L\' Organizzazione E L\' Ordine Giuridico DEL Mercato DEL Lavoro CAP 3 PDF

Title L\' Organizzazione E L\' Ordine Giuridico DEL Mercato DEL Lavoro CAP 3
Author Giorgia Di Giovanni
Course Diritto del lavoro
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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MERCATO DEL LAVORO...


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L’ORGANIZZAZIONE E L’ORDINE GIURIDICO DEL MERCATO DEL LAVORO 1)PREMESSA: IL MERCATO E IL DIRITTO DEL LAVORO Il diritto del lavoro influenza ed è influenzato dal mercato del lavoro; in altre parole il diritto del lavoro è causa ed effetto al contempo dell’impatto sulla realtà delle regole giuridiche definite per ordinare le relazioni lavorative a livello individuale e collettivo. La parola MERCATO rimanda alla logica dello scambio, del resto le relazioni di lavoro sono il prodotto della convergenza tra DOMANDA\OFFERTA di lavoro, valorizzabili in una prospettiva tanto micro che macro economica. In effetti la relazione tra DIRITTO ed ECONOMIA impatta direttamente su molti aspetti: la realizzazione e il soddisfacimento di alcuni fondamentali bisogni e diritti della persona; l’andamento della ricchezza del Paese; la produttività delle imprese, la tenuta delle relazioni industriali e il ruolo delle rappresentanze sociali; la saldezza della convivenza civile. Le problematiche di fondo hanno carattere universale, là dove praticamente in tutto il mondo il diritto di premura di fissare un assetto variamente regolato degli scambi che avvengono nel mercato del lavoro. Questa attenzione alle regole di funzionamento del mercato del lavoro si spiega principalmente in ragione della struttura e della composizione di esso: ambedue caratterizzate dall’estrema precarietà dell’equilibrio tra i due poli di domanda\offerta. Una delle esigenze maggiormente avvertiva allora è quella di apprestare gli strumenti per consentire un’ottimale distribuzione delle occasioni di lavoro; e ciò in un’ottica di soddisfacimento degli interessi sia in senso stretto produttivi sia delle persone. Bisogna dunque comprendere che le norme giuslavoristiche e la loro applicazione sono il frutto dinamico dell’operare congiunto di persone e istituzioni; esse vivono di un andamento costante all’andamento dei cicli dell’economia reale. Cicli e contesti che si devono governare per orientarli ad alcuni valori costituzionali fondamentali; sebbene spesso di assista a un capovolgimento di fronte, in cui è il diritto del lavoro a dover resistere alla pressione dell’irregolare tumulto economico-finanziario. 2) OCCUPATI, DISOCCUPATI, INATTIVI, POVERI E PENSIONATI L’economia teorizza e spiega lo scambio tra domanda e offerta di lavoro; a domandare lavoro è chi se ne serve per svolgere la propria organizzata attività economica, e non solo; a offrire lavoro è chi possiede conoscenze e abilità professionali e intende impiegarle alle dipendenze altrui. Il tasso di occupazione della popolazione indica quante persone-tra quelle potenzialmente impiegabili- svolgono effettivamente un’attività lavorativa. È un indicatore importante di ricchezza e sviluppo, perché misura una fetta importante di percettori di reddito, i quali contribuiscono al finanziamento e alla tenuta del Welfare nel sui insieme considerato (beni, servizi e prestazioni); segnala pertanto l’efficienza e la razionalità delle politiche di istruzione e formazione professionale di un paese, riscontrando i margini di allineamento tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e quelle effettivamente disponibili. Secondo gli ultimi dati statistici –riferibili al 2019 – in Italia il tasso di occupazione delle persone tra i 15 e i 64 anni di età è del 59,4%; sui potenziali occupabili in pratica sono impiegati più della metà. L’andamento sarebbe stato positivo se non ci fosse stata la drammatica battuta d’arresto dell’emergenza pandemica. Il tasso di disoccupazione risulta comunque stabile al 9,7%. La disoccupazione giovanile si attesta oggi intorno al 30,5%, un importante miglioramento se si considera che nel 2014 sfiorava il 44%. È opportuno precisare che il tasso di