Riassunto Che cos\'è la filologia d\'autore - P. Italia, G. Raboni PDF

Title Riassunto Che cos\'è la filologia d\'autore - P. Italia, G. Raboni
Author Sara Fregonas
Course Filologia Italiana
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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Riassunto completo del libro....


Description

Introduzione Una definizione di filologia d'autore Definizione Prende in esame le varianti introdotte dall'autore stesso sul manoscritto o su una stampa.  Studio dell'elaborazione di un testo di cui ci è giunto l'autografo e che reca in sé tracce di correzioni e revisioni d'autore (opus in fieri);  Esame delle diverse redazioni, manoscritte o a stampa, di un'opera. L'edizione critica in filologia d'autore Filologia della copia → ottenere un testo che si avvicini il più possibile all'originale perduto; Filologia d'autore → decidere la lezione da mettere a testo e ricostruire le correzioni intervenute durante la gestazione o la revisione dell'opera. È necessario:  Stabilire il testo critico, decidere la lezione da mettere a posto;  Ricostruire e rappresentare il processo correttorio del testo stesso. Filologia (d'autore) e critica (delle varianti) Definizioni Filologia d'autore Studio dell'iter elaborativo di un testo (momento descrittivo). Critica delle varianti Applicazione critica dei dati risultanti dallo studio filologico (momento interpretativo). La filologia d'autore e la sua applicazione critica si differenziano dagli altri metodi in quanto considerano il testo come un organismo in evoluzione, come l'espressione di una ricerca, il cui prodotto finale è il risultato di progressive “approssimazioni ad un valore” relativo, dipendente dal rapporto coi testi precedenti. Dal Canzoniere petrarchesco ai testi moderni Il primo documento autografo della nostra letteratura è il Rerum volgarium fragmenta, il Canzoniere di Petrarca; assieme al suo Codice degli abbozzi, attesta la cura dell'autore nella conservazione delle proprie carte. Storia, metodi, esempi Problemi posti dall'editore critico nel trattamento del testo:  La definizione del testo base (Privilegio la prima o l'ultima volontà dell'autore? es. Bembo e Leopardi);  La distinzione tra fasi redazionali rappresentate in apparato e redazioni intermedie pubblicate integralmente (es. Seconda minuta dei Promessi sposi);  Il problema dell'intoccabilità del testo e i criteri di rappresentazione delle varianti (es. Prose della volgar lingua di Bembo);  Il rapporto tra singolo testo e organismo nei canzonieri (es. Canzoniere di Petrarca). Una disciplina, diverse competenze Per la filologia d'autore sono necessarie diverse competenze:  Conoscenza di dati di tipo storico-documentario-biografico;  Conoscenza del genere;  Conoscenze paleografiche;  Conoscenze archivistiche;  Conoscenze di storia della lingua. Per testi appartenenti a macro-organismi come i canzonieri, esistono testimonianze organiche (ossia dell'insieme dei testi) o disorganiche (ossia di singoli testi in versioni autonome o precedenti al progetto di raccolta). Edizioni digitali e rappresentazioni comuni il concetto di testo mobile ben si presta alle edizioni digitali e a quelle ipertestuali. Lo studio della variantistica risulta fortemente condizionato dalla scarsa condivisione di criteri

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editoriali. Ogni volta infatti, lo studioso si confronta con nuovi sistemi di segni diacritici e simboli non standardizzati.

