Pedagogia speciale oltre la scuola PDF

Title Pedagogia speciale oltre la scuola
Author Mya myaolly
Course Pedagogia Speciale
Institution Università degli Studi di Cagliari
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riassunto completo...


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1- L€identità della persona con disabilità nella convenzione Onu del 2006: evoluzione storica attraverso i documenti internazionali. -Lucia de AnnaSe oggi parliamo di persone interessate da disabilità, negli anni •70 queste venivano ancora definite come Handicappati o minorati. Per quanto riguarda gli interventi della Comunità Europea in loro favore, possiamo dire che un primo impulso fu dato dal Consiglio dei Ministri europei nel •68, azione concretizzatasi poi nella risoluzione del Consiglio del 27\06\74 che formulò il primo programma di azione comunitaria per il riadattamento professionale dei minorati-> lo scopo era quello di aiutarli a divenire capaci di svolgere una vita normale, totalmente integrata nella società; l•attenzione era omogenea verso qualsiasi età e tipo di menomazione. Il programma si suddivideva in attività di cooperazione , si promuovevano azioni a carattere dimostrativo tese a migliorare la qualità dei mezzi di riadattamento e venivano anche coordinate azioni di studio e di ricerca, presero piega campagne di diffusione di informazioni e di sensibilizzazione sull•integrazione sociale dei minorati. Nel •79 fu redatta con successo la prima Relazione, e vennero avviate nuove iniziative volte soprattutto al superamento delle barriere architettoniche. Perché ciò avvenisse era però necessario superare anche le varie barriere culturali e sociali nelle diverse condizioni di educazione, formazione e professionalità; a tale scopo, nel •76 il Consiglio dei Ministri della Pubblica Istruzione della CEE varò il primo programma di azione per la collaborazione nel settore dell•istruzione a livello comunitario: oltre ai temi sull•uguaglianza per un pieno accesso a tutte le forme di insegnamento per un egualitario e reale accesso alla società, si poneva come obiettivo quello del passaggio dei giovani alla vita attiva, coinvolgendo ampi gruppi di giovani minorati fisicamente o mentalmente. In Italia, verso la fine degli anni •60, cominciarono quindi a emergere momenti di aggregazione di massa dei lavoratori e forme di protesta degli studenti, che richiedevano, in sostanza, una maggiore uguaglianza, su tutti i livelli. Nel €75, con la Relazione Falcucci, il soggetto interessato da disabilità, in precedenza spogliato di ogni potere o capacità decisionale, diviene soggetto da coinvolgere nel processo di socializzazione secondaria (scuola, colonie), in stretta relazione con i coetanei, chiamato a divenire protagonista della sua crescita. Fondamentale è il rapporto del •78 di Skov Jorgensen (che prese parte alla conferenza di Roma dello stesso anno), direttore generale per l•istruzione speciale del Ministero danese, che si preoccupò dei problemi di tipo terminologico per l•individuazione dei diversi tipi di handicap. Un•analisi statistica mise inoltre in evidenza il fatto che la consistenza delle scuole speciali per quasi tutte le tipologie di handicap, mentre per le menomazioni di vista e udito risultarono più rilevanti le classi speciali nelle scuole normali, come Francia, Inghilterra e Danimarca. Iniziano riflessioni sull•integrazione, di cui si elabora una strana concezione : si riteneva infatti che le classi o scuole speciali inserite nel generale sistema scolastico fossero già integrazione. Ma è comunque a partire dalla Conferenza di Roma del €78, punto di svolta, che il concetto di educazione delle persone interessate da disabilità ha subito profonde trasformazioni in Europa, soprattutto in relazione alla loro integrazione nella scuola ordinaria. Innanzitutto nacque l•abitudine a dibattere insieme tra i vari paese dei problemi educativi, cominciarono scambi e visite alle scuole, si posero le basi per il superamento del concetto di medicalizzazione e furono presi in considerazione le persone interessate da disabilità mentali, considerandole ora educabili. In tutto ciò, la pedagogia si stava trasformando in scienze dell•educazione e si legava ad altre discipline, aprendo così nuovi campi di intervento. Nel 1981 venne annunciato dalle Nazioni Unite l€Anno dell€Handicappato, ed emersero alcune importanti considerazioni: costituire uno studio collegato con i programmi della Cee riguardanti il passaggio dalla scuola alla vita attiva e l•integrazione lavorativa; l•importanza della formazione degli insegnanti e la stretta collaborazione con le famiglie. Prese così avvio il programma HELIOS con lo scopo di