disoccupazione misura il rapporto tra la popolazione tra il 15 e i 64 anni, in cerca di occupazione e la somma della popolazione, compresa in quella fascia di età, occupata e in cerca di occupazione (c.d. “forza lavoro”). Secondo l’ISTAT la categoria “in cerca di occupazione” riguarda le persone che cercano attivamente lavoro ovvero hanno compiuto almeno un’attività di ricerca lavoro nelle quattro settimane che precedono la raccolta dei dati e sono disposte a lavorare nelle due settimane successive. Dunque i dati ISTAT della disoccupazione non raffigurano del tutto il quadro delle persone senza lavoro, che vanno infatti integrati con le notizie in merito alla diversa categoria degli inattivi. GLI INATTIVI sono i soggetti che non lavorano e non cercano lavoro né sono coinvolti in percorsi di formazione. Il tasso di inattività indica il rapporto tra le “non forze lavoro” della popolazione di un’età compresa tra i 25 e i 64 anni di età, e il totale della popolazione corrispondente. Fanno parte della “non forza lavoro” tutte le persone che non sono occupate e

che non cercano lavoro (disoccupazione volontaria) e quelli che restano in attesa di richieste di lavoro già avanzate in questo caso si parla di “forza lavoro potenziale”. In Italia il numero degli inattivi è considerevole, anche se in calo. Tra gli inattivi una particolare attenzione deve essere dedicata ai c.d. NEET (NOT IN EDUCATION, EMPLOTAMENT OR TRAINING), ossia i nativi precari, giovani che non solo non studiano e non lavorano, ma che vivono anche in famiglie dove nessun genitore è occupato e che rappresentano il 18,4% delle famiglie italiane. Questa percentuale sale al 24.7% nel mezzogiorno. Poi bisogna tener conto delle persone in PENSIONE. Esse non sono più attive sul mercato del lavoro, ma la loro misurazione serve a comprendere la fragilità dell’equilibrio sociodemografico italiano, ove si corre il rischio che saranno più i pensionati che i lavoratori in servizio, con gravi ricadute sul finanziamento della previdenza sociale. In più questo dato serve ad orientare il legislatore nella definizione della durata lavorativa e dunque a conferire ragionevolezza alle riforme pensionistiche. L’INPS (istituto nazionale della previdenza sociale) nel rapporto annuale del 2019 riporta il numero dei pensionati: ex lavoratori iscritti alle gestioni INPS che sono più di 16 milioni La relazione del presidente dell’INPS che accompagna il rapporto ha poi evidenziato come la crisi economica degli ultimi anni ha inciso drasticamente sulla quota della popolazione in povertà assoluta creando differenze territoriali non tollerabili. La stessa relazione poi rimarca una serie di aspetti critici, mettendo in luce diverse sfide del paese: il basso tasso di occupazione, l’economia informale che a volte si manifesta attraverso fenomeni criminali come il caporalato, il declino demografico, le disuguaglianze di genere e di reddito. In ogni caso i dati illustrati potrebbero peggiorare a causa dell’emergenza covid 3) ALL’OMBRA DEL MERCATO: IL LAVORO SOMMERSO Purtroppo spesso le relazioni di lavoro non si svolgono alla luce del sole. Esiste il c.d. lavoro nero, più tecnicamente lavoro sommerso o non dichiarato, che sfugge alle regole del diritto e della leale concorrenza imprenditoriale. Non esistono dati univoci sul lavoro non dichiarato, una realtà appunto fuori dai circuiti formali di rilevazione. Si tratta quindi di elaborare stime e previsioni che richiedono l’incrocio di molti dati statistici. 4) I PRINCIPALI ATTORI DEL MERCATO DEL LAVORO I Soggetti la cui azione presenta delle ricadute essenziali e dirette sulle principali dinamiche del lavoro e dell’occupazione sono: amministrazioni pubbliche e apparati istituzionali (nazionali, europei e internazionali) imprese e sindacati. Il filo conduttore che lega tutti questi soggetti è la Costituzione, la quale prevede talvolta veri e propri obblighi e compiti, talaltra limiti e condizionamenti (è il caso art 41 Cost con riferimento all’iniziativa economica privata). La Costituzione italiana in particolare colloca Stato, imprese e sindacati all’interno di una cornice