Riassunto di \"Che cosa vogliono gli algoritmi?\" di Ed Finn PDF

Title Riassunto di \"Che cosa vogliono gli algoritmi?\" di Ed Finn
Author Carlotta Bacchini
Course Sociologia dei media
Institution Politecnico di Milano
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Summary

Riassunto del libro di Ed Finn per il corso di Sociologia dei Media durante la laurea Magistrale di Design della Comunicazione...


Description

ED. FINN

CHE COSA VOGLIONO GLI ALGORITMI

INTRODUZIONE Codici e Magia Finn parte dal presupposto che i codici oggi non siano altro che formule magiche (composte da elementi che caratterizzano aspetto umano della gestione dell’informazione ed elementi più tecnici) che possono trasformare la realtà attraverso enunciati procedurali, ossia attraverso il linguaggio: il dichiarare il matrimonio, l’innocenza o la colpa sono presupposti basati su convenzioni sociali, contratti, ma hanno dal punto di vista formale la stessa forza della maledizione di uno sciamano, portando quindi ripercussioni nel modo reale e cambiandolo. Infatti, la lingua è uno dei primi elementi che agisce sulla realtà. Se si chiede ad Alexa di accendere le luci lo si fa attraverso una sorta di formula magica che consente di interpretare il desiderio e di tramutarlo in azione: in realtà con gli algoritmi non c’è differenza nel modo in cui viene posta la domanda e, a prescindere, questa viene interpretata come un insieme di regole che corrispondono ad un’effettiva ed efficace risposta da fornire rispetto all’obiettivo da raggiungere. Da questo punto di vista, la cosiddetta translitterazione del modello linguistico, che oggi chiamiamo ontologico, determina un certo tipo di risposta. Gli algoritmi mediano tra quanto viene enunciato e quanto compreso e trasformato della macchina. La lingua ha da sempre agito sul tormentato confine fra realtà e descrizione della realtà: per comprendere le cose è necessario nominarle, e non solo, in quanto la lingua stessa incide sulla realtà secondo diversi modi, diversi registri e quindi diversi linguaggi: linguaggi informatici, lingue dei film, lingue creole, i tatuaggi, le lingue inventate, e così via. Ogni formula, codice, registro genera un potere culturale: ogni linguaggio ha trovato un legame tra come noi vediamo una realtà e come essa può essere percepita e condivisa con altri. Il nesso tra il linguaggio parlato e i sistemi simbolici astratti, in particolare la matematica, ha creato nuove vie per i legami mistici tra i numeri, le verità universali e la struttura fondamentale della realtà. Uno studio più approfondito dei linguaggi simbolici ha posto le basi per l’informatica contemporanea. E in tal senso, il modello linguistico determina il modo in cui vengono sviluppati gli algoritmi. Quindi, nel momento in cui si approccia il discorso dell’algoritmo vi è un discorso di magia e un discorso che si basa sulla matematica e sul machine learning (ossia, in che modo l’apprendimento automatico può dare un riscontro sul piano culturale): l’algoritmo non nasce dalla matematica in quanto tale, ma da altre discipline quali cibernetica, coscienza, linguaggio simbolico, da formule con cui un piccolo processo può dare ad un risultato. L’algoritmo guida verso un esisto simbolico e mostrabile di quello che è un procedimento che sta dietro alle fasi che vuole ricavare. L’obiettivo di Finn riguarda la lettura algoritmica: vuole capire a quale astrazione ed a quale processo vuole fare riferimento. Il problema principale di un algoritmo non è quello di codificare, ma quello di comprendere il modello di astrazione che tocca tutti i dati, la modalità di metterli assieme, e la modalità di riferimenti reali per quello che concerne la sua applicabilità. […] È questa la lettura algoritmica: un modo per affrontare sia la complessità intrinseca dell’elaborazione che l’ambiguità che ne segue quando questa complessità si interseca con la cultura umana.

