Riassunto libro The human side of digital PDF

Title Riassunto libro The human side of digital
Course Comunicazione d'Impresa
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Riassunto libro "The human side of digital" Capp 1-6...


Description

COMUNICAZIONE D’IMPRESA! riassunto del libro

!

THE HUMAN SIDE OF DIGITAL! Era digitale, capitale umano, nuovi paradigmi

! (cap. 1-2-3-4-5-6)! Colombo C., Donadio A., Galardi A., Marini V., Solari L.! Edizione: Guerini Next

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Capitolo 1: il digitale che disintegra Il digitale ha già cambiato, e continua a farlo, il modo in cui le persone si rapportano con la nostra organizzazione. Il digitale, è quello che viene definito un “game changer”; Non esiste una prospettiva digitale che non sia pervasiva e non ci richieda di modificare tutta l’organizzazione. Il digitale è un sistema che, da un lato, ha intercettato un processo di cambiamento che nasce dalla liberazione dell’individuo dai vincoli di società tendenzialmente tradizionali; dall’altro si scopre come questi processi a livello individuale abbiano trovato una saldatura in cambiamenti sociali complessivi. Il digitale consente di pensare il cambiamento politico, economico e sociale in modi nuovi. E’ disruptive, perché mette in discussione il modo in cui siamo abituati a fare qualsiasi cosa. Da una parte disintegra molte istituzioni, facendole così scomparire per sempre, ma dall’altro lato integra perché la base per la distruzione è il potenziamento del modo nel quale comunichiamo o ci relazioniamo. Disintegrazione e integrazione si muovono dentro ad un circuito che si auto-alimenta nella tensione creatrice tipica di ogni momento di cambiamento. Il digitale inoltre abilita processi che rappresentano l’esito di una tensione verso un mondo che mette sempre più al centro la persona, la sua libertà, il suo potenziale, i suoi sogni e desideri. 1. Alla ricerca di tre bisogni universali di base: autonomia, connessione e competenza Secondo diverse teorie e visioni, quali l’origine della specie di Darwin, Barnard e Gehlen, vi è una tensione verso l’azione e il cambiamento che rappresenta una caratteristica del tutto umana che alimenta una ricerca continua del nuovo. Per questo le persone che sperimentano autonomia personale, migliorano il proprio benessere attraverso un processo che appare biologico ed evolutivo. Queste tre caratteristiche (autonomia, connessione e competenza) vengono identificate dalla SDT (self determination theory) come tre bisogni universali fondamentali che costituiscono in un certo senso la natura umana. Il bisogno di autonomia è definito come il desiderio innato dell’individuo di sentirsi attore e sperimentare un senso di scelta e libertà psicologica quando agisce. Il bisogno di competenza è il desiderio innato di un individuo di sentirsi efficace nel rapporto con l’ambiente. Infine il bisogno di connessione è la propensità innata di sentirsi collegato agli altri, di essere membri di un gruppo, amare e preoccuparsi, essere amati ed essere accuditi. Il digitale stimola tutti e tre i bisogni universali. Si tratta di una tecnologia che consente di pensare la connessione tra le diverse persone in modi completamente diversi da quelli che ci vincolavano in un determinato spazio fisico. 2  di 30 

