Riassunti internazionale privato PDF

Title Riassunti internazionale privato
Author Gaia Carro
Course Diritto Internazionale
Institution Università degli Studi di Pavia
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RIASSUNTI PRIVATO:

DIRITTO

INTERNAZIONALE

CAP. I: “il diritto internazionale privato” Tutte le problematiche riconducibili alla nozione di diritto internazionale privato traggono origine dalla coesistenza di distinti ordinamenti giuridici statali, diversi talvolta anche nei loro contenuti, e dalla circostanza che un numero esponenzialmente crescente di fatti della vita sociale presenta contatti con più d’uno di detti ordinamenti, ciascuno dei quali appare pertanto candidato a regolarli, naturalmente a modo proprio. Di qui la necessità che ciascun ordinamento si dia regole che tengano conto della specificità delle fattispecie che non sono totalmente interne all’ordinamento medesimo e sono con maggiore o minore intensità collegate con ordinamenti di altri stati. Sembra utile dare atto del verificarsi in tempi recenti di due fenomeni di segno opposto che hanno ricadute importanti in termini di diritto internazionale privato: 1) da un lato, in questi ultimi decenni è aumentato il numero degli stati e conseguentemente è aumentata la frammentazione delle discipline privatistiche,2) dall’altro si è infittito ed irrobustito il tessuto di prescrizioni di diritto internazionale (pubblico) che si rivolgono agli Stati ma riguardano i privati individui e le situazioni che li concernono. Con l’espressione diritto privato internazionale o normalmente “diritto internazionale privato” ci si riferisce all’insieme delle norme che ciascuno stato si da per disciplinare situazioni e rapporti che coinvolgono privati (persone fisiche ed enti collettivi) e che in ogni settore dell’ordinamento non sono totalmente interni all’ordinamento medesimo: situazioni e rapporti che presentano cioè qualche carattere di estraneità rispetto all’ordinamento statale in questione. Ma l’espressione diritto internazionale privato non viene sempre usata con il medesimo significato o con la medesima portata. In una prima, più ampia accezione, essa riguarda tutti quanti i settori dell’ordinamento giuridico nei quali si toccano soggetti privati. Vi sono infatti, nel nostro e negli altri ordinamenti, norme di diritto penale e di diritto processuale penale internazionale, di diritto amministrativo internazionale e di diritto tributario internazionali tutte riconducibili, al pari di quelle di diritto processuale civile internazionale e di diritto privato internazionale, alla nozione lata di diritto internazionale privato. La principale e più caratteristica, tra le tecniche che servono a risolvere il problema riguardante quale norma applicare alla singola fattispecie, consiste nella produzione di norme idonee a guidare il giudice nell’individuazione del diritto da applicare: norme di conflitto/collisione. [Vale la pena di notare che l’espressione “conflitto di leggi”, già presente nella Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, figura oggi nel “Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”. L’art.81.2 di quest’ultimo affida all’Unione il compito di adottare misure idonee a garantire, oltre al “riconoscimento reciproco tra gli stati membri delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali e la loro esecuzione anche la compatibilità delle regole applicabili negli stati membri ai conflitti di leggi e di giurisdizione”.]

LA RIFORMA DEL 1995 DEL SISTEMA ITALIANO: Il legislatore ha concentrato in unico testo la disciplina nazionale del diritto internazionale privato, comprensiva anche dei profili processuali. Si tratta della L. 218/1995, dedicata appunto alla “Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato” (entrata in vigore nel 1’ settembre 1995). Detta legge ha carattere onnicomprensivo in quanto “determina l’ambito della giurisdizione italiana, pone i criteri per l’individuazione del diritto applicabile e disciplina l’efficacia delle sentenze e degli atti stranieri” (art.1). La legge del 1995 sostituisce, norme racchiuse nelle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile (disposizioni preliminari/preleggi) e nel codice di procedura civile, nulla disponendo circa le norme di d.i.pr. altrove collocate: per esempio nel codice della navigazione... Concentrando in unico testo legislativo la disciplina dei tre profili, si è inteso non solo favorirne la coerenza ma anche farne percepire la interdipendenza. La legge 218 ha subito gradualmente significative evizioni ad opera del diritto dell’Unione europea: l’ambito di applicazione della nostra legge risulta oggi puramente residuale rispetto al d.i. pr. di origine comunitaria. Formalmente la legge è stata oggetto finora di due revisioni: 1) con decreto legislativo 154/2013 (revisione in materia di filiazione), 2) con decreto legislativo 7/2017 (modifiche per la regolamentazione delle unioni civili). PRINCIPI ISPIRATORI DELLA RIFORMA:

