PSI. Del Lavoro e delle Organizzazioni PDF

Title PSI. Del Lavoro e delle Organizzazioni
Course Psicologia dell’Educazione
Institution Istituto Universitario Salesiano Torino Rebaudengo
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Riassunto dei capitoli 1,3,7,8,9,10,11,12...


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IAL ENT D I F CON

CAP. 1 Nascita e definizione della disciplina

Il termine organizzazione viene generalmente usato in una doppia accezione: . Denota il modo in cui le varie parti o componenti di un ente sono dinamicamente connesse e coordinate tra loro; . Viene usato per denotare una determinata categoria di enti sociali fondati sulla divisione del lavoro e delle competenze; qui le organizzazioni sono oggetto di discipline specifiche. Nel corso dell’ultimo secolo si è progressivamente costituito un ambito di studio e di indagine sulle condizioni e sui comportamenti che hanno caratterizzato gli uomini nei loro principali contesti produttivi. Tali contesti, si sono definiti nella loro attuale struttura con la Rivoluzione Industriale del XIX sec.; è solo nella seconda metà del ‘900 è stata loro rivolta un’attenzione selettiva per gli aspetti psicologici che riguardano le persone con le loro caratteristiche peculiari, le loro motivazioni, vincoli, condizioni particolari del loro esser protagoniste del processo produttivo. Il mondo delle grandi fabbriche nasce da una condizione produttiva nuova: la tecnologia dei processi organizza e rende funzionale la concentrazione delle attività del lavoro di decine e centinaia di persone. In questo nuovo contesto le persone e le loro attività vengono considerati sinteticamente come “variabili” di un sistema produttivo complesso, il cui buon funzionamento non può prescindere da loro e dalle loro risposte comportamentali. Definì lo “Scientific Management”, in cui si riconosce la centralità strategica della motivazione e della realizzazione individuale delle persone, protagoniste prima del processo manageriale.

Aspetto comune delle diverse classificazioni è l’accento sul passaggio dalla meccanicità astratta della descrizione del sistema produttivo ( dove le persone sono appiattite alla loro dimensione economica) alla variabilità propria delle condotte individuali, condotte che devono orientarsi ad uno scopo comune per essere efficaci e ottenere risultati di eccellenza. Avviene un’evoluzione nella concettualizzazione del ruolo e del peso della variabile-uomo rispetto al sistema, è una riformulazione dei caratteri del sistema stesso in base alle dimensioni comportamentali dei singoli soggetti.

Lo scenario contemporaneo Il mercato del lavoro globale è profondamente mutato ed è tuttora in continua evoluzione. Uno dei cambiamenti maggiormente rilevanti è rappresentato dalla crescita dell’atipicità contrattuale. I contratti atipici non sempre però garantiscono livelli adeguati di sicurezza lavorativa. I termini “lavoro” e “lavoratori” : bisogna distinguere l’aspetto soggettivo da quello oggettivo. Il lavoratore è “oggettivamente precario” per la durata temporale che impiega a passar da una condizione lavorativa non standard a-tipica a quella standard tipica, ma è “soggettivamente precario” fin dal momento in cui percepisce il proprio lavoro come temporaneo e instabile. La precarietà di vita è definita come una sindrome che interessa i lavoratori atipici poiché se percepiscono la loro condizione come temporanea e instabile possono avere difficoltà a progettare la propria vita con conseguenze emotive che influenzano negativamente l’aggressione quotidiano. Tale sindrome è composta da 3 dimensioni : - disinteresse per il lavoro attuale - sfiducia nel futuro professionale - conseguenze emotive nella vita quotidiana Le 3 dimensioni della precarietà di vita correlano con : - job insecurity - strategie di coping I lavoratori che temono di perdere il posto di lavoro, reagiscono emotivamente o mettono in atto strategie evitanti, tendono ad avere alti livelli di precarietà di vita bassa e soddisfazione. Tutte le persone di una certa età al cambio del millennio hanno avuto e sofferto qualche difficoltà nell’accedere alle nuove forme di comunicazione, improntate dalla tecnologia di rete. Il cambiamento che ha inciso nel panorama storico-evolutivo dell’attuale psicologia dell’organizzazione è quello prodotto dall’incertezza nelle dinamiche evolutive generali e nelle condizioni di vita delle giovani generazioni. Le organizzazioni sono continuamente minacciate dall’instabilità del mercato, dalla richiesta di rapido adattamento ai cambiamenti, alla segmentazione del mercato e alle difficoltà comunicative. Se gli uomini sono la variabile per il successo delle organizzazioni, occorre accedere al “capitale sociale” = il

