17 settembre II parte - Appunti utili alla comprensione del materiale didattico PDF

Title 17 settembre II parte - Appunti utili alla comprensione del materiale didattico
Course Diritto Amministrativo - Modulo 1
Institution Università Commerciale Luigi Bocconi
Pages 13
File Size 241.9 KB
File Type PDF
Total Downloads 67
Total Views 135

Summary

Appunti utili alla comprensione del materiale didattico...


Description

17 settembre II parte Per riprendere il discorso, per capire come si è arrivati allo Stato regionale e per capire come articolato nei vari enti autonomi, occorre vedere la parabola evolutiva. Lo Stato italiano, come sapete, nasce nel 1861 come effetto della aggregazione di tipi di Stati c.d. preunitari al regno sardo piemontese. Da una situazione di più stati che governavano la penisola si arriva, con questo processo di annessione al Regno Sabaudo piemontese, alla creazione dello Stato italiano che nasce, vedremo adesso, come Stato unitario (ragionando sui tre modelli che abbiamo appena visto). Sul piano della Pubblica Amministrazione, dei regimi amministrativi, inizialmente quindi trovandosi dinanzi più regimi amministrativi, più forme organizzative e amministrative diverse, lo Stato unitario, lo Stato italiano neonato, non può esserlo solo sulla carta e, a seconda di dove si andava, vigeva un regime amministrativo diverso. Quindi si omogeneizza il sistema e si estende a tutto il territorio nazionale quello che era il modello sardo piemontese. Questo non è che lo stiamo servendo solo per una situazione storica, ma per un dato ben preciso: perché il modello sardo-piemontese era pressoché analogo a quello francese e questa derivazione francese, vedremo col modello ministeriale, è il portato più evidente dell’influenza francese sul nostro sistema, condiziona ancora oggi come è organizzata l'amministrazione statale e si riesce a capire perché noi abbiamo un modello per ministeri ragionando su questa spiegazione storica. Quindi diciamo il nuovo Stato italiano nasce come una continuazione estensione del sistema sardopiemontese. Com'è che era strutturato lo Stato italiano alla nascita sui tre piani, cioè sul piano del centro, del potere centrale statale, sul piano della periferia e sul piano poi del governo locale? Sul piano del centro, come vi dicevo, la legge fondamentale in tema di organizzazione amministrativa che reca ancora influenza importante sull'attuale struttura dello Stato come persona giuridica è la c.d. legge Cavour del 1853. É importante porla in risalto perché abbiamo recuperato dal modello francese il modello ministeriale cioè che l'amministrazione dello Stato venga organizzata in base a precise branche amministrative, comparti amministrativi, che prendono il nome di Ministeri. Infatti, lo Stato persona giuridica si compone dei vari ministeri: Ministero dell'Interno Ministero dell'Economia e delle Finanze ecc. Che cos’è quindi il modello ministeriale come modello tipico di organizzazione dell'amministrazione del centro dello Stato? Ancora oggi è l'insieme di uffici posti in una relazione di gerarchia: da uffici inferiori via via a uffici di livello superiore fino ad arrivare con questa gerarchia ascendente all'organo di vertice che è un organo politico e non un organo amministrativo: il Ministro. Il Ministro come organo di vertice di una specifica branca dell'amministrazione statale (Ministero) composta da tanti uffici al cui vertice c'è un'autorità politica che svolge questo duplice compito: - Organo di vertice di una branca dell'amministrazione quindi che la dirigente e ne è responsabile; - Organo politico come componente di quello organo costituzionale che il Governo (si compone Infatti dei ministri e il Presidente del Consiglio insieme forma organo collegiale Consiglio dei Ministri) Quindi governo, poi tanti ministri quanti sono questi grandi plessi di amministrazione statale che sono i vari ministeri. Perché la scelta di porre al vertice di questa amministrazione statale il Ministro che è un organo politico? Per una semplice ragione che si spiega con la nostra forma di governo che è quella parlamentare. Il ministro, che è componente del governo, risponderà dinanzi al Parlamento, che è il luogo dove siede in forma rappresentativa il popolo sovrano. Il ministro risponderà