L’algoritmo, non appartiene solo alla sfera tecnica, ma va pensato come un aggregato culturale, che dipende dal qui ed ora di una situazione, dal passato e dal presente, perché il progettista deve prima comprendere lo scenario e poi arrivare alla traduzione in termine matematico-algebrici di quella che è la funzione dell’algoritmo. L’agoritmo districa o complica la relazione fra macchine e uomo: la lettura algoritmica è un modo per affrontare la complessità intrinseca dell’elaborazione. Matematicamente e tecnicamente l’algoritmo viene considerato in modo diverso: inoltre, spesso volentieri l’algoritmo può funzionare ma non essere efficace, come viene fatto presente nel video di Ted Talk in cui se deve contare le coppie di persone presenti nella stanza ma le persone sono dispari, l’algoritmo salta una persona perché non sono state considerate tutte le variabili. Difatti, vi è un divario di implementazione, ossia un divario fra funzionamento ed efficacia, che nella comprensione dell’algoritmo sono fondamentali.

Un esempio di tale divario riguarda un algoritmo in grado di contare le persone in una stanza a coppie. Nel momento in cui sono pari, l’algoritmi è efficace, ma nel momento in cui sono dispari, sbaglierà, pur funzionando.

Scavi (Snow Crash e gli Hacker) Senza il giusto vocabolario è difficile se non impossibile articolare determinate idee. L’idea di un linguaggio che possa riformattare la mente è emersa nel romanzo cyperpunk Snow Crash, nel quale all’inizio vi sono dei nam-shub, ossia incantesimi spazio di elaborazione sumeri la cui magia agiva direttamente sulla mente umana. Nel romanzo, tali incantesimi vengono operano ai margini del metaverso riadattati al mondo digitale e vengono trattati come algoritmi, o programmi linguistici che li HACKER elemento magico rendono una serie di istruzioni operative per la sono sciamani (architetti) del codice mente umana. Tale storia è nelle mani di un Hacker sistema simbolico che opera all’intersezione consacrato come potente architetto della realtà fra cognizione e realtà Si districano nell’universale linguaggio computazionale, in grado di realizzare quindi binario, propagando il nam-shub nel metaverso opere paragonabili alla magia. Persino voler avere tanti soldi sul proprio conto è legato a un modello Virus creato dal dio Enki per algoritmo, in quanto la stessa valuta ha un modello interferire con la capacità degli umani di cogliere altri segnali. È composto dai me di scambio algoritmo-linguistico essendo totalmente immateriale. E infatti sono tante, le Specifiche unità di linguaggio che incarnano concetti culturali fondamentali = algoritmi esperienze letterarie e narrative che legavano la capacità di incidere sul mondo in modo Una volta uditi non possono essere rimossi tecnologico ad una connotazione computazionale e magica.

Il loro potere sul codice era sciamanico e i loro stessi ruoli come figure periferiche hanno rafforzato l’idea che l’attività dei computer fosse soggetta a misteriose forze esterne.

Il nocciolo del libro, però, non sono gli hackers ma lo spazio stesso dell’elaborazione, del codice sorgente e del linguaggio procedurale, che ha cominciato a farsi sempre più tangibile grazie alla potenza dei computer. In Snow Crash lo spazio dell’elaborazione ci tocca personalmente attraverso un tipo di codice, un linguaggio procedurale che opera nella coscienza cosí come nel mondo. Infatti, il linguaggio ha uno status speciale come tecnologia intellettuale, soprattutto perché senza il giusto vocabolario è difficile articolare determinate idee. Se si pensa a un colore, abbiamo uno spettro cromatico, che permette di identificare un certo tipo di valenza: facendo riferimento a un termine linguistico andiamo a decodificare un elemento che ha senso e concretezza solo nel momento in cui viene associato ad una formula comune, cioè appartenente allo stesso apparato biologico, che permette di comprendere come rappresentazione il termine stesso, ma non di avere il passaggio neurolinguistico che permetta di comprendere la banda dello spettro cromatico legata al termine stesso. Quindi, ove quello che viene chiamato equipaggiamento biologico dei nostri sensi, lascia posto all’esperienza, subentra un passaggio cruciale che cambia la relazione tra coscienza e modalità di comprensione del mondo esterno con la sua costituzione linguistica. Senza la parola verde, quella banda dello spettro, scompare nel concetto di azzurro. Ma ciò che è davvero interessante risiede nel fatto che una volta che conosciamo il verde, è impossibile cancellare quel colore dalla mente, così come è impossibile togliersi dalla mente alcuni incantesimi una volta uditi, in quanto ci modificano in modo permanente quando li interpretiamo e il comprendiamo. Cosí Stephenson si rifà a miti molto piú profondi sul linguaggio come incantesimo. Se il codice può essere magico e gli hacker sono i suoi sciamani, lo riconosciamo ancora come un sistema simbolico che opera all’intersezione fra cognizione e realtà. Investendo la figura del codice di potere culturale, sosteniamo anche l’idea che funzioni su una piattaforma, e cioè che nell’umanità possa girare un sistema operativo universale.

