Sartori, G., Ingegneria Costituzionale Comparata PDF

Title Sartori, G., Ingegneria Costituzionale Comparata
Course Scienza politica
Institution Università degli Studi di Cagliari
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INGEGNERIA COSTITUZIONALE COMPARATA di Sartori PARTE PRIMA: I SISTEMI ELETTORALICapitolo 1: sistemi maggioritari e sistemi proporzionali1. PremesseI sistemi elettorali determinano come i voti sono trasformati in seggi e come, per questa via, influenzano il comportamento dell’elettore, e determinano ...


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INGEGNERIA COSTITUZIONALE COMPARATA di Sartori PARTE PRIMA: I SISTEMI ELETTORALI Capitolo 1: sistemi maggioritari e sistemi proporzionali 1. Premesse I sistemi elettorali determinano come i voti sono trasformati in seggi e come, per questa via, influenzano il comportamento dell’elettore, e determinano inoltre se l’elettori voti per il partito o per persone. Rispetto al primo punto il criterio è se la traduzione dei voti in seggi sia in proporzione o no, e pertanto la divisione principale nei sistemi elettorali è tra rappresentanza proporzionale e rappresentanza maggioritaria. Rispetto al secondo punto, il criterio è su chi controlla la selezione dei candidati, e la divisione principale è tra voto alla persona o no. Ma siccome entrambi i criteri ammettono una varietà di gradi e di commistioni le classificazioni dei sistemi elettorali risultano intricate. Nei sistemi maggioritari chi vince prende tutto; in quelli proporzionali la vincita è spartita tra coloro che ricevono una quota sufficiente del voto (generalmente il c.d. quoziente elettorale). Nei sistemi maggioritari la scelta dell'elettore è canalizzata e alla fine ristretta a una sola alternativa; nei sistemi proporzionali gli elettori non sono costretti a concentrare il voto e il loro ventaglio di scelta può essere ampio. Nei sistemi maggioritari vengono proposte persone, candidati singoli; mentre nei sistemi proporzionali vengono proposte liste di partito. Ma ciascun sistema contiene una gran quantità di varianti. Mentre tutti i sistemi maggioritari approdano al vincitore piglia tutto, la maggioranza in questione può essere o una maggioranza assoluta (di almeno il 50,01 per cento) o una maggioranza relativa, la maggioranza di chi ottiene il più alto numero di voti. Mentre a tutti i sistemi proporzionali si chiede di tradurre i voti in seggi in qualche proporzione, tale proporzione varia da una corrispondenza quasi perfetta a una assai imperfetta e cioè altamente disproporzionale. Inoltre, non tutti i sistemi elettorali possono essere classificati o come maggioritari o come proporzionali. Per esempio, il sistema a doppio turno può essere o un sistema maggioritario con collegi uninominali oppure un sistema proporzionale con collegi plurinominali. Un sistema elettorale è maggioritario se il voto si esprime in collegi (di norma) uninominali nei quali il vincitore è chi taglia primo il traguardo, il cosiddetto first past-the-post system. Viceversa, ogni sistema elettorale nel quale il voto si esprime in

