Riassunto Metodologia e tecniche della ricerca sociale ok - Corbetta PDF

Title Riassunto Metodologia e tecniche della ricerca sociale ok - Corbetta
Author Federica Serafini
Course Sociologia generale
Institution Università degli Studi della Tuscia
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Riassunto del libro ...


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RIASSUNTO: “Metodologia e tecniche della ricerca sociale” Piergiorgio Corbetta INTRODUZIONE – pp. 9-11 Per metodologia si intende lo studio o, meglio ancora, la logica del metodo , cioè è quella parte della logica che ha per oggetto le regole, i principi metodici, le condizioni formali che sono alla base della ricerca scientifica in un determinato ambito disciplinare e che permettono di ordinare, di sistemare e di accrescere le proprie conoscenze. Per metodologia della ricerca si intende, dunque, un discorso sul metodo , una critica della ricerca scientifica, che non è né la descrizione o la presentazione dei metodi stessi, né la riflessione critica generale intorno alla conoscenza scientifica, che è l’oggetto di studio dell’epistemologia e della filosofia della scienza. Per tecniche si intendono le specifiche procedure operative, riconosciute dalla comunità scientifica e trasmissibili per insegnamento, di cui una disciplina scientifica si avvale per l’acquisizione e il controllo dei propri risultati empirici. La parola tecnica si usa al plurale, contro il singolare di metodologia, poiché le tecniche da applicare sono molte, ma la riflessione su di esse è una sola. La ricerca qualitativa, rispetto a quella quantitativa, è di tipo soggettivo, non possiede un insieme codificato di tecniche, come la ricerca quantitativa, ma il suo modo di procedere deve essere sempre inventato sul campo, nell’interazione ogni volta nuova tra il soggetto studiante e l’oggetto studiato. Per condurre una buona ricerca sociale sono necessarie anche le tecniche di rilevazione e analisi statistica dei dati. La rivoluzione digitale ha messo a disposizione del ricercatore nuovi strumenti e aperto nuove possibilità: nuove tecniche di rilevazione tramite internet (i cosiddetti panel online), analisi condotta su datatest internazionali (ad esempio, Eurobarometro), ricerca bibliografica condotta attraverso internet, informatizzazione delle fonti Istat, che hanno quasi completamente abbandonato il formato cartaceo, e i documenti in Internet.

