Diritto internazionale del lavoro Zanobetti (cap. 1 2 3 4) PDF

Title Diritto internazionale del lavoro Zanobetti (cap. 1 2 3 4)
Author Elena Traversa
Course Diritto internazionale 
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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“Diritto internazionale del lavoro” di A. Zanobetti ed. Giuffrè, anno 2011 I. ORIGINE STORICA E FONTI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE DEL LAVORO 1. Il diritto internazionale del lavoro è costituito dall’insieme delle norme internazionali che disciplinano lavoro e sicurezza sociale. La maggior parte di esse è all’interno di appositi trattati, ma molte sono contenute in testi più generali relativi alla protezione dei diritti dell’uomo. Il diritto internazionale del lavoro si divide in due tipi: il diritto a carattere universale e il diritto a carattere regionale. Mentre il primo riguarda tutti gli Stati del mondo e si trova nei testi relativi ai diritti dell’uomo con disposizioni sul lavoro (Dichiarazione Universale Diritti dell’Uomo, 1948); il secondo si interessa a testi più specificatamente inerenti il lavoro e la sua disciplina. Il gruppo più completo di norme internazionali relative al lavoro è rappresentato dalle convenzioni e dalle raccomandazioni elaborate dall’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) che ha guadagnato il nome di “Codice Internazionale del Lavoro”. Vi sono inoltre norme di portata più locale (regionale) elaborate a livello regionale: es. Consiglio D’Europa o l’Unione Africana, etc... Non bisogna poi trascurare l’importanza delle norme internazionali originate da trattati bilaterali ovvero conclusi tra due Stati interessati a normare un loro specifico interesse. 2. Origine storica del diritto internazionale del lavoro L’idea di migliorare le condizioni lavorative nasce nel 19esimo secolo in Inghilterra su richiesta di un industriale da cui prese poi spunto il Parlamento per limitare quanto meno le ore lavorate dai fanciulli. Le lamentele furono diverse soprattutto perchè seguire delle norme per il miglioramento delle condizioni lavorative, avrebbe portato ad un aumento dei prezzi e ad un calo della competitività inglese nell’ambito della concorrenza internazionale. Si capì però che la soluzione non era di eliminare le riforme dell’industria, ma di farle adottare a tutti i paesi. I diversi appelli da uno o dall’altro stato per incontrarsi e parlarne non ebbero seguito fino al 1890 quando a Berlino si riunirono pur senza un risultato concreto, i rappresentanti di buona parte dell’Europa. Iniziarono però ad apparire i primi accordi bilaterali, primo fra tutti, nel 1904, quello tra Italia e Francia che avrebbe permesso alla Francia di avere prodotti più competitivi (l’Italia aveva un costo del lavoro più basso) e all’Italia di migliorare le condizioni di lavoro degli italiani che lavoravano in Francia ed erano trattati in modo diverso dai francesi e quelle degli italiani in generali in quanto non c’era ancora una normativa italiana in materia di lavoro. Nacquero dunque nel 1901, un primo ufficio internazionale del lavoro con sede a Basilea sovvenzionato privatamente da alcuni Governi e un’associazione internazionale per la protezione dei lavoratori. Nel 1906, su iniziativa dell’associazione internazionale entrò in vigore la norma sull’abolizione del lavoro notturno femminile, segnando così l’inizio delle norme internazionali del lavoro.

