14. Cardiovascolare - ... PDF

Title 14. Cardiovascolare - ...
Course Sistematica delle Malattie Cardiovascolari e Respiratorie
Institution Università degli Studi di Messina
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Prof. Carerj, lezione 14

Malattie dell’apparato cardiovascolare

18/12/2020

ARITMIE ________________________________________________________________________________ N.B.: Le aritmie sono un grosso argomento della cardiologia e si può far riferimento ad i libri di testo; manuale di cardiologia della SIC (società italiana di cardiologia) oppure il libro di cardiologia fatto per gli studenti di medicina e per medici generali che è stato pubblicato da Edelson di Napoli nel 2020. Sono i due testi ove approfondire questo argomento o tutti gli altri argomenti che intendete approfondire. Quando parliamo di aritmie non facciamo altro che parlare di disturbi del ritmo cardiaco; le possiamo dividere in: 1. Tachicardie 2. Bradicardie 3. Battiti prematuri

TACHICARDIE Le tachicardie: - per il 90% dei casi sono tachicardie sopraventricolari; - per il 10% dei casi sono tachicardie ventricolari. Se andiamo ad analizzare le tachicardie sopraventricolari vedremo che i meccanismi possono essere molteplici. Quando parliamo di tachicardia parliamo di un ritmo in cui il numero dei battiti cardiaci è superiore a 100  ritmo tachicardico quando la frequenza cardiaca è superiore a 100. Le sopraventricolari comprendono: 1. TACHICARDIA SINUSALE (TS) è la tachicardia sopraventricolare più comune, ma anche fisiologica, quella tachicardia legata ad una accelerazione della scarica degli impulsi del nodo seno-atriale (pacemaker fisiologico del cuore). La tachicardia sinusale può essere: • Fisiologica  legata allo sforzo fisico e quindi come tale è un adattamento del sistema cardiovascolare all’esercizio fisico in cui vi è una stimolazione simpatica al livello del nodo seno1

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atriale con un incremento della scarica del nodo del seno. Questa è una tachicardia compensatoria perché deve aumentare la portata cardiaca, ovvero aumentano i battiti al minuto per aumentare quest’ultima, per ottimizzare l’ossigenazione tissutale periferica. •

Non fisiologica (a volte)  tachicardie sinusali sganciate da sforzo fisico per esempio nel contesto di alterazioni endocrine. Pensiamo all’ipertiroidismo che si caratterizza per un aumento della frequenza cardiaca, questi pazienti sono spesso tachicardici pur essendo a riposo in quanto vi è un distiroidismo che determina una facilitazione simpatica, quindi stimolano il cuore e quindi come tale aumenta la frequenza cardiaca. Al contrario succede in ipotiroidismo in cui il paziente è bradicardico.



Para-fisiologica  tachicardie inappropriate, ovvero con un aumento di frequenza durante sforzo inappropriato per l’entità dello sforzo eseguito, spesso espressione di non ottimale adattamento ad esercizio fisico quindi persone poco allenate con risposta tachicardica importante durante lo sforzo per questo disadattamento dall’esercizio fisico.

