismo, per un dio del monoteismo, non è appropriato. Riassumiamo le differenze: non nel numero ma nella qualità, diff principale è che dio del monoteismo è dio con predicabilità al sommo grado quindi è dio onnipotente, onnisciente e raccoglie in se tutte le competenze, è autorità unica e assoluta a cui ci si rivolge per tutto. Questo implica che il credente sa quindi di essere costantemente sotto giudizio, il comportamento giusto\ etica gioca un ruolo fondamentale nel rapporto tra il dio del monoteismo e i suoi credenti. Al contrario dei del politeismo hanno una potenza limitata dalla presenza di altre divinità e ognuno ha competenza settoriale su cui ha possibilità di azione. Anche Zeus non è figura onnipotente ed è dio associato alla giustizia ma a sua volta non sempre è giusto v comportamenti nei confronti della moglie e prede. Il politeismo si costruisce su competenze settoriali perché nei politeismi il mondo umano e divino sono perfettamente speculari: la società divina riproduce quella umana ossia riproduce la società di chi li ha prodotti, ovvero gli esseri umani; questo significa che la società divina cambia costantemente, in parallelo con i cambiamenti che avvengono nella società umana. Il politeismo, come sostiene Pettazzoni, è una forma religiosa relativamente tarda e complessa: nasce solo quando la società umana raggiunge certo livello di articolazione: per il mediterraneo le prime forme di politeismo che conosciamo sono quelle della Mesopotamia del terzo millennio: di una civiltà organizzata in città, fondamentale è il passaggio da società nomade a sedentaria e con la scrittura quindi società con interesse per la memoria storica (ha archivi), ha forme di giustizia sociale quindi leggi (v scrittura), ha agricoltura (v passaggio nomade-sedentario: uomo non ha più bisogno di vagare per cercare prede da mangiare e altre forme di sostentamento una volta che le ha esaurito nel posto in cui si trova potendo fare affidamento solo alle forme di vegetazione spontanea), riunire più gruppi famigliari\ clan in uno stesso punto e fondare una città implica segmentazione sociale e diversità fra le professioni. Diventando una società complessa c’è bisogno di persone con competenze diverse in base alle sue capacità. Questa società complessa con segmentazione sociale e diversità di professioni viene riprodotta, quando nasce, a livello divino: così nasce il PANTHEON, con sempre più divinità, a mano a mano che si progredisce nella diversificazione sociale, in modo speculare con il mondo umano fino a arrivare all’introduzione di divinità anche dall’esterno di solito per interessi politici < all’organizzazione del mondo umano corrisponde una speculare organizzazione nel mondo degli dei. Non solo gli dei sono legati alle attività umane ma ad ogni aspetto della realtà può corrisponderne uno elemento divino es ci può essere divinità legata ai fiumi o specifico fiume per spiegare determinata qualità del fiume, solo questa divinità può agire su determinato fiume in caso di bisogno.

Nel politeismo quindi uomini e dei sono molto simili (gli dei sono più potenti): l’unica reale differenza tra essi è la morte. Gli uomini prima o poi muoiono, gli dei invece sono immortali. Un concetto importante del politeismo è quello del mito che fonda la realtà, mentre il dio del monoteismo la crea: è grazie al mito che vengono stabilite alcune regole a cui uomini devono conformarsi nella loro realtà quotidiana e le stesse divinità non nascono esperte in un settore ma lo diventano nel senso che c’è preistoria mitica che spiega perché le competenze di una determinata divinità sono quelle che si conoscono. Fondare è più che creare perché opera di fondazione dà una costante spiegazione del perchè le cose siano così, a differenza del monoteismo che dice che una cosa è tale così. Le storie delle divinità del politeismo di solito hanno tre fasi: - Preistoria mitologica in cui si fissano le competenze di una divinità; Attualità con competenze specializzate; Nasce Culto per la divinità, a cui si chiede consigli, protezione, etc., per quanto concerne il campo di sua competenza. Anche gli eventi della vita umana (nascita, morte, matrimonio, maturità sessuale) ricevono un intervento divino per essere sanciti, per far avvenire una cosa che in realtà sarebbe comunque accaduta (un bambino nasce comunque, ma senza un determinato rito non entra a far parte del gruppo: c’è una nascita biologica ma non sociale in questo caso). Tutte le varie arti, soprattutto in Grecia, hanno un fondamentale legame con un dio che ne fissa tecniche e regole d’uso es la creazione della lira è attribuita ad Hermes e c’è una storia mitologica che narra come l’ha creata quindi chi vuole costruire una lira deve attenersi a quanto riportato in questa narrazione. C’è anche molto spesso un legame locale con la divinità: in Grecia ci sono le divinità polìadi, la cui storia è legata ad una città (equivalente del santo patrono: Atene ha Atena) < mito fonda la realtà quindi c’è mito che motiva rapporto fra dio e città. Quanto più il mondo degli uomini è complesso, tanto più lo sarà quello degli dei: è necessario infatti che si rispecchino. Il mito, nel politeismo, non è una vicenda primordiale terminata, ma può realizzarsi ancora nel presente: ulteriori specializzazioni possono realizzarsi per gli dei del politeismo in relazione allo sviluppo della società. Spesso gli dei hanno più competenze e variano da luogo a luogo: la grecia è territorio caratterizzato da città-stato (poleis), erano realtà abbastanza isolate fra loro e ognuna di queste ha sviluppato le sue leggi e il suo pantheon, possono essere molto diverse fra loro v Atene e Sparta  è realtà estremamente variegata dove è molto difficile trovare coerenza ed è particolarmente importante calare lo studio delle religioni nella storia e vedere le singole realtà storiche.  Nel politeismo il mito non è una vicenda terminata, è sempre aperta e alle singole divinità possono essere attribuite nuove funzioni che variano a seconda del luogo, no coerenza. Nel monoteismo invece la genesi è data una volta per tutte, mentre nel politeismo, a mano a mano che la società procede, il mito torna in azione e fonda la realtà. -

