Riassunto di metodologia della ricerca sociale e amaturo capitoli 1 10 PDF

Title Riassunto di metodologia della ricerca sociale e amaturo capitoli 1 10
Course Sociologia
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Riassunti di Metodologia della Ricerca Sociale di Enrica Amaturo ...


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METODOLOGIA DELLA RICERCA SOCIALE E. Amaturo RIASSUNTI DAL CAP. 1 AL CAP. 10 (non comprende le letture di approfondimento)

Capitolo 1: Il percorso della ricerca Definizione di Cardano: La ricerca sociale consiste in un tipo di agire strategico con cui il ricercatore si apre ad un'esperienza con l'intento di elaborare una o più risposte a una domanda relativa a un dato fenomeno sociale (es. l'immigrazione, la disoccupazione ecc). La ricerca sociale parte da una o più domande che riguardano un aspetto della realtà sociale. Esistono tuttavia casi e casi che determinano la libertà di azione del ricercatore: ad esempio, egli avrà più libertà se l'oggetto da studiare è il tifo negli stadi, mentre ne avrà di meno se la ricerca da condurre riguarda la violenza degli stadi. Tuttavia, in questo secondo caso l'utilità immediata della ricerca è più elevata rispetto al primo: nel primo, infatti, l'obiettivo è ampliare la conoscenza su un certo fenomeno, mentre nel secondo è usare la conoscenza per dare indicazioni su come intervenire sulla realtà con l'intento di migliorarla. Le risposte che si danno nella ricerca sociale vanno documentate, quindi il ricercatore deve motivare le conclusioni a cui giunge partendo da "prove", dati raccolti nel corso della ricerca che siano in grado di sostenerle. Essi possono avere la forma di numeri (come i dati dell'Istat) o di testi (come le trascrizioni delle interviste); le "prove" del ricercatore, inoltre, sono meno evidenti di quelle di un investigatore che si trova di fronte a un cadavere o a delle impronte digitali per risalire all'omicida, egli deve cercarsi gli "indizi" che possano condurlo alle risposte che cerca partendo dalla stessa definizione dei termini cruciali (basta un abbonamento allo stadio per essere tifosi o la mancanza di un posto di lavoro per essere disoccupati?). Inoltre, nella ricerca sociale vigono delle "regole metodologiche" che fanno in modo che alla ricerca condotta possa essere riconosciuto un valore scientifico. Alcune riguardano quali tecniche utilizzare sul campo, mentre altre come comportarsi durante la ricerca. Poniamo l'esempio di una ricerca sulla povertà. Supponiamo che il governo della nostra regione voglia avviare un'indagine sul fenomeno della povertà e di cui gli esiti possono orientare le scelte politiche dell'amministrazione (concentrazione delle risorse, contenere le spese ecc). Una volta definito il termine (per convenzione una famiglia considerata povera è formata da due componenti la cui spesa media è inferiore rispetto alla spesa media procapite del paese), occorre raccogliere i dati. L'Istat annualmente raccoglie dati sulla povertà in tabelle basandosi su molte caratteristiche delle famiglie povere, e in effetti un'esplorazione del sito Istat ci direbbe immediatamente se esistono o meno dati utili alla nostra ricerca. Queste tabelle, con tanto di commento e scheda metodologica, ci danno molte informazioni, ad esempio mostrano che nel Mezzogiorno c'è maggiore povertà, e 1

