Analisi Testi letteratura italiana 1 PDF

Title Analisi Testi letteratura italiana 1
Author Daniele Franceschinis
Course Letteratura italiana I 
Institution Università degli Studi di Udine
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Summary

Analisi dei testi di Letteratura italiana 1 (dalle origini a metà Cinquecento) per esame con prof. Rodolfo Zucco.
Parafrasi, commenti, note e aspetti linguistici....


Description

1. Dante Alighieri, Purgatorio XXIV [sesto girone: golosi] «O anima», diss’io, «che par sì vaga di parlar meco, fa sì ch’io t’intenda, e te e me col tuo parlare appaga». 42 «Femmina è nata, e non porta ancor benda», cominciò el, «che ti farà piacere la mia città, come ch’om la riprenda.

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Tu te n’andrai con questo antivedere: se nel mio mormorar prendesti errore, dichiareranti ancor le cose vere.

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Ma dì s’i’ veggio qui colui che fore trasse le nove rime, cominciando ‘Donne ch’avete intelletto d’amore’».

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E io a lui: «I’ mi son un che, quando Amor mi spira, noto, e a quel modo ch’e’ ditta dentro vo significando».

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«O frate, issa vegg’io», diss’elli, «il nodo che ‘l Notaro e Guittone e me ritenne di qua dal dolce stil novo ch’i’ odo!

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Io veggio ben come le vostre penne di retro al dittator sen vanno strette, che de le nostre certo non avvenne;

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e qual più a gradire oltre si mette, non vede più da l’uno a l’altro stilo»; e, quasi contentato, si tacette.

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Parafrasi Io dissi: «O anima, che sembri così smaniosa di parlare con me, parla più chiaramente e appagami con le tue parole».

Lui iniziò: «È nata una femmina, e ancora è una giovinetta, che ti renderà piacevole la mia città (Lucca), anche se tutti ne parlano male. Tu te ne andrai via di qui con questa profezia: se a causa del mio mormorio non hai capito bene, i fatti ti sveleranno la verità.

Ma dimmi se tu sei proprio colui che iniziò le nuove rime, cominciando con la canzone ' Donne ch'avete intelletto d'amore'».

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E io a lui: «Io sono un poeta che, quando Amore mi ispira, prendo nota e scrivo esattamente ciò che lui mi detta dentro il cuore». Rispose: «O fratello, ora capisco quale nodo ha trattenuto me, il Notaro (Giacomo da Lentini) e Guittone al di qua di questo 'dolce stil novo' che sento! Ora vedo bene che le vostre penne seguono strettamente la dettatura di Amore, mentre le nostre non fecero certo lo stesso; e se uno volesse procedere oltre, non vedrebbe altra differenza dall'uno all'altro stile»; e poi tacque, come se fosse soddisfatto. Argomento del Canto Ancora fra i golosi della VI Cornice. Forese indica il destino ultraterreno di Piccarda e nomina altri compagni di pena. Incontro con Bonagiunta da Lucca. Profezia di Forese sulla morte di Corso Donati. Il secondo albero e gli esempi di gola punita. L'angelo della temperanza. È il pomeriggio di martedì 12 aprile (o 29 marzo) del 1300. Dante nota che Bonagiunta si mostra più degli altri desideroso di parlargli, mentre intanto mormora un nome che gli sembra «Gentucca», a fior delle labbra che sono tormentate dalla fame e dalla sete. Dante si rivolge a lui e lo invita a parlargli, al che Bonagiunta risponde che nella sua città, Lucca, è già nata una femmina che è ancora giovinetta e che avrà modo di ospitarlo durante il suo esilio. Il penitente invita Dante a ricordarsi la sua profezia, che sarà avvalorata dai fatti, quindi gli chiede se sia proprio lui il poeta che ha iniziato le nuove rime con la canzone Donne ch'avete intelletto d'amore. Dante spiega di essere un poeta che, quando scrive, segue strettamente la dettatura di Amore: Bonagiunta afferma di capire quale differenza separa lui, Giacomo da Lentini e Guittone d'Arezzo dal «dolce stil novo» che Dante ha appena definito. Il penitente comprende che gli stilnovisti seguirono l'ispirazione amorosa, a differenza sua e dei poeti della sua scuola, quindi tace mostrandosi soddisfatto della risposta. Donne ch’avete intelletto d’amore è il capitolo X della Vita Nova. Dolce: tratta una materia dilettevole, che suscita gentile commozione (uno scrittore o un’opera letteraria in tema amoroso). Dolce stil nuovo: scuola poetica che rappresentò, nella lirica italiana delle origini, dopo la fioritura del gusto provenzaleggiante la prima esperienza di poesia di forme e ispirazioni colte. Ve ne fecero parte: Guido Guinizelli, Guido Cavalcanti, Dante Alighieri e Cino da Pistoia. > Dolce stil nuovo può essere considerato anche come ricco di suoni vocalici e liquidi, di facile pronuncia: suono chiaro e armonioso. L.Pertile:  nodo di Bonagiunta: appartiene alla falconeria, serviva per addestrare i falconieri. Il nodo del falconiere trattiene il falcone dal logoro (cordino lungo un paio di metri per addestrare i rapaci).  penne di Dante: sono le ali dei poeti, per indicare un modo superiore di fare poesia, cosa che preclude la possibilità di capire la differenza dall’uno all’altro modo di poetare.