2. TACHICARDIA ATRIALE (TA) è una tachicardia spesso focale, ovvero che origina da un focus ectopico a livello dell’atrio (atrio sx o atrio dx) che prende il sopravvento rispetto alla funzione del nodo seno-atriale e quindi questo focus topico se scarica una frequenza superiore a quella del seno, prende il comando del cuore e quindi ci troviamo di fronte a questi pazienti con frequenze cardiache anche molto elevate. Dipende da frequenza di scarica del focolaio ectopico che può essere sia in atrio sx che in atrio dx. 3. FLUTTER ATRIALE, nella vecchia classificazione, veniva identificato come una aritmia sopraventricolare in cui l’attività elettrica è parzialmente desincronizzata, ovvero vi sono dei circuiti elettrici che determinano una scarica dell’attività delle pareti atriali con una frequenza molto elevata, che va oltre 250/300 battiti al minuto. Nel flutter atriale batte a frequenze intorno a 250/300 battiti al minuto. Vi è poi il flutter atriale tipico della morfologia del circuito. 4. FIBRILLAZIONE ATRIALE (FA), nella vecchia classificazione delle aritmie, era codificata come una aritmia sopraventricolare ad attività elettrica totalmente desincronizzata; vuol dire che l’attività elettrica del paziente che ha la fibrillazione atriale è un’attività elettrica in cui ci sono delle onde, dei circuiti, molto irregolari che attivano le cavità atriali ad una frequenza elevatissima oltre 300/400 battiti al minuto. Fortunatamente il nodo atrio-ventricolare fa da filtro e quindi questi impulsi non riescono tutti a passare a livello ventricolare, altrimenti sarebbe un dramma in quanto se passassero tutti gli impulsi si trasformerebbero in una fibrillazione ventricolare con una frequenza elevatissima portando ad exitus del paziente. Agendo da filtro, il nodo AV blocca il passaggio di molti impulsi da atrio a ventricoli tant’è che in fibrillazioni atriali spesso abbiamo frequenze 120/130/150 battiti al minuto, ma non sono sicuramente 300/450 battiti al minuto. Questo filtro del nodo AV può mancare se ci troviamo di fronte ad una via accessoria che bypassa il nodo AV e quindi facilita la conduzione dell’impulsi atriali verso i ventricoli e quindi i ventricoli hanno una risposta ventricolare molto elevata, un grosso problema della fibrillazione atriale detta “pre-eccitata” (ovvero con questa via anomala). Dalla pre-eccitazione, dipende approccio clinico e terapeutico del paziente sia clinica sia per utilizzo dei farmaci, ma sicuramente un paziente a cui la via accessoria va ablata (eliminata, distrutta la via), in modo che la fibrillazione atriale possa trasformarsi in una fibrillazione ventricolare. 2

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5. TACHICARDIE DA RIENTRO NEL NODO sono quelle classicamente parossistiche. Possono essere: • Da rientro nel nodo AV  sono le tachicardie che classicamente avvengono spesso nei soggetti giovani; frequentemente nei soggetti di sesso femminile, ma anche il sesso maschile non è scevro e protetto. Per lo più sono soggetti giovani o con anamnesi che diagnosticano inizio del disturbo abbastanza giovanile (ventenni, trentenni e spesso con un cuore sano, ovvero un cuore che macroscopicamente strutturalmente e funzionalmente non ha alterazioni importanti, non hanno cardiopatie organiche di base). Queste tachicardie da rientro nel nodo AV sono spesso legate ad un circuito che si slatentizza a livello del nodo AV in cui ci sono due vie, la via α e la via β, aventi ambedue una refrattarietà e velocità di conduzione dell’impulso diversa; in sintesi la tachicardia da rientro intranodale viene scatenata da un battito ectopico atriale, ovvero una extrasistole atriale. L’extrasistole è un battito anticipato rispetto al ritmo normale del cuore. Questo battito anticipato, arriva al livello del nodo AV e trova una via refrattaria, la via α responsiva, mentre la via β refrattaria; quindi questo impulso scende attraverso il nodo AV nella via α, in quanto la via β è bloccata, scendendo lentamente perché la velocità di conduzione è lenta. Quando l’impulso arriva a livello della parte terminale del nodo la via β ha recuperato e quindi risale attraverso tale via nell’atrio, creandosi un cortocircuito in quanto questo impulso scende nella via α e sale dalla via β e questo non fa altro che attivare le cavità atriali. Questo determina l’insorgenza di tachicardia parossistica scatenata da extrasistole atriale, spesso con frequenze molto alte 150-160 battiti al minuto con pazienti spesso sintomatici in quanto sviluppano ipotensione per riduzione della portata cardiaca e riduzione importante della gittata sistolica, determinando questa ipotensione che fa star male i pazienti con quasi lipotimia delle volte. Tutto questo è molto importante in quanto sono delle tachicardie a complessi QRS stretti, a frequenza elevata che possono terminare con le manovre vagali, ovvero sostanzialmente con massaggio del seno carotideo che determina una stimolazione vagale, a livello del nodo AV, con interruzione della tachicardia. Altre volte si utilizzano i farmaci tra cui quelli che agiscono a livello del nodo AV per bloccare questo circuito che si è verificato. •

Da rientro atrio-ventricolari  sono legate alla presenza di una via anomala e quindi sono due vie; dipende dalla refrattarietà della via accessoria, in base alla quale la conduzione può avvenire n senso anterogrado, se il periodo refrattario non è lungo, o retrogrado, se il periodo refrattario è lungo. Questo è molto importante perché queste vie accessorie possono essere manifeste, occulte e slatentizzarsi in situazioni particolari.