unificare tutte le azioni comunitarie a favore dei minorati. In generale, l•Italia rimane ancora oggi l•unico Paese che ha eliminato totalmente classi e scuole speciali, mentre queste ultime a volte rimangono negli altri paesi come centri di risorse e di appoggio per rafforzare l•integrazione nella scuola ordinaria. A partire dagli anni €70, in generale, si avvia un periodo di trasformazione dei sistemi educativi con un•attenzione particolare alla scolarizzazione delle persone interessate da disabilità. In Francia nel •75 si avvia un discorso favorevole all•educazione, e negli anni •80 si creano condizioni di opportunità favorevoli allo sviluppo dei processi di integrazione; in Inghilterra, con gli Education Act degli anni ottanta e il Rapporto Warnock del •78 sorge un•attenzione alla molteplicità delle esigenze relative ai bisogni educativi speciali che non riguardano solo le persone interessate da disabilità; in Spagna, a partire dal•78, si avviano le prime leggi per la ricostruzione del sistema formativo e con una legge dell•82 si fornisce un quadro interessante del crescente impegno verso le problematiche dell•educazione e dell•integrazione. In Belgio, si è sempre giunti alla costituzione di scuole speciali con una forte differenziazione per tipologia di disabilità. In Italia, negli anni •70 si assiste a un cambiamento di identità della persona interessata da disabilità, che acquista ora un accesso diretto all•istruzione (nessuno gli indica in che scuola andare)-> ciò ha permesso di affermare un pieno diritto all•educazione. In altri Paesi, come la Francia, le decisioni sulla scelta del tipo di scuola da frequentare restano ancora oggi legate a Commissioni nazionali e dipartimentali. La persona con disabilità può ora venir educata, avere voce nella società, lavorare, spostarsi-> iniziava ad avere una sua identità. Ma cos•è questa? L•identità non dipende solo da se stessi, ma un•influenza importante deriva dagli altri, dall•ambiente in cui viviamo e dalle relazioni che costruiamo (de Anna). Sono tanti gli studi sull•identità, ma pochi sull•identità della persona con disabilità. Essa è sempre qualcosa che si costruisce con gli altri, ed essa permette di raggiungere autoconsapevolezza del se, di percepirsi, permette quindi di perseguire e raggiungere un migliore qualità della vita nella massima autonomia possibile e nella consapevolezza che TUTTI abbiamo bisogno degli altri. E• fondamentale che gruppi di pari crescano insieme, vi sono interessi comuni a tutti che devono essere vissuti insieme per non interrompere il processo di apprendimento per il pieno sviluppo della persona umana-> è di fondamentale importanza la frequenza scolastica, che permette momenti di socializzazione e integrazione. Nel corso degli anni €90 si pone al centro del processo decisionale lo sviluppo dell€uomo e delle sue capacità umane come forza e risorsa per la società, nasce la preoccupazione del benessere umano in relazione a uno sviluppo sostenibile che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. L€educazione viene vista come strumento indispensabile per permettere all•umanità di progredire verso ideali di pace, libertà e giustizia. Essa viene chiamata dall• Unione Europea a svolgere un ruolo essenziale nello sviluppo continuo della persona e della società. Essa riguarda tutte le età dell•uomo. In questo contesto, sempre più importanza viene data al problema dell•integrazione delle persone in situazione di disabilità. Nel 1994 con la Conferenza di Salamanca viene ribadita la centralità del bambino e il suo diritto all•educazione nel mondo e l•attenzione viene centrata ora sui bisogni educativi speciali, sulla trasformazione dei sistemi educativi e sul coinvolgimento delle famiglie nell•azione educativa di scuola e società. Vengono ora fortemente espressi i principi dell•integrazione come principi di appartenenza alla comunità sociale. Viene affermata l•uguaglianza, che comprende la valorizzazione e l•accettazione dell•altro nella presa di coscienza del fatto che la diversità esiste

