Tesi ecampus master PDF

Title Tesi ecampus master
Author Lily Mimy
Course Antropologia culturale
Institution Università telematica e-Campus
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Summary

Antropologia culturale, storia del documentario Mondo Movie e traccie nella nostra odierna società....


Description

ALLEGATO “A” UNIVERSITA’ TELEMATICA “e-Campus” Master di_1__livello in ____Le competenze del docente nella scuola dell’autonomia e l’inclusione degli alunni bes

Antropologia Culturale: in un “Mondo Cane” 2.0

Antropologia Culturale: in un “Mondo Cane” 2.0

Introduzione

Nelle prossime righe si proporrà una breve - quanto precisa riflessione su come il documentario etnografico, espressione culturale e artistica della seconda metà del Novecento italiano, sia

un’autentica

espressione

metodologica

della

disciplina

antropologica. L’antropologia culturale è una disciplina relativista che si sviluppa a metà dell’Ottocento come come forza capace di mettere in discussione, fin’anche a scardinare, i paradigmi culturali e sociali, nonché le categorie

di pensiero dominanti e dominatrici

dell’epoca. L’antropologia culturale è relativista non in termini moralistici, quanto piuttosto cognitivi: propone cioè una critica del pensiero dominante (che oggi definiamo “main stream”), mette in discussione ciò che può apparire come “ovvio”, “normale”, “acquisito”. Riconosce, detto in altri termini, che esistono

profonde e significative - e significanti - differenze nei modi in cui l’uomo, da intendersi nell’accezione di

essere sociale e

organizzato, scegli di rappresentare e rappresentarsi il mondo che lo circonda, ordinando così la realtà. L’antropologia culturale ci spinge a domandarci quale ruolo abbia la cultura nella nostra realtà sociale. Per cultura si intende l’universo valoriale e simbolico che un determinato gruppo, più o meno ampio, più o meno eterogeneo, di persone costruisce e condivide in un determinato spazio-tempo. Alla domanda si può provare a rispondere muovendo dalla considerazione che la quota di comportamento innato nell’essere umano è molto bassa, bassa rispetto a qualsiasi altro animale. L’uomo è una macchina basata sull’apprendimento, ovvero sull’acquisire comportamenti e atteggiamenti che di naturale hanno poco o niente. Il sapere acquisito, cioè culturalmente appreso, è molto più flessibile e reattivo ai mutamenti ambientali rispetto al sapere innato, per sua natura più cristallizzato e immutabile. Un esempio contemporaneo, e dal forte impatto quotidiano, di creazione e trasmissioni di universi culturali (simboli, valori, significati, immagini) è quella che si verifica nella

frequentazione, da parte di una massa sempre più imponente di individui, degli spazi virtuali tracciati dalle nuove tecnologie digitali (social network in primis). Quasi due miliardi di persone in tutto il mondo hanno un profilo Facebook personale e in questo ambiente digitale tracciano e delineano azioni e interazioni ibride, disegnando nuovi modi di essere e di esistere. Esistono dunque degli infiniti mondi (vecchi e nuovi) dove i saperi si creano, si trasmettono e si strutturano in gerarchie più o meno rigide, mondi che certamente vale la pena analizzare e indagare con occhio oggettivo e libero da inutili e fuorvianti moralismi. Come anticipato, dunque, lo slancio etnografico-documentaristico proprio della seconda metà del Novecento italiano, e nello specifico il filone artistico denominato “Mondo Movie”, che vede in nomi come Zavattini e Jacopetti (tanto per citarne alcuni) i pionieri di un nuovo modo di indagare e comprendere lo spirito umano, fornisce spunti certamente interessanti che possono aiutarci a comprendere l’importanza di osservare la realtà gettando prospettive inedite e creative.