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Per chiarire quale sia la funzione delle norme di diritto processuale e civile internazionale è sufficiente parafrasare l’art.1 della legge del 1995: esse vengono infatti da un lato a delimitare la giurisdizione italiana, non essendo almeno in via di principio conveniente che i nostri giudici abbiano a decidere di qualsiasi controversia che venga loro sottoposta, dall’altro a definire i casi nei quali e le procedure secondo cui sentenze e atti stranieri sono suscettibili di produrre effetti nel nostro ordinamento, effetti che altrimenti, in base al principio della separatezza degli ordinamenti giuridici, non si produrrebbero. Nella delimitazione dell’ambito della giurisdizione si tratta di determinare quali contatti tra la controversia e il nostro ordinamento siano sufficienti a giustificare l’intervento dei nostri giudici, nonché a limitare il rischio che la sentenza italiana sia destinata a rimanere lettera morta in quanto non riconoscibile negli ordinamenti stranieri. A proposito del riconoscimento in Italia di sentenze straniere è essenziale, oltre alla “ vicinanza” alla controversia dei giudici che le hanno pronunciate, la “correttezza” del processo svoltosi all’estero. Più complesso risulta il discorso in ordine alla funzione e ai principi ispiratori di quelle che sono le norme di d.i.pr. nell’accezione più ristretta di questa espressione: cioè quelle che pongono i “ criteri per l’individuazione del diritto applicabile” da parte del giudice italiano. Per il legislatore, riguardo alle fattispecie che non sono totalmente interne all’ordinamento, si prospettano in astratto due possibilità estreme e contrapposte: 1) la prima lo porterebbe a porre esso stesso, direttamente, apposite norme di diritto materiale idonee a regolare ciascuna di quelle fattispecie in modo diverso dalle fattispecie esclusivamente interne, 2) la seconda possibilità porterebbe invece il legislatore a ignorare la transnazionalità della fattispecie prevedendo che il giudice applichi sempre e soltanto il diritto materiale del foro. Le due posizioni estreme non sono integralmente seguite in alcuno stato e anche nel nostro sistema, accanto a disposizioni mediante le quali viene approntata una apposita disciplina materiale per fattispecie non totalmente interne, vi sono altre disposizioni di natura materiale che, per il loro oggetto e lo scopo che perseguono trovano applicazione nelle fattispecie totalmente interne come quelle transnazionali. COORDINAMENTO TRA ORDINAMENTI GIURIDICI, I VARI METODI: L’utilizzo delle due soluzioni estreme sopra accennate non è certo prevalente. I legislatori, incluso quello italiano, consapevoli della finitezza degli ordinamenti giuridici dei singoli stati, aprono i propri ordinamenti agli altrui valori: applicano cioè le leggi e riconoscono sentenze di altri stati. Quello del coordinamento con gli ordinamenti stranieri è un problema unitario, cui i legislatori nazionali si sforzano di dare risposte organiche disciplinando in un unico contesto i tre profili di cui si è già detto ( ambito della giurisdizione, individuazione della legge applicabile, riconoscimento delle sentenze straniere) 1. il metodo di coordinamento con gli ordinamenti stranieri più caratteristico è quello delle c.d. “norme di conflitto”, ovvero della localizzazione spaziale della fattispecie. Con la precisazione che talvolta la localizzazione non viene operata direttamente dal legislatore ma è da questi demandata al giudice o alle parti che possono scegliere autonomamente la legge applicabile. 2. “metodo della considerazioni materiali” che riflette l’orientamento a valutare, per la regolamentazione delle singole fattispecie, gli interessi in causa e in vista di considerazioni e finalità di indole concreta, materiale appunto, in modo che risulti applicabile quel diritto che assicura il risultato preferito dal legislatore. 3. un altro metodo consiste nell’applicazione della legge materiale del foro: “coincidenza tra ius e forum” 4. metodo del riferimento all’“ordinamento competente ” considerato in blocco, ossia non solo nelle sue norme astratte e di carattere generale ma anche negli atti e provvedimenti che riguardano una singola specifica autorizzazione e fattispecie concreta. 5. “metodo del riconoscimento”, in primo luogo rileva l’emergere di divaricazioni importanti rispetto a un istituto cardine del diritto di famiglia quale il matrimonio e di istituti nuovi quali i partenariati o unioni civili. Rileva poi in ambito comunitario l’affermarsi del principio di fiducia reciproca tra gli ordinamenti statali con l’instaurazione di uno spazio di libertà e sicurezza e giustizia che comporta un certo ridimensionamento del particolarismo giuridico. Vengono infine in rilievo alcune decisioni della corte EDU che, per assicurare il rispetto dei diritti fondamentali della persona ed in particolare il diritto alla vita privata e familiare obbligano gli stati a garantirne la continuità di status validamente acquisiti all’estero soprattutto in presenza di minori. Sono tutte queste considerazioni che favoriscono l’allentarsi del dogma della sovranità.