1. Storia 1.1 Varianti d'autore nella storia In Storia della tradizione e critica del testo (1934), Giorgio Pasquali aveva indicato la possibilità della presenza in testi antichi di varianti d'autore considerate di tradizione, adombrando che alcune di loro fossero in realtà attribuibili alla dipendenza da redazioni d'autore successive, perdute nell'originale. Nella Vita Nuova, in cui le prime rime paiono aver subito un rimaneggiamento durante l'inclusione nell'opera (un prosimetro), possiamo solo ipotizzare che sia opera di Dante (paragrafo XXXIV “Era venuta nella mente mia”). Diverso è il caso del Canzoniere o del Decameron, di cui possediamo gli autografi (Hamilton 90 e redazione precedente del manoscritto Parigino Italiano 482). Le testimonianze manoscritte abbondano a partire dall'Ottocento, in cui la disponibilità della carta era maggiore. Dalla seconda metà del Novecento, alla documentazione manoscritta si aggiunge quella dattiloscritta, e alla copia di copista si sostituisce la fotocopia. 1.2 Metodi nella storia: da Ubaldini a Moroncini Filologia d'autore e critica delle varianti → primi anni del Novecento; Attenzione alle varianti d'autore → da Bembo, editore di Petrarca e teorico della lingua. Gino Belloni (1992) dimostra che il procedimento di comparazione delle varianti presente nelle Prose della volgar lingua di Bembo a commento delle rime petrarchesche, è stato già utilizzato nell'Actius di Pontano (1495-1496), dove il personaggio Azio-Sannazaro cita dei versi dell'Urania di Pontano in doppia redazione al fine di dimostrare come realizzare, mediante correzione, effetti voluti di accelerazione nel verso. Le varianti pontaniane sono attestate dalle lezioni manoscritte dell’autografo Vaticano Latino 2837. Con l’analisi bembesca delle varianti del Petrarca si passa dal dato fittizio a quello reale. Questo tipo di approccio lo si vede anche nelle edizioni del Furioso: le opere dedicate da Simon Fòrnari (1549), Giovanni Battista Pigna (1554) e da Ludovico Dolce (1564) alle varianti ariostesche incentrano il problema nei termini didattici e di “implicito miglioramento” che presiedevano al commento del Bembo per Petrarca. L’edizione del 1652 di Federico Ubaldini delle Rime di M. Francesco Petrarca come estratte da un suo originale tenta una rappresentazione grafica delle correzioni petrarchesche. La novità sta nella riproduzione integrale delle lezioni del Codice degli abbozzi ricorrendo ad opportune soluzioni tipografiche per cassature e rifacimenti redazionale: si ha una totale visibilità dell’iter correttorio. Quest’edizione, ripresa da Muratori, venne ristampata nel 1750 e utilizzata fino all’edizione diplomatica di Appel del 1891, e fece scuola all’edizione dei Frammenti autografi dell’Orlando Furioso di Debenedetti. Dall’Ottocento in poi, l’unità italiana ha portato alla necessità di una riflessione sul patrimonio letterario nazionale. Si ricordano i Promessi sposi, a cui si dedicano, per il passaggio dalla Ventisettana alla Quarantana, Luigi Morandi (1873 e 1874), Riccardo Fogli (1877 e 1879) e Policarpo Petrocchi (1893 e 1902) e per la prima redazione Giovanni Sforza (1898 e 1905) e Giuseppe Lesca (1915), che porteranno Michele Barbi alla pubblicazione delle opere manzoniane (1954). L’edizione critica del 1927 dei Canti leopardiani di Francesco Moroncini elabora un sistema tipografico adatto sia alla rappresentazione delle varianti testuali di manoscritti e stampe (fino all’edizione Starita del 1835) che alla varia lectio, ovvero a tutte le annotazioni degli autografi leopardiani. 1.3 La filologia d’autore e la critica delle varianti Sulle orme di Moroncini, nel 1937 Santorre Debenedetti pubblica l’edizione critica di alcuni frammenti dell’Orlando furioso. Si tratta di quattro episodi aggiunti, che porta i canti a 46. Tranne l’ultimo apografo, gli altri racconti sono tutti autografi e si trovano alla Biblioteca comunale di Ferrara. Debenedetti cerca di rispondere ai principali problemi della filologia d’autore:  Relativa completezza e fedeltà nella documentazione del manoscritto;  Separazione tra varianti immediate e tardive.

