Digital Copywriter - Riassunto libro PDF

Title Digital Copywriter - Riassunto libro
Course LABORATORIO DI CREATIVITÀ PUBBLICITARIA
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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Riassunto libro...


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DIGITAL COPYWRITER Pensa come un copy, agisci nel digitale 1. COME NACQUE E SI FORMÒ IL DIGITAL COPYWRITER Prima le pubblicità erano composte solo di parole con l’obiettivo di informare il lettore sulle caratteristiche di un certo prodotto. Il centro del comunicare si sposta poi dal prodotto all’interlocutore: dal decantare le caratteristiche del prodotto si passa a metterne in scena la vita, i vizi, i desideri, sconfitte e vittorie delle persone a cui erano destinati i prodotti. La comunicazione tra marca e prodotto non deve mirare e centrare un bersaglio, ma deve essere più un incontro paritetico, un discorso democratico basato su valori da condividere, un meccanismo partecipato che invita all’interazione. Il rapporto marca-persone è infatti sempre più aperto, orizzontale, trasparente, disintermediato e basato sull’affinità reciproca. Molte delle caratteristiche della comunicazione digitale non sono in antitesi con quelli dell’advertising. Lo scenario attuale è disomogeneo e frammentato. Le agenzie oggi hanno perso parte della loro centralità. Oggi grandi reparti focalizzati sul digitale convivono con strutture estremamente specializzate (es. studi che si occupano solo di video digitali). Inoltre sono sempre più numerosi i copywriter freelance. Il copywriter generalmente lavora a fianco dell’art director, con l’obiettivo di ideare e gestire progetti di comunicazione come campagne stampa, spot, guerrilla, ecc. Il copy d’agenzia è un generatore di concept, quindi di idee creative, in grado di tradurre le necessità di un’azienda in messaggi laterali e originali. Il talento del copy sta nel comprendere e saper gestire il come. Come dire una certa cosa affinché arrivi davvero all’utente, scardini i suoi pregiudizi e lo coinvolga in un’azione. Il lavoro creativo sta nella capacità di dire una verità in modo nuovo, ironico, sorprendente, che desti l’interesse dell’interlocutore. È necessario fondere architetture creative con l’art, in modo che immagine e parole si fondano in un messaggio rilevante per il pubblico. DIFFERENZE FRA ADVERTISING COPYWRITER E DIGITAL COPYWRITER  ADV COPY: svolge un lavoro concettuale e creativo; deve avere nozioni di screenplaying per ideare soggetti, sviluppare sceneggiature, scrivere spot radiofonici, avere nozioni di progettazione visiva. Più orientati al pensiero strategico e creativo, ma meno avvezzi agli strumenti digitali.  DIGITAL COPY: è più orientato alla scrittura, crea il piano editoriale per i Social Media, redige newsletter e direct marketing mail, conosce a fondo la Seo, crea contenuti per SN. Più abituati a redigere testi adeguati al web, ma meno all’esercizio del pensiero utile per generare concept e idee creative. L’ERA DEL DIGITAL COPYWRITER Emerge oggi di nuovo la necessità di comunicare con la parola, ma il rischio è che si sta abbassando la qualità del pensiero. Il testo oggi, definito “contenuto”, risponde all’esigenza di riempire il vuoto creato dal moltiplicarsi di piattaforme sui cui i brand presenziano giorno dopo giorno per cercare di intercettare i propri interlocutori. I copy stanno rischiando di perdere la funzione più importante: strutturare i contenuti, elaborando un come che possa renderli rilevanti, e non solo che rispondano alle regole della Seo. 2. CHI È E COSA FA IL DIGITAL COPYWRITER Quindi: il digital copywriter è un professionista che sa pensare pienamente come un copywriter, e agire con disinvoltura su qualsiasi canale, consapevole del peso che oggi rivestono gli strumenti digitali del mercato. Competenze:  Area 1. Qualità di pensiero comprendere brief e generare un concept; tradurre poi il concept in idea creativa declinabile su tutti i media necessari. Per farlo bisogna conoscere il rapporto particolare tra immagine e parola.  Area 2. Scrittura su diversi media conoscere linguaggi specifici (screenwriting per spot e video, headline e payoff, naming, ecc.).