di riferimento unitaria e puntale dove primeggia la funzione di protezione a sostegno del fondamentale diritto sociale al lavoro (art. 4 Cost.). LE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO, LE REGIONI E GLI ALTRI ENTI PUBBLICI IL CNEL: consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, si tratta di un organo di consulenza delle Camere e del Governo. tra le sue molteplici funzioni il CNEL esprime valutazioni e proposte sui più importanti documenti ed atti di politica e di programmazione economica e sociale, anche con riferimento alle politiche comunitarie. Può esprimere proprie valutazioni sull’andamento della congiuntura economica in sessioni semestrali e può contribuire all’elaborazione della legislazione quando comporti indirizzi di politica economica e sociale esprimendo pareri e compiendo studi e indagini su richiesta delle Camere, del Governo, o delle regioni o delle province autonome. Il CNEL inoltre deve redigere annualmente una relazione (consegnata al governo e al parlamento) sui livelli e la qualità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini nonché la cura e la gestione dell’archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro. Ai sensi dell’art 99 il consiglio ha: “l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge”. In ragione della sua funzione consultiva e propositiva sui temi del lavoro e dell’impresa il CNEL è composto da “esperti e rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa”. Non è però una sede di

rappresentanza e di composizione corporativa di interessi contrapposti, ma soggetto tecnico, il quale deve agevolare l’intervento delle parti sociali e delle forze produttive nella definizione degli indirizzi e degli obiettivi di fondo della politica economica e sociale. Il CNEL non ha competenze operative; sono altre le sedi dove si svolge la effettiva programmazione politica in materia di lavoro e sicurezza sociale. In primo luogo IL MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, che in molte delle sue funzioni è affiancato da due importanti Agenzie: L’ANPAL e L’INL. Il ministero è organo del Governo ed ha competenze che spaziano dalle politiche del lavoro, e dell’occupazione alla tutela dei lavoratori. Per quanto attiene alle politiche sociali e previdenziali esercita le funzioni di:  Definire i criteri generali per la programmazione della rete degli interventi di integrazione sociale e dei criteri di ripartizione delle risorse del fondo nazionale per le politiche sociali,  Assistenza tecnica a richiesta degli enti locali e territoriali  Controllo e vigilanza amministrativa e tecnico finanziaria sugli enti di previdenza e assistenza obbligatoria e sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale e sui patronati. Anche le REGIONI e PROVINCE AUTONOME hanno un ruolo nell’ambito della gestione delle politiche del lavoro e supporto del mercato del lavoro. Quanto alle competenze in materia di politica attiva e promozione dell’occupazione può dirsi che esse avevano ereditato in un primo tempo le funzioni precedentemente attribuite al Ministero del lavoro, quali il collocamento, la preselezione di incontro tra domanda ed offerta oltre che la programmazione e il coordinamento di incentivi finalizzati all’occupazione e alla rioccupazione, fermo restando in capo allo Stato i compiti di vigilanza in materia di lavoro dei flussi di entrata di lavoratori extracomunitari, di conciliazione di controversie individuali e risoluzione di controversie collettive di rilevanza pluriregionale, di conduzione coordinata e integrata del sistema informativo del lavoro e infine di raccordo con gli organismi internazionali e dell’Unione europea. Lo scenario è quello di una gestione congiunta, sulla base di apposite convenzioni tra stato e regioni e province autonome. L’ANPAL l’agenzia per le politiche attive del lavoro svolge un ruolo fondamentale nella gestione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro e dei servizi per l’impiego. Essa è il centro di coordinamento della rete dei servizi per le politiche del lavoro costituite anche da strutture regionali; INPS, in relazione