collegi plurinominali (da due seggi in la) e produce vincitori eletti (da due in poi) sulla base del più alto numero di voti è un sistema proporzionale. Ci sono due modi assai differenti di stabilire queste proporzioni vincenti: uno (il più frequente) è di determinare quozienti elettorali; l’altro è semplicemente di eleggere i primi arrivati (i primi due in un collegio binomiale e così via). Nel primo caso i candidati sono eletti sulla base di quote eguali, i quozienti, nel secondo, i candidati sono eletti sulla base della più alte proporzioni di voti. Il dubbio è se quozienti e disposizione ordinale (rank orderings) possano essere assimilati entrambi come criteri proporzionali. Secondo Sartori sì perché entrambi i metodi producono esiti proporzionali. La distinzione tra sistemi maggioritari e sistemi proporzionali non implica che tutti i sistemi elettorali possono essere classificati dicotomicamente come maggioritari o no, infatti dobbiamo tenere conto anche dei sistemi misti. Se abbiamo un parlamento bicamerale le cui camere sono elette con sistemi differenti, ciò non equivale a un sistema misto. Veri sistemi misti sono solo quelli che eleggono una stessa camera tramite una combinazione di criteri proporzionali e di criteri maggioritari (Esempio di sistema misto Russia e Giappone, il sistema tedesco è misto-proporzionale) 2. I sistemi maggioritari I sistemi maggioritari non puntano a un parlamento che rifletta la distribuzione dei voti, ma mirano a produrre un chiaro vincitore. Il loro intento non è solo di eleggere un parlamento ma anche di eleggere contestualmente un governo. La principale differenza tra i sistemi maggioritari è se richiedano una maggioranza relativa o assoluta. In entrambi i casi abbiamo generalmente collegi uninominali; in entrambi i casi abbiamo perciò un vincitore che prende tutto; ma un vincitore a maggioranza relativa è semplicemente chi arriva primo e, pertanto, è spesso l’espressione della maggiore minoranza, laddove un vincitore con maggioranza assoluta rappresenta una vera maggioranza. I sistemi maggioritari di tipo inglese sono sistemi di maggioranza relativa a un turno. Per richiedere la maggioranza assoluta si deve ricorrere: o 1) al voto alternativo impiegato per esempio in Austria per la Camera bassa (il voto alternativo è un sistema di voto preferenziale in collegi uninominali che chiede ad ogni elettore di disporre tutti i candidati in ordine di preferenza. I candidati con il numero più basso di prime preferenze sono eliminati e le loro preferenze ridistribuite fino a che non emerge un vincitore a maggioranza assoluta) o 2) al doppio turno (ballottaggio solo tra i primi due vincitori del primo turno).

3. Il premio di maggioranza Ci sono altri sistemi maggioritari? Si potrebbe rispondere di sì con riferimento al premio di maggioranza, il cui intento è in effetti di rafforzare o produrre una maggioranza. Il premio di maggioranza presuppone il voto proporzionale. Ma anche così occorre domandarsi in che modo un premio incida sulla proporzionalità della rappresentanza. Prendiamo degli esempi: il sistema saens Pena applicato in Argentina fino al 1962, assegnava in ogni collegio 2/3 dei seggi alla lista con il più alto numero di voti e il restante terzo alla lista arrivata seconda. qui il sistema produce una maggioranza assoluta schiacciante e impone un formato bipartitico all'interno del collegio. in paraguai è stata invece adottata una formula che vedeva 2/3 dei seggi al partito con il più alto numero di voti e il rimanente al terzo distribuito proporzionalmente a tutte le altre liste di partito. In questo caso abbiamo un premio di maggioranza che resta schiacciante, ma 1/3 del meccanismo è proporzionale. Se però consideriamo che il premio non assegni 2/3 dei seggi ma soltanto una modesta maggioranza, ad esempio il 55%, in questo caso la differenza fondamentale è se il premio vada a un singolo vincitore con maggioranza relativa, o se vada ad alleanze elettorali, chiamate apparentamenti, tra più partiti come in Italia nel 1953. In ogni caso, comunque, se il premio per scattare richiede che l'apparentamento dei partiti alleati ottengono una maggioranza assoluta, allora esso rafforza semplicemente una maggioranza che già c'è. Se, invece, il premio può andare anche a chi prende meno del 50%, allora esso crea una maggioranza. Il dispositivo del premio trova poca giustificazione con tre o quattro partiti rilevanti (pluralismo limitato) e si applica meglio a sistemi partitici frammentati e quando obbliga i partiti a stringere alleanze elettorali. In effetti il suo scopo non è solo di assicurare una maggioranza ma anche quello di incoraggiare processi aggregativi. 4. I sistemi proporzionali Mentre tutti i sistemi proporzionali si propongono di tradurre in proporzione i voti in seggi, essi variano grandemente nei loro rispettivi gradi di proporzionalità o disproporzionalità. Ed è sbagliato assumere che la proporzionalità dei sistemi proporzionali è stabilita soltanto dalle formule di traduzione dei voti in seggi; essa è ancor più determinata dalla dimensione delle circoscrizioni. Partendo dalle formule di traduzione, cioè dalle regole di assegnazione dei seggi, il sistema più puro di tutti è il voto singolo trasferibile in circoscrizioni plurinominali. Qui si richiede agli elettori di disporre i candidati in ordine di preferenza; ogni voto eccedente il raggiungimento della quota (il quoziente elettorale) è riassegnato alle seconde preferenze; poi i candidati meno votati sono via via eliminati e le loro preferenze ridistribuite fino a che tutti i seggi non siano assegnati. I Sistemi proporzionali meno puri meglio conosciuti sono:

• Il metodo dei più alti resti: il sistema del più alto resto favorisce i partiti più piccoli. Dopo che un seggio è assegnato per ogni quoziente pieno (stabilito dividendo i voti per il numero dei seggi), tutti i seggi rimanenti sono attribuiti ai partiti con il più alto numero di voti residui o resti. • Il metodo della più alta media (d'Hondt): il metodo della più alta media è il sistema proporzionale di gran lunga il più usato (Austria, Belgio) ed è meno proporzionale in quanto favorisce i partiti più grandi. • La formula Sainte-Lague (sant-lagù): il metodo Sainte-Lague usato solo in Svezia e Norvegia è meno proporzionale del sistema dei più alti resti ma più proporzionale del metodo della media più alta. Le differenze tra questi sistemi sono matematiche.

Ma il fattore che più determina la proporzionalità o disproporzionalità dei sistemi proporzionali è la grandezza della circoscrizione, dove la grandezza è misurata dal numero dei seggi in palio. Più ampia è la circoscrizione e maggiore è la proporzionalità. Siccome l’Olanda e Israele costituiscono un’unica circoscrizione nazionale questi due paesi si avvicinano più di tutti alla proporzionalità pura. All’inverso più piccola la circoscrizione, minore la proporzionalità. La poca proporzionalità penalizza i partiti più piccoli e alla fine li spazza via. In questo caso la disproporzionalità allora è svelata da un sistema partitico di piccole dimensioni (3 o 4 partiti). La logica è che più piccola è la circoscrizione, più grande è lo spreco di voti: voti che, collocandosi al di sotto del quoziente o della soglia necessaria per vincere, sono semplicemente perduti. L’argomento presuppone che i partiti in corsa siano parecchi e che non vi siano ricuperi. Se una lista nazionale raccoglie i voti sprecati a livello di circoscrizione, e se il quoziente nazionale corrisponde in qualche modo a una media delle quote circoscrizionali, allora la proporzionalità è ripristinata (specialmente se si permette che il numero dei seggi parlamentari, vari: il cosiddetto sistema dei seggi aggiuntivi o in sovrannumero). I sistemi proporzionali richiedono circoscrizioni plurinominali. E di solito i sistemi proporzionali sono sistemi di lista che mettono l'elettore di fronte a liste partitiche di nomi (spesso quante sono le persone da eleggere in una data circoscrizione). Queste liste di partito possono essere: • Bloccate: nel senso che i candidati sono eletti nell’ordine determinato dal partito • Aperte: nel senso che non c’è un ordine predeterminato e che gli elettori hanno la possibilità di esprimere una o più preferenze, scrivendo nomi o apponendo un segno sui nomi della lista. A parte il voto di lista, due altre formule sono la lista libera e il voto limitato. Nel sistema della lista libera l'elettore ha tanti voti quanti sono i candidati da eleggere; può cumulare due voti su un solo candidato e gli è permesso anche di dare un voto per candidati di differenti partiti.