2.1 Un’organizzazione con valori diversi: libertà, cooperazione e significato I tre bisogni universali non hanno mai rappresentato nel loro insieme la base per lo sviluppo di un ripensamento dei modelli di organizzazione del lavoro. Keidel (1995) è l’autore che è andato più vicino a identificare nei modelli di progettazione dell’organizzazione di rispondere a queste esigenze, nel suo modello di triangolare di progettazione organizzativa. E’ una struttura flessibile e in grado di riadattarsi rapidamente. Egli considera le scelte di progettazione organizzativa come azioni volte a bilanciare tre esigenze diverse: controllo, cooperazione e autonomia. Ogni organizzazione secondo Keidel deve: definire le priorità tra controllo, cooperazione e autonomia, per poi integrarle e focalizzarsi su ciascuna nel momento nel quale le condizioni richiedono di farlo. La conseguenza importante per le persone è stata la difficoltà con questi modelli di tenere conto nello stesso momento di tutte e tre le esigenze individuali che derivano dai tre bisogni universali di base. Il contesto competitivo che viviamo per la prima volte, spinge le organizzazioni a dover sapere presidiare tutte e tre le dimensioni strutturali. Questa transizione richiede di ripensare profondamente all’assetto delle nostre organizzazioni, realizzando la necessità di una transizione tra due sistemi di valori radicalmente opposti. La libertà è il valore da sostituire al controllo per consentire alle persone di esprimere pienamente il proprio potenziale. La cooperazione è un ingrediente fondamentale del modello di progettazione contingente studiato da Lawrence e Lorsch. Esso prevede che per meglio operare l’organizzazione debba adattare i modelli di lavoro dei task che si presentano loro. Il significato ha riconoscimento pieno del fatto che le persone siano alla costante ricerca di un significati nelle loro azioni e nella loro esistenza. Nel nostro modello, questi tre concetti, diventano i principi di progettazione per rendere l’ambiente organizzativo coerente con quanto accade attorno all’impresa.

Capitolo 2 La digital transformation Il cambiamento è un tema ambiguo che porta a rappresentarlo quasi sempre come un’incognita, densa di preoccupazione. Ciò che interessa è da un lato il modo nel quale si può operare per far cambiare, e dall’altro lato il modo in cui la realtà costantemente cambia anche senza alcun intervento da parte di un sogetto. In questo processo giocano ruolo tanti elementi quali le persone (attori dotati di obiettivi) e competenze (opportunità di cambiare), 3  di 30 

la tecnologia e il caso. Il cambiamento quindi corre sul filo di interazioni difficili, tanto che si parla di come sia una disciplina ed una competenza organizzativa in sé. Se si considera il cambiamento dal punto di vista della tecnologia, la prospettiva da prendere in considerazione è quella dell’embricatura. L’embricatura (imbrication) è la disposizione delle tegole sui tetti nella quale l’intersezione e sovrapposizione genera una struttura che la sostiene. L’uso della metafora nel rapporto tra azione umana e tecnologia è descritto da Leonardi (2011) secondo cui le azioni umane e le azioni rese possibili dalla tecnologia, interagiscono e si intrecciano per formare nuovi modi di organizzarsi (routine) e per formare nuove forme di tecnologia in un processo continuo di interazione nella quale diventano importanti fattori come la flessibilità degli strumenti ed il caso. Quando si pensa alla digital trasformation la si interpreta come un processo di cambiamento che avviene in modo incessante e che può essere modellizzata solo per semplicità di interpretazione. Quindi anche per Leonardi la tecnologia propone possibilità ( affordances) e vincoli ( contraints) che interagiscono con le scelte, i desideri e le competenze delle persone dell’organizzazione (e al suo esterno) per definire soluzioni organizzative o nuove implementazioni tecnologiche. La tecnologia digitale è molto avvantaggiata rispetto a quella del passato. La presenta di possibilità multiple resa possibile dalla facile programmabilità, costituisce un elemento di massima configurabilità dell’organizzazione. Ecco perché è importante sapere perché cambiare e come cambiare. Il perché richiede una diagnosi dell’organizzazione per identificare la direzione da intraprendere per crescere, rafforzarsi o sopravvivere. Il come richiede di guidare l’organizzazione verso un modo diverso di operare. 2. I modelli di strategic change Il cambiamento strategico è uno dei processi di business più importanti poiché viene attivato quando l’organizzazione ha la percezione che il proprio modello di business non sia in grado di sostenere un livello di risultato coerente con le aspettative dei diversi stakeholder (esterni all’azienda). Il cambiamento può quindi essere generato da situazioni diverse come ad esempio unanalisi del posizionamento di mercato e dei dati di business; dalla possibilità di ridurre i costi operativi di gestione e produzione; oppure a volte è promosso dalla necessità di adottare pratiche e modelli di funzionamento derivanti da interventi di regolazione legislativa( Consob). Le ragioni possono dunque essere diverse, ma ciò che accomuna i modelli di strategic change è il fatto di analizzare il processo decisionale che sta alla base della scelta di implementare un cambiamento. ! E’ possibile individuare alcune tipologie di azioni che danno forma a diversi pattern di cambiamento che richiedono a loro volta un approccio manageriale e gestionale diverso: 4  di 30 