dell'andamento dell'amministrazione. Siccome il governo è legato al Parlamento dal rapporto di fiducia, ecco come la nostra amministrazione si colleghi al circuito Democratico rappresentativo, ecco quindi come l'amministrazione abbia una legittimazione democratica per agire e quindi incidendo anche nelle sfere dei cittadini. Perché con questo cerchio si riconduce al Parlamento - luogo della sovranità eletto dal popolo nelle forme della Costituzione, in forma di rappresentanza, di democrazia rappresentativa. Questa è l'influenza del modello accentrato Napoleonico: la previsione di grandi macchine ministeriali centrali che si occupassero di tutte le aree dell'amministrazione e a cui venivano attribuiti vari poteri amministrativi e diversi compiti dello Stato. Sul piano della periferia, siccome appunto questa grande amministrazione centrale non può fare tutto solo da Roma (il territorio italiano è molto esteso quindi c’è anche una esigenza di articolazione periferica degli organi statali), il sistema ha previsto, alla nascita dello Stato, che lo Stato avesse anche proprio uffici nelle varie periferie mediante uffici posti in capo a figure che erano inizialmente governatori e intendenti ma che poi con l'evoluzione a questi sono subentrati, quella figura che tutti conosciamo, che è il prefetto. Quindi le prefetture, che ancora oggi sono uffici periferici dell'amministrazione centrale, oggi si chiamano “uffici territoriali di governo” (ma è comunemente prefetture) e servono come figura di raccordo, come cerniere, tra il centro e le periferie, e sono dotate di una serie di poteri anche per far sì che lo Stato rimanga unitario (se no il centro non avrebbe comunicazione con la periferia). Anche questo sistema nasce dal modello francese. Sul piano del governo locale, alla nascita lo Stato italiano avevamo un sistema di amministrazione locale composto segnatamente da comuni e dalle province - non dalle regioni le quali sono un portato recente della Costituzione del 48 ed istituite concretamente solo negli anni Settanta del Novecento, non hanno segnato la nascita dello Stato italiano. I comuni, invece, esistevano già essendo delle istituzioni antichissime dello Stato, c’erano anche in epoca medievale. Possiamo però dire che l'amministrazione locale non è come quella che conosciamo oggi proprio perché c'era un potere di fortissima ingerenza governativa, non vi erano grandi spazi di autonomia: tantissimi atti per essere approvati dagli organi del prefetto o da altri organi facevano controlli di legittimità e di merito, quindi c'era una forte interferenza del centro su tutti gli organi periferici. Quindi, in sintesi, per identificare il modello e sistema amministrativo che ha segnato la nascita dello Stato italiano è un sistema di pubblica amministrazione a forte accentramento - basato sul modello dei Ministeri, con gli uffici periferici delle prefetture e con enti locali a scarsa autonomia (siccome appunto oggetto di una forte tutela governativa). Dominava, in questa stagione storica, il c.d. principio dell'accentramento in base al quale tutta l'amministrazione dipendeva direttamente o in ultima istanza dal governo proprio perché il Governo era titolare della funzione esecutiva e rispondeva dinanzi al parlamento, il quale poteva muovere un giudizio politico su come veniva gestito la amministrare quindi valutare se mantenere o meno il rapporto di fiducia su cui si basa il rapporto tra Parlamento e Governo nella nostra forma di governo parlamentare. La prefettura esercitava vigilanza e controllo sugli enti locali e controllava legittimità, approvava i bilanci, nominava i funzionari: quindi una forte ingerenza su tutti gli enti dell'amministrazione locali.