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PARTE PRIMA – La logica della ricerca sociale CAPITOLO 1 – I paradigmi della ricerca sociale pp. 15-38 PARAGRAFO 1 – Kuhn e i paradigmi delle scienze pp. 15-18 La parola paradigma ha un’origine antica nella storia del pensiero filosofico: è stata utilizzata da Platone, nell’accezione di modello, e da Aristotele nell’accezione di esempio. Nelle scienze sociali, invece, a questo temine vengono attribuiti numerosi significati: teoria, articolazione interna di una teoria, sistema di idee di ordine prescientifico, corrente di pensiero o scuola, etc. Negli anni ’60 del 900 lo studioso Thomas Kuhn ha riproposto una definizione del termine paradigma nella sua opera “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”. La riflessione di Kuhn ha come oggetto lo sviluppo storico delle scienze e quindi rifiuta la concezione tradizionale della scienza, intesa come accumulazione progressiva di nuove acquisizioni. Secondo la concezione cumulativa, ogni invenzione e ogni scoperta si aggiungerebbero al corpo conoscitivo precedente. Kuhn, invece, ritiene che, se questo è il processo della scienza in tempi normali, esistono dei momenti rivoluzionari, in cui si interrompe il rapporto di continuità con il passato e si inizia un nuovo corso. Il passaggio da una visione teorica all’altra è globale e porta conseguenze radicali sulla disciplina coinvolta e, proprio per questo motivo, Kuhn utilizza il termine rivoluzione. In una disciplina, a seguito di una rivoluzione, si produce un cambiamento dei problemi da indagare scientificamente e dei criteri con i quali la professione stabiliva cosa si sarebbe dovuto considerare come un problema ammissibile o come una soluzione legittima ad esso. In questo modo si riorganizza la struttura concettuale della disciplina. Per Kuhn il paradigma è proprio tale struttura concettuale. Dunque, per Kuhn un paradigma è una prospettiva teorica, condivisa e riconosciuta dagli scienziati; fondata su acquisizioni precedenti della disciplina stessa; che opera indirizzando la ricerca in termini di individuazione e scelta dei fatti rilevanti da studiare, e di formulazione delle ipotesi e di predisposizione dei metodi e delle tecniche di ricerca necessari. Senza un paradigma una scienza non ha orientamenti né criteri di scelta, perché tutti i criteri, tutti i problemi e tutte le tecniche diventano ugualmente rilevanti. Il paradigma è una guida e fornisce agli scienziati un modello e le indicazioni per costruirlo. Con il paradigma lo scienziato acquisisce contemporaneamente teorie, metodi e criteri. Il paradigma è qualcosa di più ampio di una teoria, è una visione del mondo, una finestra mentale, una griglia di lettura che precede l’elaborazione teorica. Per Kuhn scienza normale indica le fasi di una disciplina durante le quali predomina un paradigma condiviso dagli scienziati. Affinché il paradigma operante non verrà sostituito in modo rivoluzionario da un altro, la scienza normale si sviluppa in modo lineare e cumulativo. La scienza normale, infatti, non ha il compito di scoprire nuovi generi di fenomeni, ma deve articolare i fenomeni e le teorie già fornite dal paradigma. Le scienze sociali sono prive di un paradigma condiviso dalla comunità scientifica, ad accezione dell’economia, in quanto gli economisti sono d’accordo sulla definizione di economia. In questo senso le scienze sociali si troverebbero in una condizione preparadigmatica. Nella storia della sociologia è difficile individuare un paradigma predominante, condiviso da tutti i sociologi. Per tentare di applicare un paradigma alla sociologia, è stata rivista l’interpretazione di Kuhn ed è stato riformulato il concetto di paradigma. Come dalla definizione kuhniana, esso è una visione teorica che definisce la rilevanza dei fatti sociali, fornisce le ipotesi interpretative, orienta le tecniche della ricerca empirica. L’unico carattere originario che non viene considerato nella nuova definizione è la condivisione da parte della comunità scientifica. Così facendo si apre la possibilità dell’esistenza di più paradigmi all’interno di una stessa disciplina; e la sociologia da preparadigmatica diventa disciplina multiparadigmatica. 2

Tale interpretazione del concetto di paradigma, nei termini di prospettiva teorica globale, ma non esclusiva e in competizione con altre prospettive, è l’interpretazione più diffusa e corrisponde all’uso corrente del termine nelle scienze sociali. PARAGRAFO 2 – Tre questioni di fondo pp. 18-20 Una delle funzioni del paradigma è quella di definire i metodi e le tecniche di ricerca accettabili in una disciplina. Sono due i paradigmi fondativi della ricerca sociale: 1. visione empirista; 2. visione umanista. Si tratta di due visioni organiche e fortemente contrapposte della realtà sociale e dei modi per conoscerla, che hanno dato vita a due blocchi coerenti e differenziati di tecniche di ricerca. Questi paradigmi non sono teorie sociologiche, bensì concezioni generali sulla natura della realtà sociale, sulla natura dell’uomo e sul modo con il quale questo può conoscere quella. Tali paradigmi possono essere ricondotti a tre questioni fondamentali: 1. questione ontologica (essenza): l’ontologia è quella parte della filosofia che studia l’essere in quanto tale; dal greco óntos (essere, ente) e lógos (discorso, riflessione). È la questione del “che cosa”; riguarda la natura della realtà sociale e la sua forma. Ci si chiede se i fenomeni sociali siano “cose in se stesse” oppure “rappresentazioni di cose”, cioè ci si interroga se il mondo dei fatti sociali sia un mondo reale e oggettivo con un’esistenza autonoma al di fuori della mente umana e indipendentemente dall’interpretazione che ne dà il soggetto. 2. Questione epistemologica (conoscenza): l’epistemologia è la riflessione sulla conoscenza scientifica; dal greco espistème (conoscenza certa). È la questione del rapporto fra il “chi” e il “che cosa” e dell’esito di tale rapporto. Essa riguarda la conoscibilità della realtà sociale e si sofferma sulla relazione tra studioso e realtà studiata. Tale questione è legata alla prima, in quanto se il mondo sociale esiste in quanto tale, indipendentemente dall’agire umano, sarà legittimo volerlo conoscere con distacco, senza timore di alterarlo nel corso del processo conoscitivo. Sono diverse le forme che la conoscenza può assumere: da leggi naturali deterministiche, dominate dalle categorie di causa-effetto, a leggi probabilistiche, a generalizzazioni di varia forma, a nessuna forma di generalizzazione. 3. Questione metodologica (metodo): dal greco méthodos (strada con cui, metodo); metodo inteso come corpo organico di tecniche. È la questione del “ come”, cioè del come la realtà sociale può essere conosciuta. Riguarda quindi la strumentazione tecnica del processo conoscitivo. Anche tale prospettiva è legata alle due precedenti. Le tre questioni sono intrecciate tra di loro, sia perché le risposte date ad ognuna sono influenzate dalle altre date alle altre due, sia perché è difficile distinguere i confini delle tre questioni. PARAGRAFO 3 – Positivismo pp. 20-24 La sociologia nasce sotto gli auspici del pensiero positivista. A metà ‘800 gli uomini cominciarono ad interrogarsi sulla realtà sociale in quanto tale e a trasformarla in oggetto di studio. Allora il positivismo non poté fare altro che assumere a suo modello il paradigma delle scienze naturali. I fondatori più noti di questa disciplina furono Auguste Comte e Herbert Spencer, i quali erano fiduciosi nei confronti dei metodi delle scienze naturali. 3

