Allegria di naufragi - Ungaretti PDF

Title Allegria di naufragi - Ungaretti
Author Jessica Muci
Course Letteratura italiana contemporanea
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Summary

Parafrasi e analisi del testo...


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Allegria di naufragi – Giuseppe Ungaretti La lirica “Allegria di naufragi” che è stata composta nel 1917 da Giuseppe Ungaretti, prende questo titolo da quando Ungaretti ha eliminato la seconda parte dal nome della raccolta, quindi da quando la sezione “Allegria di naufragi” (1919) è diventata poi “L’allegria” (1931).

E subito riprende il viaggio come dopo il naufragio un superstite lupo di mare

Dopo il naufragio verso quell’abisso di cui parla in diversi testi, Ungaretti ci dice che il viaggio deve sempre ricominciare perché ricomincia la vita stessa. Dopo il poeta nomade e il poeta palombaro, troviamo una terza maschera, una terza autorappresentazione che è quella dl lupo di mare: il lupo di mare non si arrende dopo il naufragio, ma si rende conto che la vita per continuare deve essere una navigazione che continua, e che la sconfitta, gli errori, sono occasioni per ricominciare da capo. La vita appare come un continuo "andare alla deriva", un continuo naufragare di sogni, di illusioni, di progetti, ma anche un continuo tornare alla vita attraverso il riproporsi di sempre nuove illusioni e speranze.

Il riferimento al naufragio è reperibile nella nota all’edizione “ragioni di una poesia”, in cui Ungaretti spiega che la vita del poeta, come di qualsiasi altro oggetto, è esposta alla possibilità di fare naufragio. L’atteggiamento di Ungaretti è completamente diverso da quello dei poeti che lo precedono: egli infatti afferma che dopo ogni naufragio c’è uno slancio vitale che lo costringe quasi ad avere un istinto di vitalità. Dopo il naufragio il poeta si identifica in un lupo di mare, che rimettere insieme una zattera con i relitti della nave naufragata, e che riprende continuamente il viaggio, perchè lo scopo non è tanto arrivare in una terra e dimorarvi per sempre, ma mantenere sempre vivo il viaggio stesso: quando questo viene interrotto appunto per il naufragio, occorre fare in modo di riprenderlo il prima possibile.

1. In origine, sulla questione del naufragio, Orazio afferma che quando lo Stato viveva momenti di difficoltà, era paragonabile ad una barca in mezzo ai flutti, che non può governare perché manca il timoniere capace di gestire la nave. 2. Lucrezio nel “De rerum natura”, invece, vedendo una nave sballottolata nel mare, afferma che vi è sollievo nello stare al sicuro mentre fuori infuria una tempesta. La nave in mezzo al mare simboleggia un atto di tracotanza (presunzione e arroganza): l’uomo che sfida il mare e che si mette in viaggio abbandonando la protezione della terra, è un uomo che sfida il volere degli dei, che non rispetta il limite che è appunto la terra (mentre il cielo e il mare sono gli ambiti della divinità)  L’uomo è fatto di terra e deve stare sulla terra, gli altri elementi -acqua, aria e fuoco- sono elementi con cui l’uomo può sì giocare ma a suo rischio e pericolo.

3. Il filosofo tedesco Hans Blumenberg, nel libro “naufragio con spettatore” (titolo derivante da una scena del DRN di Lucrezio), analizza invece la metafora del naufragio e il modo in cui questa sia cambiata nella percezione dell’uomo classico, romantico e infine moderno. 

In età romantica, i flutti del mare agitato vengono visti come il destino avverso: l’uomo con spirito titanico si oppone mettendo in gioco il proprio coraggio, a volte anche soccombendo.



In età contemporanea, il naufragio non si distingue più dallo spettatore poiché quest’ultimo è coinvolto nel naufragio stesso: anzi ogni uomo si riconosce reduce da un naufragio, e sa che può soltanto raccattare i frammenti della sua imbarcazione e costruire una zattera perché la vita stessa consiste nello stare in mare. o Il mare, come afferma Baudelaire in una delle poesie de “I fiori del male”, è lo specchio dell’anima dell’uomo, gli abissi del mare sono gli abissi dell’anima umana e quindi per l’umo il viaggio per mare è diventata metafora della condizione della sua vita.

4. Nel Novecento invece, con i Crepuscolari, abbiamo ad esempio Moretti che dirà: “io non ho remo” quindi non si imbarca proprio: nel momento in cui la vita è rappresentata dalla metafora del viaggio in mare, il poeta non si riconosce capace di intraprenderlo e rientra così nella rinuncia alla vita che caratterizza i poeti crepuscolari.

5. Montale infine indica figure femminili in riferimento alla barca, dicendo che se ci

fosse quella della salvezza, l’uomo potrebbe sia navigare che volare dal momento in cui le donne possono accedere agli spazi dell’acqua e dell’aria, proibite invece all’uomo....


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