ed appartiene a tutti noi, e che non può essere usata come discriminante o motivo di riduzione di diritti e opportunità. Lavorare con la diversità, insieme alla diversità fa crescere una cultura diversa. L€integrazione va realizzata, ma essa non deve essere un processo a senso unico, dove un qualcuno in tal caso starebbe solo fornendo assistenza a una persona, ma essa comporta un insieme di relazioni che viene a crearsi intorno alla persona interessata da disabilità per conoscerne la personalità, il suo senso umano, i suoi modi per intervenire e comunicare\conoscere l•altro. Ed è questo dialogo aperto che ci permette di costruire la e le identità. In tutto ciò la scuola riveste un ruolo importante per conoscere e avvicinare la diversità, gestire e organizzare le eterogeneità presenti nella classe, valorizzare gli stili di apprendimento e formulare strategie di insegnamento che consentano a tutti di avere pari opportunità educative e formative. Le persone non devono più chiedere, ma devono automaticamente trovarsi in una società inclusiva. Come afferma Giampiero Griffo, nella Convenzione la persona con disabilità viene definita come cittadino a pieno titolo, con gli stessi diritti degli altri-> non si tratta di ospiti della società, ma di parte integrante della stessa. L•autore sottolinea ancora che l•inclusione riconosce la diversità umana e la inserisce all•interno delle regole di funzionamento della società. Il diritto umano ad essere incluso non dipende dalle risorse disponibili, ma dalla consapevolezza che tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti.

2- L€accessibilità: considerazioni teoriche e istanze operative. -Antonello MuraIn L€integrazione e scolastica sociale, l€autore si occupa dei problemi legati alla presenza e abbattimento delle barriere architettoniche che, se osservate pedagogicamente, possono considerarsi emblema di diversi ostacoli culturali e ambientali che frenano l€integrazione sociale. Tutto ciò ricade sul più ampio tema dell€accessibilità. Si ritiene che un approccio corretto a tale tema possa coincidere con gli interessi della Pedagogia Speciale e con l€impegno a elaborare e costruire una teoria dell€educazione individuale finalizzata a ridurre\azzerare la disabilità e a ricercare, prospettare e promuovere forme sempre più umane e umanizzanti di relazione e emancipazione antropologica, culturale e sociale. Il tema dell€accessibilità si pone come crocevia di competenze provenienti da differenti settori di conoscenza che devono integrarsi tra loro. Ma cosa significa accessibilità, e cosa può ritenersi o meno accessibile? Confrontando la definizione fornita da diversi dizionari, emerge che il concetto di accessibilità rinvii all€aggettivo accessibile, che comprende ciò che è raggiungibile fisicamente e, in senso figurato, mentalmente. Il tema dell€accessibilità non si risolve in un unico contesto, ma si articola in itinerari orizzontali di pari livello-> comunque, tutti conducono a un livello più alto sintetizzato nel principio antropologico sociale della piena realizzazione dell€essere umano attraverso il godimento di tutti i diritti e delle libertà fondamentali. Il rispetto del principio di accessibilità diviene cruciale per permettere alla persona interessata da disabilità di esperire il proprio diritto di cittadinanza in maniera autonoma. Tuttavia, per abbattere le barriere fisiche e architettoniche concrete, è prima necessario un abbattimento delle barriere mentali e sociali: è necessario un ribaltamento concettuale che elimini il principio di invisibilità che per lungo tempo ha caratterizzato la vita delle persone interessate da disabilità. Riflettere sul tema dell€accessibilità porta dunque