Scheda dell\'opera \"Liberazione di San Pietro dal carcere\" PDF

Title Scheda dell\'opera \"Liberazione di San Pietro dal carcere\"
Course didattica dei linguaggi artistici
Institution Accademia di Belle Arti di Palermo
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Summary

Scheda didattica realizzata per l'esame....


Description

Raffaello Sanzio Liberazione di San Pietro dal carcere 1513-1514 Affresco, 600x500 cm Città del Vaticano, Musei Vaticani (Stanza di Eliodoro)

La Liberazione di San Pietro dal carcere datato 1513-1514 fa parte del ciclo di affreschi realizzati da Raffaello Sanzio nella Stanza di Eliodoro, presso i Musei Vaticani. La stanza era inizialmente destinata alle udienze private del pontefice e fu decorata da Raffaello subito dopo la stanza della Segnatura. Il programma iconografico fu studiato prima da Papa Giulio II e poi da Leone X e dai suoi illustri consiglieri e mira a documentare, in diversi momenti storici dall'Antico Testamento all'epoca medioevale, la miracolosa protezione accordata da Dio alla Chiesa minacciata nella sua fede (Messa di Bolsena), nella persona del pontefice (Liberazione di San Pietro), nella sua sede (Incontro di Leone Magno con Attila) e nel suo patrimonio (Cacciata di Eliodoro dal tempio). Questi temi furono scelti anche per esprimere il programma politico di Giulio II, mirante a liberare l'Italia, occupata in quel momento dai Francesi, per restituire al papato il potere temporale minacciato. In particolare l’episodio della Liberazione di San Pietro dal carcere è tratto dagli Atti degli Apostoli. Il tema iconografico narra che Pietro, il primo papa, imprigionato da re Erode Agrippa che intendeva processarlo, credette di sognare che un angelo lo liberasse dalle catene. Quando si accorse di essere veramente libero e lontano dal carcere, si recò fra i suoi confratelli che stavano pregando. Raffaello effettua uno studio della composizione, possiamo notarlo dal disegno conservato al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi di Firenze (Figura 1). Per eseguire l’affresco l’artista dovette distruggere la precedente opera di Piero della Francesca, sullo sfondo infatti è possibile notare ridipinture riparatorie. Nonostante la difficoltà causata dall’apertura della finestra sulla parete, Raffaello svolge il racconto diviso in tre parti, separate dalle mura della cella di Pietro, ma collegate dallo stesso spazio e dalla narrazione.

Fig.1 Disegno preparatorio

Al centro dell’affresco Raffaello raffigura una cella, con le sbarre scure così geometriche che risaltano sul resto, a realizzare la prospettiva di ciò che lo spettatore osserva. Dietro le sbarre, la scena descritta negli Atti degli Apostoli: un Angelo luminoso intercede nella notte sull’autorità degli uomini, aiutando un San Pietro debole e incatenato ad uscire dalla cella, mentre le due guardie ai lati appaiono cadute in un sonno profondo (Fig.2).

Fig.2 particolare della scena centrale

A destra, l'angelo conduce l'apostolo fuori dal carcere, in un'atmosfera tra sogno e realtà, evocata anche dalle guardie miracolosamente cadute nel sonno lungo le scale (Fig.3).

Fig.3 particolare del lato destro

A sinistra, la scena si svolge alle prime luci dell’alba, l’agitazione delle guardie che scoprono la fuga è visibile dai volti pervasi dalla sorpresa, timore, rabbia, orrore per l’accaduto. Qui Raffaello ha la necessità di dare il senso di un’aria umida, di un’atmosfera carica di acqua, e lo fa con una incredibile velatura a fresco stesa con acqua di calce su un intonaco già dipinto (quando si stende, la velatura di acqua di calce è trasparente e l’effetto si vede soltanto quando si asciuga, quindi bisogna avere una grande capacità di controllo) (Fig.4). Fig.4 particolare del lato sinistro

Raffaello abbandona lo stile armonico e i toni tenui della Stanza della Segnatura e si avventura in un pathos drammatico, a tinte anche cupe. Le sue figure sono molto più grandi e si muovono liberamente nello spazio, negli incarnati il tratteggio è sostituito da pennellate fluide, i colori si fanno vivaci e luminosi. Su tutta la scena grava il vapore di una notte sciroccosa di fine estate , per rendere reale questa caligine notturna, Raffaello inventa la tecnica della velatura a calce. Le fonti di luce nella Liberazione di San Pietro sono molteplici: la luna, la fiaccola, la luce divina che ricorda quella presente ne “Il sogno di Costantino” di Piero della Francesca e la luce naturale, proveniente dalla finestra intorno al quale si sviluppa l’opera. Le armature delle guardie brillano in ogni angolo di tale tripudio di luci dirette e riflesse. L’attenzione ai riflessi, insieme ai tratti realistici della cella, moltiplicano l’effetto che l’affresco ha sullo spettatore, portato così a percepire con più forza la responsabilità della propria posizione di osservatore. Le interpretazioni alternative sul significato dell’opera sono varie:

Il volto di Pietro ha le sembianze dello stesso papa Giulio II, morto proprio durante i lavori , la liberazione diventa così quella dalle catene terrene verso la vita dello spirito.