Area 3. Project management interfacciarsi con altri professionisti e supervisionare un progetto. GLOSSARIO  Call to action invito diretto (“clicca qui”) o indiretto a compiere un’azione.  Interna  riunione a porte chiuse tra creativi e direttore creativo; si fa dopo il lavoro di art e copy per stabilire se le idee prodotte sono in linea con le richieste del committente.  Layout  tavole realizzate con Photoshop e Illustrator; non è la campagna definitiva, ma un’approssimazione quanto più possibile vicina al risultato finale, in modo che il cliente possa decidere facilmente se approvare o no. È l’ultimo manufatto digitale prodotto internamente dall’agenzia; se approvato viene usato come tavola guida da fotografi, illustratori, registi, ecc. Fase 1: brief concept rough layout prima approvazione cliente. Fase 2: layout approvato selezione professionista realizzazione con supervisione dell’agenzia prodotto finito approvazione definitiva del cliente.  Pre producting Meeting (PPM) riunione di pre-produzione; si fa quando la creatività di un video o spot è stata approvata e il regista è stato selezionato.  Piano editoriale  agenda programmata di contenuti da pubblicare, identificando precisamente forma dei contenuti e periodicità.  Progress  riunione svolta in genere il lunedì per fare il punto sui progetti in corso e assegnare i nuovi alle coppie creative.  Rough  schizzi per dare l’idea della campagna che si sta realizzando; serve per appuntare idee e renderle comunicabili.  Speaker  voce dello spot radio.  Take  la ripresa (video e audio)  To do list

Tutto parte dal concetto: fulcro di qualsiasi idea e, se mancano quello e la capacità di concretizzarlo, manca qualsiasi solidità. 3. CORSO PRATICO DI COMUNICAZIONE CREATIVA Creatività per Poincaré è la capacità di connettere elementi che già esistono in un modo nuovo e utile. È la capacità di connettere elementi che generalmente vengono considerati separati. “Nuovo”: non c’è creatività se la connessione è già diffusa e nota. Si deve dar vita a qualcosa che non c’era. “Utile”: essere rilevante, cioè visibile, emozionante, risonante, per le persone. Per risolvere un brief si può suddividere il problema in due elementi.  Per prima cosa individuiamo gli elementi del problema (es. libro. 1. Pescheria, 2. Controlli, sicurezza, salute).  Poi creiamo uno schema inserendo tutte le immagini che colleghiamo all’elemento 1 e 2.  Dopo individuiamo le connessioni fra gli elementi: più la connessione affiora naturalmente e non necessita di grandi interventi, più risulterà gradevole e sorprendente.  Infine valutiamo le connessioni che abbiamo trovato. Saper pensare visivamente è una delle caratteristiche più importanti che deve avere un copy d’agenzia, perché anche in mancanza di un art può ipotizzare proposte di visual. Quando il problema è difficile da scomporre in parti, possiamo comunque spezzettarlo in due termini che ci sembrano adeguati (metodo tipico del pensiero laterale): se l’obiettivo è comunicare che una cioccolata è buonissima, possiamo isolare i due mondi “cioccolata” e “bontà”. Ma in questi casi è più efficace ricorrere alle figure retoriche come principio operativo. 

Metafora. L’arte di chiedersi come serve per rendere visibili concetti astratti quali qualità, bontà, preziosità. Utile per dare concretezza alle qualità astratte di un prodotto. Dobbiamo domandarci come: buona sì, ma come? Il modo in cui visualizzeremo quel come sarà la chiave della soluzione creativa. (es. birra Carlsberg).