patrimonio in termini di relazione di fiducia, connotazione simboliche trasmesse con immagini, relazioni interpersonali consolidate e funzionali agli obiettivi.

CAP. 3

L’organizzazione come cultura : L’ approccio culturale

L’idea di cultura organizzativa è stata sviluppata nell’ambito dell’approccio culturale per lo studio delle organizzazioni. Cultura organizzativa = espressione rappresentativa di un insieme di idee che si sono imposte all’attenzione degli studiosi delle organizzazioni tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Organismo = metafora ordinatrice con cui alla fine degli anni Settanta venivano lette le organizzazioni. La visione sistemica implicava che le organizzazioni fossero interpretate come sistemi sociotecnici, progettati per il raggiungimento di fini prestabiliti e capaci di adattarsi ai mutamenti provenienti dall’ambiente esterno. All’inizio degli anni Ottanta al paradigma razionalista viene accostato l’approccio culturale, che ha proposto uno sguardo nuovo sulle organizzazioni = Forme espressive = insiemi di significati condivisi e socialmente costruiti all’interno dei quali sistemi strutturati di simboli condizionano comportamenti, pensieri, emozioni, azioni dei soggetti, la vita organizzativa. Più cause contribuiscono all’evolversi degli studi organizzativi dell’approccio culturale: 1. Frustrazione di numerosi studiosi davanti al predominio di un paradigma neopositivista. 2. Crisi delle aziende occidentali che si confrontavano con l’irrompere sui mercati internazionali della potenza e concorrenza giapponese. 3. Tendenza socioculturale che ha portato a concepire il proprio lavoro e successo personale in termini di “qualità della vita”, con la valorizzazione delle componenti estetiche ed emotive che la cultura del narcisismo ha portato sempre più ad apprezzare.

La me tafora culturale Primi tentativi di definire la cultura sono legati al nascere di due discipline: sociologia e antropologia . XIX sec. sposta il suo oggetto di interesse sulla comprensione degli elementi che rendono Antropologia unici, irripetibili e diversi i gruppi tra di loro. L’associazione tra cultura e gruppi di persone fa si che questi ultimi vengano assimilati alle culture Gruppi = culture

Permette di mettere a fuoco la metafora culturale e di interpretare anche le organizzazioni, composte da gruppi come se fossero culture.

L’organizzazione è uno strumento concepito per raggiungere degli obiettivi; l’organizzazione è anche una realtà naturale e adattiva, prodotto di esigenze e bisogni degli individui, nonché delle pressioni sociali. L’ipotesi è che un’organizzazione assuma un carattere e acquisti un’identità propria e distintiva attraverso il consolidamento di esperienze collettive di successo. L’acquisizione di un carattere distintivo è una modalità con cui le istituzioni raggiungono l’integrazione. Il carattere e i valori organizzativi fondano l’identità dell’organizzazione, ossia la percezione che l’organizzazione ha di se stessa e delle ragioni del suo esistere. 3 modi diversi di intendere la cultura : A. Variabile indipendente ( esterna all’organizzazione) B. Variabile dipendente ( interna all’organizzazione) C. Metafora di base ( ciò che è un’organizzazione) Chi interpreta la cultura come variabile indipendente esterna sostiene che norme e valori sono costruiti dal contesto istituzionale e fatti propri dell’organizzazione attraverso processi di isomorfismo istituzionale. Le regole istituzionalmente esterne vengono incorporate in forma di programmi per il raggiungimento degli obiettivi. Quando la cultura organizzativa viene invece concepita come variabile dipendente interna all’organizzazione, l’interesse si rivolge ad aspetti gestionali; infine, se la cultura è intesa in quanto metafora di base, l’organizzazione innanzitutto è cultura : non possiede o ha una cultura come i due approcci precedenti. L’organizzazione è cultura che si esprime nel modo di interagire dei suoi membri. La cultura, in quanto metafora fondamentale, è assimilabile ad una cornice di significati in grado di dare senso a ciò che accade nelle organizzazioni.

