Prospettive per la scuola d\'infanzia PDF

Title Prospettive per la scuola d\'infanzia
Author Giulia Zagarella
Course Pedagogia Generale E Sociale
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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Capitolo 1: La parabola della scuola dell’ infanzia italiana. La scuola d’infanzia fino agli anni Sessanta. Con l’età moderna sopraggiunse un nuovo “sentimento dell’infanzia”, ossia una diversa consapevolezza delle caratteristiche distintive del bambino e un differente atteggiamento verso questa età della vita. Così tra il ‘600 e l’inizio del ‘700 prevalsero le preoccupazioni dei pensatori moralisti, che vedevano il bambino come un soggetto da educare e da moralizzare. Questo secondo tipo di atteggiamento prevalse anche nelle famiglie, imponendo l’idea di un’infanzia lunga e legata alle istituzioni scolastiche. Tuttavia nelle classi popolari permaneva il senso di un’infanzia breve, cui faceva seguito la precoce occupazione nelle attività volte ad assicurare la riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza. Dal punto di vista ideologico il sentimento differenziale dell’infanzia trova espressione paradigmatica del pensiero di Rousseau, nel quale si compie una rivoluzione copernicana che porta a una posizione pedagogica puero-centrica (il soggetto-bambino come centro dell’educazione). Le posizioni rousseauiane influenzarono ampiamente la pedagogia successiva e in particolare agiranno sulle idee di Pestalozzi e attraverso di lui su Fröebel, l’artefice dei Giardini d’infanzia. Tuttavia solo con il mutamento delle condizioni materiali di vita delle classi subalterne si assisterà allo sviluppo di contesti sociali destinati all’infanzia. Infatti con la rivoluzione industriale si crea da un lato un vasto impiego di mano d’opera infantile, ma dall’altro lato anche il fenomeno del lavoro di entrambi i genitori nelle fabbriche genera un bisogno sociale di custodia del bambino piccolo. Le prime Sale di custodia dell’infanzia sorsero nell’ultima parte del XVIII secolo, e si diffusero gradualmente nelle zone a elevata concentrazione industriale e demografica. Si trattava però di istituzioni assistenziali che si limitavano alla sorveglianza e alla ricreazione dei bambini. Solo con l’inizio del XIX secolo si avranno le prime vere istituzioni educative per l’infanzia con gli esperimenti di Owen in Inghilterra e con la nascita dei Giardini d’infanzia di Froebel. Nel pensiero di quest’ultimo si ha una vera e coerente pedagogia nell’infanzia. Secondo Froebel tutte le cose sono la manifestazione di un’unica essenza divina e l’educazione ha perciò il compito spirituale di guidare all’intuizione di questa unità, nonché di portare l’uomo a realizzare la sua specifica essenza. E poiché l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, la sue essenza risiede nell’agire creativo, che trova espressione nel lavoro e prima ancora nel gioco. Pertanto in relazione all’ infanzia il metodo froebeliano evidenzia il valore formativo del gioco inteso come manifestazione della realtà spirituale del bambino e come realizzazione della sua personalità. Così una forma di attività tipica dell’infanzia, come quella ludica, considerata puerile in senso negativo viene elevata con Froebel a piena dignità pedagogica. Allo scopo di decantare questa finalità spirituale del gioco Fröebel concepisce appositi materiali capaci di far intuire la natura profonda delle cose e di favorire lo sviluppo dello spirito infantile. Ma il valore dell’esperienza Fröebeliana sta soprattutto nell’unità tra elaborazione pedagogica e realtà educativa, attraverso la realizzazione dei Giardini d’infanzia (o Kinder Garten), che si diffondono prima in Germania e poi in tutta Europa compresa l’Italia. Nella nostra penisola il superamento delle sale di custodia era iniziato con gli asili di Don Ferrante Aporti. Egli apre un primo asilo infantile presso Cremona, nel 1828, allo scopo di superare le semplici sale di custodia e inaugurare un’autentica educazione infantile. La sua impostazione è attenta sia al versante morale che a quello intellettuale, ma l’educazione morale mantiene un ruolo