Ma, se il codice può essere magico e in quanto tale cambiare il mondo, come funziona? Quali sono le strutture che agiscono nello spazio dell’elaborazione? In Snow Crash vi sono i me, ossia specifiche unità di linguaggio che incarnano concetti culturali fondamentali. Oggi li intenderemmo come insiemi di conoscenze, regole e procedute che è possibile implementare nella pratica: sono indipendenti dai loro praticanti umani, ma operano attraverso il mezzo della cultura. Sono algoritmi. E l’algoritmo è l’oggetto all’intersezione tra lo spazio computazionale, i sistemi culturali e la cognizione umana coniugando il reale, l’ideale e l’immaginario. Siamo circondati da nam- shub a cui obbediamo quasi senza interrogarci, dalle finestre di dialogo e dai form che compiliamo sulle piattaforme dei social media all’arcano calcolo delle posizioni creditizie. Per cominciare a scavare nell’algoritmo dobbiamo comprendere la piena portata del pensiero computazionale e delle sue interazioni con i miti del linguaggio procedurale, a partire da quello che pensiamo che debbano essere gli algoritmi.

incantesimo

non è cancellabile dalla mente

il codice è formato da linguaggio tecnologia intellettuale

influisce sulla realtà permette di articolare delle idee

algoritmo inteso come insieme di regole che operano attraverso la cultura

La cattedrale del calcolo La magia dell’algoritmo viene oscurato da strati di retorica razionalizzante e dalle metafore procedurali della progettazione del software: oggi quindi l’algoritmo viene visto come “struttura”, come piattaforme, portali,

oggetti, cancellando l’idea che l’algoritmo possa agire e mostrando il codice come un costrutto oggettivo. Nonostante ciò, anche grazie a questa metafora si afferma la figura mitologica dell’algoritmo. Infatti, esiste una conosciuta metafora che associa l’algoritmo alla cattedrale (George Dyson, Raymond): l’analogia emersa nel’1988 a un convegno della IEEE Computer Society afferma che «Software e Cattedrali sono molto simili, prima li costruiamo e poi li preghiamo». Infatti, l’architettura del codice si basa tanto su una struttura di credenze quanto su un’organizzazione logica di bit. Una cattedrale è una struttura fisica e spirituale, una casa di Dio. In questo senso l’aspetto fisico dell’edificio racconta specifiche storie sulla fede e sulla pratica, ma suggerisce anche un particolare modo di accedere allo spazio invisibile della religione, la casa di Dio che esiste al di là della realtà fisica. […] Infatti, quando lo spettacolo si inceppa per un attimo e fa capolino qualche fatto sgradevole, il normale istinto è di ignorarlo, per sostenere la facciata della cattedrale e mantenere la propria fede.

Il rapporto tra uomo e chiesa è simile al rapporto tra uomo e algoritmo, e a parlarne e Ian Bogost: secondo quest’ultimo con l’algoritmo siamo caduti in una ”teocrazia computazionale”, che sostituisce Dio Con l’algoritmo. Noi ci affidiamo totalmente agli algoritmi per raggiungere un obiettivo: ci vengono date risposte, anche solo per esempio quando si vuole guardare qualcosa, l’algoritmo suggerisce cosa guardare. Attraverso scatole nere, schermate linde e oscure application program interfaces, ci viene chiesto di prendere queste elaborazioni per fede. […] cosí noi, l’avido pubblico di quell’utopia, accettiamo i risultati degli algoritmi software senza discuterli, come prodotti magici dell’elaborazione. La mercificazione dell’Illuminismo ha un prezzo. Trasforma il progresso e l’efficienza computazionale in una prestazione, uno spettacolo che cela le decisioni reali e i do ut des dietro il mito del codice onnisciente.

