Riassunto L ordine giuridico medioevale Paolo Grossi pdf PDF

Title Riassunto L ordine giuridico medioevale Paolo Grossi pdf
Course Storia del diritto Italiano ed Europeo
Institution Università degli Studi di Torino
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RIassunto capp. 1-2 manuale ordine giuridico medioevale Paolo Grossi...


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Capitoli I – II Premesse ordinative Il campo di osservazione del manuale è rappresentato dalla ricostruzione della mentalità giuridica medievale, in particolare nell’ottica del diritto privato, di quegli istituti (adozioni, tutele, vendite, locazioni,testamenti e donazioni) maggiormente espressivi di idealità, manifestazioni del corpo sociale meno condizionati da ingerenze autoritative nel mondo medievale. Per un’interpretazione dell’esperienza giuridica medievale. Il diritto medievale non può essere inteso come qualcosa di più tipicamente storico, né tanto meno come insieme di dati, fatti, nomi e personaggi, ma deve essere vissuto come totale attaccamento ai fatti della vita sociale ed espressione degli stessi. Pertanto tutte le determinazioni giuridiche del diritto medievale hanno rilevanza solo ed in quanto possono esserne piena e totale concretizzazione normativa. Continuità e discontinuità. Il fenomeno giuridico medievale deve essere vissuto come un’esperienza autonoma che caratterizza la vita medievale, allo scopo di valutare consapevolmente che quest’ultima non sia la prosecuzione del diritto romano, che utilizza pienamente solo allo scopo di ritrovare una base di validità e di legittimazione del proprio diritto, né tanto meno può essere considerato alla stregua di un’anticipazione della determinazioni dottrinali che fanno capo ad esperienze giuridiche di stampo moderno. La natura speculare del diritto medievale è totalmente vissuta entro i margini della sua esperienza che è sua soltanto e che non può essere riscontrata in alcuna altra realtà antecedente, né precedente. L’ordo iuris come interpretazione di un ordine sociale soggiacente. Il diritto medievale, nel rappresentare un’esperienza fondativa della società stessa, l’unico elemento di assoluta preminenza nella realtà del momento ha la possibilità di offrirsi agli occhi dello studioso come una realtà capace di ordinare il presente ed i fatti della società medievale stessa. Tale funzione gli è congeniale proprio perché il diritto è sostanzialmente interpretatio ossia viene in rilievo come una realtà che non può essere creata, ma deve assolutamente essere soltanto enunciata, esternata, concretizzata in norme giuridiche; dunque il crisma giuridico esiste già in potenza nel tessuto della società medievale ed aspetta solo di essere esplicitato verso l’esterno. La storicità del diritto. Una delle caratteristiche che assume il diritto medievale e che più di ogni altra lo caratterizzerò in tutto l’arco del suo sviluppo è quella della storicità del diritto. Storicità significa affermare che il diritto poggia essenzialmente sui fatti e sugli eventi che si verifica nella società medievale e che coinvolgono la sfera economica, sociale ed anche politica, il diritto è fortemente condizionato da questi fatti e ne diviene la massima espressione concreta. Questa situazione lascia emergere le caratteristiche di vitalità e carnalità che assume il diritto medievale, incapace di essere ridotto ad uno schema fisso, totalmente stabile e poco flessibile. È in questa prospettiva che quando si verifica la necessità di indagare lo strumento dell’esperienza giuridica: quando si parla di esperienza giuridica si vuole semplicemente indicare la modalità attraverso la quale il diritto medievale si intende, anche e soprattutto alla luce delle determinazioni di carattere storico e sociale che caratterizzano l’assetto societario della vita medievale. L’inclusione nello schema dell’esperienza giuridica risulta essere particolarmente utile per comprendere l’unitarietà e la compattezza di un diritto che deve essere studiato come manifestazione autonoma ed unica di una specifica realtà sociale, ma è altresì vero che proprio per la fortissima carica di vitalità che caratterizza il diritto medievale, lo stesso non può essere costretto in schemi rigidi e poco flessibili, ma deve sempre essere garantita una certa duttilità degli strumenti adeguati a riconoscerlo. Unitarietà dell’esperienza giuridica medievale. Da un punto di vista strettamente storiografico la nascita del diritto medievale è da ricondursi al periodo che va dal V sec. d.C, momento in cui si realizza la crisi dell’Impero Romano d’Occidente e la caduta della solida esperienza giuridica romano-