prioritario e trova il proprio fondamento nella religione. L’istruzione impartita negli asili aveva evidenti limiti nozionistici in quanto si esauriva nell’apprendimento di nomenclature e rudimenti alfabetici e aritmetici. A partire dagli anni Cinquanta era iniziata la penetrazione nel nostro paese delle dottrine di Fröebel. Il suo metodo su oggetto di una disputa tra fautori convinti del suo metodo, che purtroppo non erano sempre in grado di interpretare la sua dottrina pedagogica correttamente, e detrattori. Nonostante ciò il metodo ebbe una discreta diffusione in Italia assumendo anche il ruolo di riferimento pedagogico per la scuola dell’infanzia. Tuttavia la carenza della preparazione degli insegnanti contribuì ad un uso puramente meccanico del metodo di Froebel, inoltre esso andò in contro ad una frequente contaminazione con l’aportismo generando il così detto metodo misto, diventato poi predominante. L’ultima parte dell’Ottocento vede le istituzioni educative per l’infanzia saldamente in mano alle forze ecclesiastiche, e una realtà educativa a metà strada tra un custodialismo mai del tutto superato e un orientamento pedagogico ibrido, generato dalla contaminazione tra un aportismo involuto e un Fröebelismo irrigidito. Tra la fine del secolo e gli inizi del Novecento prendono forma i due modelli canonici della moderna scuola d’infanzia italiana: quello agazziano e quello montessoriano. L’esperienza delle Sorelle Agazzi inizia nell’ultimo decennio dell’Ottocento, nell’asilo di Mompiano presso Brescia sotto la guida del direttore Pasquali, loro maestro. Il metodo Pasquali-Agazzi privilegia un orientamento attivo particolarmente attento al mondo affettivo del bambino e improntato alla continuità con l’ambiente scolastico e l’atteggiamento materno. Da qui la preferenza per le cianfrusaglie riprese dagli ambienti di vita quotidiana rispetto ai materiali formali froebeliani, i cosiddetti doni, e per le attività manuali e pratiche ordinarie, arricchite dal disegno e dal canto. Si tratta di un modello sorto in una realtà rurale e concepito in rapporto con essa, ma arricchito da un'autentica sensibilità sociale verso l’educazione popolare ispirata dalle idee socialiste di Pasquali. Pagina 1 di 20

Maria Montessori laureata in medicina, si interessa dell’educazione dei deboli mentali, all’epoca detti frenastenici, e comprende che il problema dei deboli mentali è una questione pedagogica più che medica. Per sviluppare questa impostazione studia con attenzione Itard e Séguin, ricavando le linee per un metodo medico-pedagogico che considera l’educazione sensoriale come il fondamento per quella intellettuale. La seconda e fondamentale intuizione della Montessori è che i metodi pedagogici usati con i deboli mentali possono essere estesi proficuamente all’educazione di tutti i bambini. L’occasione per sperimentare questa intuizione arriva nel 1907, quando viene chiamata a dirigere gli spazi educativi per l’infanzia del quartiere di San Lorenzo in Roma. Qui la Montessori fonda la sua prima Casa dei bambini e inizia l’elaborazione del suo cosiddetto “metodo”. La Casa dei bambini è un ambiente proporzionato al bambino e pensato in funzione delle sue esigenze di sviluppo. Le attività si suddividono in due grandi ambiti: attività pratiche di gestione domestica della casa ed attività di sviluppo sensoriale ed intellettuale che si basano sull’ utilizzo dei materiali strutturati di Séguin (opportunamente ripresi, modificati e integrati). Il metodo montessori si fonda sul libero lavoro individuale dei bambini, volto al: potenziamento del sistema sensoriale-intellettuale ed all’ appagamento del bisogno di attività e di indipendenza (fattore di un equilibrato sviluppo socio-affettivo). L’ esperimento ha successo e le case si diffondono generando un successo su scale internazionale tale che lo stesso Mussolini assume la presidenza onoraria dell’ Opera montessoriana. Ma la Montessori entra in conflitto col regime fascista e si dimette dall’Opera per poi lasciare l’ Italia nel 1934. Si consoliderà allora il predominio del modello agazziano rispetto al quale si consuma una doppia appropriazione: sia