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3. Ruolo delle organizzazioni internazionali nell’adozione delle norme internazionali in materia di lavoro Il complesso di norme in materia di lavoro più complesso è quello adottato dall’OIL nata nel 1919 con i trattati di pace che hanno fatto seguito alla fine della prima guerra mondiale. Ma le organizzazioni internazionali, istituite tramite un trattato (atto costitutivo detto anche carta, costituzione o patto) tra Stati con interessi comuni, possono avere competenze generali (su tutto, quindi) come le Nazioni Unite o settoriali, come accade invece a livello regionale (Unione Europea). Le organizzazioni internazionali hanno personalità giuridica e come gli Stati sono soggetti di diritto internazionale pertanto la comunità internazionale è il risultato di Stati + Organizzazioni Internazionali. Tutte le organizzazioni internazionali hanno alcune caratteristiche in comune: sono formate da Stati (ma anche da altre organizzazioni internazionali), sono istituite da un trattato internazionale, hanno personalità giuridica. Le organizzazioni internazionali si distinguono da quelle non governative in quanto non hanno le caratteristiche sopra riportate (es. Greenpeace, Amnesty, etc...). 4. Fonti del diritto internazionale del lavoro Le fonti del diritto internazionale del lavoro sono: consuetudini ovvero un comportamento messo in atto costantemente e in modo diffuso; trattati (detti anche accordi, convenzioni, patti, protocolli) ovvero accordi fra due o più soggetti di diritto internazionale con forza obbligatoria tra le parti. Sono generalmente scritti, ma anche verbali o addirittura taciti. I trattati che hanno per oggetto la codificazione di norme consuetudinarie di diritto internazionale prendono il nome di accordi di codificazione. I trattati in materia di diritti dell’uomo possono essere di due tipi: uno crea obblighi oggettivi e quindi deve essere rispettato da uno stato anche se l’altro contraente viene meno (sono di questo tipo la quasi totalità dei trattati promossi dall’OIL); un altro tipo di trattato, invece, implica condizioni di reciprocità nel rispetto dello stesso (es. disposizioni tra stati per il trattamento dei cittadini dell’altro stato). Molte organizzazioni internazionali non creano accordi, ma ne promuovono l’adozione da parti degli Stati suoi membri. Indipendentemente da chi li abbia creati, per essere adottati dagli Stati, i trattati devono essere RATIFICATI. Strumento di ratifica è la firma della persona competente a ratificare il trattato per conto dello Stato; in Italia il PdR dopo autorizzazione da parte delle Camere. Quando la ratifica avviene da parte di Stati che non hanno partecipato alla negoziazione del trattato stesso, si parla di adesione ed è possibile solo nel caso in cui il trattato sia aperto (es. adesione di nuovi stati ad un’organizzazione internazionale). raccomandazioni (dette anche dichiarazioni o risoluzioni) sono atti che le organizzazioni internazionali possono mettere in atto per raccomandare un determinato comportamento a Stati membri o non membri. Non sono atti vincolanti e quindi gli Stati non hanno l’obbligo della ratifica, ma hanno l’obbligo di valutare la richiesta e di comunicare all’OIL come si comportano riguardo a quel tema.

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Le raccomandazioni sono indicate come dichiarazioni quando gli si vuole dare un valore particolare o solennità (es. Dichiarazione relativa ai principi e diritti fondamentali nel lavoro o Dichiarazione di Filadelfia). Questo diritto non imposto, ma spontaneamente adottato prende il nome di Soft Law. decisioni sono atti di natura legislativa vincolante, ma sono difficilmente attribuiti alle organizzazioni internazionali da parti degli Stati che le costituiscono perchè gli lascerebbero troppo potere (è esclusa da questo l’Unione Europea). Le decisioni non hanno contenuto propriamente normativo di un comportamento da applicare internamente allo Stato membro, ma si occupano di decisioni inerenti le spese di sostentamento dell’organizzazione da parte degli Stati membri, dell’emanazione di sanzioni verso uno Stato che ha violato un accoro, etc... 5. Norme universali e norme regionali La regolamentazione