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Nello stesso anno Contini recensisce Debenedetti sulla rivista “Il Meridiano di Roma”, con un saggio intitolato Come lavorava l’Ariosto, che venne considerato l’atto di fondazione della critica delle varianti. Contini individua degli elementi ricorrenti nella poetica ariostesca. La “critica delle correzioni” viene presentata come una “variante pedagogica” alla critica crociana, che giunge alle medesime condizioni ma considerando il testo in senso dinamico. Per Croce, essendo la poesia “intuizione lirica”, la critica poteva svolgersi solo sul testo definitivo, e non sulle varianti. Giuseppe De Robertis contestò nel 1946 questa teoria. Nei Quaderni della Critica, Croce reputò inutile la critica delle varianti per la valutazione della vera poesia del testo. Nullo Minissi appoggiò la sua teoria, motivo per cui Contini continua la discussione nel saggio La critica degli scartafacci. Le prime applicazioni di questo dinamico metodo d’analisi si sono avute con Petrarca e Leopardi in Italia, e con Recherche all’estero. 1.4 La filologia d’autore e la critique génétique In questo ambito, la poeticità del testo non è un dato valore stabilito, bensì un’approssimazione al valore stesso, che è risultato di tutti gli avantesti. Introdotto da Jean Bellemin-Noël, il termine avantexte in Francia indica “l’insieme dei materiali preparatori raccolti, decifrati e classificati”, con ampliamenti semantici anche ad ambiti non filologici. In Italia indica invece soltanto l’insieme dei materiali relativi a ciò che ha preceduto il testo, vale a dire materiali che hanno o non hanno una relazione diretta col testo. Da questa differente considerazione, le edizioni si diramano in édition génétique ed edizione critica. L’édition génétique francese presenta l’edizione integrale di tutto l’avantesto, senza suddividere in base alla relazione diretta/indiretta col testo e senza distinzione fra testo, materiali preparatori ed apparato. L’edizione critica tedesca-italiana invece dà maggiore importanza al processo correttorio della lezione, pertanto considera solo la parte di avantesto che ha una relazione con la stessa. Focalizza quindi l’attenzione sul movimento variantistico che porta dalle lezioni registrate in apparato a quelle poste a testo (o viceversa). L’edizione critica mette subito il lettore davanti ad un doppio organismo testuale, il testo e l’appartato, dove il secondo è sempre subordinato al primo. Se quindi il filologo costituisce, sulla base dello studio delle varianti, una sua ipotesi, l’apparato non è altro che la concreta applicazione di tale ipotesi, la legge che descrive i fenomeni empirici osservati. Non esistono apparati o edizioni critiche ideali, i criteri adottati cambiano da autore ad autore. 1.5 La filologia d’autore di Dante Isella Filologia d’autore è un termine coniato da Dante Isella nel volume del 1987 Le carte mescolate. Esperienze di filologia d’autore. Mentre in Contini l’atto critico avviene a posteriori sul materiale offerto dalle edizioni genetiche, in Isella la costruzione dell’apparato muove dal ragionato ordinamento delle carte e dall’interpretazione dell’iter correttorio. La stessa ecdotica, che affronta i problemi legati alle edizioni di testi, è a sua volta un atto interpretativo. Isella introduce la distinzione tra apparati genetici ed apparati evolutivi: i primi raccolgono l’elaborazione genetica precedente al testo base (giunto ad uno stato stabile di definizione), i secondi attestano quelle varianti che muovono verso un suo superamento, senza cristallizzarsi in una revisione compiuta e coerente, testimoni dunque di una fase di ricerca diversa da quella rappresentata dal successivo stato redazionale. A partire dal Racconto italiano di ignoto del Novecento di Gadda del 1983, Isella ha precisato la distinzione di un triplice filtro di livelli testuali di apparato, postille e varianti alternative. Nell’edizione dei Malavoglia curata dall’allievo Ferruccio Cecco (1995) viene sperimentato un apparato diacronico, dove i segmenti testuali vengono disposti in ordine cronologico, separati e gerarchizzati da un esponente numerico fino all’ultima fase, che si legge a testo, le cui varianti minori sono precisate fra parentesi. 1.6 La filologia d’autore nell’era digitale Dagli anni Ottanta-Novanta, l’introduzione della videoscrittura ha generato differenze radicali nei processi relativi al testo digitale rispetto a quello manoscritto. Tuttavia, si tratta di un approccio ancora in via di sviluppo. Il primo cambiamento avviene nella fase di raccolta e studio dei testi: la digitalizzazione dei materiali manoscritti supera i problemi legati alla collocazione dei testimoni (talvolta molto lontani fra loro) e migliora la qualità

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della loro riproduzione. Inoltre, nelle edizioni digitali si ha il vantaggio di archiviare tutta la documentazione manoscritta, dattiloscritta e a stampa, on line e off line, relativa ad un testo. Un secondo cambiamento lo si ha nella fase di elaborazione dell’edizione critica, dove il filologo utilizza un supporto digitale piuttosto che cartaceo per rappresentare genesi ed evoluzione di un testo. Grandi vantaggi della tecnologia digitale si hanno anche nella fruizione delle edizioni critiche. Questa facile consultazione delle edizioni consente il confronto internazionale di tecniche di rappresentazione e studio delle varianti d’autore.