alle competenze in materia di incentivi e strumenti a sostegno del reddito; INAIL, in relazione alle competenze in materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con disabilità al lavoro. Lo stato affianca all’azione del Ministero del lavoro, quella di ulteriori enti pubblici che curano i compiti di sicurezza sociale riguardanti le misure di previdenza, assistenza e di protezione dei lavoratori. L’ente principale è l’INPS, erede della Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai (costituita con la L.17 luglio 1898, n 350) che disciplinava e organizzava la prima forma assicurativa a carattere previdenziale. Dagli anni ’90 una serie di istituti previdenziali di categoria sono confluiti nell’INPS, in particolare dal 2012 sono state trasferite le competenze dell’INPDAP (istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica) e dell’ENPALS (ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo). L’attività principale dell’istituto consiste nella liquidazione e nel pagamento delle pensioni e delle indennità di natura previdenziale, basate su rapporti assicurativi e finanziate con i contributi di lavoratori e aziende pubbliche e private, e nella erogazione delle prestazioni di natura assistenziale (interventi propri dello “stato sociale”). Per alcuni di questi procedimenti l’INPS è impegnato nella sola fase di erogazione, per altre svolge tutto il procedimento dell’assegnazione. INAIL, l’altro ente competente della sicurezza sociale è l’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), nasce con il r.d 23 marzo 1933 n.264 con cui si operò l’unificazione della cassa nazionale infortuni e delle casse private di assicurazione, allo scopo di tutelare, dal punto di vista assicurativo, le vittime degli infortuni sul lavoro. Nel 1965 i principi fondamentali dell’assicurazione infortuni vengono raccolti in un testo unico (d.p.r 30 giugno 1956 n 1124) e negli anni le successive modifiche ne hanno via via esteso la portata. In particolare nel 2010 l’INAIL assorbe le funzioni dell’ ISPEL (Istituto superiore

prevenzione e sicurezza lavoro) e dell’ IPSEMA (Istituto di previdenza per il settore marittimo). In tal modo accanto all’istituto previdenziale unitariamente configurato prende forma quello che è stato definito “polo della salute e della sicurezza”. L’INAIL oggi è ente deputato alla tutela della salute negli ambienti di lavoro e di vita, fornendo assicurazione e indennizzo, prevenzione e ricerca scientifica; interventi di cura e riabilitazione e reinserimento ai lavoratori infortunati e servizi di consulenza, certificazione e verifica alle imprese. I principi cardine di questo sistema di protezione sono immutati dal 1935 e sono la costituzione automatica del rapporto assicurativo e l’automaticità delle relative prestazioni. LE IMPRESE Secondo l’art 41 Cost., ferma la libertà delle IMPRESE, la loro attività deve essere indirizzata e coordinata ai fini sociali. Il panorama delle imprese italiane è molto frastagliato. L’ISTAT ha recentemente concluso il censimento permanente delle imprese ed ha fornito una serie di informazioni sulle principali caratteristiche della transizione in atto nel nostro sistema produttivo. Dall’analisi emerge l’eccessiva frammentazione del settore produttivo italiano, caratterizzato però da un aumento dal 2011 al 2018 del peso occupazionale delle grandi imprese e da una riduzione del peso delle microimprese. Oltretutto nel rapporto è emersa una forte polarizzazione tra settori in espansione e settori in ripiegamento occupazionale ed una netta tendenza al decentramento della produzione all’estero: nel 2018 tra le imprese con almeno 10 addetti il 2,8% produce fuori dai confini italiani parte del proprio output. Per la maggioranza di queste imprese la delocalizzazione produttiva è avvenuta solo attraverso la stipula di accordi e contratti. Il rimanente realizza la produzione estera tramite investimenti diretti. In questa seconda ipotesi il 32,2% dei casi reimporta i prodotti in Italia per usi finali; nelle altre ipotesi il paese di insediamento svolge una funzione di piattaforma per esportare nei paesi