 Ci sono associazioni che non sono molto comprensibili come Poseidone: dio che ha competenze sui problemi relativi al mare, ma anche si occupa dei cavalli, benché i testi non ce ne parlino e quindi il perché a noi non è noto: possono quindi esistere due competenze che non hanno coerenza tra di loro. L’unica vera differenza è la morte: gli uomini muoiono, gli dei no. Le conseguenze che questa distinzione implica sono molto significative dal punto di vista umano: - Conseguenza psicologica: la coscienza di un limite a cui non ci può essere rimedio; ci si può rivolgere agli dei per tanti problemi, ma non per la questione

relativa all’evitare la morte. Ci sono personaggi nel mito che ci hanno provato ma senza riuscirci  funzione educativa del mito. Il mito infatti ci mostra cosa si può e non si può fare: l’uomo non può essere immortale (c’è chi ha ottenuto l’immortalità da Zeus, ma, nel momento che l’ha richiesta, si è dimenticato di specificare di non voler anche la vecchiaia: implica che chi ha chiesto questo è stato punito con una vecchiaia eterna, il peggiore dei mali; questo nella cultura greca viene chiamato il peccato di UBRIS, il volere da parte degli uomini di passare il limite invalicabile tra loro e gli dei, ambire a comportarsi come gli dei, è peccato di arroganza e nelle narrazioni mitiche è spesso presente di come si finisce male se l’uomo vuole fare il dio). Rispetto a questi pericoli, la società istruiva l’uomo attraverso il teatro. La cultura greca viene o dai poemi epici o dal teatro che è carico di esempio di ubris e in generale di moniti verso gli uomini di comportamenti da non imitare v edipo: idea che colpa dei padri ricadrà sempre sui figli a prescindere dal fatto che i figli hanno colpe o no. -

Consapevolezza dell’esistenza della morte implica la mancanza di una speranza escatologica diversamente da quanto avviene nei monoteismi cioè il dio del politeismo non può spetare in un al di là migliore. Nei testi greci che noi abbiamo, non manca infatti un sentimento di pessimismo e relativismo sulle condizioni degli uomini: ne è dimostrazione Omero con il suo paragone fra uomini e foglie. Questo potrebbe implicare che l’agire sulla terra per gli uomini non ha nessun senso, l’uomo greco poteva non avere nessuna regola in vita in quanto non è previsto un premio dopo v achille che muore e come l’ultimo degli umani finisce nell’Ade, non rimane solo fantasma – nella cultura greca una volta morti si diventa fantasma ossia immagine priva di spessore e sentimento, non si scompare del tutto ma è esistenza priva di senso. La società greca ha elaborato serie di valori, non religiosi, per dare un senso all’esistenza: gloria (aretè), l’equilibrio, giusto mezzo, … che sono importanti nell’uomo per non abbandonarsi a senso di relativismo e pessimismo assoluto dovuto al fatto che manca una speranza escatologica. Una dei valori era la gloria in battaglia, motto greco: felice chi muore giovane di morte gloriosa – chi muore in battaglia è un eletto degli dei quindi non c’è niente di peggio della vecchiaia eterna infatti uno degli ideali greci è quello della bellezza legata al corpo giovanile e se qualcuno muore in battaglia avrà gloria eterna. Questa è una delle forme di superamento della morte che è data all’uomo greco e che non ha niente a che vedere con la religione. Quindi per l’uomo greco la conseguenza della mortalità è una sana ed equilibrata rassegnazione unita ad una serie di valori che danno un senso alla vita terrena....


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