potremmo anche fare analisi longiutudinali, cioè che riguardano l'andamento del fenomeno nel tempo, scoprendo per esempio che nel Mezzogiorno la povertà peggiora sempre più. Tuttavia il nostro committente è interessato al territorio regionale, e i dati Istat non prendono in considerazione territori più piccoli delle regioni (provincie, grandi città, comuni ecc). Cosa si può fare in questo caso? Una prima possibilità potrebbe essere replicare lo schema dell'indagine Istat nel territorio della nostra ragione, selezionando quindi un campione adeguato e fargli compilare un questionario simile a quello usato dall'Istat. Inoltre occorrerà decidere se far compilare questo questionario autonomamente alle famiglie, se raggiungerle via telefono, mail ecc, oppure se è necessaria la presenza di un intervistare. Quest'ultima si rivela spesso necessaria perché questionari del genere richiedono un tempo lungo per essere compilati e contegono almeno 100/200 domande se sono ben fatti e approfonditi. Una simile ricerca, comunque, ci fartebbe collezionare centinaia di questionari che darebbero poi origine alla "matrice dati", ovvero una tabella in cui le risposte degli intervistati vengono "codificate", cioè trasformate in codici numerici allo scopo di effettuare analisi statistiche. Una seconda possibilità è quella di rinunciare a grandi numeri di intervistati e puntare su pochi casi, facendo una conversazione libera con un numero relativamente basso di persone povere. Occorre qui stabilire cosa si intende per numero basso e a chi siamo realmente interessati (persone senza lavoro, donne con figli ecc). Qui andremo a raccogliere dati di diversa natura, cioè testimonianze orali che probabilmente ci diranno non solo i "fatti", ma anche sensazioni e stati d'animo. Si tratterà quindi di contenuti più "caldi" rispetto alle risposte ad un questionario, saremo più vicini agli intervistati e ciò renderà necessaria la persenza di un ricercatore esperto capace di guidare la conversazione a quello che è lo scopo della ricerca. Inoltre una prospettiva simile partirebbe da interrogativi diversi, ricostruendo i percorsi di vita piuttosto che a fornire un quadro del fenomeno di povertà nel contesto di riferimento. Infine, supponiamo di essere interessati non ai poveri che abbiamo finora immaginato, ma a coloro che appartengono al mondo delle povertà estreme e che perdono anche i legami sociali significativi, come i senza tetto. In questo caso l'unica possibilità è quella di osservare il contesto e gli attori in modo significativo, immergendosi in prima persona sul campo, il che è molto complesso e richiede abilità molto particolari. Esistono molti modi di fare ricerca. Un approccio di ricerca privilegia modalità di indagine quantitative e viene per questo indicato come ricerca quanitativa o standard: essa raccoglie i dati necessari su un numero elevato di casi. I dati raccolti, però, non devono essere eccessivamente "profondi", ma compatibili ad una comparazione tra tutti i casi e alla generalizzazione dei risultati (estensione ai casi non coinvolti nella ricerca). La ricerca qualitativa o standard ha conseguenze in termini di tempi e risorse necessari. Un altro approccio, invece, è quello della ricerca qualitativa o non standard, col quale restringendo il numero dei casi, è possibile far sì che i dati raccolti siano "individualizzati" e "profondi", rinunciando ad ampire generalizzazioni e comparazioni. 2