A un certo punto si realizza però una linea di tendenza evolutiva: vediamo in un preciso momento il passaggio dall'idea dell’accentramento al decentramento amministrativo. Si realizza questo passaggio in un preciso momento cioè con l'introduzione della Costituzione repubblicana nel 1948. Perché la Costituzione repubblicana è informata alla logica del decentramento e non, come in precedenza, dell'accentramento? Perché la Costituzione è figlia della reazione alla esperienza autoritaria o totalitaria del ventennio fascista. Nasce sulle spoglie del Fascismo, una parentesi storica dove, sul piano dell'amministrazione, sì è esasperato e portato all’eccesso il c.d. principio di accentramento che già aveva visto l'Italia nel suo modello originario. Questo perché siccome il modello fascista voleva essere ricordato come un forte controllo, quindi come uno Stato forte, l'idea dell'accentramento era il modello più funzionale agli scopi. Quindi il fascismo aveva centralizzato tutto attorno al governo, peraltro sopprimendo anche il carattere elettivo degli enti locali e questo aveva sostituito il sistema potestarile, del potestà. Quindi ancora una soppressione perché c’era il rischio che altrimenti se un ente territoriale fosse espressione di un colore politico differente questo è un fattore appunto che rischia di minare la tenuta del regime. L’accentramento inizialmente – durante Rivoluzione francese – era espressione di coesione, aveva visto una componente positiva per l'amministrazione. Dopo l'esperienza fascista, la Costituzione, invece, vede con disappunto un eccessivo accentramento perché viene riletto come sintomo di autoritarismo. Questa è l'espressione politica delle diverse epoche storiche. Vediamo nascere l'ordinamento repubblicano nel 48 sulla base di principi diametralmente opposti a quelli di accentramento che sono il principio del decentramento e dell’autonomia locale. In realtà occorre rilevare come il modello ministeriale nel corso degli anni non era più solo l'unico modello di amministrazione, ma iniziavano a proliferare diverse forme organizzative dell'amministrazione aggiuntive che erano ad esempio le aziende municipalizzate. Il modello organizzativo iniziava già a moltiplicarsi ma rimaneva ovviamente fondamentale quello ministeriale. I due principi che sono gli assi portanti sul piano dell'organizzazione amministrativa della nuova costituzione sono il decentramento e l'autonomia locale i quali sono codificati nell’art. 5. L'articolo 5 afferma, senza voler negare che l'Italia sia uno Stato unitario (non c'è nessun intento secessionista) che la Repubblica è una e indivisibile. Espressione questa che abbiamo già incontrato come idea di coesione che nasceva dalla Rivoluzione Francese. L'unità non è lo Stato, ma è l'ordinamento repubblicano. La Repubblica è una e indivisibile. Ma la Repubblica, vedremo poi, è composta da tanti enti dei quali lo Stato ne è uno, ma non è il solo. Il 114 è figlio delle norme successive, il 5 si limitava a dire che la Repubblica rimane una e indivisibile. “Riconosce e promuove le autonomie locali”: quindi le autonomie locali vengono promosse, ma riconosciute, non costituite. Non è che vengono create, vengono riconosciute: è un dato pregiuridico, esistono da sempre come tradizione quindi il diritto non può che riconoscerle. “Attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo”: quindi l'opposto dell'accentramento, deve essere favorito il decentramento. “Adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”: questo come sfondo di principi che poi devono essere programma, attuati nel corso degli anni a venire.