Il problema consiste nell’aver sostituito l’elaborazione alla cattedrale, cosicchè ora offra un percorso di consilienza, ossia di unificazione di tutti i campi della conoscenza, fondata sull’idea che l’elaborazione sia un solvente universale, che può districare qualsiasi sistema complesso. Non c’è più un match tra la domanda e una possibile risposta, ma c’è un tentativo di risposta. Si arriva così davvero al computer di Star Treck che tenta di rispondere alle domande, senza voler capire il processo per arrivare ma dando direttamente la risposta. Questo modello è stato in crescita negli ultimi anni: secondo Bogost vi sono dei presupposti assolutamente interessanti, che però spesso non si sposano con la realtà dei fatti. Primo fra tutti vi è Facebook la cui mission è la condivisione e trasparenza, ma quello che viene percepito è ben diverso. Così come Uber, che sta facendo evolvere il modo in cui si muove il mondo. La teocrazia dell’elaborazione non si limiterà a cambiare il mondo ma lo farà evolvere e aprirà nuovi possibilità per gli utenti, collegando le attività commerciali private e la libertà individuale. Questi cambiamenti avverranno non solo nel regno materiale ma anche negli spazi culturali, mentali e persino spirituali dell’autoaffermazione e dell’agire umano. L’algoritmo ci offre la salvezza ma solo dopo che accettiamo i suoi termini contrattuali.

ALGORITMO come struttura

dagli algoritmi cerchiamo risposte

teocrazia computazionale

quando lo spettacolo si inceppa per , il normale istinto è di ignorarlo, per sostenere la facciata della cattedrale e mantenere la propria fede

rappresenta il back-end di un sistema a cui l’uomo si affida totalmente senza poterlo vedere

Ciò porta a un’impossibilità di mettere in discussione tale struttura interconnessa: un’espressione apparentemente completa e coerente di un sistema di conoscenza non offre spirargli che suggeriscano l’esistenza di un’alternativa.

CAPITOLO PRIMO: CHE COS’È UN ALGORITMO?

L’ascesa delle macchine culturali All’inizio del XXI secolo il rapporto con le macchine è cambiato: abbiamo iniziato a portarcele ovunque e a fidarci, instaurando rapporti con sensori che ci permettono di sapere praticamente tutto, ci dicono cosa fare, dove andare, cosa pensare. A ogni clic, a ogni accettazione di termini di servizio, facciamo sempre piú nostra l’idea che i big data, i sensori onnipresenti e le varie forme di apprendimento automatico possano modellare e regolare per il meglio sistemi complessi di ogni tipo, dalla scelta delle canzoni alla previsione del crimine.