La ricerca empirica si divide in fasi. Essa si configura sempre con un itinerario che parte dal progetto ideato dal ricercatore e si conclude con la restituzione dei risultati al committente, alla comunità scientifica, agli addetti ai lavori. Per molti versi l'inizio e la fine di questo percorso prevedono un lavoro "a tavolino" del ricercatore, seguito poi dalla fase di "campo" (lavoro sul campo), una fase del lavoro di ricerca in cui necessariamente deve esserci un contatto con l'oggetto della ricerca e quindi un abbandono del "tavolino". Questa fase di lavoro sul campo, inoltre, può assumere caratteristiche molto diverse, con effetti sul piano dell'organizzazione, delle risorse, o anche delle persone coinvolte, infatti un conto è un progetto di ricerca su mille famiglie con una ventina di intervistatori, un altro è prevdere trenta interviste discorsive con pochi ricercatori junior, e un altro ancora se si sceglie la via dell'osservazione etnografica, in cui il ricercatore è solo, coinvolto in prima persona e ha bisogno di tempi lunghi che possono anche essere misurati in anni. In ogni caso, l'itinerario della ricerca prevede generalmente il passaggio per alcune fasi: 1. progettazione o disegno di ricerca; 2. costruzione della documentazione empirica; 3. analisi della documentazione empirica; 4. comunicazione dei risultati. Nella fase della progettazione, il ricercatore è chiamato a "disegnare" la ricerca, cioè a prendere tutte quelle decisioni che lo condurranno a trovare risposte agli interrogativi di partenza (ad esempio identificare chi possiede informazioni utili sulla ricerca stessa, decidere quanti casi andranno contattati, le tecniche da usare ecc). Questa fase, comunque, poiché consiste in una prefigurazione, costringe a immaginare l'itinerario come un percorso lineare e coerente, nel quale alcune decisioni iniziali producono una sorta di "cascata" che in un certo modo determina altre conseguenti decisioni, il tutto come se non esistessero ostacoli. Tuttavia, ogni ricercatore sa bene che il disegno di ricerca va rimaneggiato e riadattato ogni volta che la ricerca lo renderà necessario, in quanto potrà verificarsi, per esempio, che le persone selezionate non siano disponibili ad essere intervistate, che il questionario presenti errori di cui ci si può accorgere solo in corso d'opera e così via, e ciò rende quindi necessari degli aggiustamenti che avvengono nel corso della ricerca. Tornando alle decisioni inziali, essi cambiano a seconda della ricerca: nella ricerca quantitativa o standard dovremo stabilire la numerosità campionaria e il piano di campionamento, costruire gli strumenti per la raccolta della documentazione empirica e prefigurare l'analisi dei dati; in quella qualitativa o non standard, invece, sarà necessario identificare i casi, stabilire come pensiamo di entrare in contatto con loro, quali sono i temi più rilevanti e, come in precedenza, pregurare l'analisi del materiale raccolto. Fatto ciò, vi è la fase della costruzione della documentazione empirica che prevede la ricerca sul campo, la "messa in opera" di quanto confezionato precedentemente. Il termine "costruzione" serve a sottolineare il fatto che i dati empirici non hanno alcune evidenza o natura intrinseca, ma sono il risultato della combinazione tra oggetto di studio e sguardo del ricercatore (le sue teorie, esperienze e convinzioni), sulla quale torneremo nel prossimo capitolo. A seconda del tipo di ricerca, il prodotto di questa fase sarà una matrice dati 3

(prevalente nella ricerca standard) o una raccolta di testi a cui sono assimilabili anche materiali diversi come audiovisivi, filmati, conversazioni in rete, fotografie, diari ecc (prevalente nella ricerca non standard). Segue poi l'analisi della documentazione empirica, la quale dipende dalla natura dei dati a nostra disposizione. I dati in matrice sono generalmente sottoposti ad un'analisi statistica, mentre quelli in forma di testo possono essere analizzati attraverso tecniche "artigianali" di lettura e interpretazione, ma anche attraverso tecniche che si avvalgono dell'ausilio di software specifici. Infine, vi è la comunicazione dei risultati, che prevede l'uscita dalla ricerca empirica per restituire al committente/finanziatore (o al pubblico) i principali risultati della ricerca e le conclusioni a cui si è giunti. In questa fase andrebbe ricostruito l'intero percorso, a partire dal disegno iniziale con le eventuali modifiche; inoltre la presentazione impone al ricercatore l'interpretazione dei dati raccolti e uno sforzo per collocare i risultati all'interno della teoria sociologica a cui intendono contribuire o più in generale alla conoscenza relativa ad un certo oggetto. Infine, è importante sottolineare che lo stile comunicativo adottato come la scelta del prodotto finale (libro, report, articolo scientifico ecc) - andrebbe adattato a seconda della situazione: uno stile eccessivamente tecnico può andar bene se si parla agli addetti ai lavoratori, ma non se ci si rivolge a ad un pubblico ben più ampio semplicemente interessato al tema della ricerca.