Cultura e culture organizzative Cultura organizzativa = insieme di significati che racchiudo assunti, valori e credenze che un gruppo ha inventato e scoperto, imparando ad affrontare situazioni problematiche di adattamento all’ambiente esterno e di integrazione interna. Tali valori, assunti e credenze trovano espressione nei comportamenti, linguaggi verbali e artefatti materiali sedimentati. L’interiorizzazione del sistema di significati è ciò che permette all’individuo di orientarsi all’interno dell’organizzazione, senza dover inventare ogni volta soluzioni per risolvere i problemi quotidiani che costellano lo stare nell’organizzazione.

Una cultura ha la funzione di generare modelli: cognitivi, emotivi e affettivi. Alcuni studiosi ritengono che all’interno della stessa organizzazione possano convivere più culture, in forma di sottoculture che si costituiscono in base alla presenza di orientamenti comuni dei membri.

Perché si formano le sottoculture? - Alla base si trova la tendenza di uomini e donne ad accostarsi a persone simili. Le sottoculture dei gruppi di lavoro si possono trovare ovunque. Abbiamo 3 paradigmi interpretativi con i quali si è letta una stessa organizzazione: 1. Integrazione : descrive la cultura come un insieme di valori comuni, coerenti e che generano armonia, consenso diffuso e assenza di conflitti. 2. Differenziazione : chi si colloca in questo paradigma fa vacillare l’idea di cultura monolitica, essa infatti è percorsa da mancanza di consenso ed è abitata da sottoculture. 3. Frammentazione : tende a mettere in dubbio la stessa esistenza della cultura, concentrandosi sugli aspetti di ambiguità, incoerenza e disordine che caratterizzano la vita organizzativa. È quest’ultima visone che vuole sottolineare l’ambiguità della vita organizzativa : l’organizzazione è una giungla, dove il consenso e il dissenso, l’ordine e il disordine coesistono e dove una stessa manifestazione culturale può dare luogo a una miriade di interpretazioni in continua evoluzione.

CAP. 7

Il clima organizzativo

Occuparsi di clima organizzativo significa attribuire centralità all’uomo ( lavoratore) e preoccuparsi del versante soggettivo, emotivo, psicologico delle organizzazioni. L’analisi del clima organizzativo rientra nell’ambito delle action strategies, ovvero quegli interventi organizzativi che hanno l’obiettivo di risultare utili al cliente, partecipatori e condivisi.