internazionale del diritto prevede la coesistenza di norme universali e norme regionali. Sorprendentemente, la dimensione universale ha anticipato la regionale ed è spesso più precisa ed efficace. Questo perchè la normativa regionale (ad esclusione di quella dell’Unione Europea) include spesso regolamentazioni di più materie al suo interno a discapito della precisione e soprattutto le organizzazioni regionali non possiedono la competenza specifica in materia dal loro che caratterizza l’OIL. Dal canto loro, le norme universali sono si precise, ma allo stesso tempo non devono essere troppo rigide per poter essere flessibili e applicabili ai diversi contesti statali. In conclusione, la normativa universale costituisce comunque il parametro di riferimento sul quale vengono giudicate le legislazioni degli Stati. L’OIL non incoraggia l’adozione di convenzioni regionali perchè ritiene che la standardizzazione delle norme dovrebbe essere uguale per tutti i paesi del mondo, ma presta consulenza (ma non gli viene riconosciuta una gerarchia) agli stati e alle organizzazioni che la richiedono per la costruzione di normative regionali. L’OIL si fa inoltre promotrice di conferenze regionali che individuino e sviluppino problemi locali che dovranno poi essere sottoposte all’esame della Conferenza Internazionale del Lavoro (organo decisorio dell’OIL). Tra le normative universali e quelle regionali appare chiara la necessità di un coordinamento possibile grazie alla consulenza dell’OIL nel momento in cui si vanno a creare successivi accordi regionali, ma anche attraverso incontri e partecipazioni reciproche ai rispettivi lavori (esistono accordi appostiti tra diversi Stati e l’OIL). In molti casi il coordinamento funziona ottimamente: è il caso della Carta Sociale Europea creata dal Consiglio d’Europa con una stretta collaborazione dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (altro organo OIL); altre volte funziona malamente, come nel caso del Codice Europeo della Sicurezza Sociale che riprende la convezione 102 OIL, ma si differenzia da essa. In questi casi, entrambe le organizzazioni prevedono che venga applicata la disposizione più favorevole al lavoratore e quindi è risolvibile; in altri, i diritti protetti sono differenti e il problema permane (OIL vieta il lavoro notturno femminile, l’Unione Europea promuove l’uguaglianza di trattamento tra uomini e donne).

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6. Diritti dell’uomo e diritti fondamentali in materia di lavoro I diritti dell’uomo sono l’insieme dei diritti e delle libertà fondamentali relativi alla dignità della persona, proclamati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948. I diritti fondamentali in materia di lavoro, possono quindi essere contenuti all’interno di tali diritti generali, ma anche all’interno di appositi trattati.

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II. L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO 1. Creazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro Nel 1919 a Parigi, alla fine della prima guerra mondiale, gli Stati, volendo regolare le relazioni internazionali cercando di evitare conflitti armati futuri, istituirono organizzazioni che permettessero una convivenza pacifica fra le nazioni tra cui la Società delle Nazioni attraverso l’omonimo patto. Lo scopo della Società delle Nazioni era di far impegnare gli Stati a cercare di risolvere eventuali conflitti possibilmente in modo diverso da quello armato attraverso la consultazione del Consiglio. In realtà la vita di questa istituzione fu relativamente breve e si concluse con lo scoppio della seconda guerra mondiale. A livello sociale e lavorativo, le organizzazioni dei lavoratori avevano iniziato sia in Europa che in America ad avanzare l’idea che anche rappresentanze degli stessi dovessero partecipare ai trattati di pace insieme ai governi e proposero la costituzione di un’organizzazione permanente. All’interno dei trattati di pace che diedero origine alla Società delle Nazioni, quindi, venne adottata anche la Costituzione dell’OIL, l’organizzazione internazionale del lavoro di cui si decise anche un programma in nove punti: l’affermazione che il lavoro non è una merce, il diritto di associazione per