Capitolo 2: Conoscenza scientifica e metodo della scienza La nascita della scienza moderna viene fatta risalire alla fine del Cinquecento, quando Galileo Galilei formalizza un approccio che guiderà il successivo cammino degli scienziati. L'idea di fondo della scienza è che esiste una realtà oggettiva, razionale, indipendente da noi, e spazza via il sistema medievale: la prova empirica sostituisce la fede e il fondamento della conoscenza non è più magico o religioso, ma risiede nell'osservazione e nel confronto con la realtà oggettiva. Per Galileo, la scienza deve formulare, controllare e decidere gli asserti che descrivono le relazioni matematiche esistenti tra le proprietà quantificabili degli oggetti, asserti che vengono decisi in modo impersonale. La natura è considerato un ordine necessario oggettivo, matematicamente strutturato e come tale razionalmente riconoscibile dalla scienza: essa può quindi essere studiata tramite l'osservazione per ricostruire le sue "connessioni causali". Galileo introduce il concetto di misurazione, secondo il quale è necessario dare traduzione matematica a ciò che si osserva, e si ha quindi il metodo sperimentale, il quale si articola in misura, ipotesi e cimento (verifica sperimentale della validità dell'ipotesi). Attraverso il metodo sperimentale, la scienza mira alla formulazione di leggi scientifiche in linguaggio matematico, procedendo in modo prevalentemente induttivo (da situazioni particolari ad affermazioni universali basandosi sull'esperienza). Nasce così l'idea di scienza come disciplina nomotetica (dal greco nomos, legge). Nei secoli immediatamente successivi vi è l'affermarsi del metodo scientifico, ovvero l'idea di un programma che stabilisce in anticipo una serie non modifcabile di operazioni che, se 4

eseguite, conducono alla conoscenza scientifica su qualsiasi argomento. Esso è unico, fondato sulla matematica, universale e applicabile a tutti i campi della conoscenza scientifica, il che, come vedremo, avrà conseguenze di non poco rilievo sulle scienze sociali. Inoltre, grazie ad esso viene accentuata la caratteristica di cumulatività del sapere scientifico: usando lo stesso metodo, i risultati di successive applicazioni si aggiungono ai precedenti (si hanno sempre più risultati che si aggiungono a quelli che già si avevano). L'impostazione fin qui descritta troverà il suo culime nel Positivismo ottocentesco, erede dell'Illuminismo e dominato dalla fiducia nel progresso e della scienza. Le sue caratteristiche, in sintesi, sono: - esiste una realtà indipendente da chi la studia (oggettiva); - il metodo è sperimentale e mira alla formulazione delle leggi universalmente valide e immutabili espresse in linguaggio matematico; - obiettivo della scienza è la spiegazione dei fenomeni in termini di nessi causali; - i procedimenti sono prevalentemente induttivi e basati sull'osservazione. Nel Novecento, tuttavia, ci si rende conto che nel pensiero scientifico possono esistere più modelli teorici a seconda dei fenomeni studiati, il che mette in crisi il modello di scienza che considera la realtà come oggettiva e indipendente. Dal momento in cui esistono più modelli teorici, infatti, occorre accettare l'idea che la teoria divenga un elemento di costruzione della realtà stessa. La concezione positivista del progresso cumulativo e unilineare del sapere scientifico viene così messa in crisi. Il Positivismo lascia spazio al Neopositivismo (correntre che nacque nel 1925 durante il Circolo di Vienna), il quale è ben più complesso, ma cerca di salvaguardare la convinzione che il mondo esiste indipendentemente dalla nostra azione del conoscere. Esso si basa sulla critica alla natura metafisica della filosofia tradizionale: il pensiero non può, da solo e senza dati empirici, condurre alla ricerca scientifica, perché quest'ultima si basa appunto sulla verifica empirica delle proposizioni derivabili dalle teorie. Il senso di un'affermazione, quindi, deriva dalla sua verificabilità empirica: un'affermazione ha significato solo se può essere verificata (criterio di significanza). In questo modo, il principio di induzione (dal particolare all'universale) viene indebolito. Karl Popper critica appunto due concetti chiave del modello classico di conoscenza scientifica: verifica e induzione. Le teorie pretendono di valere per tutti i fatti, ma i casi che possono essere verificati sono sempre i un numero limitato. Ne consegue che non tutti i casi possono essere verificati e quindi non possono esistere leggi assolute, che valgono per tutti. Egli introduce così il criterio di falsificabilità, in base al quale il carattere distintivo della scienza non è quello di spiegare tutto basandosi su leggi assolute, ma la possibilità di falsificazione empirica delle teorie. Si tratta in un principio metodologico in base al quale una teoria è scientifica solo da essa sono estraibili conseguenze che possono essere confutate dai fatti, e tutto ciò implica un rifiuto del procedimento induttivo. Secondo il modello popperiano, infatti, la scienza procede per congetture (anticipazioni non giustificate, supposizioni ecc) e confutazioni, ipotizzando teorie e poi controllandole 5