Vedete però che un famoso costituzionalista, Esposito, afferma: “La dichiarazione che la Repubblica non solo riconosce ma anche promuove le autonomie locali consente di precisare che l'unità e l’indivisibilità della Repubblica non possono considerarsi principio direttivo positivo, ma solo “limite” al riconoscimento delle autonomie (che costituiscono invece il principio positivo). Come dire “unica indivisibile è il limite alle forme di decentramento, deconcentrazione, cioè per evitare che una eccessiva frammentazione poi disgreghi lo stato unitario. Ma non è che lo stato unitario è il principio, il principio è l'opposto, e l'Unità è il limite. Questo significa che il sistema di governo, di gestione del potere legislativo ma poi soprattutto amministrativo, oggi si articola in una struttura pluralistica: Repubblica delle autonomie, cioè composta dallo Stato persona giuridica, ma non più lo Stato accentra su di se i poteri, perché molti poteri spettano a fianco allo Stato anche a tutti gli enti del governo territoriale (Regioni, Province e Comuni e anche città metropolitane) La Costituzione, riconoscendo questi enti del governo territoriale conferisce, garantisce, l'ambito di governo che gli è proprio. Questi enti diventano comunità politiche cioè capaci non solo avere deleghe dallo stato, ma anche essere essi stessi capaci di elaborare un proprio programma politico di promozione e selezione di interessi da perseguire. Lo fa per esempio il comune: quando andate a votare per le elezioni comunali scegliete un programma così come quando votate alle parlamentari. Possono esserci fenomeni di coabitazione per cui alcuni comuni possono avere una composizione politica diversa da quella del governo centrale Idem le regioni. Quindi più livelli di enti con una propria politica e che quindi organizzano l'amministrazione come strumento per attuare il proprio disegno politico, autonomo e con la legittimazione dal basso, democratico-rappresentativa autonoma dallo Stato. Il disegno autonomistico trova il suo massimo compimento nella carta costituzionale con quella fondamentale riforma che è quella del Titolo V della Costituzione nella sua parte seconda con legge costituzionale n.3 del 2001. É questa riforma che ha reso ancora più esplicita questa idea che la Repubblica, che è unica (Repubblica = Stato), ma che è l'insieme di tutti gli enti di governo, enti territoriali, che sono tra loro posti sullo stesso piano; quindi non sono enti locali organi dello Stato, come era in precedenza, ma sono enti autonomi che si distinguono da questo solo per la diversa dimensione territoriale e che rappresentano specifiche differenziate comunità territoriali. Un autore, famoso amministrativista, Benvenuti, ha coniato l'espressione “ enti comunitari ” piuttosto che la formula tradizionale enti territoriali proprio per significare che sono enti che hanno lo scopo di promuovere e sviluppare gli interessi della propria comunità territoriale: Comune di Milano è la comunità dei residenti di Milano, Comune di Bergamo è la comunità dei residenti di Bergamo. Ognuno fa parte di più eventi comunitari perché se è cittadino italiano è sottoposto all'azione dello Stato e anche all'azione del comune dove è residente e della regione di cui fa parte. La riforma del Titolo V ha modificato il 114 della Costituzione che apre il titolo Quinto, Commi 1 e 2, dove chiaramente rappresenta quanto abbiamo detto, cioè spezza quell'idea per cui Repubblica è stato, il resto semmai sono organi dello Stato, ma ce lo dice chiaramente: la Repubblica che è un ordinamento oggettivo non è un ente, si compone è costituita dai comuni dalle province dalle città metropolitane e dalle regioni e dallo Stato. Peraltro, non è casuale l'ordine: non più lo Stato “e a scendere”, ma si parte dal livello più basso, da quello più vicino al cittadino. Questo sottende una precisa visione politica che prende il nome di