Le ventricolari rappresentano il 10% delle tachicardie, quindi molto meno frequenti delle sopraventricolari. 1. TACHICARDIA VENTRICOLARE La sostenuta monomorfa rappresenta il 50% delle tachicardie ventricolari; la abbiamo spesso in ventricoli dilatati, disfunzionanti; questo è un problema perché ovviamente possono essere un preludio di degradazione e quindi evolvere verso tachicardie ventricolari più gravi o anche verso fibrillazioni ventricolari. Importante identificare questi pazienti con ventricolo sx dilatato e disfunzionante, durante la tachicardia ventricolare diventano sintomatici e quindi necessariamente devono essere trattati, trattamento che avviene prevalentemente mediante DC shock. 3

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La restante parte è data da forme particolari, queste dipendono molto dal tipo di cardiopatia che abbiamo. Tra cui: •







Tachicardie ventricolari infundibulari  originano da infundibulo del ventricolo dx. Queste tachicardie ventricolari possono essere espressione di cardiopatie strutturali particolari tipo la displasia aritmogena del ventricolo dx. Tachicardie fascicolari  originano dai fascicoli anteriore o posteriore della branca sinistra del ventricolo sx e sono delle tachicardie che spesso si possono associare a non importanti cardiopatie strutturali. Tachicardia ventricolare polimorfa  è una tachicardia complessa, che rispetto alla monomorfa ha una morfologia variante durante episodio tachicardico; è una tachicardia con alto rischio di degenerazione in fibrillazione ventricolare. Torsione di punta  anch’essa tachicardia ventricolare polimorfa con un’inversione della polarità del QRS durante la tachicardia e per questo si chiama a torsione di punta; questa a torsione di punta è caratteristica di alcune condizioni: - nell’allungamento acquisito del QT cioè della sistole elettrica, associato a una disionia, alla presenza di ipopotassiemia, che determina allungamento del QT. Se questo allungamento è importante si può avere torsione di punta. - condizioni congenite in cui abbiamo un allungamento del QT congenito e questo è un substrato per la insorgenza di questa aritmia che può anche essere mortale se non viene trattata in maniera precoce in quanto si ha frequenza molto elevata e diventare aritmia ancora più grave come fibrillazione ventricolare.

2. FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE rappresenta l’ultima delle tachicardie ventricolari dove il paziente non ha altro che un arresto cardiaco, il cuore si contrae in maniera vermicolare senza delle contrazioni efficaci e quindi un arresto che chiamiamo ipercinetico, un’attività ipercinetica elettrica, ma nessuna attività meccanica. Questa è una situazione di emergenza e se non si interviene nel giro di secondi o qualche minuto il paziente non riesce a sopravvivere. Può esserci anche un ritmo idioventricolare accelerato, anch’esso ritmo ventricolare dove sostanzialmente un centro ectopico basso ventricolare prende il comando del cuore e quando parliamo del ritmo idioventricolare accelerato parliamo di una frequenza di 70/80/90 battiti al minuto non più di questi dove abbiamo dei complessi QRS allargati e questo ritmo idioventricolare lo troviamo spesso in pazienti con cardiopatia ischemica in fase acuta, per esempio negli infarti inferiori dopo che vengono ricanalizzati spesso il pz ha un ritmo idioventricolare accelerato. Sono una serie di focolaio ectopico che scarica ad una frequenza accelerata 70/80 battiti al minuto. Lo chiamiamo idioventricolare accelerato in quanto normalmente un focolaio ectopico ventricolare basso scarica a 30/35 battiti al minuto. BRADICARDIE La bradicardia è quando la frequenza cardiaca scende sotto 60 battiti/minuto e può essere: 1. BRADICARDIA SINUSALE • Fisiologica  la possiamo riscontrare negli atleti e in particolare in alcuni atleti come per esempio i ciclisti professionisti, aventi frequenza di 40 battiti/minuto, (si dice che Coppi avesse una frequenza cardiaca a 38 battiti/minuto per cui frequenze veramente molto basse). La portata cardiaca è assicurata dal fatto che essendo un cuore adattato all’esercizio fisico e la bradicardia sinusale comporta un allungamento del periodo diastolico, quindi del 4