ad interrogarsi su questioni tecniche rilevanti e riflettere su temi antropologici che mettono in discussione le fondamenta stesse della società. Nell€ambito delle dottrine politiche, ci si potrebbe chiedere se le teorie liberal, sinora dominanti, siano le più adatte a garantire alle persone disabili gli stessi diritti di tutti. La filosofa Nussbaum opera una forte critica verso tali teorie, individuandone i limiti rispetto ai diritti delle persone disabili, e propone un modello socio-politico di convivenza civile fondato sul principio di dignità dell€essere umano. Per realizzarsi, l€uomo, non necessita unicamente della sua apertura verso il mondo e dal suo bisogno progettuale, ma deve anche poter sfruttare le condizioni concrete che gli vengono offerte per far propri gli elementi culturali e ambientali che lo circondano, permettendogli di vivere nella società sviluppando i sentimenti di autodeterminazione e autostima che gli permettono di sentirsi parte integrante di essa. La Pedagogia Speciale ci ricorda che questi obiettivi vanno conseguiti di continuo, anche quando ciò sembra impossibile. Da un punto di vista pedagogico è riduttivo pensare di risolvere i problemi legati all€accessibilità considerandoli solo in relazione alle persone interessate da disabilità: la disabilità è una condizione che può riguardare in maniere differenti tutti gli esseri umani in qualsiasi periodo della vita e, inoltre, riconoscere la necessità di vivere in un contesto pienamente accessibile per tutti significa aver finalmente compreso il valore della diversità. Il rispetto del principio di accessibilità non è legato solo all€adempimento di obblighi formali in seno alle istituzioni o a soluzioni tecniche, ma piuttosto dal cambiamento culturale e sociale che, a partire dall€educazione, saprà diffondersi nella coscienza di ogni componente della società, nella consapevolezza che la piena inclusione non potrà mai venir raggiunta senza l€interazione tra i vari soggetti sociali, politici e scientifico-culturali. I contesti in cui operare per garantire tutto ciò sono: -L€istruzione-> da una recente ricerca Istat è risultato che sono più le persone disabili a essere prive di qualsiasi titolo, rispetto a quelle normodotate, e confrontando i dati sul possesso di titoli superiori o laurea emerge la medesima situazione. Nonostante nei principali documenti internazionali

l€accesso all€istruzione e all€educazione sia stato considerato un prerequisito e diritto fondamentale per l€attivazione di qualsiasi processo di inclusione sociale, tale diritto viene costantemente tradito. A questo punto appare emblematico il richiamo della convenzione Onu affinché tutti gli Stati Parti garantiscano un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli e condizioni di apprendimento lungo l€arco della vita. La Convenzione vede nell€istruzione lo strumento educativo più adatto al pieno sviluppo del potenziale umano, all€acquisizione del senso di dignità e autostima, rispetto delle diversità e valorizzazione dei talenti e abilità che derivano dall€unicità e diversità delle differenti condizioni esistenziali e che si pongono come basi per essere partecipi di una società libera. Bisogna dunque attivare sistemi scolastici inclusivi, che soddisfino i bisogni di tutti. -La mobilità-> relativa all€accesso all€ambiente fisico. Da questo punto di vista, non mancano le iniziative da parte delle Amministrazioni pubbliche centrali e locali, ma risultano ancora scarsamente diffuse sul territorio. Per quanto importanti, gli interventi di eliminazione delle barriere non sono sufficienti. Sembrerebbe mancare la consapevolezza di quanto sia importante pensare a priori l€ambiente in termini inclusivi. Si tratta infatti di interventi che vengono attuati dopo, nel senso di eliminazione di qualcosa o aggiunta di qualcos€altro su un territorio già strutturato, mentre bisogna progettare già a priori un ambiente inclusivo, accessibile a tutti: progettazione universale. -L€utilizzo delle tecnologie-> la nostra era è dominata dalla tecnologia, tant€è che la Convenzione Onu ha chiesto di rendere il maggior semplice possibile l€accesso