Più complessa invece la figura dell’angelo, che per molti mostra tratti femminili, in cui qualcuno vede l’auspicio di una nuova posizione della donna nella società, capace di salvare (o essere salvata) dal controllo degli uomini.

Il numero delle guardie invece serve a moltiplicare il messaggio: noi osservatori possiamo rifletterci su ognuna delle emozioni impersonificate dalle guardie, portandoci a rendere più probabile l’identificazione con una di loro. Le guardie sono l’elemento più numeroso dell’opera, prendono più spazio, ma la veemenza delle loro reazioni le pone di fatto nel ruolo di chi subisce, accrescendo così la potenza della vera autorità, quella di chi lascia la cella nonostante il volere degli uomini.

Il RESTAURO I primi restauri delle Stanze, forse condotti da Sebastiano del Piombo, furono quelli eseguiti per riparare i danni provocati durante il Sacco di Roma del 1527 dai Lanzichenecchi, alla fine del Cinquecento e nel corso del Seicento pittori come Giovanni Guerra e Simone Laghi spolverarono i dipinti, stuccarono le crepe, ritoccarono i colori. All’inizio del Settecento, Carlo Maratta rimosse gli strati di sporcizia con panni bianchi imbevuti di vino greco e per questa sua pratica fu denunciato al Papa. Il primo restauro «scientifico» cominciò negli ultimi anni Cinquanta del Novecento, si pulirono le parti in luce delle scene, di meno quelle in ombra, per creare un chiaroscuro drammatico, un po’ caravaggesco». L’ultimo restauro è stato realizzato da Paolo Violini sotto la direzione scientifica di Arnold Nesselrath. L’intervento di restauro non ha avuto grande riscontro mediatico, probabilmente

perché gli interventi di pulitura sono stati così delicati che nessuno ha avuto l'impressione che l'immagine degli affreschi fosse stata minimamente modificata. Paolo Violini in una delle sue interviste ha affermato che uno degli aspetti più importanti tra quelli emersi dal restauro è la tecnica pittorica di Raffaello: l’evoluzione straordinaria che l’artista mostra di avere negli anni tra l’inizio dei lavori nella Stanza della Segnatura, 1508, e la fine della Stanza di Eliodoro, 1514. È un periodo in cui Raffaello trasforma completamente il suo modo di dipingere: parte da una tecnica che ancora ricorda da vicino quella degli esordi, legata al suo apprendistato nella bottega di Perugino, nell’ambiente umbro-toscano; poi, quando a Roma e a Firenze comincia ad entrare in contatto con i grandi pittori suoi contemporanei, la tecnica si trasforma. È con questo “nuovo” modo di dipingere che Raffaello comincia ad affrescare le Stanze del Vaticano. Passando dalla Stanza della Segnatura ad Eliodoro, quello che si nota a prima vista è la grande esplosione del colore, che da sempre è stata rapportata all’incontro di Raffaello con i pittori veneti. Per quanto concerne la velatura a calce, i restauratori si sono accorti che il velo biancastro copriva più del sessanta percento della superficie, ma la parete non presentava tracce di umidità. È stato proprio Paolo Violini ad accorgersi che questa caratteristica fosse un effetto voluto dall’artista e non un semplice processo di carbonatazione. Dalle indagini è emerso che la grata è stata aggiunta in un secondo momento, lo si può notare dal disegno preparatorio (Fig.1) e dai segni di ridipinture (Fig.5), Raffaello probabilmente ricercava un nero più scuro rispetto a quello che si può ottenere ad affresco, che in questo caso serviva per realizzare l’effetto di controluce anche perché questa scena sta sopra la finestra quindi necessitava di un forte contrasto. Fig.5 Particolare della mano dell’angelo

Violini ci fa notare come oltre ad una maggiore attenzione alla luce, ai riflessi, alla luce colorata che rimbalza sulle varie superfici, l’esplosione del colore porta con sé anche una pittura più libera, sempre meno legata alla prescrizione del disegno, dell’incisione, dello spolvero (Fig.6). Fig.6 Confronto prima e dopo del restauro

Il Raffaello della Stanza di Eliodoro è un Raffaello ormai maturo, con questi dipinti era giunto al più alto grado di ciò che chiamiamo seconda maniera: grazie alla sua reputazione veniva considerato come il motore ed il centro di tutti i progetti. Secondo Antonio Paulucci il genio del Sanzio subisce un processo di accelerazione imprevedibile e fulmineo che resta un mistero, nella Stanza di Eliodoro la sua pittura delicata si carica del tepore della vita, del calore delle cose.

Sitografia: Fulvia Palacino, I colori di Raffaello: Il restauro di Paolo Violini , , 12/07/2014 Carlo Affatigato, Il genio nascosto di Raffaello: la Liberazione di San Pietro dal carcere , 07/03/2018 , 21/03/2018 Francesca Greco, La svolta di Raffaello. I gioielli della Stanza di Eliodoro, , 23/04/2020 Alfredo Verdi Demma, Il segreto dei colori di Raffaello, , 03/06/2020 https://it.wikipedia.org/wiki/Liberazione_di_san_Pietro >, 03/06/2020 , 03/06/2020 , 28/06/2020...


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