Il costrutto di clima Il punto di riferimento degli studi sul clima è costituito dal concetto di “atmosfera sociale” inserito nel contesto dell’action research ( ricerca - azione ); la ricerca costituisce il primo tentativo di individuazione delle dimensioni climatiche e di definizione dello stesso concetto di clima organizzativo = qualcosa d’intangibile, una proprietà della situazione sociale complessiva. Il concetto di clima, applicato ai contesti sociali, è una metafora per richiamare alla mente la somiglianza tra le condizioni psicosociali in contesti sociali e le condizioni meteorologiche nelle regioni geografiche. - Moran e Volkwein distinguono 4 approcci : 1. STRUTTURALE: considera il clima come una caratteristica dell’organizzazione, che esiste indipendentemente dai membri e dalle loro percezioni. Il clima è considerato come un’insieme di attributi organizzativi misurabili tramite criteri di tipo oggettivo. Il clima è una manifestazione oggettiva della struttura organizzativa,che dà luogo a percezioni comuni dei membri di una stessa organizzazione. Gli stimoli generati dall’organizzazione influenzano il comportamento individuale dei membri della stessa. Tali stimoli vengono poi mediati dalle caratteristiche degli individui e influenzati dai loro valori, capacità e tratti di personalità. Per il soggetto il clima prende la forma di una serie di atteggiamenti e aspettative che descrivono l’organizzazione in termini di caratteristiche statiche e conseguenze comportamentali e risultati contingenti. 2. PERCETTIVO: origine del cima all’interno dell’individuo. Gl individui reagiscono e interpretano le variabili situazionali non solo in base alle caratteristiche oggettive della situazione o degli attributi strutturali, ma anche sulla base di aspetti che sono psicologicamente significativi per loro. Secondo questo approccio, quindi, il soggetto percepisce e interpreta il contesto organizzativo e crea una sua rappresentazione psicologica del clima utilizzando sia la struttura sia i processi che caratterizzano l’organizzazione (es. comunicazione, leadership, modalità processo decisionale,…) 3. INTERATTIVO: sintesi dei due approcci precedenti. Il suo assunto di base è che gli individui, all’interno di una specifica situazione, interagiscono gli uni con gli altri dando origine a percezioni condivise che diventano l’origine del clima. Quando i membri dell’organizzazione interagiscono tra di loro, si verifica uno scambio di esperienze e percezioni e le varie mappe vengono canforante e modificate. Il clima è quindi determinato da percezioni comuni che si evolvono nel corso del tempo e degli eventi ( evolvono nel tempo con l’avvicendamento dei membri del gruppo). Il clima consente di interpretare e comprendere specifici eventi organizzativi perché è un tramite e un risultato dell’interazione. Il cima è inoltre un atteggiamento collettivo, prodotto e riprodotto continuamente con le interazioni fra i membri. 4. CULTURALE: pone al centro dell’attenzione l’interazione tra i membri dell’organizzazione, ma in più evidenzia il ruolo fondamentale che svolge la cultura nella formazione dei processi che producono il clima. Ci si sposta dal piano prevalentemente “psico” dell’approccio interattivo, a un piano prevalentemente “socio”. L’approccio culturale focalizza l’attenzione sul modo attraverso il quale i gruppi interpretano, costruiscono, negoziano la realtà e attraverso la creazione di una cultura organizzativa. La cultura è quindi un insieme di significati condivisi dai membri del gruppo e di conseguenza esiste nelle interazioni tra individui.

La cultura è alla base delle relazioni sociali e questi assunti fondamentali servono agli individui per interpretare le loro esperienze e guidare i loro comportamenti. Il clima agisce soprattutto a livello di atteggiamenti e valori ed è il frutto delle variazioni nell’ambiente interno ed esterno all’organizzazione.

CAP. 8

Gruppi di lavoro Gruppo = qualcosa di diverso dalla somma dei suoi membri; ha una struttura propria, fini peculiari, relazione particolari con altri gruppi. Quello che ne costituisce l’essenza è l’interdipendenza tra i suoi membri ( un cambiamento di stato di una parte del gruppo è in grado di influenzare lo stato di tutte le altre). Considerare il gruppo come un tutto, una totalità dinamica, un soggetto sociale organizzato in grado di generare comportamenti, pensieri, valori culturali ed emozioni propri, distinti da quelli dei singoli membri che lo costituiscono.

Gruppo di lavoro = pluralità in interazione, o meglio, “una pluralità che tende progressivamente all’integrazione de suoi legami psicologici, all’’armonizzazione delle uguaglianze e differenze che si manifestano nel collettivo”. È il raggiungimento dell’interdipendenza a trasformare un gruppo in gruppo di lavoro,cioè l’acquisizione di consapevolezza da parte dei membri rispetto a quanto dipendono gli uni dagli altri. L’accettazione di tale reciproca dipendenza, rappresenta l’integrazione verso lo sviluppo in gruppo di lavoro.

“Insieme di persone in interazione tra di loro, in cui le azioni di un membro hanno impatto su tutti gli altri”.

“Insieme e ipendente di individui che condividono le responsabilità di specifici risultati per la loro organizzazione”.