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Vengono messe fuori gioco le norme di d.i.pr. del foro relative al rapporto o allo status, dando spazio solo alla legge del luogo in cui la situazione si è creata. [esempio svizzera ] Le previsioni relative al matrimonio della legge del d.i.pr svizzera ci sembrano idonee a chiarire i termini della questione. Dopo che all’art.44 si stabilisce che “la celebrazione del matrimonio in svizzera è regolata dal diritto svizzero”, l’art.45 si occupa del matrimonio celebrato all’estero: il matrimonio celebrato validamente all’estero è riconosciuto in svizzera, se uno degli sposi è cittadino svizzero o se entrambi sono domiciliati in svizzera allora il matrimonio è riconosciuto qualora non sia stato manifestamente celebrato all’estero per eludere le norme del diritto svizzero sulla nullità del matrimonio. Il matrimonio celebrato validamente all’estero tra persone dello stesso sesso è riconosciuto quale unione domestica registrata in svizzera. [ esempio italia ] Nella stessa direzione si è mossa l’Italia nella legge 76 del 2016 sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso, si stabilisce infatti che in sede di modifica e riordino delle norme di d.i.pr. si dovrà prevedere l’applicazione della disciplina dell’unione civile tra persone dello stesso sesso regolata dalle leggi italiane alle cose formate da persone dello stesso sesso che abbiano contratto matrimonio all’estero. Quanto si è venuto fin qui dicendo trova riscontro anche nel nostro sistema di d.i.pr. che ricerca con i vari metodi sopra indicati il coordinamento all’ordinamento italiano con quelli degli altri stati. A proposito del metodo di riferimento all’ordinamento competente (4) basta ricordare che l’art. 65 della legge di riforma riconosce effetto in Italia ai provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone e all’esistenza di diritti della personalità o di rapporti di famiglia pronunciati dalle autorità dell’ordinamento competente sulla base della nostra norma di conflitto o comunque produttivi di effetti in quell’ordinamento. La rilevanza di considerazioni d’indole materiale (3) in relazione alla singola fattispecie trova invece riscontro nell’impiego di una pluralità di criteri di collegamento in concorso alternativo tra loro principalmente nelle disposizioni che riguardano la validità formale degli atti. L’art. 28 stabilisce che il matrimonio deve essere considerato valido quanto alla forma se è considerato tale dalla legge dello stato di celebrazione oppure dalla legge dello stato di cui almeno uno dei coniugi è cittadino al momento della celebrazione oppure dalla legge di comune residenza dei