da parte cattolica che da parte fascista. Difatti, il regime fascista con la carta della scuola di Bottai del 1939, adotta ufficialmente il metodo Agazzi per la scuola materna italiana. Da parte cattolica invece il processo di confessionalizzazione del modello agazziano inizia fin dal pensionamento di Rosa, nel 1926. Tale processo porta a un vero e proprio metodo Agazzi riformato., dal quale vengono tolti i riferimenti a Pasquali e sono invece rafforzate le componenti spiritualiste e religiose. L’egemonia del metodo Agazzi confessionalizzato tornerà nel dopoguerra rafforzandosi negli anni del predominio democristiano, e sarà sancita dagli Orientamenti del 1958, che seguono i Programmi per la scuola elementare del 1955 che vede nella religione cattolica il fondamento e il coronamento dell’educazione. Tali Orientamenti oltre a ribadire il carattere materno della scuola dell’infanzia la mantengono separata dal resto dell’ordinamento scolastico così da preservare il predominio ecclesiastico. Così verso la fine degli anni Cinquanta oltre i due terzi delle scuole materne sono gestite da istituzioni ecclesiastiche e il corpo docente è costituito per oltre i due terzi da personale religioso. Ma il rapido progresso economico sta modificando costumi, bisogni e atteggiamenti degli italiani. Il diffondersi del lavoro femminile e l’emancipazione delle donne creano una nuova questione dell’infanzia e stanno maturando le condizioni per l’avvento di governi di centro-sinistra. Così a Bologna nella seconda parte degli anni Sessanta l’esperienza di Bruno Ciari imprime una svolta decisiva alla pedagogia e alla pratica della scuola d’infanzia. Bruno Ciari e l’esigenza di un “nuovo indirizzo”. L’esperienza di Bruno Ciari come dirigente delle scuole comunali di Bologna rappresenta un momento di svolta decisiva per i destini della scuola d’infanzia italiana. A Certaldo in veste d’insegnante elementare, egli sperimenta le tecniche freinetiane, accompagnando la propria esperienza con la meditazione del pensiero di Dewey e di Gramsci. Entro questa cornice Ciari sviluppa idee pedagogiche coraggiose e innovative, che porterà con sé nell’esperienza bolognese, innestando sulla concezione freinetiana di un’educazione popolare di carattere attivo e cooperativo una serie di motivi elaborati alla luce della binomia Dewey/Gramsci, quali: il nesso tra la formazione scolastica e l’emancipazione dei ceti subalterni, la necessità che la scuola tenga conto delle disuguaglianze sociali e dei condizionamenti ambientali riducendo al massimo i divari culturali tra gli alunni, la didattica di tipo attivo ma al contempo di taglio anti-spontaneista in quanto anche ciò che appare come spontaneo è in realtà il frutto di condizionamento ambientali, l’ importanza della dimensione intellettuale della formazione, la necessità di dare forma curricolare all’educazione scolastica, dotandola di un programma attento alla qualità dei saperi e al loro rinnovamento scientifico e culturale. La peculiarità dell’esperienza bolognese era legata anche al tentativo di realizzare un inedito coinvolgimento sociale nella questione educativa. I pilastri portanti della nuova architettura socio-culturale della scuola dell’infanzia bolognese erano il “Febbraio pedagogico” e i “Comitati genitori-insegnanti”. Il Febbraio pedagogico non era un semplice convegno ma una convention culturale annuale che coinvolgeva operatori, università, famiglie e varia forze sociali in un dibattito sui problemi e le prospettive della scuola dell’infanzia. I secondi cioè i Comitati erano organi di gestione sociale delle scuole dell’infanzia, ovvero spazi entro i quali genitori e insegnanti affrontavano i concreti problemi gestionali dei servizi educativi. Qui a Bologna Ciari conosce la seppur breve sua maturità pedagogica, interrotta precocemente dalla sua prematura scomparsa. Il fondamento socio-culturale della scuola comunale bolognese, viene espresso da Ciari nel principio secondo cui l’educazione dell’infanzia, concernendo la formazione dei cittadini di domani, costituisce un Pagina 2 di 20