Il voto limitato dà a ciascun elettore più di un voto, ma meno voti rispetto al numero di persone da eleggere (per esempio in un collegio trinominale gli elettori hanno due voti.) Se il problema dei sistemi maggioritari è che sono troppo manipolativi. Il problema dei sistemi proporzionali puri è che permettono troppi partiti; il che giustifica l’adozione di un proporzionalismo impuro atto a contrastare la frammentazione del sistema partitico. Un altro modo per impedire la proliferazione dei partiti è di stabilire soglie di ammissione alla rappresentanza (clausola di sbarramento). Il dispositivo è stato adottato da molti paesi ma le soglie variano. Israele aveva ad esempio una soglia perfettamente inutile dell'1%, mentre la Turchia aveva una soglia di esclusione del 10% e la Grecia al di sopra del 15%. diciamo che questi sono due estremi opposti, a metà strada tra di essi troviamo ad esempio la Spagna che ha adottato una soglia di accesso o di esclusione del 4% È impossibile stabilire a priori e in generale quale sia la soglia giusta: Certamente andare sotto un livello del 3-4% ha poco senso, mentre una soglia del 10% appare un ostacolo eccessivo. Comunque sia di regola gli sbarramenti soddisfano lo scopo per il quale sono stati concepiti. 5. Il doppio turno Il sistema a doppio turno è un vero e proprio sistema a sé stante. Da una parte permette agli elettori di votare due volte, con un intervallo di una o due settimane tra il primo e il secondo voto, e ciò implica che gli elettori possono consapevolmente riorientare le loro scelte sulla base dei risultati del primo turno. Dall’altra parte il doppio turno è un sistema altamente flessibile che permette sia soluzioni maggioritarie che proporzionali. Infatti, il sistema a doppio turno è maggioritario quando opera in collegi uninominali, e proporzionale in circoscrizioni plurinominali. La versione maggioritaria del doppio turno è rappresentata: caso della Quinta Repubblica Francese (dal 1958) che usa il doppio turno sia per l’elezione del presidente che per quella del parlamento. Nel primo caso si richiede la maggioranza assoluta. Perciò per la corsa presidenziale sono ammessi al ballottaggio soltanto i primi due candidati meglio piazzati al primo turno. Per la camera dei Deputati il secondo turno richiede soltanto un vincitore a maggioranza relativa. All’inizio la soglia di ammissione fu fissata al 5% ma è stata gradualmente elevata al 12,5% (degli elettori, non dei votanti). La formula della quinta repubblica ha ben funzionato al fine di ridurre fortemente la frammentazione del sistema partitico e di ristrutturare il sistema politico in forma bipolare. Non c’è alcun esempio attuale di un sistema a doppio turno in collegi trinominali (formula impiegata in passato). Lo scopo di questo assetto è chiaramente di favorire i partiti terzi o partiti di minoranze. Con questa formula l’effetto riduttivo sul numero

di partiti viene diminuito. D’altra parte siccome non è detto che un formato bipartitico o bipolare sia sempre da preferire, la variante proporzionale del doppio turno non è da scartare. In questo caso non è necessario nessun sbarramento, poiché anche se tutti i candidati sono ammessi alla corsa finale, quelli molto distanziati e senza alcuna speranza o si ritirano o spariscono. Mentre il doppio turno maggioritario non richiede al primo turno il ricorso a liste di partito (agli elettori si possono proporre sin dall’inizio candidati concreti), la variante proporzionale del doppio turno richiede, invece, liste di partito, e preferibilmente liste aperte. Alla fine comunque tutti e due i percorsi portano allo stesso esito: ad esempio, in un collegio trinominale saranno eletti, senza riguardo del partito, i tre candidati con il più alto numero di voti personali. * • liste aperte: nel senso che non c’è un ordine predeterminato e che gli elettori hanno la possibilità di esprimere una o più preferenze, scrivendo nomi o apponendo un segno sui nomi della lista.