Riassunto del testo: “L’ordine giuridico medioevale “ – Paolo Grossi

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classica, al 1300/1400, momento in cui si apriranno sempre più folti i varchi per l’affermazione di canonizzazioni del diritto che sono molto vicine alle nostre più tipiche determinazioni giuridiche. Si è soliti, inoltre distinguere la realtà medievale in 2 momenti storici: 1) uno attinente all’Alto Medioevo, essenzialmente fondato sull’agricoltura che deve essere visto come officina della prassi, 2) l’altro attinente al Basso Medioevo più tipicamente fondato sui commerci che deve essere visto come laboratorio sapienziale caratterizzato dalle sperimentazioni dottrinali. Molteplicità degli ordinamenti. Un’ulteriore caratteristica del diritto medievale è quella di essere intesa come ordine, ossia come realtà capace di strutturare, ed organizzare autonomamente il sociale, senza necessitare del supporto dello Stato. È fortemente suggestiva l’idea di un diritto che possa vivere e svilupparsi senza Stato e di fatto il diritto medievale sarà sempre privo di questa forte strutturazione politica, ciò comporta anche la possibilità per il diritto medievale di assumere ogni forma di ordinamento che ritenga più opportuno senza essere necessariamente legato alla conformazione giuridica dello Stato. Fautori della tesi della pluralità degli ordinamenti sono 2 autori del’ 700 illuministico: Santi Romano e Francesco Calasso. Entrambi sottolineano la necessità di recuperare una dimensione neutra al diritto medievale, ma allo stesso tempo mostrano difficoltà nel soppiantare totalmente la figura dello Stato, affermando come tra tutti gli ordinamenti esso si stagli con maggiore forza e vigore. È questa una conclusione prevedibile considerato il diverso periodo storico in cui vivono i due autori, e la diversa ideologia politica che li caratterizza. Il diritto medievale dev’essere in quest’ottica concepito come un pianeta giuridico separato e racchiuso, segnato da una discontinuità con il classico e il moderno, dunque da una sua incompiutezza. L’età del maturo diritto medievale coincide con il cd. diritto comune, gran parte dell’opera dei giuristi in quest’epoca si compie sul Corpus iuris giustinianeo, ma dev’essere smentita quella tendenza che concepisce il diritto comune come diritto romano ammodernato: il testo romano è spesso utilizzato come copertura autoritativa, come “vaso vuoto”, momento di validità di una costruzione giuridica che in realtà è autonoma e trova la sua fonte sostanziale nei nuovi assetti e eventi che caratterizzano la nuova era. Dato di partenza per l’effettiva analisi dell’epoca in esame è la concezione del diritto non come insieme di comandi promananti dall’autorità munita di poteri di coazione, ma piuttosto concepito nella sua storicità, nel suo essere una dimensione stessa del vivere associato. Partendo da una simile concezione, appare naturale rifarsi al pluralismo degli ordinamenti teorizzato dal Santi Romano: il diritto non è solo prodotto dall’entità statuale, ma da un fascio illimitato di strutture sociali. Strumento idoneo per la comprensione storica è quello dell’esperienza giuridica, cioè di quel peculiare modo di vivere il diritto nella storia, di percepirlo, concettualizzarlo, applicarlo in connessione a una determinata visione del mondo sociale, a determinati presupposti culturali.