1. Incremental change: è il cambiamento che adatta l’organizzazione marginalmente e progressivamente alle condizioni che lo richiedono. E’ un processo naturale che accade in continuità nel funzionamento delle organizzazioni in relazione al presentarsi di sfide diverse. Le opportunità e le mincacce stimolano la ricerca di nuove soluzioni che trasformano l’organizzazione in ogni istante del suo funzionamento. Infatti, in questo caso, il cambiamento è un fatto, una conseguenza stessa dell’azione. La progettazione degli uffici per stimolare il cambiamento incrementale: Diverse imprese si sono concentrate sulla rimodulazione degli spazi di lavoro come strumento per aumentare sia il benessere delle persone, sia la loro creatività (es: Vodafone o Microsoft)

2. Punctuated equilibrium change: è il cambiamento come sequenza di momenti di cambiamento e stabilizzazione. E’ una forma di adattamento che alterna periodi di discontinuità a lunghi periodi di stabilità e il cambiamento avviene in momenti storici specifici. L’organizzazione attravera cicli di crescita stabile e poi fasi che terminano e richiedono un cambiamento radicale di modello. (Xbox)

3. Turnaround: è il cambiamento radicale, volto a modificare completamente il funzionamento dell’organizzazione, a qualsiasi costo. Ha come obiettivo una vera inversione di rotta da attuare nei tempi più rapidi possibile e in condizioni estreme di mercato, quasi come una scommessa estrema per tutta l’organizzazione.

4. Paranoid change: è il cambiamento come continua messa in discussione dei propri prodotti/servizi e del proprio posizionamento. E’ il cosiddetto cambiamento paranoico, un cambiamento continuo. Si agisce in costante paranoia, ovvero in una fase di costante preoccupazione e paura per ciò che possono fare i concorrenti. Questo modello propone il cambiamento costante, ma invece che renderlo incrementale richiede una messa in discussione molto profonda.

5. Evolutionary change: Il cambiamento che fa leva su una continua azione di sperimentazione. Si genera il cambiamento, mettendo a disposizione continuamente nuovi servizi e prodotti ma testandoli rapidamente sui clienti per capirne i potenziali. 5  di 30 

Il management si trova ad abbracciare il cambiamento, non solo a promuoverlo quando serve. Il senso stesso di essere un manager si confonde con il fatto di diventare capaci di promuovere un cambiamento continuo dell’organizzazione. Così allo strategic change si affianca la gestione dell’organitional development (sviluppo organizzativo) che fa leva sui modelli di change. 2.1 Organitional development Ogni manager sa che il cambiamento non è un processo facile perché richiede di governare molte variabili allo stesso tempo. L’organitional development è volto proprio a dare indicazioni su come cambiare in modo efficace le organizzazioni. Sono stati sviluppati molti modelli di change management che di solito prevedono fasi in successione temporale e identificano le competenze richieste agli attori che hanno la responsabilità di far accadere il cambiamento. L’archetipo più noto di O.D è un modello proposto da Lewin (1951) che parte dalla definizione di cambiamento come un processo a tre stadi: 1) Unfreezing: In questa fase di deve rendere evidente la necessità di cambiamento. Gli attori organizzativi devono essere spinti a ritenere possibile uno stato di cose migliore di quella esistente. 2) Movement: In questa fase viene richiesto di modificare i comportamenti che influenzano il modo in cui si agisce. 3) Refreezing: si devono rinforzare i nuovi comportamenti acquisiti per evitare una regressione allo stato iniziale, attraverso l’uso del feedback e di incentivi. Questo modello è stato successivamente arricchito grazie al contributo di altri autori. Il modello più utilizzato (versione più dettagliata di quello di Lewin) è stato proposto da Kotter che espande le fasi da 3 a 8. 1) Creare urgenza per rendere necessario il cambiamento 2) Formare una coalizione di potere per raccogliere le energie necessarie per promuovere il cambiamento e farlo accettare; 3) Creare una visione per il cambiamento per dare un’indicazione della direzione di marcia e associare il cambiamento al raggiungimento di una condizione migliorativa. 4) Comunicare la visione per raggiungere tutte le persone nell’organizzazione e far radicare il processo nelle attività di tutti i giorni. 6  di 30 