coniugi. Ma è senza dubbio il primo metodo, quello della localizzazione spaziale della fattispecie (1), che continua a prevalere. Ci si serve cioè di una circostanza che al legislatore appare idonea a dimostrare una connessione con l’ordinamento giuridico di un dato stato, verso il quale il giudice italiano viene così indirizzato perché ne desuma la norma adatta a regolare il caso sottopostogli, così l’art.51 dispone che “ il possesso , la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello stato in cui i beni si trovino” e l’art.36 dispone che “i rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la responsabilità genitoriale, sono regolati dalla legge nazionale del figlio”. Anche il d.i.pr. di origine comunitaria utilizza per il coordinamento di ordinamenti giuridici la combinazione di più metodi. MANCINI E LA CONFERENZA DELL’AJA DI D.I.PR.: Pasquale Stanislao Mancini, ha avuto un ruolo determinante nell’iniziale elaborazione della disciplina legislativa italiana della materia. Mancini, nato nel 1817 e morto nel 1888, fu un importante patriota, giurista e uomo politico. Nel suo pensiero, diritto internazionale e pubblico interagiscono strettamente. Mancini mise in luce il carattere di entità arbitrarie e artificiali degli stati, creati dalla politica, sostenendo che, in luogo degli stati, i veri soggetti dell’ordinamento internazionale sarebbero le Nazioni, entità reali e permanenti create invece dalla storia. Di qui l’idea di fondo sul piano del diritto internazionale privato, della sottoposizione dell’individuo alla propria legge nazionale per un gran numero di fattispecie che lo riguardano. Nel campo dei diritti personali, del diritto di famiglia e delle successioni, in contrasto con la soluzione allora prevalente, ancorata al criterio di collegamento del domicilio, secondo Mancini, la scelta del legislatore non avrebbe potuto cadere che sulla legge nazionale. Né agli individui si sarebbe dovuto consentire di derogare a tale scelta, posto che la legge nazionale si impone quale frutto di tutti quegli stessi fattori naturali (situazione geografica, clima, religioni…) dai quali risulta la nazionalità. A queste norme appartenente al c.d. diritto privato necessario Mancini contrapponeva quelle del c.d. diritto privato volontario. Con questa locuzione egli si riferiva al campo delle obbligazioni, nel quale le norme della legge nazionale non si impongono come espressione di valori assoluti e rispetto al quale pertanto i legislatori avrebbero dovuto limitarsi a riconoscere l’autonomia delle parti nella scelta della legge applicabile. A loro volta le esigenze degli stati si esprimerebbero nelle leggi di diritto pubblico, da