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Esame di Storia del diritto medioevale e moderno Prof. G. Cazzetta

Federica Tapparello

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Capitolo III “La tipicità della nascente esperienza giuridica e i suoi strumenti interpretativi” (IV – XI sec.) La tipicità dell’esperienza giuridica medievale e i suoi strumenti interpretativi I secoli che vanno dal V al XI sono quelli deputati alla fondazione dell’esperienza giuridica medievale ed alla creazione di alcuni istituti giuridici di rilevanza tale da scavalcare il periodo iniziale di fondazione ed impregnare l’intero Medioevo. Tali istituti giuridici sono:     

incompiutezza del potere politico; indifferenza del potere politico verso il diritto; autonomia del diritto rispetto al potere politico; pluralismo giuridico; fattualità e storicità del diritto;

accompagnate da 2 certezze fondamentali:  imperfezione del singolo e perfezione della comunità;  diritto come ordine, ordine giuridico universale. Questi atteggiamenti e certezze sono al centro non solo del momento di fondazione ma dell’intero medioevo. Atteggiamento specifico dell’alto medioevo è il naturalismo-primitivismo in dipendenza del vuoto di cultura giuridica. Si tratta di un convinto reicentrismo quasi a dimostrare che il primo medioevo ha forgiato durevolmente una coscienza giuridica e che questa coscienza è medievale senza limitazioni temporali, ma sarà un naturalismo rivissuto e reinterpretato in una trama sapienzale di altissima qualità speculativa. Il medioevo ha una sua compattezza, ma non è realtà immobile. L’esperienza giuridica, come ogni esperienza ha il suo momento formativo, la sua maturità, il suo declino. Le tappe sono soltanto 2: fondazione ed edificazione, momenti diversi nella realizzazione di un grande progetto unitario. L’incompiutezza del potere politico e la sua relativa indifferenza verso il diritto. L’autonomia del diritto. Il primo fatto di civiltà , il più incisivo, è rappresentato per lo storico del diritto dalla crisi e dal crollo dalle solida struttura statale romana, dal vuoto politico che a quella crisi e crollo è conseguito, dalle soluzioni politiche che a quel vuoto si sostituirono ma che né colmarono né vollero colmare. La tipicità del medioevo giuridico riposa innanzitutto su questo relativo vuoto, su quella che abbiamo qualificato come incompiutezza del potere politico medievale, intendendo per incompiutezza la carenza di ogni vocazione totalizzante del potere politico, la sua incapacità di porsi come fatto globale e assorbente di tutte le manifestazioni sociali, il suo realizzarsi nella vicenda storica medioevale, coprendo solo certe zone dei rapporti intersoggettivi e consentendo in altre e amplissime la possibilità di ingerenza di poteri concorrenti. In sostanza parlando in incompiutezza del potere politico si vuole indicare l’assoluta assenza del potere politico nella figura autoritativa dello Stato. A seguito del crollo dell’Impero Romano d’Occidente si realizza per il diritto medievale l’impossibilità di costituire nuovamente una realtà statuale. È innanzitutto importante sottolineare quale sia l’idea della figura dello Stato: esso doveva intendersi come una realtà autoritaria che si svolge su due fronti. Uno di carattere materiale, l’altro di carattere psicologico. Da un lato (carattere materiale) lo Stato doveva mostrare una forte volontà autoritaria in modo da porsi come realtà forte nei confronti dei sudditi. 3