5) Enpower action per consentire a chi agisce a favore del cambiamento, di sentirsi sostenuto dall’organizzazione. 6) Creare dei quick wins per gratificare gli sforzi che il cambiamento richiede. 7) Costruire(intervenire) sul cambiamento modificando le strutture e i processi e promuovendo le persone che possono e vogliono sostenerlo. 8) Costruire una percezione chiara del rapporto tra il cambiamento effettuato e il successo dell’organizzazione. I modelli di o.d quindi aiutano il management a capire come organizzare i singoli processi di cambiamento e possono essere applicati a cambiamenti di natura diversa. Quando il cambiamento è di tipo evolutivo, la gestione della transizione diventa una dimensione del funzionamento interno dell’organizzazione stessa.

3. La digital Transformation La digital trasformation è il processo in corso in molte organizzazione a seguito della diffusione delle tecnologie digitali. Essa genera tensioni importanti dentro le imprese perché le spinge a doversi confrontare con sfide importanti. Infatti le organizzazioni vivono in un contesto nel quale la tecnologia digitale comporta: 1. La perdita del confine: Organizzare come coordinamento di interazioni molto diverse con strumenti di influenza differenziati. 2. La perdita della temporalità: Le interazioni sono immediate e possono essere gestite anche a distanza. Ciò fa si che il sistema organizzativo non possa più difendersi con procedure e processi volti a prendere tempo per rispondere alle esigenze del cliente. 3. La perdita dell’ordine e del comando: I manager devono imparare a controllare il funzionamento dell’organizzazione con sistemi meno diretti, anche se spesso più funzionali. 4. La perdita della tecnologia come funzione: la tecnologia è diventata uno degli elementi dell’organizzazione non controllabili. Persone e tecnologie sono in costante rapporto di co-evoluzione, sono intersecate e intrecciate fino al punto da non risultare più chiaro quanto siano le persone a determinare gli usi delle tecnologie o le tecnologie a dettare i comportamenti delle persone. Quindi l’illusione di poter utilizzare la tecnologia per controllare cosa accade nell’organizzazione è una pericolosa sirena per il management.

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Lo strategic change e l’organizational development convergono in un modello integrato di gestione dell’impresa che si basa sul potenziale del cambiamento. Il management deve promuovere il ri-orientamento strategico e la ricombinazione dei modelli interni di funzionamento, perché i due aspetti sono saldati tra di loro. Infatti nella digital transformation , il top management deve saper fare leva sull’asse tra stake-holder esterni( clienti, influencer, etc.) e stakeholder interni ( persone) per creare quella tensione al cambiamento che rappresenta lo stimolo più forte all’azione. Si tratta quindi di un modello di cambiamento basato sulla rimozione degli ostacoli, più che sulla definizione di un processo di change management. L’organizzazione va liberata secondo un chiaro modello evolutivo di cambiamento strategico.