Gli algoritmi sono ovunque. Sono macchine culturali con cui conviviamo e dobbiamo imparare a leggerli e comprenderli, anche se a volte sono così oscuri che persino Google e Netflix ammettono che solo in parte i comportamenti dei loro sistemi sono comprensibili. Infatti, le grandi aziende, progettano soluzioni sempre più soddisfacenti, ma l’algoritmo va al di là delle soluzioni pensate e alla stessa comprensione del fenomeno. Perciò, ci si trova di fronte ad elementi di magia tecnica, alla quale ci si affida ormai anche per le azioni più semplici: prenotiamo le vacanze, ci facciamo suggerire possibili partner, o facciamo valutare le prove d’esame. A volte però, tale magia, diventa estremamente complicata, come accade a Wall Street in cui gli stessi operatori danno ai loro algos finanziari nomi come Ambush (agguato) e Raider (razziatore), ma spesso non hanno idea di come funzionino le loro scatole nere per fare soldi. Basti pensare alle app realizzate per il Coronavirus che non tengono in considerazione la complessità sociale per poterle trasferire nella complessità culturale. Se l’algoritmo non ne tiene conto, non può essere efficiente. Graffi sociali: Tutto quello che può essere la dimensione relazione fra persone che viene tracciata quando si tenta di costruire le dimensioni e gli spazi per capire come è strutturata una determinata società, serve per capire le connessioni. Difatti, il termine algoritmo comprende un’ampia gamma di processi computazionali: - stretta sorveglianza del comportamento degli utenti; - aggregazione in forma di big data delle informazioni risultanti; - motori analitici che mettono insieme diverse forme di calcolo statistico per analizzare questi dati ; - un corpus di azioni, raccomandazioni e interfacce rivolte agli esseri umani che in genere riflettono solo una piccola parte dell’elaborazione culturale in corso dietro le quinte. L’elaborazione ha una presenza nel mondo e a volte diventa una cosa che contemporaneamente, secondo la Chun, oscura e mette in evidenza la “programmabilità”. Il problema risiede nel fatto che a volte questi sistemi computazionali sembrano conformarsi a quello standard di cosa discreta, come il pulsante di un’app. A volte invece sono più difficili da distinguere dall’ambiente culturale nel sui complesso, come accade con i programmi di controllo ortografico, a causa dei quali è difficile comprendere in che misura la modifica delle formulazioni grammaticali sia dovuta a un algoritmo o ad una coscienza umana. Ma cos’è effettivamente e tecnicamente un algoritmo? Snow Crush ha mostrato gli strati di magia, sourcery e convinzioni strutturate che sostengono la facciata dell’algoritmo nella cultura di oggi. Ma un algoritmo è definibile come una ricetta, o un insieme di istruzioni, una sequenza di attività per svolgere un particolare calcolo o ottenere un risultato. L’algoritmo, a fronte di un input, definisce un set di regole che

devono permettere di essere seguite in un problema per arrivare a delle operazioni che lo devano risolvere, per poi arrivare ad un output. La parola algoritmo deriva dal matematico arabo Abū ‘Abdallāh Muḥammad ibn Mūsā al-Khwārizmī. Algorismus indicava in origine il processo per svolgere calcoli con i numeri indoarabici. Attraverso al-Khwārizmī l’algoritmo è stato associato ai concetti rivoluzionari della notazione posizionale, della virgola decimale e dello zero. Nel corso del tempo l’«algoritmo» è venuto a descrivere qualsiasi insieme di istruzioni matematiche per manipolare dati o per risolvere un problema. L’algoritmo ha però, da sempre, una caratteristica fondamentale che però diventerà centrale per la storia: funziona. È difficile che l’algoritmo non funzioni. Ma spesso la funzione e l’efficacia non coincidono. Un algoritmo rappresenta funzioni concrete e ripetibili in modo che diano risultati efficaci e con efficienza. L’obiettivo principale della ricerca algoritmica contemporanea non è se funzionino ma quanto siano efficienti e con quali investimenti in termini di cicli di CPU, memoria e precisione. Definizione del pragmatico Invece, secondo Finn quella fondamentale è che illuminino il percorso tra problema e soluzione, ossia la definizione del pragmatico (presa da Robert Sedgewick): definizione da ingegneri degli algoritmi, orientata a circoscrivere i problemi e le soluzioni e quindi adatti a uno scopo. Non si tratta solo di codice, ma di forme metodologiche. Per esempio, Google produce continuamente algoritmi che cercano di imitare il modello di interazione umana, così da poter dare una risposta a una domanda. La definizione pragmatica mette a nudo gli aspetti politici essenziali dell’algoritmo, con la sua trasparente complicità nell’ideologia della ragione strumentale. Risolvono problemi che sono stati identificati come tali dai programmatori e dagli imprenditori che sviluppano e ottimizzano il codice. Ma queste implementazioni non sono mai solo codice: un metodo per risolvere un problema inevitabilmente coinvolge ogni sorta di inferenze, interventi e filtri tecnici e intellettuali. Come li descrive Google «Gli algoritmi sono i processi e le formule informatiche che prendono le vostre domande e le trasformano in risposte». Un esempio interessante è ORION di UPS, un algoritmo sviluppato per definire il percorso de...


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