Il paradigma positivista studia la realtà sociale utilizzando gli apparati concettuali, le tecniche di osservazione e misurazione, gli strumenti di analisi matematica e i procedimenti di inferenza delle scienze naturali. Apparati concettuali: le categorie di “legge naturale”, di “causa-effetto”, di “verifica empirica”, di “spiegazione”, etc. Tecniche di osservazione e misurazione: l’uso di variabili quantitative anche per fenomeni qualitativi, le procedure di misurazione applicate a orientamenti ideologici, capacità mentali, stati psichici. Strumenti di analisi matematica: l’uso della statistica, dei modelli matematici, etc. Procedimenti di inferenza: il passaggio dall’osservazione particolare alla legge generale. Comte, il profeta del positivismo sociologico ottocentesco, ritiene che l’acquisizione del punto di vista positivista rappresenti in ogni scienza il punto finale di un percorso che ha attraversato gli stadi teologico e metafisico. Tale itinerario si realizza prima nelle scienze della natura inorganica (astronomia, fisica, chimica); successivamente in quelle della natura organica (biologia); infine nella materia più complessa, cioè la società, portando così alla costituzione di una nuova scienza: sociologia o scienza positiva della società. Le scienze della società non sono diverse da quelle della natura e il modo di pensare positivista avrà successo anche quando dagli oggetti naturali si passerà a quelli sociali, alla religione, alla politica e al lavoro. Il primo vero sociologo positivista è stato Durkheim, il quale ha tradotto i principi del positivismo in prassi empirica, la quale si fonda sulla teoria del “fatto sociale”. Tale teoria impone di trattare i fatti sociali come cose. I fatti sociali sono modi d’agire, di pensare, di sentire che presentano la proprietà di esistere al di fuori delle coscienze individuali. Ad esempio, quando si assolvono i doveri di marito o di cittadino, i quali sono doveri definiti, al di fuori di se stessi e dei propri atti, nel costume e nel diritto. Tali doveri non sono stati fatti dall’essere umano, ma sono stati ricevuti attraverso l’educazione. Analogamente per quanto riguarda le credenze e le pratiche della vita religiosa, il sistema dei segni, il sistema monetario, etc. I fatti sociali, anche se non sono entità materiali, hanno le stesse proprietà della cose del mondo naturale. Essi non sono soggetti alla volontà dell’uomo, anzi resistono al suo intervento, lo condizionano e lo limitano. I fatti naturali, inoltre, funzionano secondo proprie regole, possiedono una struttura deterministica, che l’uomo può scoprire attraverso la ricerca scientifica. Il mondo sociale così come il mondo naturale è regolato da leggi, studiabili oggettivamente. Da qui nasce l’assunto di una unità metodologica fra mondo naturale e mondo sociale, in quanto si possono studiare con la stessa logica e lo stesso metodo. Dunque:  esiste una realtà sociale al di fuori dell’individuo;  questa realtà sociale è oggettivamente conoscibile;  essa è studiabile con gli stessi metodi delle scienze naturali. L’obiettivo delle regole di Durkheim è di estendere alla condotta umana il razionalismo scientifico, la cui conseguenza è stata proprio il positivismo. Nel positivismo il razionalismo è induttivo. Per induzione si intende il passaggio dal particolare all’universale, il processo per il quale dall’osservazione empirica si arriva a generalizzazioni o a leggi universali. Lo scienziato sociale di Durkheim deve scoprire i principi organizzatori di carattere universale tipici del procedimento induttivo. Alla base del positivismo c’è sempre l’entusiasmo per la conoscenza positiva di tipo scientifico e la considerazione della scienza e del suo metodo come unica conoscenza valida ed efficace in tutti i campi del sapere umano. Abbagnano definisce tale entusiasmo una “romanticizzazione della scienza”, che consiste nella sua “esaltazione a unica guida della vita singola e associata dell’uomo, cioè a unica conoscenza, a unica morale, a una religione possibile”. 4