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2. Guido Guinizelli, Al cor gentile rempaira sempre amore Al cor gentil rempaira sempre amore come l’ausello in selva a la verdura; né fe’ amor anti che gentil core, né gentil core anti ch’amor, natura: ch’adesso con’ fu ’l sole, sì tosto lo splendore fu lucente, né fu davanti ’l sole; e prende amore in gentilezza loco così propïamente come calore in clarità di foco.

Al cuore nobile corrisponde sempre l’amore, come l’uccello nel bosco torna fra il verde; la natura (v. 4) non creò l’amore prima del cuore nobile, né il cuore nobile prima dell’amore: non appena fu creato il sole, subito lo splendore risplendette, e non risplendette prima della creazione del sole; e l’amore prende posto nella nobiltà d’animo in modo così naturale come il calore nel chiarore del fuoco.

Guido Guinizzelli, legato nella produzione precedente, alla poesia siculo-toscana, soprattutto grazie a questa canzone, è considerato un grande innovatore nella tradizione poetica italiana. Infatti, la canzone si può considerare il manifesto programmatico dello Stil Novo. Il tema centrale è quello della “gentilezza”, ossia la nobiltà, che non dipende dalla nascita, bensì dal valore della persona: ossia, si può anche appartenere a una famiglia di sangue nobile ed essere vili come il fango. Si tratta di un tema già presente nella poesia cortese, ora ripreso in un contesto del tutto diverso. Guinizzelli, infatti, è un “borghese”, un giudice, che, nella società urbana fiorentina del Duecento, aspira a legittimare la propria ascesa sociale, elaborando una nuova concezione della nobiltà rispondente ai propri interessi: la nobiltà non è più ereditaria, ma dipende soltanto dall’”altezza dell’ingegno”. Ciò che nobilita il cuore è l’amore vero e puro, spirituale, che eleva e raffina l’anima; si tratta di un amore (che, in questo contesto, significa anche il saper scrivere poesie d’amore) che trova la sua sede naturale nel cuore “gentile”.

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3. Bonagiunta Orbicciani, Voi, ch’avete mutata la mainera Voi ch’avete mutata la mainera de li piagenti ditti de l’amore de la forma dell’esser là dov’era, per avansare ogn’altro trovatore, 5 avete fatto como la lumera, ch’a le scure partite dà sprendore, ma non quine ove luce l’alta spera, la quale avansa e passa di chiarore. Così passate voi di sottigliansa, 10 e non si può trovar chi ben ispogna, cotant’è iscura vostra parlatura. Ed è tenuta grave ’nsomilliansa, ancor che ’l senno vegna da Bologna, traier canson per forsa di scritura.

Parafrasi Voi, che avete cambiato la maniera poetica dei piacevoli discorsi sull’amore allontanandola dalla sua forma naturale per superare tutti gli altri trovatori, avete fatto come il lume che fa risplendere le parti più oscure, ma non qui (in Toscana) dove brilla la sorgente più luminosa, che (tutto) supera e sovrasta con il suo chiarore (forse con allusione al poeta Chiaro Davanzati). Così voi esagerate in sottigliezza, e non si può trovare chi sia in grado di spiegare chiaramente, tanto è oscuro il vostro discorso. Ed è considerata una grave stravaganza, benché il senno venga da Bologna, comporre una canzone a colpi di formule scritturali. Commento Con questo sonetto Bonagiunta da Lucca inizia, con garbato sarcasmo, una tenzone con Guido Guinizzelli, il primo rappresentante del “dolce stil novo”, la cui canzone programmatica Al cor gentil è da lui considerata troppo difficile, filosofeggiante, tradotta in concetti oscuri e incomprensibili nonostante provengano dalla tradizione dotta dell’università di Bologna. In realtà Bonagiunta coglie acutamente l’elemento di maggior rottura portato da poeti come Guinizzelli e Cavalcanti rispetto ai siciliani, a lui e a Guittone d’Arezzo, e cioè un’analisi psicologica dell’amore più approfondita, ispirata a una cultura filosofica intellettualmente superiore. Nel poema dantesco, però, il personaggio Bonagiunta riconoscerà la superiorità della nuova scuola, offrendo a Dante (Purg. XXIV, 52-54) l’occasione per manifestare la propria idea di poetica (I’ mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’e’ ditta dentro vo significando). Bonagiunta, con “per forsa di scritura” accusa Guinizelli di fare poesia cavando forzatamente parole e concetti dalla filosofia, non facendo poesia in modo naturale.