lavoratori e datori di lavoro, il pagamento di un equa retribuzione ai lavoratori per garantire una vita dignitosa, una durata massima del lavoro fissata a 8 ore giornaliere o 48 settimanali, riposo settimanale di almeno 24 ore possibilmente di domenica, la soppressione del lavoro infantile e la regolamentazione di quello adolescente (istruzione e sviluppo fisico), un uguale retribuzione per un lavoro di pari lavoro per uomini e donne, la non discriminazione tra tutti i lavoratori legalmente residenti nel paese, l’istituzione di organi per l’ispezione del lavoro. L’OIL venne quindi creata come organizzazione con valenza universale con sede prima a Londra e dal 1920 a Ginevra presso la Società delle Nazioni. Oltre al programma in nove punti, la Costituzione aveva fissato anche la prima sessione della Conferenza (autunno 1919 a Washington) e ordine del giorno che adottò le prime convenzioni e raccomandazioni. Ma già nel 1920 si riunì una seconda volta la Conferenza per normare il lavoro marittimo. La crisi del ’29 mostrò però che era limitante attribuire all’OIL solo compiti normativi in quanto era necessario un ampliamento dei compiti verso l’analisi dell’impatto che le questioni economiche avevano sul lavoro e quindi il sostegno di politiche per l’occupazione. Nei primi anni di attività, l’ampiezza della competenza dell’OIL venne però a volte contestata dagli Stati; in particolare tre pareri della Corte permanente di giustizia internazionale specificarono i compiti della stessa. Due di questi pareri riguardarono la competenza dell’OIL relativamente al settore agricolo, competenza che fu messa in dubbio dalla Francia mentre un terzo parere, richiesto dalla rappresentanza dei datori di lavoro, riguardò le norme per il divieto di lavoro notturno nell’ambito della panificazione anche per i datori di lavoro e non solo per i lavoratori. In tutti e tre i casi, la Corte permanente attestò la completa competenza dell’OIL confermando e riconoscendo la sua padronanza dell’argomento in ogni aspetto. 2. La dichiarazione di Filadelfia. L’integrazione dell’OIL nel sistema delle Nazioni Unite Grazie ai positivi risultati raggiunti, l’OIL sopravvisse alla disfatta della Società delle Nazioni e nel 1944, la Dichiarazione di Filadelfia riconobbe e confermò i compiti attribuiti all’Organizzazione. Anche durante la seconda guerra mondiale, infatti, l’Organizzazione aveva continuato a lavorare alacremente per proteggere i lavoratori anche se la sede venne spostata in Canada per ragioni di sicurezza.

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Il programma di lavoro dell’Organizzazione si allargò fino a coprire l’ambito delle condizioni di vita e non più solo di lavoro dei lavoratori in quanto un miglioramento delle singole vite sarebbe stato un miglioramento per la comunità intera. L’OIL venne formalmente riconosciuta anche dall’ONU con un accordo reciproco nel 1946. Se nel 1919, al momento della Costituzione, erano solo 29 gli Stati membri e alcuni si erano ritirati durante la seconda guerra mondiale (Stati dell’Asse. Italia uscita nel 1937 e rientrata nel 1945), attualmente sono 183 i paesi membri e solo pochi (piccoli come il Principato di Monaco o di recente costituzione) non sono iscritti. 3. Il tripartitismo L’OIL è composta dai rappresentanti dei Governi membri, da rappresentanti dei loro lavoratori e da rappresentanti dei datori di lavoro in quanto sono queste le figure interessate. Questo assetto permette che l’Organizzazione riceva la fiducia di Governi e associazioni sindacali sia dei lavoratori che dei datori di lavoro. Il funzionamento dell’OIL, inoltre, è garantito da 3 organi specifici, tutti a composizione tripartita anche se la scelta dei delegati, da parte di ogni paese, è a discrezione del paese stesso. La rappresentanza che si vuole all’interno dell’OIL è una rappresentanza reale e quindi è messa in dubbio ogni qualvolta la storia del paese in dubbio affronta momenti particolari (es. eliminazione della libertà sindacali da parte del partito fascista in Italia e coincidenza datori di lavoro e stato nei paesi di stampo socialista). 