POSITIVISMO ONTOLOGIA Realismo ingenuo:  esiste una realtà sociale oggettiva, esterna all’uomo, sia esso lo studioso o lo stesso soggetto agente;  questa realtà è conoscibile nella sua reale essenza.

EPISTEMOLOGIA Dualista e oggettivista:  dualista perché lo studioso e l’oggetto studiato sono considerati entità indipendenti;  oggettivista perché lo studioso può studiare l’oggetto senza influenzarlo o esserne influenzato. Legge naturale:  la conoscenza avviene attraverso leggi naturali, fondate sulle categorie di causaeffetto. Esse esistono nella realtà esterna indipendentemente dagli osservatori e il compito dello scienziato è di scoprirle.

METODOLOGIA Sperimentale e manipolativa:  metodo sperimentale: viene assunto sia nel suo modo di procedere induttivo (dal particolare al generale), sia nella sua formalizzazione matematica;  manipolativa: l’esperimento rimane la tecnica ideale perché fondato sulla manipolazione e sul controllo delle variabili implicate e sulla separazione/distacco fra “osservatore” e “osservato”.

Non c’è il rischio che i valori del ricercatore deformino la sua lettura della realtà sociale, né che succeda il contrario. Tale posizione deriva dalla considerazione del fatto sociale come dato esterno e immodificabile. PARAGRAFO 4 – Neopositivismo e postpositivismo pp. 25-29 Nel corso del ‘900 si è sviluppato all’interno del positivismo un processo di revisione e di aggiustamento al fine di poter superare i limiti intrinseci di tale movimento filosofico. Nel periodo che va dagli anni ’30 agli anni ’60 del ‘900 si è sviluppato il neopositivismo, mentre a partire dalla fine degli anni ’60 si è diffuso il postpositivismo. In queste due correnti rimane comunque il presupposto del realismo ontologico, secondo il quale “il mondo esiste indipendentemente dalla nostra conoscenza”. Il neopositivismo si è originato dalla scuola del positivismo logico. Tale movimento è nato intorno alle discussioni di un gruppo di studiosi, chiamato “circolo di Vienna” e sulle cui posizioni, qualche tempo dopo, si formò un gruppo analogo a Berlino. Il neopositivismo ebbe una grande diffusione e influenzò diverse discipline, come la sociologia. 5