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riempimento ventricolare sx; questi pazienti hanno una gittata sistolica aumentata per cui la portata cardiaca (gittata sistolica x frequenza cardiaca) è conservata. •

Patologica  espressione di una malattia endocrina come ipotiroidismo, ma può anche essere espressione di una disfunzione del nodo del seno ammalato e quindi una frequenza di scarica ridotta rispetto al normale. Si vedono spesso delle malattie del nodo del seno “Sick Sinus Syndrome” dove abbiamo delle bradicardie sinusali a volte abbastanza marcate fisse; fisse vuol dire che se sottoponiamo il paziente a un lieve o moderato sforzo fisico la frequenza cardiaca aumenta pochissimo o addirittura non aumenta del nulla. Questa è la testimonianza di una disfunzione del seno che non riesce ad accelerare la frequenza di scarica. Altre volte la bradicardia può essere molto marcata per cui questi pazienti possono diventare sintomatici e quindi avere oltre che una marcata astenia e dispnea, dovuta alla ridotta frequenza cardiaca, delle sincopi se si associa a delle fasi di pause sinusali. Anche sulla bradicardia bisogna porre molta attenzione per vedere che tipo di bradicardia sinusale andiamo a trovare in quel determinato paziente.

2. BLOCCHI SENO ATRIALI ovvero l’incapacità dell’impulso che si è originato a livello del nodo del seno di propagarsi lungo la parete atriale, ovvero viene bloccato alla sua emergenza. 3. BLOCCHI ATRIO-VENTRICOLARI sono abbastanza frequenti e li possiamo dividere in: • I grado • II grado diviso in:  blocco atrio-ventricolare di secondo grado tipo Mobitz 1 o tipo Luciani-Wenckebach;  blocco atrio-ventricolare di secondo grado tipo Mobitz 2;  blocco atrio-ventricolare di secondo grado tipo 2/1; • III grado (dissociazione atrio-ventricolare completa); BATTITI PREMATURI I battiti prematuri che sono essenzialmente le extrasistoli, quindi un battito anticipato rispetto al ritmo di base, possiamo classificarle in: 1. EXTRASISTOLI SOPRAVENTRICOLARI • Atriali • Giunzionali  originano a livello della giunzione atrio-ventricolare. 2. EXTRASISTOLI VENTRICOLARI Fra le extrasistoli le più frequenti sono le extrasistoli atriali, ma anche le ventricolari è un disturbo del ritmo abbastanza frequente, ma meno di quelle atriali. Nell’immagine sopra riportata vi è un complesso QRS costituito da un’onda Q iniziale, una onda R positiva che corrisponde alla telediastole, poi il tratto ST e l’onda T, onda da ripolarizzazione e la fine dell’onda T corrisponde alla fase telesistolica. RITMO SINUSALE Il ritmo sinusale è il ritmo che origina dal nodo del seno-atriale e lo abbiamo quando l’attività elettrica è governata dal nodo del seno. Sono degli impulsi originati dal nodo seno-atriale in maniera ritmica con una frequenza che va da 60 a 100 battiti/minuto. 5