Nascita e sviluppo del Mondo Movie «Tutte le scene che vedrete in questo film sono vere e sempre riprese dal vero. Se spesso saranno scene amare è perché molte cose sono amare su questa terra. D'altronde il dovere del cronista non quello di addolcire la verità, ma di riferirla obbiettivamente». (Mondo cane, 1962) Nello scenario dei primi anni Sessanta, l’Italia si presenta come un paese dalla mentalità ristretta dove già Blasetti ha suscitato scandalo sul finire degli anni cinquanta e dove, ben presto, altri tre registi, e uno in particolare, metteranno in subbuglio, con la loro regia, un’intera nazione, o meglio l’intero mondo. Sui passi di Blasetti – che si è, però, limitato a rappresentare gli spettacoli più belli d’Europa – il già citato Gualtiero Jacopetti è «conscio che l’unico vero spettacolo non è lì artefatta rappresentazione del bello, ma la vita reale nel suo divenire, senza un preciso copione e senza regole di comportamento se non quelle talvolta assurde e un po’ ridicole che gli uomini stessi, a ogni latitudine del globo, sanno darsi»1. Grazie a questa sua

1

S. Leoparco, “Gualtiero Jacopetti-Graffi sul Mondo”, Ed. Il Foglio, Livorno, 2014, p. 101.

intuizione da giornalista e all’esperienza dei colleghi Franco Prosperi e Paolo Cavara che, insieme, mostrano la realtà insita in ogni continente, decidono di allargare, decisamente, il confine della rappresentazione, anzi lo oltrepassano del tutto. Da un punto di vista etnografico e di antropologia visuale (chiave di lettura della mia tesi) i loro film possiedono frammenti di “etnocinema” e “neo-esotismo”, che si sono rivelati di estrema importanza per avvicinare qualsivoglia italiano a creare i primi approcci di conoscenza verso nuove culture e nuovi stili di vita. Si può così affermare che il Cinema mondo (più tardi, dopo il successo italiano, rinominato all’estero come genere Mondo Movie) nasce ufficialmente nel 1962 con il film Mondo cane, di Paolo Cavara, Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi. «Concepito a partire dalla forma documentario, Mondo cane è un carosello di immagini e situazioni inusuali e shockanti volte a sconvolgere lo spettatore dell'epoca, che difficilmente si poteva imbattere in quelle immagini altrimenti. Una descrizione grafica e cruda della realtà» di cui spesso i tre registi – come Zavattini – se ne 2

2

L. Persiani, “Introduzione ai Mondo Movie. Il Mondo http://www.offscreen.it/saggi/mondomovies. [Ultima cons.2/09/2014].

Cinema

come

"supergenere"”,

servono per rendere più verosimile la finzione svolgendo un vero e proprio parallelismo con la teoria del pedinamento Neorealista. Tuttavia prima di inoltrarci nel “viaggio” di Mondo cane si rende necessario definire: per Mondo Movies quei documentari-shock (chiamati infatti anche shockumentary) che colpirono e scandalizzarono l’Italia (ma anche l’America e l’Europa) a partire dagli anni sessanta, mostrando realtà del tutto separate da quelle occidentali attraverso una serie di immagini dure e sconvolgenti: esotismo misterioso e riti violenti, magie ancestrali e nudità integrali, nature selvagge e cerimonie tribali costituiscono il fulcro dei mondo movies, che puntano all’esplorazione dei tabù tramite la visualizzazione e la testimonianza di ciò che di più sconcertante può avvenire in lontani continenti [...] in una dimensione del tutto innocente e del tutto pura rispetto alla crudeltà consapevole e gratuita dell’uomo. È esattamente su questa dualità che si collocano i più riusciti esempi di mondo movies (se ne contano all’incirca 150 nel mondo) [...] è quindi un genere davvero unico, dei “controdocumentari”, veri e propri reportages giornalistici che

descrivono avvenimenti sensazionali in paesi soprattutto esotici: dalle guerre tribali, allo sterminio di elefanti, dalle tradizioni religiose alle iniziazioni sessuali. Un genere dove gli autori italiani si sono distinti per l’abilità davvero speciale. 3

2.2. Mondo cane

Figura 1: Locandina di Mondo cane (1962)

Il trattamento del documentario scritto dagli autori di Mondo Cane in premessa riporta:

3

A.Tentori – A.Bruschini, Op. cit., p. 17.