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Analogia. L’arte di chiedersi come, ma più in grande rendere visibili e facili concetti altrimenti complessi. Utile su brief complessi, che vertono non su semplici qualità ma su interi ragionamenti. È cioè cercare in altri contesti degli esempi più familiari per il pubblico (e a noi stessi). Es. della Volkswagen “brutta ma affidabile”. Iperbole. Talmente tanto che chiedersi quali siano le conseguenze estreme (anche ironiche e laterali) a cui una qualità porta. Es. colla tanto potente che posso attaccarmi al soffitto a testa in giù per dimostrarvelo. Un’altra iperbole è quella che mostra le conseguenze estreme di un bisogno da parte del pubblico: “ho talmente tanta fame che non ci vedo più. Ecco perché ho proprio bisogno di questo snack”. Iperbole positiva: sforzarsi di arrivare al caso limite in cui la qualità tende a infinito. (es. Tampax: donna che nuota tra squali). Iperbole negativa: partire dalle persone per arrivare al prodotto. Più sottile, contemporanea e raffinata; non esalta il prodotto, anzi quasi non lo descrive nemmeno. Racconta qualcosa di vero rispetto al pubblico, portandolo alle estreme conseguenze. È più empatica perché drammatizza bisogni e desideri. (Es. Voltaren). Si iperbolizza il bisogno, non la qualità del prodotto, per poi arrivare a comunicare che il prodotto è perfetto per risolvere quel bisogno o desiderio, anche quando è portato all’estremo. Personificazione dotare di caratteristiche umane un oggetto inanimato. Lato negativo: basso coefficiente di novità che sa quasi sempre di déjà-vu.

I MAESTRI DELLA PUBBLICITÀ 1. Bernbach. Democrazia e complicità verità del prodotto, difetti compresi. Non nega le mancanze, ma le fa rientrare nel discorso pubblicitario usandole a proprio vantaggio. È rispetto per l’interlocutore, onestà, ma anche arguzia, ironia e fiducia nelle capacità di decodifica del lettore. È creare un rapporto interessante tra visual e titolo. Oggi è utile ai brand che devono stabilire un rapporto diretto, democratico e complice con le persone; ma anche in situazioni di crisis management: quando si deve gestire un pubblico inferocito per un difetto del prodotto. 2. Ogilvy e il fascino degli indizi che alludono a storie più grandi evocare storie che non si esauriscono all’interno del messaggio stesso, alludere ad altro. Sedurre il pubblico attraverso il fascino di un dettaglio rivelatore che da solo basta per alludere all’intero universo di un brand, il quale, proprio perché non viene completamente esplicitato, alimenta esponenzialmente il proprio mito. Oggi è utile nella moda, nel lusso e nel design. Dove la qualità del prodotto è data per scontata e non è il tema della comunicazione, ma si allude invece a mondi impalpabili, sensazioni, sguardi impercettibili e misteriosi. Qui c’è il mito di Ogilvy dello story appeal, che ci invita a seminare indizi e a lavorare sul non detto, lasciando che sia l’immaginazione dell’interlocutore a completare il quadro e ricostruire l’intera storia non raccontata. 3. Gossage. Disobbedire per interessare engagement, interattività, attivazione del pubblico. Creare il nuovo, andare oltre il mezzo; stupire, emozionare, divertire il pubblico e interessarlo, coinvolgendolo in grandi giochi complici. Conoscere le regole per infrangerle tutte. Oggi è utile quando il progetto richiede di andare oltre i mezzi; quando la comunicazione richiede più engagement (es. Burger King: sfidare utenti Fb a cancellare amici dalla lista per guadagnarsi un hamburger). 4. McElligott. Il budget non è mai troppo piccolo tentare di praticare strade non ancora battute. Oggi è utile quando il cliente è troppo piccolo, troppo grande o non è nelle tue corde. 5. Reeves. Metodicità  a lui si fa risalire la definizione di Unique Selling Proposition (USP). Ripetizione dei messaggi che veicolavano solo le qualità principali del prodotto, tralasciando desideri e aspirazioni delle persone (es. M&M’s “Si sciolgono in bocca, non in mano”).