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Sotto 60 parliamo di bradicardia sinusale, mentre oltre 100 parliamo di tachicardia sinusale. 60 e 100 sono i cut-off per il ritmo sinusale. La cosa molto importante è che l’asse dell’onda P quando origina dal nodo del seno è circa di 60°, ovvero diretto verso la derivazione DII. Avremo quindi: • un’onda positiva in DII, dove il voltaggio dell’onda P è più alto rispetto alle altre derivazioni, ma anche positiva in aVf e DI. • un’onda negativa in aVr. Dal punto di vista elettrocardiografico è molto importante perché un’onda P sinusale ha un’asse elettrico orientato a +60°, quindi verso la DII con il voltaggio che è maggiore rispetto alle altre derivazioni. L’intervallo PR, ovvero tempo di conduzione atrio-ventricolare, è compreso tra 120 e 200 ms. (Questi valori sono molto importanti da ricordare). Si parla di una conduzione atrioventricolare normale quando l’intervallo PR è compreso tra 120 e 200 ms. Questa immagine mostra l’onda P, la conduzione atrio-ventricolare (PQ) e l’onda T. Nella parte alta dell’immagine si vede un elettrocardiogramma in cui si vede l’onda P che precede il QRS in questo ritmo sinusale. L‘onda P è positiva in DI, DII, in aVF e negativa in aVR. Vedendo il voltaggio dell’onda P è maggiore in DII rispetto a DI e aVF perché l’asse elettrico è orientato verso la DII a 60°.

Si vede in questa immagine il nodo del seno che emette i suoi impulsi che invadono gli atri attraverso le vie intra-atriale e che poi, una volta attivate le cavità atriali, passano attraverso il nodo AV e invadono i ventricoli attraverso il fascio di His e le fibre del Purkinje, le quali fanno parte delle fibre 6

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di conduzione del tessuto miocardico specifico (a differenza del tessuto miocardico comune adibito a contrazione e quindi contrazione del cuore). Quindi: nodo del seno  vie nodali  internodali attivazione atri  invasione setto interventricolare  parete laterale ventricoli  accoppiamento elettro-meccanico, ovvero contrazione ventricolare. Che differenza c’è tra una tachicardia sopraventricolare e una fibrillazione atriale? La differenza, sostanzialmente sta nel battito che:  nella fibrillazione atriale è completamente irregolare in quanto gli impulsi che si sono generati nell’atrio sono molti irregolari e solo alcuni di essi passano a livello ventricolare;  nella tachicardia parossistica sopraventricolare (TPSV) il ritmo è assolutamente regolare, ovvero questo circuito che si è creato a livello del nodo scarica in maniera regolare. La cosa importante è che il QRS:  nella fibrillazione atriale e nella tachicardia parossistica sopraventricolare, è assolutamente stretto;  nelle forme ventricolari, nella tachicardia ventricolare (TV), il QRS è largo perché la tachicardia origina a livello dei ventricoli e quindi non segue le normali vie di conduzione dell’impulso elettrico. Nell’arresto cardiaco dobbiamo capire se abbiamo:  ritmi defibrillabili, ipercinetico, ovvero legato ad una tachicardia mortale come la fibrillazione ventricolare che arresta il ritmo sinusale, oppure siamo dinnanzi a  ritmi non defibrillabili come asistolia senza alcuna attività elettrica cardiaca. Rispetto al precedente ECG che era di un soggetto con ritmo sinusale con piccola onda P che precedeva QRS, positiva in aVF e DII, questo ECG, come si può vedere dalla freccia rossa, manca di tale onda. Nella freccia viola vi è onda P presente. Questi due tracciati sono diversi, uno di un paziente in fibrillazione atriale (freccia rossa) e uno di un paziente con ritmo sinusale (freccia viola). La differenza macroscopica è che le onde P sono sostituite con delle onde F, dove si vede che sono irregolari e diverse l’una dall’altra; manca un’attività elettrica sincronizzata dell’atrio. Un altro dato che è diverso rispetto al ritmo sinusale è l’irregolarità dell’intervallo RR. Tutti i complessi QRS hanno intervallo RR diverso l’uno dall’altro in quanto non tutti gli impulsi atriali, fortunatamente, passano a livello ventricolare e quindi un passaggio irregolare. Da questa irregolarità deriva l’irregolarità degli intervalli RR tra complessi QRS. Questa è tipica della fibrillazione atriale, cosa assente nel ritmo sinusale dove l’intervallo RR è assolutamente normale. Nella fibrillazione atriale abbiamo: • ...


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