spesso la critica che noi muoviamo ai popoli primitivi chiamandoli barbari e incivili non è altro che presunzione: noi abitanti del mondo

civile,

con

le

nostre

debolezze,

con

le

nostre

superstizioni, le nostre inconsapevoli crudeltà quotidiane, ci comportiamo esattamente allo stesso modo. Tanto che la critica potrebbe essere rovesciata. Gli evidenti parallelismi contenuti nel nostro film vogliono appunto dimostrare questa verità ed invitare il nostro pubblico, attraverso un garbato e scanzonato umorismo, ad una maggiore modestia nei confronti di certi popoli lontani facilmente definiti “selvaggi”. Gli uomini sono quello che sono. Tutti fatti della stessa pasta, bianchi, gialli o neri che siano. Ed anche il mondo è quello che è: un “Mondo Cane”, che, proprio come un cane, quando abbaia non morde.4 Da questa loro premessa si può ben comprendere come lo sforzo degli ideatori sia quello di offrire al pubblico un lungo documentario di attualità per narrare episodi della vita, attraverso una ricerca antropologica sugli usi e costumi di un mondo in dinamico mutamento, un viaggio etnografico di antropologia postmoderna. L’intento finale di Mondo cane è rivolto allo

4

S. Leoparco, Op. cit., p.314.

spettatore che sperimenta, forse per la prima volta in vita sua, un caos emotivo che, al termine della proiezione, lo lascia in preda a una sensazione di profondo disordine, stato d’animo capace di fare da ponte tra i tanti mondi, azzerando le distanze e rendendoli simili tra loro, e liberi da filtri moralisti. Lo schema di Mondo cane si basa su un montaggio compulsivo e su una struttura narrativa “a tesi”, con una voce off (qui, Stefano Sibaldi) scaltra, spesso sarcastica e irriverente, volutamente patetica con l’aggiunta dell’interazione immagini/musica (per mano di Riz Ortolani e Nino Oliviero), goffa e ironica nel rappresentare le sciocchezze cui è protagonista la società contemporanea,

ma,

al

tempo

stesso,

inaspettatamente

rispettosa nel riportare gli eventi più drammatici e aggressivi. L’effetto-realtà è reso estremamente avvincente dalla scritta che apre il film, sullo sfondo della celebre scena di un cane trascinato con la forza dentro un canile, e che recita le frasi di apertura di questo capitolo che, a oggi, potrebbe essere ancora applicabile ai coscienziosi documentari di tutti i tempi: tutte le scene che vedrete in questo film sono vere e sempre riprese dal vero. Se spesso saranno scene amare è perché molte

cose sono amare su questa terra. D'altronde il dovere del cronista non è quello di addolcire la verità, ma di riferirla obbiettivamente.5 Mondo cane, come detto, si apre con l'immagine che introduce l’elemento animale/cane, figura che ricompare in vari momenti del film, offrendosi come metafora dell'umanità, della sua violenza messa al mondo.

Figura 2: Il cane trascinato in canile.

Il cane, che viene imprigionato, amato, odiato, picchiato, seppellito, mangiato, coccolato, cibato, sacrificato, vivisezionato e non solo, in ogni angolo del mondo, è interpretabile come indizio delle prime tracce culturali di «specismo»?6. O, piuttosto,

5

L. Persiani, “Introduzione ai Mondo Movie. Il Mondo Cinema come "supergenere"”, http://www.offscreen.it/saggi/mondomovies. [Ultima cons.2/09/2014].

6

P. Singer, Liberazione animale, Milano, Il Saggiatore, 2010.

come suggerimento ermeneutico sulla condizione umana di noi tutti, sul nostro essere appartenenti a un'unica specie, una specie i cui membri, pur con le proprie peculiarità evolutive, sono accomunati da rilevanti punti di contatto?. La domanda resta aperta. Le scene significative del film, legate a una visione etnografica e di un’antropologia postmoderna, si rivelano in pochi istanti... un taglio al montaggio, un diverso clima musicale e la tesi (e lo shock) è garantita, quando davanti agli occhi dello spettatore, scorrono le immagini di un contributo sociale, umano e storico che il film possiede e che per tale ragione non potrebbe, e non dovrebbe, essere accantonato. Proseguendo con l'analisi del montaggio, il documentario ci mostra dei micro-eventi: così, vediamo l’attore italo-americano Rossano Brazzi che, negli U.S.A., è seguito da una folla di donne perdutamente innamorate che vogliono attirare, in tutti i modi, le sue attenzioni, addirittura arrivando a strappargli la camicia di dosso.