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4. Guido Guinizelli, Omo ch’è saggio non corre leggero Omo ch’è saggio non corre leggero ma a passo grada sì com’ vol misura: quand’ha pensato, riten su’ pensero infin a tanto che ’l ver l’asigura. Foll’è chi crede sol veder lo vero e non pensare che altri i pogna cura: non se dev’omo tener troppo altero, ma dé guardar so stato e sua natura. Volan ausel’ per air di straine guise ed han diversi loro operamenti, né tutti d’un volar né d’un ardire. Deo natura e ’l mondo in grado mise, e fe’ despari senni e intendimenti: perzò ciò ch’omo pensa non dé dire. Parafrasi Un uomo che è sapiente non corre alla leggera [senza pensare], ma passo a passo così come vuole la misura: quando ha pensato, trattiene in sé il suo pensiero fin tanto che la verità non lo conferma. È pazzo chi pensa di essere il solo a vedere la verità e non crede che altri se ne preoccupino: un uomo non deve comportarsi in modo troppo altero, ma deve considerare la sua condizione e la sua natura. [riferimento a Bonag.] Nel cielo volano uccelli di aspetto singolare e si comportano in modi assai diversi, né volano o agiscono tutti alla stessa maniera. Dio ha creato la natura e il mondo secondo una gradualità e ha fatto le intelligenze e le menti diverse tra loro: perciò non si può dire a nessuno cosa debba pensare.

Commento Guinizelli risponde "per le rime" a Bonagiunta e ribalta l'accusa di oscurità poetica espressa nel sonetto “Voi, ch'avete mutata la mainera” al poeta lucchese di essere superbo e poco saggio, in quanto pretende di essere il solo a conoscere la verità mentre meglio farebbe a riflettere prima di parlare. Guido afferma che in natura esistono varie specie di uccelli dal comportamento molto diverso, così come può esserci difformità anche nel verseggiare d'amore, senza che qualcuno debba pretendere di essere in possesso dello stile più valido. Il poeta di Bologna è abile a ironizzare sul suo avversario usando in modo sottile il linguaggio filosofico, specie esprimendo il concetto della "gradualità" cui ognuno deve attenersi nel proprio comportamento e che è a sua volta seguito da Dio nel creare gli elementi della natura (non siamo tutti uguali, afferma Guido, quindi c'è chi è in grado di comprendere le sue poesie e chi no, come Bonagiunta e i suoi amici "siculotoscani"). La polemica letteraria tra Guinizelli e Bonagiunta non va presa troppo sul serio, specie pensando che il poeta bolognese non si riteneva il fondatore di una nuova scuola (furono soprattutto Dante e Cavalcanti ad attribuirgli questo ruolo) e nel sonetto O caro padre meo espresse parole di grande apprezzamento per Guittone d'Arezzo, considerato il caposcuola dei "siculo-toscani". 5

5. Dante Alighieri, De vulgari eloquentia II, IV, 7-11 In questo passo, Dante tratta dello stile tragico. Si usa uno stile tragico solo quando con la profondità del pensiero s’accordano sia la magnificenza dei versi che l’altezza della costruzione e l’eccellenza dei vocaboli. “tragico” è il sommo degli stili. I temi della salvezza, dell’amore e la virtù vanno decantati solo e solamente con lo stile tragico. Ci sono 3 stili coi quali fare poesia:  Stile tragico  Stile comico  Stile elegiaco I 3 temi che si possono trovare nello stile tragico sono:  Salutis : salvezza, prodezza nelle ari  Vens : amore, passione  Virtus : virtù, retta volontà il poeta che intende fare poesia deve essere colto, acculturato: non può essere fatta senza vigore d’ingegno, l’assidua frequentazione della tecnica e il possesso della cultura. 6. D.Alighieri, Vita Nova 10 Luca Carlo Rossi: il valore di riferimento non è più la donna, bensì la poesia che loda la donna come attività assoluta, gratuita. Si passa così alla poesia-celebrazione, che sgorga col soffio divino della grazia, dopo un’attesa quasi rituale che segna il necessario distacco dall’esperienza anteriore. La beatitudine consisteva prima nel saluto di Beatrice, adesso consiste nelle parole che lodano la donna: l’amore gratuito coincide con le parole che lo esprimono, e dunque la poesia. Dante inizia qui la sua ricerca sul tema dell’ineffabilità, avvolta in un’aura di misticismo e di visitazione del verbo poetico, che unisce letizia (gioia) e ispirazione celeste (come Francesco d’Assisi). Dante, infatti, mette in pratica un’usanza tipicamente provenzale e siciliana, quella di usare altre donne come “schermo” del suo amore, e questo provoca la privazione del saluto di Beatrice, che addolora profondamente il poeta. A questo dolore seguirà quello definitivo, della morte di Beatrice, che causerà a Dante una fase di perdizione: quella che ricorderà egli stesso nel Purgatorio e che terminerà con lo smarrimento nella selva e l’inizio del viaggio nei tre regni oltremondani. Dopo la morte di Beatrice Dante rifletterà sul senso dell’Amore, sentimento che trova asilo solo nel cuore gentile e che ha il potere di innalzare il pensiero dell’innamorato verso Dio, nel compimento di una parabola tesa verso la purificazione dell’anima e la beatitudine eterna. Solo attraverso l’esperienza amorosa prodotta nel cuore dell’uomo dalla donna gentile e angelicata si può vivere un amore purissimo, finalizzato alla trascendenza dell’anima. Compreso questo, dopo la morte di Beatrice, superato il momento di smarrimento, Dante decide di porre fine all’opera, in modo sbrigativo ma denso di aspettative. 6