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Metodi

2.1 Il testo Le competenze della filologia d’autore si possono dividere in due fondamentali categorie: l’edizione di testi in fieri (critica genetica) e quella di testi in varie redazioni (critica delle varianti). 2.1.1 Edizione di testi in fieri Il testo è documentato da un manoscritto unico, autografo o idiografo, che può essere “in pulito”, cioè conservato in una bella copia, o presentare tracce di elaborazione. Nel primo caso, ci ritroviamo nella stessa fenomenologia dell’edizione di un testo a tradizione unitestimoniale. Nel caso di correzione di un testo autografo, è necessaria la segnalazione precisa dell’intervento redazionale. Nel caso in cui il manoscritto unico presenti invece delle varianti, il filologo stabilirà il testo da cui deriverà l’apparato utilizzato per rappresentare le varianti. Per decidere quale lezione mettere a testo, può trascrivere la lezione base, ovvero la prima stesura del testo, e rappresentare in apparato le varianti, dalla prima all’ultima (apparato evolutivo); può decidere anche di mettere a testo l’ultima lezione ricostruibile dal manoscritto e rappresentare in apparato le correzioni attraverso le quali si è giunti al testo finale, dall’ultima alla prima (apparato genetico). 2.1.2 Edizione di tesi in varie redazioni In questo caso la prima domanda da porsi è se si tratti o meno di redazioni confrontabili. Nel primo caso, l’intera elaborazione può essere rappresentata in apparato relativamente all’unico stadio redazionale posto a testo; nel secondo caso, quando le stesure divergono profondamente (Fermo e Lucia – Seconda minuta – Ventisettana) o per ragioni di studio (Canti di Leopardi nell’edizione Gavazzeni), si può decidere di dare un testo per ogni stato redazionale, con le proprie varianti interne, creando un legame fra l’ultimo stadio cui era arrivata l’elaborazione precedente e quella successiva. L’ultima volontà dell’autore? Per pubblicare un’edizione moderna, fino al secolo scorso si optava per un testo che rispecchiasse l’ultima volontà dell’autore, pertanto l’ultima edizione pubblicata. Si considerino: gli elementi a favore o contro l’adozione dell’ultima volontà dell’autore per stabilire il testo di riferimento; i criteri da seguire una volta stabilito il testo, per rispettare l’ultima volontà dell’autore riguardo alle singole lezioni. Il primo piano riguarda l’idea di sé e della propria opera che l’autore ha manifestato o meno nel corso della sua esistenza; è il filologo a determinare la fonte più autorevole, considerata da lui la più militante o innovativa, non per forza quella definitiva. Il secondo piano riguarda la prassi editoriale relativa alle singole lezioni del testo, e coinvolge problemi relativi alla lingua e allo stile dell’autore. Elementi a sostegno dell’ultima volontà dell’autore:  Motivazione autoriale, invoca il rispetto delle scelte personali dell’autore, l’ultima volontà consegna al lettore un’opera “più vera”;  Motivazione storica, l’ultima volontà consegna al lettore un’opera “più utile” a comprendere l’autore e l’opera stessa;  Motivazione critico-evoluzionista, l’ultima volontà consegna al lettore un’opera “più valida”. Elementi contrari dell’ultima volontà dell’autore:  Motivazione autoriale, non sempre l’ultima volontà riflette il più vero pensiero dell’autore, l’imponenza testuale della prima stampa risiede nel valore attribuitole dall’autore;