Figura 3: Rossano Brazzi e le donne.

Il tutto è montato in contrasto con un arcipelago della Nuova Guinea dove la voce off spiega che le donne indigene, che danno “la caccia al maschio”, sono in competizione tra loro per decidere l’uomo

con

cui

continuare

a

proliferare.

Un'illuminante

contraddizione la narrante voce off, in chiave di ridondanza, conferma con la confessione: “il mondo ha molte analogie”. È con lo stesso meccanismo che il film continua a mostrarci una serie di violenze sugli animali, spesso presentati come uno dei temi principali dei film di Jacopetti e Prosperi (e a oggi proprio per tali ragioni anche dalle associazioni a difesa degli animali). In un villaggio della Nuova Guinea segue una scena tribale di bambini che giocano divertiti con le viscere dei maiali appena macellati e mangiati, intenti a gonfiarle per farci dei palloncini. Interessante è notare come lo specismo sia già culturalmente

insito in questa tribù, che festeggia la mattanza dei maiali ma che, contemporaneamente, si prende molta cura dei cani, dando loro

in

pasto

le

carni

e

le

ossa

degli

stessi

maiali

precedentemente ammazzati, cibo che i cani assaporano voracemente.

Figura 4: La mattanza dei maiali. Figura 5: Indigeni della Nuova Guinea.

L'intera scena si collega, sempre per contrasto, – ed è questo il fascino di tutto il lungometraggio basato sul credere/ricredersi – al cimitero di Pesadina a Los Angeles dove vediamo persone che piangono i loro amici pelosi, soprattutto cani, seppellendoli e commemorandoli in un luogo sacro creato appositamente.

Figura 6: Cimitero di Pesadina, Stati Uniti.

Seguono le immagini catturate a Taipei dove i cani scelti, ancora vivi, dagli abitanti, vengono portati a casa “freschi” e pronti per il pranzo. A Roma, invece, per le feste pasquali, vediamo alcuni pulcini mentre vengono immersi in varie colorazioni per poi essere infornati a cinquanta gradi e inseriti all'interno delle uova di cioccolato. È la solita voce off a dirci che “settanta su cento moriranno”, portando così lo spettatore a comprendere l’inutilità di quelle morti, figlie della superficialità e dell'egoismo umano. Continuando, a Strasburgo vediamo le oche allevate per la produzione di foie gras. Al fine di rendere il loro fegato grasso, malato e appetibile per i consumatori, sono violentemente ingozzate a forza. In Giappone, i dipendenti massaggiano i

giovani vitelli con l'intento di “intenerirne le carni” e, per facilitarne l’ingrassamento, gli fanno bere fino a sei litri al giorno di birra. In Tabar, invece, sono le donne ad anelare un corpo in sovrappeso, dato che possono ambire a sposare il capo tribù soltanto se ben in carne, perché questo è per loro sinonimo di fertilità, salute e prosperità. Il tutto è contrapposto alle anziane donne americane che, in una palestra di Los Angeles, cercano di dimagrire per ritrovare, anche se in tarda età, l’amore.

Figura 7: Anziane donne in palestra, U.S. A.

A New York, presso il rinomato ristorante Colony, i ricchi americani si permettono il lusso di mangiare piatti prelibati a base di topi, varie tipologie d'insetti esotici, formiche, larve e molte altre stramberie culinarie.

Figura 8: Insetti nel piatto - Colony di New York.

Non mancano riprese legate a contesti sociali di casa nostra: sul palco, riti religiosi del sud Italia, nello specifico a Nocera Terinese, in Calabria. In occasione del Venerdì Santo, durante la cerimonia del “rito dei Vattienti”, i fedeli, feriti e sanguinanti, invocano la purificazione delle anime flagellando i propri corpi con spugne irte di cocci e vetri taglienti, sfilando così per le minuscole stradine del paese e beandosi del salvifico dolore.