CONCEPT: RICOMINCIARE DALLE PERSONE Col digitale il rapporto fra brand e persone è sempre più diretto, disintermediato e continuativo, e i media si sono moltiplicati e sono meno stabili. Pertanto il concept assume sempre maggiore importanza. Concept non è l’idea creativa fatta e finita, ma ne rappresenta la radice, la forma iniziale, l’input a partire dal quale sviluppare l’idea creativa. 2 caratteristiche: nasce a partire dalle persone e le tiene particolarmente in considerazione, e si presenta come media neutral. Offre cioè la possibilità di generare azioni di comunicazione che funzionino su diversi mezzi. Si basa su una verità che viene dal pubblico, un insight forma di conoscenza specifica, profonda e sentita riguardo alle persone, particolarmente efficace per creare relazioni col prodotto o brand. È quell’anima che ha la buona comunicazione e che permette al brand di identificarsi. Riconosciamo un insight perché è: - Profondo: sentito, percepito come effettivamente vero; - Originale: che non sappia di “già sentito”; - Specifico per un certo target; - È alla base del nostro progetto. La creative idea è il vero e proprio progetto di comunicazione, che si incarna nei media. Allo stesso argomento di vendita (USP) possono corrispondere diversi concept; allo stesso concept diverse idee creative. VANTAGGI PER I CREATIVI: iniziare dal concept limita il rischio di realizzare campagne non declinabili sui vari mezzi; una volta approvato e più semplice sviluppare nuove idee creative, ci aiuta ad avere argomenti. VANTAGGI PER PERSONE E BRAND: creare pubblicità in cui ci si possa riconoscere. 4. LE COMPETENZE DI UN DIGITAL COPYWRITER: SCRIVERE PENSANDO ALLE PERSONE, ATTRAVERSO I MEDIA PUNTEGGIATURA. 

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Punto: per tradizione i titoli si scrivono col punto finale. Il motivo è che i titoli pubblicitari non bastano a se stessi, ma sono parte di una discorso che si articola anche attraverso segni grafici e immagini. Il titolo è in stretta relazione con l’immagine. Il punto finale indica che si tratta di frasi. Punti esclamativi e puntini di sospensione: se proprio dobbiamo usarli, mai più di uno. Emoji: sono un’evoluzione visuale della punteggiatura. A volte sono usati al posto delle parole, a volte a supporto di esse, quasi ne fossero il visual. Sui canali digitali possono essere usati per rendere più visivi e sintetici determinati concetti: es. la busta delle lettere per indicare un servizio email. Virgolette: se mettiamo tra virgolette una certa parola che ha un doppio significato in cui si condensa il gioco creativo, è come se dichiarassimo sfiducia nei confronti del lettore. Attenzione agli accenti, apostrofi, segni di interpunzione e spaziatura.

ALTRI CONSIGLI SULLA SCRITTURA: -

Usa parole brevi, frasi brevi e paragrafi brevi. Quando si scrive un articolo per un blog o una testata online, è buona norma evitare che le frasi superino le 20 parole. Non usare mai parole gergali come riconcettualizzazione, demassificazione, attitudinalmente, accattivante. Non scrivere mai più di due pagine, su qualsiasi argomento. Sintesi e brevità. Essere concisi, concentrarsi sulla causa. Un testo è sintetico quando tutti gli elementi inseriti hanno una portata simbolica e riescono a rimandare ad altro, a un tutto che io non dico. Un testo che ha indizi che il lettore metterà insieme per ricostruire il quadro complessivo. (es. “Non ho mai letto l’Economist”. Tirocinante, 42 anni.)