Il neopositivismo assegna un ruolo centrale alla critica della scienza, ridefinendo anche il compito della filosofia, la quale deve dedicarsi all’analisi critica di quanto viene elaborato nelle teorie delle singole discipline. Si dedica maggiore attenzione ai problemi metodologici delle scienze, all’analisi logica del loro linguaggio e delle loro elaborazioni teoriche, alla critica dei loro assunti. In questo movimento di pensiero sono centrali le questioni epistemologiche e uno dei postulati è la convinzione che il senso di un’affermazione derivi dalla sua verificabilità empirica. La conseguenza della diffusione del neopositivismo fu lo sviluppo di un nuovo modo di parlare della realtà sociale, utilizzando un linguaggio tipico della matematica e della statistica, detto linguaggio delle variabili. Ogni oggetto sociale, a cominciare dall’individuo, veniva definito sulla base di attributi e proprietà, cioè le variabili; i fenomeni sociali analizzati in termini di relazioni fra variabili. In questo modo la variabile diveniva la protagonista dell’analisi sociale. Con tale metodo tutti i fenomeni sociali potevano essere rilevati, misurati, correlati, elaborati e formalizzati, e le teorie convalidate o falsificate in modo oggettivo e senza ambiguità. Le teorie neopositiviste abbandonano la caratteristica di leggi deterministiche per assumere quella della probabilità. Dunque le teorie scientifiche non devono più spiegare i fenomeni sociali attraverso schemi di natura logica necessitante, e la legge deterministica viene sostituita dalla legge probabilistica, la quale prevede elementi di accidentalità, la presenza di disturbi e fluttuazioni (incertezze). Nel neopositivismo è stata aggiunta una nuova categoria, quella della falsificabilità, usata come criterio di validazione empirica di una teoria. Tale categoria stabilisce che il confronto fra teoria e ritrovato empirico non può avvenire in positivo, cioè attraverso la prova o verifica che la teoria è confermata dai dati; ma si realizza in negativo, con la non falsificazione della teoria da parte dei dati, mediante cioè la constatazione che i dati non contraddicono l’ipotesi. Dunque il metodo di ricerca consiste nel rovesciare le “anticipazioni” e provare la loro falsità, allo scopo di avanzare “pregiudizi affrettati e prematuri”. Da ciò deriva la provvisorietà di ogni ipotesi teorica, mai definitivamente valida. In questo modo l’ideale scientifico dell’epistème, cioè della conoscenza certa e dimostrabile, si è rivelato un mito. Secondo il postpositivismo l’osservazione empirica non è una fotografia oggettiva, bensì dipende dalla teoria, nel senso che anche la semplice registrazione della realtà dipende dalla finestra mentale del ricercatore, da condizionamenti sociali e culturali. Fermo restando che la realtà esiste indipendentemente dall’attività conoscitiva e dalla capacità percettiva dell’uomo, l’atto del conoscere rimane condizionato dalle circostanze sociali e dal quadro teorico in cui si colloca. La tesi della teoreticità delle osservazioni empiriche, l’affermazione cioè che non esiste una separazione netta fra concetti teorici e dati osservati, fa venir meno anche le ultime certezze del positivismo: l’oggettività del dato rilevato, la neutralità e l’intersoggettività del linguaggio osservativo. Il postpositivismo non ripudia il fondamento empirista e continua ad accettare la centralità del metodo scientifico nella ricerca sociale e l’analogia fra il metodo delle scienze naturali e delle scienze sociali. Tale movimento afferma, inoltre, che le leggi naturali e sociali sono probabili e aperte a revisione, che è provvisoria la natura della conoscenza scientifica. Il nuovo positivismo ridefinisce i presupposti iniziali e gli obiettivi della ricerca sociale; ma il modo di procedere empiricamente ha alla base il linguaggio osservativo di sempre, fondato sull’operativizzazione, sulla quantificazione e sulla generalizzazione.

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POSTPOSITIVISMO ONTOLOGIA Realismo critico:  realismo in quanto assume che relazioni causa-effetto esistono nella realtà al di fuori della mente umana;  critico per sottolineare quell’atteggiamento di continuo sospetto e quella propensione alla messa in discussione che lo scienziato deve avere nei confronti di ogni acquisizione scientifica.  Si presume l’esistenza di una realtà esterna all’uomo, ma imperfettamente conoscibile: sia per l’imprecisione di ogni conoscenza umana, sia per la natura probabilistica delle leggi.

EPISTEMOLOGIA Dualismo-oggettività modificati:  non è più sostenuto il dua...


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