Figura 9: Nocera Terinese Figura 10: “I Vattienti” di Nocera Terinese.

Una delle scene più intense di Mondo cane è girata nel piccolo paradiso terrestre dell’atollo di Bikini, nel Pacifico. Nell'occasione sono documentate le disastrose conseguenze ambientali dovute all’utilizzo del luogo, sin dal 1946, come poligono di tiro per i test nucleari americani. Le sequenze testimoniano una tristezza incommensurabile. Una scia di farfalle morte, uccise dalla radioattività, sfila galleggiando sull'oceano. Pesci che, in una disperata ricerca di vita, saltano fuori dall'acqua. Uccelli terrorizzati seppelliti nelle loro tane e un tappeto di uova di gabbiano, non fecondate, con la voce off che, mestamente, recita fosse una poesia: “l’atomo ha ucciso in lui il seme della vita”. Sulla medesima scia di tragicità è il palesarsi dei nefasti effetti della contaminazione radioattiva su una tartaruga marina centenaria: la creatura si riversa sulla riva per deporre le sue uova. Subito dopo, accompagnata da una musica funerea, distrutto il suo naturale senso di orientamento, invece che rigettarsi nell'immensità del mare, avanza verso l’arido deserto, dove muore lentamente, in agonia, agitando il corpo in un'atroce danza della morte, per poi capovolgersi ed esalare l'ultimo respiro.

Figura 11: Tartarughe nell’atollo di Bikini, Oceano Pacifico.

La crudeltà umana prosegue il suo macabro spettacolo. Alcuni pescatori introducono ricci di mare nelle fauci di uno squalo, colpevole di aver ucciso un loro collega. La vendetta degli uomini si conclude con il soffocamento dello squalo. La sequenza, al momento dell'uscita del film, desta aspro scalpore tra gli spettatori.

Figura 12: Il riccio di mare introdotto nelle fauci dello squalo.

Ritorniamo ora in Italia con “I Sacconi Rossi” di Roma. La loro missione è ripescare, e seppellire, i cadaveri non reclamati annegati nel Tevere nel corso del secolo XVII. Le ossa sono,

così, allestite in una cripta sotterranea del convento. Alle famiglie del quartiere spetta il compito di curare i defunti. Assistiamo, pertanto, al lugubre rituale dello spolverare i teschi eseguito da un intero, bambini compresi, nucleo famigliare. Senza dubbio con un fotogramma del genere lo shock è garantito!

Figura 13: I bambini che spolverano le ossa, Roma.

Si ride, al contrario, guardando gli ubriaconi di Amburgo che, promiscui e totalmente fuori di sé, si raccolgono per bere nei pub fino alle luci dell’alba, momento in cui non sono nemmeno capaci di ritrovare la via del ritorno a casa.

Figure 14 e 15: Gli “ubriaconi” di Amburgo

Tra le scene finali, vediamo gli indigeni nella Nuova Guinea offrirci una panoramica di ciò che, nell'antichità, significava lottare per la propria vita armati di clava. Immagini rare che i documentaristi riprendono di nascosto e in segreto.

Figura 16: Indigeni della Nuova Guinea ripresi in segreto.

Tutto ciò viene contrapposto alle preghiere di una tribù africana che, evangelizzata dai missionari cristiani, si raccoglie in chiesa (scene che richiamano alla mente la pellicola The Mission di Roland Joffé, 1986).

Figura 17: L’evangelizzazione degli indigeni Africani.

Il finale, cullato da una musica spirituale, ha una nota marcatamente mistica. Assistiamo, infatti, alla meravigliosa, quanto amara, sequenza che ritrae alcuni nativi Australiani dare origine al mito del “Cargo-Cult”. Gli indigeni, durante lo svolgersi della seconda guerra mondiale, ammirano gli aerei alleati lanciare preziosi doni dal cielo. Alcuni dei rifornimenti militari – perlopiù

manzo

in

scatola



cadono
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