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È proprio questa realtà statale che manca nel mondo medioevale, poiché si registra l’impossibilità della stessa di realizzare una dimensione unitaria del potere, una dimensione che possa assumere il carattere della globalità. Il medioevo politico ha la sua inaugurazione storica quando nel IV secolo inizia una profonda crisi dello Stato imperiale fino a Diocleziano. Si tratta di una crisi di effettività, di autorità e di credibilità dello Stato. Nel mondo post-diocleziano resta soltanto uno Stato crisalide, incapace di esprimere quella volontà unitaria costitutiva e intollerante di violazioni particolari, concorrenti che è tipica di ogni Stato, ossia in altre parole lo Stato non c’è!! Lo Stato romano muore per iniziazione di un logoramento interno che è sia materiale che spirituale, per un vuoto di potere efficace e di un programma voluto. Quel vuoto non sarà che parzialmente colmato per tutto l’arco della vita storica del medioevo, perché avremo le più diverse forme di regime signorie laiche, signorie ecclesiastiche, città libere, avremo esempi di tiranni muniti di tutta l’assolutezza di poteri umanamente pensabile od assetti oligarchici e democratici con determinati poteri di evidente origine pattizia, ma certamente non avremo mai la presenza di un organismo totalitario naturalmente teso a controllare, regolare, assorbire ogni rapporto intersoggettivo che si verifichi entro il suo definito oggetto territoriale. La civiltà medioevale non sentì l’esigenza di colmare il vuoto lasciato dal crollo dell’edificio statale romano la frantumazione dell’impero ha portato alla nascita di un incredibile particolarismo politico, economico giuridico. In questo scenario da un lato le nuove forze politiche e socialmente protagoniste del nuovo scenario politico non erano in grado di avviare un processo di ricostruzione statuale, dall’altro (carattere psicologico), la Chiesa romana, con la estensione - dal secolo IV in poi - della sua capillare organizzazione fino nelle più appartate campagne, ormai esercente grazie a questa presenza una efficace supplenza dei poteri pubblici imperiali inesistenti o impotenti, non poteva che vedere di malocchio un potere politico forte e invadente, contribuendo non poco al consolidamento di una psicologia collettiva anti-assolutistica. Il risultato fu, un potere politico connotato da un’intrinseca incompiutezza, con un ulteriore risultato: il vincolo potere/diritto, cioè il diritto concepito e realizzato quale ombra del potere, un diritto proveniente dall’alto sotto forma di comando, si restringe a quelle zone del ‘giuridico’ che servono al principe nell’esercizio delle sue potestà. Il secondo istituto giuridico che assume rilevanza nel mondo medioevale è rappresentato dalla relativa indifferenza del potere politico per il diritto. Il diritto medioevale, non è mai una espressione di una realtà che sia connessa alla realtà potestativa di un soggetto qualsiasi al potere. Il sovrano non ha mai manifestato la necessità di servirsi strumentalmente del diritto come oggetto necessario delle sue attenzioni, e strumento necessario al suo regime. L’attenzione del monarca, del signore, del comune medievale è rivolta prevalentemente a quella parte del giuridico che è naturalmente vincolata all’esercizio e alla conservazione del potere e che oggi identifichiamo nella nozione di diritto pubblico. Il diritto non è scritto nel comando di un principe; è un ordine scritto nelle cose fisiche e sociali. Comincia a serpeggiare, la percezione che il diritto è un insieme di valori che funge da salvataggio della comunità che consapevole, corrisponde a quei valori osservando le regole da essi promananti. Due punti vanno segnalati con forza. a) Questo diritto ha un carattere assai più ordinativo che potestativo, cioè proviene dal basso, non è espressione di una volontà superiore, che esercita la sovranità modernamente intesa. Il diritto non è la voce del potere, ma piuttosto l’espressione della pluralità di forze presenti in un certo assetto sociale. b) Il secondo punto è che, pur immerso nella storia, il diritto acquisisce una sua autonomia. Assisteremo per tutto il Medievo al trionfo del pluralismo giuridico, ossia alla possibilità di convivenza di diversi ordinamenti giuridici prodotti da diversi gruppi sociali anche se soggetti a una stessa autorità politica. Questa incompiutezza del potere politico è la cifra essenziale per carpire il ‘segreto’ della nuova progrediente esperienza giuridica. Se cosi è, occorrerà una cautela somma nell’usare la nozione di «Stato», così come si è venuto definendo e consolidando nella nostra attuale coscienza, quale soggetto politico connotato da una psicologia potestativa monopolizzante e 4