4. La missione e la struttura dell’Organizzazione internazionale del lavoro a) Gli obiettivi dell’organizzazione Gli obiettivi dell’OIL sono 3: umanitario, politico ed economico. Nel primo caso si vuole un miglioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori, un aumento della protezione e una maggiore giustizia sociale; nel secondo si cerca di evitare, attraverso un aumento della giustizia sociale, il ripetersi di disordini e rivolte messe in atto dalle classi operaie a seguito dell’industrializzazione e delle pessime condizioni di lavoro; nel terzo, si ricerca una soluzione che permetta di ridurre le ore di lavoro e aumentare la retribuzione senza creare problemi concorrenziali con altri stati (che magari tengono i costi bassi non rispettando gli standard minimi imposti dalla materia trattata dall’OIL). Quest ultimo punto tiene in considerazione il fatto che il lavoro non è una merce e come tale il suo prezzo non può essere lasciato al mercato perchè non possono essere accettabili condizioni lavorative al di sotto degli standard prefissati. b) L’attività L’attività ha inizio nel 1919 con le prime sei convenzioni fondamentali: durata del lavoro, disoccupazione, protezione della maternità, divieto di lavoro notturno per le donne, età minima per lavorare, divieto di lavoro notturno per i fanciulli. Nel 1998 l’OIL lavorò intensamente per adottare la Dichiarazione sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro che definisce le norme minime da rispettare in materia di lavoro e alcune procedure per incoraggiare l’adozione degli stessi da parte degli Stati che non l’avessero ancora fatto. Di nuovo nel 2008 l’Organizzazione ha adottato la Dichiarazione sulla giustizia sociale per una globalizzazione giusta promuovendo sempre l’obiettivo di un lavoro dignitoso per tutti.

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L’OIL presta consulenza ai diversi organismi internazionali che richiedono il suo aiuto (es. Carta sociale europea insieme al Consiglio d’Europa) su diversi ambiti legati al lavoro come la formazione professionale, le politiche dell’occupazione, l’amministrazione del lavoro, la sicurezza. c) Gli organi dell’OIL Gli organi dell’Organizzazione sono principalmente 3: 1) Conferenza Internazionale del Lavoro Si riunisce ogni anno a giugno a Ginevra, presso la sede dell’Organizzazione ed è composta da delegazioni di tutti gli Stati membri. Ogni delegazione consta di 4 delegati: 2 che rappresentano il governo, 1 che rappresenta i lavoratori e 1 che rappresenta i datori di lavoro. I rappresentati dei lavoratori e dei datori votano secondo le istruzioni ricevute dalle parti che rappresentano, anche in contrasto tra loro o con il governo del proprio stato. Ognuno di essi ha diritto ad un voto e a farsi accompagnare da consulenti tecnici. La delegazione è guidata solitamente dal Ministro del Lavoro. La Conferenza si occupa di: promuovere e realizzare i principi e i diritti fondamentali del lavoro, elaborare e approvare le norme internazionali del lavoro (attraverso convenzioni e raccomandazioni), discutere e decidere le politiche generali dell’OIL, approvare ogni due anni il programma di lavoro e il bilancio (finanziato dagli Stati membri), nominare il Consiglio di Amministrazione; 2) Consiglio di Amministrazione E’ l’organo esecutivo dell’OIL, nominato dalla Conferenza, rimane in carico 3 anni ed è composto da 56 membri: 28 rappresentanti dei Governi, 14 dei lavoratori, 14 dei datori di lavoro. Dei 28 rappresentanti dei Governi, 10 sono scelti di diritto dai 10 Stati più industrializzati; mentre gli altri 10, rappresentanti degli altri Stati, sono eletti ogni 3 anni dalla Conferenza. I rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, invece, scelgono i propri membri. Si riunisce anch’esso a Ginevra, in genere 3 volte all’anno. Il Consiglio si occupa di: assumere le decisioni relative alla politica dell’Organizzazione, coordinarne l’attività e convocare la Conferenza di cui stabilisce l’ODG, elaborare programma e bilancio che la Conferenza dovrà approvare, eleggere il Direttore Generale; 3) Ufficio Internazionale del Lavoro E’ il segretariato permanente dell’OIL e impiega quasi 2000 funzionari provenienti dai diversi Stati membri che lavorano tra la sede di Ginevra e circa i 40 uffici nei vari paesi. Si occupa di porre in essere le divers...


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