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 Motivazione storica, la prima stampa permette di valutare meglio la ricezione critica dell’opera e di riconoscerne la sua forza d’impatto all’interno del sistema letterario;  Motivazione critico-evoluzionista, l’ultima volontà non sempre è la migliore, la prima stampa rappresenta la conclusione dell’originario processo creativo di un’opera. 2.2 L’apparato 2.2.1 Apparato genetico e apparato evolutivo L’apparato è la concreta applicazione dell’ipotesi rappresentata dal testo. L’apparato genetico è una rappresentazione grafica delle correzioni che si sono depositate successivamente su un testo manoscritto; un sistema che dia conto della genesi del testo, dalla prima stesura alla forma riprodotta a testo. L’apparato evolutivo registra invece le varianti successive allo stadio che abbiamo deciso di riprodurre a testo. Quando a testo abbiamo una redazione che non sia l’ultima ricostruibile dal manoscritto, recante ulteriori correzioni, le varianti esitano o non esitano in un testo concluso. 2.2.2 Apparato verticale e orizzontale Apparato verticale o in colonna Definizione Mette in colonna e rappresenta verticalmente tutte le correzioni di un verso, dalla prima all’ultima, indicando con marcatori tipografici le cassature che hanno portato alla scrittura di una nuova lezione o gli inserimenti di nuove porzioni di testo. Il testo di riferimento può essere l’ultimo ricostruibile dal manoscritto o il primo, e può essere evidenziato da marcatori tipografici o riprodotto integralmente nella stessa pagina del testo incolonnato o all’inizio dell’edizione. La verticalità coincide con la temporalità. I versi non soggetti a variante non sono ripetuti. Quest’apparato è adottabile solo per testi in poesia, poiché il verso non eccede la dimensione di una riga tipografica. Fu utilizzato per la prima volta per i Canti di Leopardi nell’edizione Moroncini del 1927. Vantaggi: non dover continuamente riferirsi al testo per seguirne la genesi; Svantaggi: mancata possibilità di leggere distesamente il testo privo di correzioni e impossibilità di cogliere i legami tra correzioni che racchiudono unità sintattiche di dimensioni maggiori al verso. Apparato orizzontale o lineare Definizione Consta nella distinzione tra testo e apparato, separati topograficamente e graficamente: nella parte superiore del foglio si trova il testo; in basso, a piè di pagina, si trova l’apparato in cui vengono elencate le varianti. L’orizzontalità rappresenta la temporalità. Il punto di riferimento al testo è segnalato da una porzione del testo stesso che viene ripresa in apparato, seguita da una parentesi quadra, a sua volta seguita dalla variante. A tal schema si possono aggiungere fasi di elaborazione (con numero o lettera alfabetica), abbreviazioni che indicano la topografia della varianti, segni diacritici o corpi tipografici diversi per distinguere cronologicamente le varianti stesse. “T” indica la chiusura della sequenza delle correzioni. Vantaggi: utilizzabile sia per i testi in poesia che per quelli in prosa; Svantaggi: bisogna continuamente riferisti al testo soprastante per seguire le correzioni. Nella poesia si indica il numero del verso, nella prosa il numero della carta, della pagina o del paragrafo, secondo criteri da esplicitare nella nota al testo. 2.3 Le varianti 2.3.1 Varianti immediate e varianti tardive Le varianti immediate sono quelle correzioni apposte all’atto stesso della stesura, e sono prevalentemente in rigo. Esistono le varianti implicate, ovvero quelle correzioni soprascritte, sottoscritte o ascritte, ma implicate con il senso seguente in maniera sintattica (concordanza di genere o numero) morfologica (concordanza di tempi verbali), onomastica, toponomastica ecc… (es. una un galantuomo). Le varianti tardive invece, sono quelle correzioni apposte al testo in una fase successiva a quella della prima stesura. Ovviamente sono non in rigo e non implicate col testo seguente. Possono essere riconosciute con certezza solo nel caso di utilizzo di due penne differenti o nel caso in cui si trovino correzioni sistematiche e comuni all’interno del testo. In assenza di specifici indicatori grafici, si dovrà tenere conto di fattori come il ductus

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(andamento della penna sulla carta), la grafia, i legami sintattici e lessicali, lo stile e le sue abitudini correttorie. 2.3.2 Apparato orizzonta...


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