3.1 La digital trasformation nel social per hitrea Hitrea ha sviluppato un modello di intervento che prevede una serie di fasi, volte a dare la capacità all’organizzazione di operare in autonomia facendo leva su tutte le risorse interne. Le prime due fasi hanno l’obiettivo di legittimare il cambiamento. In seguito l’organizzazione è accompagnata nella sperimentazione diffusa e ridondante con una chiara logica evolutiva per facilitare l’identificazione di una propria strada che la aiuti a evolvere, verso la messa in atto, diffusa di comportamenti e azioni basati sulla nuova identità social.

Capitolo 3 Il recruiting nell’era digitale: nuovi paradigmi nell’attrazione, nel riconoscimento e nella gestione dei talenti. Le dimensioni digital offrono un’interazione diretta tra candidati e aziende, che mette in crisi i modelli più tradizionali. 1.Social recuiting: fra opportunità e necessità 1.1 Le fasi evolutive del recruitment Il recruiting (reclutamento) è quella parte del processo di selezione, orientata a ricercare un certo numero di persone in possesso dei requisiti determinati dalle esigenze dell’azienda. Il processo di selezione e gli strumenti utili ai recruiter nel condurre efficacemente la ricerca di potenziali candidati hanno subito un’evoluzione. Negli anni ’90 sono comparse le job board, una delle tante possibilità offerte da un nuovo approccio definito e-recruitment, che si sostanzia nella possibilità di pubblicare annunci di lavoro su bacheche virtuali. E’ dagli anni 2000 che la tecnologia è diventata un vero e 8  di 30 

proprio strumento di vantaggio competitivo per le aziende. La d.t permette ai selezionatori di passare da una lettura passiva e statica a un comportamento attivo, interattivo e dinamico con i candidati e per questo motivo si parla sempre di più di social recruiting: 2. Il recruitment tradizionale Il processo di recruiting si compone di quattro momenti: • Determinazione dell’obiettivo della ricerca (target): scelta delle persone che si intende contattare e le loro caratteristiche. • Definizione di un contenuto (messaggio) con cui diffondere le info sulla ricerca. • Scelta dei mezzi (sistemi di ricerca) attraverso cui trasmettere il messaggio ovvero dove cercare la persona da inserire in azienda. • Raccolta di un pool di nominativi (risultato della ricerca) destinati alla fase successiva di valutazione delle caratteristiche del candidato. La ricerca viene suddivisa tra interna ed esterna all’azienda. interna: bacheche degli annunci(job posting); passaparola all’interno e mobilità interna. esterne: autocandidature, intermediari pubblici, contatti diretti e passaparola (più efficaci sia x imprese sia per candidati), liste/legami diretti con persone e/o università, società di consulenza specializzate, executive search/head hunting( ricerca di dirigenti svolta da “cacciatori di teste”).

1.3L’e-recruitment L’e-recruitment può essere racchiuso in due principali attività: Il web site recruiting ed il recruiting online. Il primo indica la presenza all’interno del sito aziendale di una sezione dove è possibile conoscere le caratteristiche richieste per possibili posizioni aperte, inviare il proprio curriculum e/o compilare application form, in cui indicare tutte le informazioni che l’impresa potrò utilizzare in fase di screening. La principale attività di recruiting è il job posting. Il secondo invece si concretizza nella moltitudine di siti che offrono il servizio di facilitare l’incontro ra domanda e offerta di lavoro. L’attività centrale, in questo caso, è il job advertising.

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1.4Il social recruitment Il social recruitment consiste nella ricerca dei candidati attraverso molteplici social media. L’elemento distintivo è l’utilizzo di diversi social media, per attrarre, ricercare e reclutare possibili candidati per l’impresa. Questo processo può essere in grado di estendere la strategia di reclutamento così da riuscire ad attrarre non solo le persone in cerca di lavoro attivo, ma anche i cosiddetti candidati passivi. Il principio di fondo è la costruzione ed il mantenimento di una relazione più ingaggiante con i candidati: l’umanizzazione del proces...


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