problema che riguarda l’intera società, e di conseguenza la scuola deve essere un luogo d’incontro, di coinvolgimento e di dibattito dei diversi attori del processo educativo. Ciari raffina ciò nella sua esperienza bolognese infatti i Comitati genitori-insegnanti si trasformano nei Comitati scuola-società, rompendo la restrizione scuola-famiglia, per prefigurare un rapporto sociale della massima ampiezza. Ciari innesta il tema di una scuola dell’infanzia dotata di una funzione cruciale nel ripianare gli scarti culturali derivanti dai condizionamenti sociali, garantendo a tutti i bambini il pieno sviluppo e pari possibilità formative. Una scuola dell’infanzia doppiamente democratica, dunque: tanto nelle modalità di gestione, quanto nelle finalità formative. Una scuola dell’infanzia doppiamente democratica sia nelle modalità di gestione che nelle finalità formative. Ma per fare ciò occorrono da una parte una “pedagogia moderna” della scuola dell’infanzia, dall’altra parte occorre un nuovo indirizzo. Il problema della moderna pedagogia dell’infanzia viene affrontato organicamente da Ciari in uno scritto nel quale egli discute la pedagogia montessoriana dal un lato e quella agazziana dall’altro. Riguardo la Montessori Ciari sostiene che il suo merito non è solo quello di aver concepito la scuola come un ambiente a misura del bambino, ma anche quello di aver asserito la necessità di creare su base scientifica le condizioni per lo sviluppo delle originali capacità infantili e che a questo scopo si debbono elaborare scientificamente dei materiali che per le loro caratteristiche la loro struttura consentano al bambino determinate conquiste sensoriali e concettuali. Ma riconosciuto questo Ciari tende a evidenziare anche i limiti di un certo montessorismo, precisando che è inconcepibile un materiale in sé compiuto, determinato una volta per sempre. Secondo Ciari inoltre da un lato materiali e processi debbono essere rielaborati, integrati, sostituiti, in una dinamica storica incessante, evitando cioè di assolutizzare e cristallizzare il suo set originario di materiali. Infatti Ciari sottolinea come i materiali di sviluppo della Montessori siano il risultato di una ricerca scientifica, e come tali abbiano un valore puramente provvisorio e siano perciò suscettibili di essere migliorati, integrati e/o sostituiti nel corso della prosecuzione della ricerca stessa. La stessa Montessori si comportò in queso modo verso il materiale usato da Itard e Seguin: infatti lo assunse come ipotesi iniziale ma lo integrò e lo superò in un set di materiali più ampio ed elaborato. Dall’altro lato Ciari fissa lo scopo della ricerca su e con il materiale strutturato. Infatti se lo scopo dell’uso del materiale è quello di permettere al bambino di formarsi una struttura mentale, allora occorre stabilire i passaggi concettuali che il bambino deve compiere in questo percorso di strutturazione e i materiali vanno pensati in funzione di tale percorso e valutati in base alla loro efficacia. Tuttavia Ciari precisa che i processi di sviluppo infantile si compiono anche senza l’intervento dell’adulto, perciò si tratta solo di renderli più precisi e spediti, garantendo le condizioni atte a favorirli. E qui richiama la fecondità di un principio delle Agazzi, secondo cui certi processi non si compiono soltanto mediante materiali specifici in quanto il bambino può mettere in opera gli stessi poteri logici sia operando sugli oggetti reali, sia su materiali strutturati. Ciari con ciò si riferisce alle cianfrusaglie tratte dalla vita quotidiana con le quali le sorelle Agazzi hanno costituito il loro museo didattico ossia una raccolta di oggetti reali con i quali il bambino può compiere attività di sparate, pertanto le due dimensioni sono entrambe necessarie, ossia il bambino ha bisogno di operare sia con materiale strutturato sia con materiale comune, dove le diverse qualità si trovano tra loro combinate. Ma ciò significa andare oltre la Montessori, secondo la quale non sarebbero necessarie attività di applicazione agli oggetti comuni delle discriminazioni sensoriali acquisiste attraverso il materiale strutturato. Pertanto Ciari sin da questo scritto tende a porsi in maniera critica nei confronti