alle varie tecnologie, sotto vari punti di vista, e agevolarne al massimo la fruizione, per TUTTI. Ma anche nel campo delle tecnologie, l€attività è stata quella di modificare qualcosa che era già stato creato per un cliente standard. Quindi anche qui occorre una progettazione universale. Secondo Emiliani è necessario semplificare le interazioni e introdurre, come parte dell€accresciuta complessità, un€intelligenza sufficiente per rendere i sistemi adattabili in maniera automatica alle caratteristiche degli utenti e al contesto d€uso. -Il lavoro-> nel 1846, Séguin affermava di voler “arrivare a rendere gli idioti capaci di diventare uomini utili, fosse pure nei posti più umili, negli impieghi più modesti e semplici, dargli la capacità di fare un lavoro il cui valore compensi il loro sforzo, tale è lo scopo finale della loro educazione”: A oltre un secolo e mezzo di distanza, le politiche internazionali ed europee sono ancora impegnate nel varo di norme e orientamenti che indirizzino i Paesi al riconoscimento del diritto del lavoro anche per le persone in situazione di disabilità. La Convenzione Onu invita gli Stati Parti a promuovere programmi di orientamento tecnico e professionale per l€impiego, sollecitando l€assunzione di lavoratori disabili nel settore pubblico e privato. Di nuovo la Nussbaum si riferisce ai disabili affermando che possono essere membri della società altamente produttivi, se solo la società modificasse le condizioni di base per includerli. Essi non sono “naturalmente” improduttivi, ma lo sono in relazione alle misure sociali discriminatorie, e questo richiede l€intervento in tutti gli altri contesti problematici citati. In Italia la Costituzione si basa sul lavoro, ma nonostante ciò vi sono ancora dei margini di squilibrio. -La vita indipendente-> nel volume “Chi sarei se potessi essere” si affronta il tema dell€integrazione lavorativa dei soggetti interessati da disabilità mentale, e vengono denunciate tutte quelle istanze discriminatorie che hanno portato (in questo caso si tratta di persone interessate da sindrome di Down) a rallentare la crescita psicologica (I Down come eterni bambini), l€acquisizione di abilità e competenze da parte delle persone disabili. Vi sono stati diversi movimenti di protesta e affermazione da parte dei disabili: in California, negli anni €60, alcuni studenti universitari disabili fondarono l€Independent Living Movement reclamando l€accessibilità agli studi universitari e ai servizi che l€università e la società mettevano a disposizione di tutti gli altri cittadini. Nel 1971

venne fondato il primo “Centro per la Vita Indipendente” gestito dagli stessi studenti, finanziato da fondi federali e orientato a trovare ogni soluzione tecnica che consentisse loro di studiare e organizzare la loro vita in modo indipendente. In Inghilterra il dibattito si è avviato, negli anni €70, tra funzionalisti, sostenitori del pensiero che le condizioni di accessibilità alla vita indipendente debbano essere create mediante interventi di welfare ad hoc nei confronti di chi necessita e ne fa richiesta, e i sostenitori della vita indipendente intesa come diritto civile di realizzazione di tutti i cittadini. In Svezia, il Movimento per la Vita indipendente è radicato più che in ogni altro paese europeo e si è diffuso grazie agli interventi di Ratzka, un giovane interessato da disabilità che visse in prima persona l€esperienza statunitense; il concetto fondamentale del Movimento è riassumibile nell€idea che le persone disabili devono avere le stesse possibilità di scelta e controllo personale della propria esistenza che hanno gli altri individui, in modo da potersi autodeterminare e poter parlare in prima persona delle proprie esigenze e contribuire alla vita economica e sociale della comunità. E€ necessario far tesoro delle esperienze realizzate nei contesti mondiali e ibridarle con le pratiche locali. In Italia esistono risorse e competenze già orientate nella direzione giusta, come la legge 104, alcune associazioni come Aias e Anfas. E€ necessario ri.pensare, ri-significare e impleme...


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