Capitolo 2: chi riesce eletto? 1. Voto alla persona e voto alla lista Come si fa a diventare candidato e poi a vincere un seggio? Di regola, i candidati si fanno avanti sulla base delle proprie risorse (finanziarie o altro) soltanto quando il sistema partitico è debole, debolmente strutturato o altamente decentrato, come nel caso degli Stati Uniti. Si deve intendere che il candidato che si autopropone è tale in relazione al controllo partitico. Ma siccome può raramente vincere sulla base della sola ricchezza, nella maggior parte dei casi chi corre come “indipendente” è poi legato con, e sostenuto da, sindacati, gruppi religiosi, gruppi di interesse o quantomeno gruppi di opinione. Comunque, la dipendenza da organizzazioni diverse da quelle partitiche conta lo stesso come indipendenza dal partito. Ma il più delle volte i candidati diventano tali in ragione della loro posizione di forza all’interno del partito e dell’aver prevalso nei conflitti interni al partito. Quand’è così è appropriato parlare di candidature condizionate e dipendenti dal partito. Il soggetto che nomina è quindi il partito. Spesso un modo democratico di rompere l'alternativa tra auto-nomina e nomina partitica è il sistema delle elezioni primarie, e cioè quel processo di selezione dei candidati che caratterizza la politica americana. Ma quanto più forte è l'organizzazione del partito e quanto più i fondi necessari alla campagna elettorale sono in qualche modo controllati dal partito, tanto più il processo delle primarie sarà manipolato dal partito, perdendo il suo valore democratico e creando di nuovo candidati dipendenti dal partito. Questo per quanto concerne l’ingresso nella competizione, ma com'è che un candidato viene eletto?

La distinzione di fondo qui è tra voto alla persona e voto alla lista. Distinzione dalla quale discendono due assunti: e cioè che quando si vota per una persona, le credenziali del candidato possono diventare un fattore decisivo. E che quando si vota per una lista di partito si vota fondamentalmente un partito (per il suo simbolo, la sua ideologia, il suo programma, i suoi principi) che controlla, a sua volta, i singoli vincitori. Questi due assunti sono corretti ma vanno debitamente qualificati. Il voto alla persona caratterizza i sistemi maggioritari fondati sul collegio uninominale (anche quelli a doppio turno). Anche in questo caso i candidati sono, di regola, membri di partito scelti attraverso canali partitici. Tuttavia nei collegi uninominali i votanti vedono concretamente davanti a sé persone con tanto di nome e cognome. Ma questa visibilità del candidato non significa di per sé che la persona sia più importante del partito. Nei collegi uninominali i partiti sono costretti alla necessità di trovare un buon candidato solo quando il collegio è insicuro, vale a dire solo se il margine di distacco dei voti tra primo e secondo è piccolo. Nei collegi sicuri nei quali un dato partito fruisce in elezioni successive di una maggioranza comoda, i partiti non sono più costretti a trovare un candidato forte e si possono permettere di presentare i propri interni. Comunque sia rimane fermo che i collegi uninominali richiedono che i partiti prestino una qualche attenzione alle caratteristiche personali del candidato. Passando ai Sistemi proporzionali con voto di lista la distinzione diventa se le liste dei candidati sono chiuse o aperte (al voto di preferenza). Il controllo del partito sulla selezione e l'elezione dei suoi candidati è massimo con la lista bloccata, cioè quando l'ordine dei nomi nella lista è prefissato e non può essere modificato dall'elettore. La lista aperta al voto di preferenza invece mette l'elettorato nella condizione di controllare la selezione. Ma non è certo che questo avvenga. Esperienza distorta del voto di preferenza è avvenuta in Italia dal 1948 e il 1992. Praticamente dato che il grosso delle circoscrizioni italiane permetteva a ciascun elettore di esprimere tre voti di preferenza, questo divenne un modo di identificare e controllare il voto assegnando a ciascun votante una differente combinazione dei tre numeri. Lo stratagemma fu escogitato da prima dal partito comunista e successivamente divenne nel sud una certificazione impiegata dalla mafia e da organizzazioni simili. Un ulteriore esito del voto di preferenza italiano fu che esso ha aperto le porte alla frode di aggiungere sulle schede voti di preferenza aggiuntivi. Durante allo spoglio delle schede gli scrutinatori di partito in ciascun seggio elettorale accertavano sì che l'attribuzione del voto al partito fosse corretta, ma facevano finta di non vedere quando ognuno di loro aggiungeva sulla scheda altri voti di preferenza. in questo modo ciascun partito si assicurava l'elezione dei candidati già prescelti. 2. Il sistema tedesco e il sistema di Hare(=voto singolo trasferibile) C’è qualche altro modo oltre quello del voto di preferenza di combinare il sistema proporzionale con una personalizzazione del voto? Sia il sistema elettorale tedesco, sia il singolo voto trasferibile operano come “sistemi proporzionali personalizzati”.

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