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considerare in quanto espressione del “principio di sovranità”. Mancini ebbe chiara la percezione della utilità di rendere obbligatorie per tutti gli stati sotto forma di uno o più trattati internazionali alcune regole generali del diritto internazionale privato per assicurare la decisione uniforme tra le differenti legislazioni civili e criminali. Per Mancini in altre parole, solo attraverso la incorporazione di quelle soluzioni in norme convenzionali largamente accolte, ossia attraverso la stipulazione di trattati vincolanti per il più alto numero possibile di stati, si sarebbe potuto raggiungere l’uniformità o armonia internazionale delle soluzioni. Si sarebbe cioè potuto fare in modo che una situazione giuridica venisse valutata attraverso l’applicazione della medesima legge e quindi giudicata in modo identico dai tribunali di qualsivoglia stato venissero chiamati a pronunciarsi. Ma mentre le suggestioni di Mancini ad avviare una codificazione internazionale (per mezzo di uno o più trattati) del d.i.pr. trovano qualche successo in ambito latino-americano, fu soltanto dopo la sua morte che grazie agli sforzi dell’olandese Asser cominciò ad operare la Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato, muovendosi non nel senso della stipulazione di un trattato generale ma nel senso della conclusione di una pluralità di convenzioni in settori specifici.

LA DERIVAZIONE MANCINIANA DEL SISTEMA ITALIANO DI D.I.PR: Le idee di Mancini trovarono puntuale riscontro nelle disposizioni incluse nella codificazione operata dal legislatore del 1865, disposizioni per le quali lo stesso Mancini fu Relatore alla Camera. Nel tradurre in termini di diritto positivo il suo principio di nazionalità, lo stesso Mancini fu costretto a fare subito i conti con la realtà riconoscendo che per legge nazionale dovesse intendersi la legge dello stato di cui l’individuo possiede la cittadinanza. Ora passando attraverso la codificazione del 1939 (1942) che per quanto riguarda il d.i.pr. non si è sostanzialmente discostata da quella precedente, la tendenziale neutralità e bilateralità delle norme di conflitto (che come appena detto porta il giudice a rendere volta a volta applicabile, su di un piano di parità, il diritto materiale italiano o quello di un altro stato) e l’ampia utilizzazione del criterio di collegamento della cittadinanza continuano a costituire un carattere del sistema, anche se invece si potrebbe forse ritenere di lasciare spazio ai criteri di collegamento domiciliare (è cambiato il contesto sociale italiano). L’impiego di criteri di questo tipo non solo condurrebbe con minore frequenza alla necessità di applicare leggi di altri stati, ma verosimilmente favorirebbe l’integrazione degli immigranti nella nostra realtà sociale. Meno incisivo era stato l’influsso di Mancini sul diritto positivo per quanto riguarda il diritto processuale civile internazionale a parte la concezione del giudice nazionale come giudice naturale sempre dotato di giurisdizione nei confronti del convenuto cittadino.

RISVOLTI PRATICI DELLE PROBLEMATICHE INTERNAZIONALPRIVATISTICHE: FORUM SHOPPING E SYSTEM SHOPPING: Le diversità che si riscontrato tra le regole di diritto internazionale privato e tra le regole di diritto materiale in vigore nei vari stati fanno si che l’esito di una controversia possa variare a seconda che a deciderla siano i giudici dell’uno piuttosto che dell’altro stato. Ne consegue che la parte che ha intenzione di agire in giudizio dovrà innanzitutto interrogarsi circa l’utilità e la possibilità che la controversia sia promossa davanti ai giudici di questo o di quello stato e circa la possibilità che la sentenza pronunciata dai giudici di uno stato estero sia produttiva di effetti che nell’ordinamento dello stato in cui alla parte preme farla valere. L’espressione “forum shopping” allude appunto al fenomeno della ricerca del tribunale potenzialmente più favorevole cioè al giudice davanti a cui è conveniente promuovere il giudizio anche in funzione delle norme di conflitto che esso è tenuto ad applicare. L’importante è non giungere all’abuso, una simile ricerca non è di per sé riprovevole ma del tutto fisiologica.

DIRITTO, LEGGE APPLICABILE: Mentre l’art. 1 della legge 218 usa l’espressione diritto applicabile, nella maggior parte degli altri articoli viene usata l’espressione legge applicabile, ma è la prima formula la più corretta in quanto “applicabile” e

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quindi competente a fornire la disciplina della fattispecie è l’intera normativa in vigore nello Stato verso il quale la norma del d.i.pr. indirizza il giudice, non una singola legge.

DIRITTO NON STATALE: Bisogna fare cenno al problema della statualità del diritto richiamato e al profilo particolarmente significativo del diritto religioso. Il d.i.pr. apre - prevedendo l’applicazione di leggi e il riconoscimento di sentenze - verso valori giuridici di cui sono portatrici altre entità di tipo statuale costituenti autonomi soggetti di diritto internazionale (pubblico). Questo risulta anche fondamentalmente dall’art.18.1 della legge di riforma che stabilisce...


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