mediante i fatti. Posto un problema (P1), si cerca di dare una soluzione mediante dei tentativi teorici (TT) che poi vengono corretti cercando di eliminare gli errori (EE); ciò conduce non alla teoria "vera", ma al sorgere di nuovi problemi (P2), il tutto secondo lo schema P1 - TT - EE - P2. Secondo Popper, infatti, la verità non può essere mai raggiunta del tutto: noi ci avviciniamo sempre più ad essa proponendo teorie sempre migliori, che spiegano di più e che sono meglio controllabili (attraverso le verifiche). Secondo questo modello, inoltre, mettendo in evidenza gli errori acquisiamo maggior consapevolezza del problema stesso e siamo in grado di tentare soluzioni migliori. Va da sé che la conoscenza scientifica, in questo modo, non si basa più sull'induzione, ma sulla deduzione (dall'universale al particolare). Kuhn critica l'impostazione neopositivista perché implica una sorta di razionalità intrinseca nel pensiero scientifico. Egli non concepisce la scienza come un'accumulazione progressiva di nuove scoperte in modo razionale e afferma invece che in certi momenti (detti rivoluzionari) cambia il modo di vedere il mondo. Ciò avviene in maniera non del tutto razionale, poiché nelle convinzioni di una comunità scientifica in un dato momento è comunque presente una componente arbitraria (relativa alle scelte) composta di accidentalità storiche e personali. Quando cambia il modo di vedere il mondo, avviene una rivoluzione scientifica: cambiano problemi, criteri, metodi... cambia il paradigma. Paradigma: Prospettiva teorica condivisa e riconosciuta da una comunità di scienziati. E' fondato su acquisizioni precedenti e indirizza la ricerca sui fatti da studiare, formulazione delle ipotesi e metodi e tecniche da adottare. Il paradigma, quindi, orienta la scienza: grazie ad esso lo scienziato acquisisce teorie, metodi e criteri. E' qualcosa di più ampio di una teoria, è una visione del mondo. In questo modo, l'impresa scientifica viene a essere considerata un'impresa umana. Essa, quindi, dipende anche da gruppi di potere che favoriscono o rallentano il progresso scientifico, dalla competrizione tra scuole diverse e così via. Inoltre, la conoscenza scientifica non è più assoluta, ma convezionale. Per concludere, continua a reggere l'idea del progresso scientifico, in quanto un paradigma viene gradualmente abbandonato quando diviene meno efficace rispetto ad un altro o quando le sue novità appaiono ormai esaurite. Per affrontare ora il rapporto tra scienze sociali e scienze fisiche, è necessario mettere in luce che la possibilità della nascita di una "scienza della società", ovvero della sociologia, si definisce in un periodo di trasformazioni politiche, sociali ed economiche delle società europee nel XVI secolo in poi, che segnano anche l'inizio di un processo di "secolarizzazione del pensiero", come abbiamo visto. Si fa strada, quindi, l'idea che i principi di razionalità possano essere applicati anche allo studio dellà società umana, processo che culmina nel Postivisimo ottocentesco. La scienza della società è profondamente condizionata dal modello delle scienze naturali e ne accetta tutti i presupposti (procedimento induttivo, oggettività del metodo, formulazione di leggi in linguaggio matematico), per cui lo studio della realtà sociale viene considerato possibile dai positivisti (e da Comte in particolare) solo utilizzando il metodo sperimentale, con i fenomeni sociali costantamente in relazione in un 6

rapporto di causa ed effetto. Durkheim, nel suo studio sul suicidio, mostra le correlazioni tra il tasso di suicidi e un certo numero di variabili (età, sesso, stato civile ecc) allo scopo di stabilire la tipol...


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