dei modelli storici dell’educazione infantile mostrando di considerare la Montessori e le Agazzi come complementari anziché incompatibili. Ciari torna alla questione della scuola dell’infanzia nel 1967 prospettando la necessità di un nuovo indirizzo organico e aperto, che integri alcuni aspetti validi dei metodi già da molti decenni operanti in Italia in una originale sintesi. S’intende cioè aprire una nuova fase di questo servizio educativo senza recidere i legami con le sue radici, traendo anzi da esse tutto il nutrimento possibile. Ciari pone l’accento sulla dimensione intellettuale pur dando attenzione a tutte le dimensioni della personalità infantile. Inoltre da un lato egli sottolinea la necessità di linee programmatiche, precisando che nella scuola materna si tratta di riconoscere prima di tutto i modi e i momenti in cui opera la mente infantile, e d’inserire in questo processo un intervento stimolatore. Dall’altro Ciari evidenzia l’opportunità, didattica e sociale al tempo stesso, di alternare l’attività di sezione, omogenea per età, e quella d’intersezione nonché di aprire la scuola d’infanzia a forme di gestione sociale democratica. L’accento posto sulla dimensione intellettuale e sull’istanza di linee programmatiche coerenti con la logica interna allo sviluppo infantile ha una trasparente radice montessoriana. La Montessori viene individuata come la madrina di una pedagogia dell’intelligenza nella scuola dell’infanzia e come uno dei riferimenti essenziali per superare la trascuratezza dell’educazione infantile nei confronti dello sviluppo intellettuale. Ma l’accento sulla dimensione intellettuale non è sufficiente infatti è necessario che la scuola dell’infanzia esca da una fase di prevalente casualità, d’improvvisazione, di assenza di prospettive pedagogiche troppo rigide che caratterizzano gli asili di custodia, elaborando nuove idee programmatiche o direzionali che debbono fissare le strutture concettuali, le capacità operative, i vari livelli Pagina 3 di 20

o balzi che il bambino può e deve compiere dai tre ai sei anni. La dimensione intellettuale va stimolata intenzionalmente secondo linee direzionali elaborate sulla scorta della conoscenza scientifica della crescita mentale. In altre parole, non si tratta di precorrere lo sviluppo cognitivo o di forzarlo, bensì di garantirlo a tutti i bambini in termini adeguati, indipendentemente dagli ambienti familiari di origine. Con un intervento all’ VIII febbraio pedagogico Ciari ritorna ritorna sul rapporto tra la pedagogia della scuola d’infanzia ed i modelli storici dell’educazione infantile asserendo che occorre una elaborazione di una pedagogia di tipo nuovo per la scuola d’infanzia. Pertanto, una nuova pedagogia della scuola d’infanzia dovrà superare i modelli montessoriano e agazziano, ma nel senso di assorbirne i rispettivi elementi vitali in una nuova sintesi, ovvero il nuovo indirizzo. Nella stessa convention egli inoltre espone due importanti riflessioni circa le motivazioni infantili ed il ruolo della scuola dell’infanzia. Circa la prima questione secondo Ciari ogni motivazione del fanciullo, specialmente tra i tre ed i sei anni, è profondamente mediata dai condizionamenti socio-culturali. Quest’ osservazione è molto importante rispetto al pensiero sulla spontaneità infantile della Montessori, secondo la quale il bambino è veramente se stesso solo quando può seguire liberamente i suo interessi immediati. A tal proposito Ciari avverte che gli interessi manifestati dai bambini sono mediati dai condizionamenti socioambientali e che nella scuola le motivazioni sono sempre mediate dalla determinante presenza dell’adultoeducatore. In altre parole, l’organizzazione dell’ambiente scolastico va intesa come una variabile manipolabile per esercitare le opportune mediazioni delle motivazioni infantili. Ciò porta Ciari alla seconda questione ovvero al rapporto tra ambiente scolastico e ambiente sociale, che egli concepisce in termini di alternativa. Infatti secondo Ciari la scuola è quel luogo predisposto a saturare tutte le motivazioni dei bambini non soddisfatt...


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