sussidiarietà: cioè partire dal basso, dal livello più vicino alla persona, e via via salire al livello più alto, non l'inverso, dallo Stato, che è persona giuridica ma lontano dal cittadino. Il secondo comma ci ricorda appunto che questi enti comunitari sono enti autonomi e non organi dello Stato, sono enti che hanno autonomia. Autos Nomos, dal greco, capaci di darsi regole da sé, che disciplinano l'organizzazione dell’attività (pensate agli Statuti), con propri, appunto Statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla costituzione. Con la riforma del Titolo V scompaiono altresì quelle forme di vigilanza e controllo penetrante incisivo che hanno segnato la prima esperienza dello Stato Italiano dove il governo poteva, per il tramite di regola delle prefetture, ingerirsi dell'azione di merito di legittimità dei vari enti locali. Quindi scomparendo questi controlli, essendo poi autonomi sul piano normativo le regioni, e poi gli enti locali sul piano amministrativo, sono enti che diventano politici in senso pieno, operando ovviamente in una cornice normativa e finanziaria prefissata delle leggi. Perché c’è sempre dell'idea che le repubbliche debbano coordinarsi in senso comunitario con varie istituti di raccordo. Questi enti costitutivi della Repubblica sono enti esponenziali di comunità politica ed esprimono proprio indirizzi politici. Di regola sono elettivi. ora sapete le province che sorte hanno avuto non si possono eliminare le province per legge perché sono previste nel 114 quindi occorrerebbe una riforma costituzionale E allora la scelta visto che era difficile una revisione si è voluto spogliarle del carattere elettivo rendendoli enti di secondo grado pur mantenendole formalmente (esiste l’ente provincia) però diciamo è venuto meno quel carattere di autonomia politica come oggetto di elezione diretta. Ovviamente la potestà normativa, la funzione legislativa, spetta nel nostro ordinamento a Stato e Regioni, i comuni non fanno le leggi, però comunque hanno poteri normativi medianti atti amministrativi (regolamenti e Statuti eccetera), sono fonti secondarie. Invece le regioni sono enti autonomi anche dal punto di vista legislativo secondo il riparto della Costituzione. Il nostro modello di Stato regionale più che regionale non va inteso come “solo regioni e basta” ma come sistema di pluralismo delle autonomie. Oltre alle regioni ci sono anche gli altri enti locali. Quindi è la reazione a quel sistema fortemente accentrato dove tutte le funzioni era deputate soltanto allo Stato persona; e quindi in questo vediamo, come dicevamo, la divisione dei poteri in senso anche verticale (quindi tra comuni province città metropolitane stato) e non solo orizzontale (potere esecutivo legislativo e giudiziario dello Stato). Quindi: Stato di diritto come divisione poteri nel senso dello sviluppo del principio autonomistico. Dobbiamo poi analizzare come viene in questo sistema divisa e attribuita la funzione amministrativa che è un dato di fatto: come i comuni hanno il potere amministrativo così le province, regioni e lo stato. Cioè come si arriva a questo? Il potere amministrativo può essere attribuito all'ente che si vuole o ci sono dei criteri giuridici che guidano la scelta dell'ente che deve essere il soggetto che detiene la titolarità dei poteri amministrativi, tutte le funzioni che servono a raggiungere gli obiettivi di un ordinamento? Questo è ciò che dobbiamo approfondire. Ovviamente la funzione amministrativa viene a essere nel sistema dislocata tra tutti gli enti del governo territoriale dai comuni allo Stato, mentre le altre due funzioni sovrane (legislativa e giurisdizionale) no. Cioè la funzione legislativa è rimane dislocata tra stato e regioni, quindi sopra questi due soggetti, mentre il potere giurisdizionale rimane riservato allo stato perché appunto il passaggio autonomistico non si è spinto fino a far diventare lo stato italiano uno stato federale. Nello stato federale anche il potere giurisdizionale può essere attribuito sia allo Stato membro che allo Stato federato. Nel nostro caso la funzione delle tre che è attribuita a tutti è quella amministrativa. Dobbiamo ora a capire quali sono i criteri di allocazione cioè di attribuzione, di

conferimento, delle funzioni amministrative cioè dei poteri amministrativi tra i vari enti costitutivi dell'ordinamento repubblicano. Come si fa a scegliere a quale livello di governo andare ad attribuire le funzioni. Primo tema: chi è che può attribuire i poteri amministrativi nel nostro ordinamento? Chi è che attribuisce a un certo soggetto un potere amministrativo? Il legislatore! Perché? Perché alla base del diritto amministrativo c'è il principio di legalità: i poteri devono trovare fondamento nella legge e la norma attributiva del potere è sempre una norma di legge. L'amministrazione non può auto-votarsi i poteri, glieli deve dare il legislatore. Nel nostro ordinamento chi è che il legislatore? Non più solo lo Stato, ma Stato e Regioni. Le funzioni amministrative che nascono sulla base della legge (conferimento) vengono ad essere attribuite dal legislatore Stato o dal legislatore Regioni, a seconda delle materie che stiamo trattando: in base al fatto che le regioni o lo Stato abbiano potestà legislativa ...


Similar Free PDFs