terzi. Questi dati ci permettono di comprendere come la gestione dei rapporti di lavoro e le rispettive regole siano influenzate dalla dimensione e del settore imprenditoriale in cui esse si svolgono. Più spesso la contrattazione tra le rappresentanze collettive degli attori economicosociali a disegnare discipline meglio tarate sulle effettive dimensioni delle diverse realtà produttive: spesso l’ambito stesso di applicazione dei contratti collettivi viene distinto in base alle caratteristiche e alle dimensioni delle imprese. I SINDACATI I sindacati rappresentano i loro iscritti e, più in generale, le istanze del mondo del lavoro. Sono associazioni di diritto privato e il panorama italiano, pur caratterizzato dal pluralismo sindacale (art 39 cost) vede principalmente tre soggetti, sorti nell’immediato dopo-guerra: CGIL, CISL e UIL: c.d. Triplice.  La CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) nasce nel 1944 come continuazione della preesistente CGdL (confederazione generale del lavoro);  La UIL (unione italiana del lavoro) di ispirazione laica, democratica e socialista segue nel 1950;  La CISL (confederazione italiana sindacati dei lavoratori) di ispirazione cristiana anch’essa nata nel 1950. Vi sono poi altre confederazioni di portata nazionale: UGL (Unione Generale del lavoro) orientata politicamente a destra erede della CISNAL (confederazione italiana sindacati nazionali lavoratori). Altra confederazione è la CISAL (confederazione italiana sindacati autonomi lavoratori) sorta nel 1957. Nei primi anni 80 compare la COBAS (confederazioni dei comitati di base), la cui sigla inizialmente si riferiva solo alla scuola per poi estendersi ad altre categorie professionali. Soggetto sindacale di stampo autonomistico e non inquadrabile nella logica dell’azione delle storiche confederazioni è la CUB (confederazione unitaria di base) formalizzata nel 1992. Attualmente il soggetto di riferimento di quest’ultima forma di sindacalismo è la USB (unione sindacale di base). Infine la CONFSAL (confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori) nata nel 1979 dalla fusione di due organizzazioni sindacali, con buona rappresentatività nel pubblico impiego. Si ha poi l’USI (unione sindacale italiana) che dal 1983 ha preso il testimone di una sigla di stampo anarchico libertario.

La principale associazione di rappresentanze delle imprese manifatturiere e dei servizi in Italia, è CONFINDUSTRIA, la cui fondazione risale al 1910; ad adesione volontaria essa si fonda su oltre 150 mila imprese di tutte le dimensioni. Nel 1947 nasce CONFAPI (confederazione italiana della piccola e media industria privata) e nel 1945 nasce CONFCOMMERCIO (confederazione generale delle imprese, delle attività professionali e del lavoro autonomo) che associa 700mila imprese. Le amministrazioni pubbliche sono rappresentate dall’ ARAN (agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni). Con una convenzione sottoscritta il 19 settembre 2019 tra Inps, Confindustria, Cgil, Cisl, Uil è stata nuovamente affidata all’INPS la competenza per la misurazione della rappresentanza dei sindacati lavoratori nelle aziende del sistema Confindustria. Con la convenzione viene conferito all’INPS l’incarico di rilevazione dei dati degli iscritti alle organizzazioni sindacali, il c.d. “dato associativo” (il rapporto tra lavoratori iscritti a ogni organizzazione e il totale degli iscritti al sindacato). All’istituto viene inoltre affidata la raccolta di dati relativi alle rappresentanze delle aziende, il c.d. “dato elettorale” (il rapporto tra lavoratori che nelle elezioni delle rappresentanze sindacali aziendali, hanno votato la specifica organizzazione sindacale e il totale dei lavoratori che hanno preso parte al processo elettorale) Il ruolo del sindacato ha un’importante riconoscimento anche nell’ambito dell’unione europea. Qui, in seno al Comitato Economico e Sociale opera la confederazione europea dei sindacati (CES ovvero european trade union confederation eutc ETUC). Della CES fanno parte 85 confederazione sindacali nazional...


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