SCRITTURA E MEDIA: PAGINA PUBBLICITARIA VS. FACEBOOK POST La pagina stampa è il laboratorio ideale dove imparare a padroneggiare il rapporto tra immagine e parola, che si rivela fondamentale anche nei canali digitali. Titolo e visual il titolo da solo non basta a se stesso, ma dialoga con l’immagine (visual). Marchio e payoff generalmente si trovano in basso a destra e ci dicono chi firma quel progetto di comunicazione. Il payoff è una sintesi verbale che esprime l’identità della marca e non è strettamente legato all’annuncio in questione (es. La Coop sei tu). Sottotitolo, bodycopy e packshot il sottotitolo (sub-headline) è un ponte fra l’area creativa del messaggio e quella più informativa. Si trova in genere in basso a sinistra, nel regno della bodycopy: esso dà informazioni accessorie al messaggio principale, necessarie al prodotto. Oggi la bodycopy è spesso del tutto assente. Il packshot è un’immagine esemplificativa del prodotto, e appare soprattutto se questo non è presente nel visual. Ancoraggio quando a un’immagine ambigua ed estremamente evocativa, che incuriosisce l’interlocutore, corrisponde un titolo molto semplice e diretto che ha il compito di ancorare il senso dell’immagine che si intende comunicare. Convergenza: la parola evoca e l’immagine esemplifica diversamente dall’ancoraggio, qui il rapporto di forza è ribaltato: è il titolo che si fa carico di evocare, mentre all’immagine non resta che riportare il messaggio alla concretezza di un esempio. Opposizione la parola sembra contraddire l’immagine; rapporto contraddittorio fra visual ed headline. Casi limite: copy ad e visual ad quando l’headline tende ad infinito, azzerando la necessità di inserire un vero e proprio visual, si parla di copy ad (es. The Economist). Se invece l’immagine ha tutta la scena, parliamo di visual ad (es. Tampax). IL POST DI FACEBOOK: SOMIGLIANZA E DIFFERENZE CON LA PAGINA STAMPA È grazie ai metodi per esercitare il pensiero creativo e al talento nel gestire il rapporto tra visual ed headline, che possiamo creare contenuti di qualità, in grado di risultare rilevanti per le persone e rompere la barriera dell’indifferenza. Specificità del canale:  Carattere dialogico aperto a commenti, reazioni e condivisioni; le persone non solo ci aiutano a capire se il messaggio è stato gradito, ma ne diventano parte. Dobbiamo partire dal “cosa faccio dire alle persone riguardo questo prodotto?”. La raccomandazione è di non subire le reazioni del pubblico in modo passivo, ma di progettare e scrivere il messaggio immaginando già come le persone interagiranno con esso. Bisogna assicurarsi che sia chiaro cosa vuoi che faccia chi leggerà il tuo contenuto.  Sintesi limitarci alla coppia titolo-visual.  Metatestualità Facebook ci offre la possibilità di scrivere un testo esternamente al contenuto; la Metatestualità perciò può: presentarci il post, invitare esplicitamente le persone ad interagire, fornire elementi di contesto o dati di supporto, reiterare il gioco creativo, ricollegare il post al contesto più ampio di una rubrica, o di un post precedente.  Empatia  il nostro obiettivo non è piacere a Facebook, ma interessare, intrattenere, emozionare le persone. Le regole intrinseche di un mezzo possono essere sfidate (es Burger King “Whopper Sacrifice”) se si è consapevoli di quello che si fa. Un digital copywriter dovrebbe conservare un pensiero dialettico, e sapere che il suo obiettivo sono sempre le persone. People are the message. Instant marketing: alle radici del nuovo gli Instant Marketing sono tra i contenuti più diffusi su Facebook. Si ha quando al manifestarsi di un evento di una certa portata – es. un film particolarmente atteso – i brand di tutto il pianeta si gettano nella mischia per ottenere quanta più visibilità possibile, realizzando

contenuti a tema. L’ingrediente chiave è la tempestività. Ecco perché i media digitali, con la loro immediatezza, si dimostrano i canali migliori per questo tipo di azioni. Ma non sempre è così. Es. di IM: Oil of Olaz nel giorno in cui si cambia l’ora “Stanotte, porta indietro l’orologio di qualche anno”. Fondamentale nell’IM è la pertinenza: il rapporto evento-marca non deve essere mai gratuito. Il copy deve rintracciarne un legame solido fra evento e brand: il come usiamo l’evento dovrà essere pertinente all’identità di marca. Il rapporto tra marca ed evento può però anche essere paradossale, ironico, originale, ma mai dovrà essere puramente formale. Es. Durex all’uscita di Star Wars uomo di profilo e titolo “Luke, non sono tuo padre”. Piano editoriale  non è un’attività meramente compilativa. Non si tratta solo di inserire contenuti calendarizzati in un dato tempo. Per ottenere buoni risultati occorre affrontarlo come se fosse un progetto. Occorre un concept generale, ancorato a un insight; bisogna sapere quali argomenti trattare e quali evitare, quale tono di voce usare. Un digital copywriter dovrebbe pertanto partecipare sempre al processo creativo di un piano editoriale. Punti chiave:  Un insight che significa empatia le verità dell’uomo sono al centro, senza giudizi ma al contrario con grande empatia (es. Nickelodeon e gratta e vinci). Se ho chiaro qual è la verità umana su cui concentrarmi, tutto il piano editoriale verterà su quello.  Un obiettivo da non perdere di vista dobbiamo avere chiaro cosa speriamo di ottenere e a cosa miriamo (aumentare la notorietà del bran...


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