Ciò che caratterizza un gruppo di lavoro è la presenza di collaborazione tra 3 elementi : A. Fiducia B. Negoziazione C. Condivisione Il lavoro di gruppo è l’espressione dell’azione del gruppo di lavoro e prevede la pianificazione e lo svolgimento del compito da un lato, e la gestione delle relazioni tra i membri del gruppo e tra il gruppo e l’organizzazione dall’altro. Ne deriva che il gruppo di lavoro è caratterizzato da 2 dimensioni/ esigenze di funzionamento : 1. Fare insieme, legata all’operatività dinamica, all’agire con gli altri in funzione del raggiungimento di obiettivi attesi e condivisi. 2. Stare insieme, caratterizzata dalle relazioni tra i membri e dalle emozioni e dinamiche psicologiche che ne derivano. È conseguenza della necessità umana di associarsi in gruppo per soddisfare bisogni che possono essere soddisfatti solo all’interno di relazioni con altri individui.

Tipi di gruppi di lavoro 1. Action and performing : affrontano le emergenze e le crisi 2. Advisory : offrono consulenza 3. Management : hanno compiti di gestione 4. Production : si occupano della realizzazione di prodotto/ servizio 5. Project : sviluppano idee e sono spesso interfunzionali 6. Service : offrono assistenza e hanno l’obiettivo di garantire risultati di alta qualità in situazioni prevedibili e ripetute. È possibile inoltre distinguere tra : - Gruppi FORMALI : vengono esplicitamente istituiti - Gruppi INFORMALI : si formano in modo spontaneo e la definizione degli elementi avviene dall’interno.

Elementi di analisi di un gruppo che lavora 1. O = espressione del risultato atteso dal gruppo di lavoro; è quindi una sintesi dello scopo del gruppo stesso. Affinché il gruppo sia efficace è necessario che l’obiettivo sia chiaro e ampiamente condiviso da tutti. Ciascun membro tenderà a dare una propria interpretazione dell’obiettivo. L’obiettivo che un gruppo di lavoro efficace si dà dovrebbe essere R : - SPECIFICO : definito in modo preciso e non vago.

- MISURABILE : definire a priori in che modo potrà essere misurato e valutato il raggiungimento dell obiettivo, attraverso specifici criteri e strumenti di misurazione. - ATTUABILE : obiettivo deve essere realistico è raggiungibile in base alle capacità e risorse del gruppo di lavoro.

R - orientato al RISULTATO : la descrizione dell’obiettivo dovrebbe rendere chiaro in che modo l’obiettivo del gruppo contribuisce al raggiungimento del risultato finale che sostiene al visione organizzativa. - legate al TEMPO : fondamentale determinare i tempi dell’obiettivo, ossia la scadenza entro la quale deve essere raggiunto e sulla base della quale possono essere definiti i tempi delle singole attività da svolgere. 2. O = modo di funzionamento del gruppo di lavoro, caratterizzato da un lato dai principi e criteri che guidano l’attività del gruppo, dall’altro dalle modalità che strutturano e organizzano l’attività stessa. Si tratta di stabilire e adottare regole per il lavoro comune. Le principali attività per cui è fondamentale che il gruppo di lavoro definisca un metodo sono : - analisi delle risorse e dei vincoli - discussione - decisone - pianificazione del tempo - problem solving

Nei gruppi di lavoro troviamo : - Leadership di servizio : permette di considerare il leader e il gruppo come indistinguibili all’interno del processo relazionale e delle scelte operative. 8. = ogni gruppo passa attraverso un ciclo di vita o sviluppo che si articola in: - Fase 1 : FORMING = momento in cui il gruppo si forma e i membri si incontrano per la prima volta. Il gruppo inizia a comprendere il compito per il quale è stato creato e a discutere le norme iniziali. - Fase 2 : STORMING = fare in cui emergono le differenze personali e i membri del gruppo si confrontano e si scontrano nel tentativo di comprendere qual è il loro ruolo e come ciascuno si inserisce nella struttura di potere. I componenti del gruppo si studiano a vicenda per vedere chi emergerà come più potente. - Fase 3 : NORMI...


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