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omnicomprensiva; come incarnazione storica di un potere politico perfettamente compiuto. Quindi per tutto l’arco della civiltà medievale non ci è dato di cogliere quel potere politico compiuto al quale noi moderni abbiamo dato il nome di Stato L’autonomia va intesa come storicità autentica del diritto, capacità di interpretare il gioco delle linee propulsive presenti nella società, oppure come disincagliamento di forze specifiche e particolari. Nella sempre crescente impotenza del meccanismo statuale romano, si indebolisce di contro, tutto l’apparato costruttivo, e le forze prima contenute e represse riprendono valore. Dal IV° sec. in poi, gli storici individuarono una dimensione volgare del diritto; volgarità del diritto significa, extrastatualità, ricorso a forze alternative per colmare il vuoto lasciato dallo sfacelo politico. Il c.d. diritto volgare è una fonte alternativa, sono istituti vecchi che si deformano, e istituti nuovi che si creano con un grande attingimento al grande serbatoio della vita quotidiana. Pluralismo del diritto medievale Col fenomeno della volgarizzazione si è già varcato il confine della nuova esperienza. e si constata infatti il consolidamento della tolleranza da parte del regime politico verso altri processi di formazione del diritto, mentre l’esperienza giuridica riprende tutta la sua complessità. Complessità che sul piano socio culturale significa pluralità di valori e su un piano giuridico pluralità di tradizioni e di fonti di produzione all’interno di uno stesso ordinamento politico. Nel primo medioevo quando l’appartenenza ad una stirpe e il connesso mito del sangue rappresentavano valori indiscussi, il principio che circola non è la territorialità bensì la personalità del diritto, con il quale si intende dire che ogni persona ha all’interno dello stesso regime politico è portatrice di un diritto specifico e differenziato: il romano potrà utilizzare il proprio diritto allo stesso modo in cui il longobardo utilizzerà il proprio diritto. Nel secondo medioevo, medioevo (c.d. sapenziale), un’altra singolare convivenza ci segnalerà il marcato pluralismo di questa esperienza giuridica: nello stesso territorio avranno vigenza e applicazione sia i cd ius propria cioè le norme particolari consolidate in consuetudini o emanate localmente da monarchi e da città libere, sia lo ius commune, cioè il maestoso sistema giuridico universale elaborato sulla piattaforma romana e canonica da un ceto di giuristi. Il potere politico rispetta questa pluralità di tradizioni conviventi, scoprendo così l’atteggiamento generale di sostanziale indifferenza verso buona parte del giuridico. La produzione di questa è rimessa ad altre forze. I principi, i loro funzionari, i loro giudici contemplano questo pluralismo e gli danno credito col loro rispetto. La chiave interpretativa essenziale di tutto l’ordine giuridico medievale è che i detentori del potere costituiscono una fonte fra le molte chiamate alla edificazione di quell’ordine, senza dubbio non la sola e nemmeno la prevalente. Il problema delle fonti è risolto da una coralità di apporti che rispecchia fedelmente la coralità di forze di cui il diritto è specchio e forma compiuta. Di leggi cioè di atti autoritari generali e rigidi e destinati a tutti i sudditi o a una parte cospicua di essi, nemmeno il primo medioevo è scarso. I monarchi visigoti in Spagna e quelli longobardi in Italia costituiscono un regime stabile rispettivamente per l’intera penisola iberica e per buona parte dell’Italia centro settentrionale ( secoli VI-VIII), sono impegnati in una ripetuta attività legislativa. Ma a cosa servono queste leggi e qual è il loro contenuto? La più celebre e rilevante tra le normazioni della nostra penisola è il grosso Edictum Langobardorum elaborato da Rotari nel 643 con la assistenza e l’approvazione di notabili del Regno. L’attenzione prevalente del legislatore è rivolta al diritto penale e a quello di famiglia costellati marginalmente da un ammasso di capitali sconnessi dedicati alle più disparate materie. Quella di Rotari è un’opera consolidativa di diverse consuetudini del pop...


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