7. Giacomo da Lentini: due sonetti 7.1 Chi non avesse mai veduto foco [C]hi non avesse mai veduto foco no crederia che cocere potesse, anti li sembraria solazzo e gioco lo so isprendor[e], quando lo vedesse. Ma s’ello lo tocasse in alcun loco, be·lli se[m]brara che forte cocesse: quello d’Amore m’à tocato un poco, molto me coce - Deo, che s’aprendesse! Che s’aprendesse in voi, [ma]donna mia, che mi mostrate dar solazzo amando, e voi mi date pur pen’e tormento. Certo l’Amor[e] fa gran vilania, che no distringe te che vai gabando, a me che servo non dà isbaldimento.

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Parafrasi Uno che non avesse mai visto il fuoco non crederebbe che potesse bruciare. Al contrario: il suo splendore, apparendogli in vista, gli sembrerebbe pura gioia. Ma se egli verso il fuoco stendesse la mano come per toccarlo, capirebbe subito quanto brucia. Quello dell’amore mi ha lambito appena, e io continuo a sentire il bruciore dell’ustione – Volesse Dio che s’appiccasse…! Che s’appiccasse a Voi, mia signora: a Voi che mi mettete davanti agli occhi quanta gioia d’amore potete dispensare, ma non ne date a me, che da Voi continuo a non ricevere altro che atroci tormenti. Certo è che Amore va capricciosamente contro le proprie leggi, dato che non lega te, e che di lui ti fai beffe, e a me, un suo fedele servitore, nega ogni piacere.

Contenuto Il poeta si serve della descrizione del fenomeno naturale del fuoco per paragonarlo alla sua condizione d’innamorato. L’amore è fonte di tormento poiché la donna che ama non è bruciata dal suo stesso fuoco. L’atteggiamento di’Amore è villano, perché nonostante il poeta lo serva fedelmente, lui non ristringe la donna, che si prende gioco di Amore. Il sonetto si può dividere in due parti: la prima riguarda la descrizione del fenomeno naturale e la similitudine con l’amore, la seconda tratta il tema dell’amore non corrisposto. Il poeta tende a non usare la parola fuoco, che è l’argomento principale, ma narra i suoi effetti e le impressioni che farebbe ad una persona che non l’avesse mai visto. C’è una corrispondenza di verbi che nel componimento sono ripetuti più volte, coma ad esempio: veduto – vedesse ; cocere – cocesse – coce ; sembraria – sembrara ; sollazzo – sollazzo ; toccasse – toccato. Per quanto riguarda le figure retoriche è presente la personificazione di amore, che spesso ricorre nei componimenti che riguardano l’amore composti in questi secoli. Contestualizzazione: Il sonetto fa parte della corrente letteraria della scuola siciliana, nella quale il tema dell’amore riprende i canoni dell’amore cortese, ma è reso più rarefatto. Il poeta non loda la donna, com’era ricorrente, ma piuttosto riprende l’argomento del servizio d’amore, fonte di gioie e dolori per il poeta. Giacomo da Lentini è uno dei poeti provenzali, trovatori. A lui viene attribuita l’invenzione del sonetto, per quanto ne sappiamo. 7

Non crederia/sembraria: condizionale antico vv.5-8: competenza associativa, lega le parole non su regole sintagmatiche ma secondo altre regole. v.8: [Deo, che s’aprendesse!]: indica Dio pregando che il fuoco si appicchi. Mi mostrate, mi date – me : alternanza normale in italiano antico Deo-Dio: oscurazioni linguistiche

Servo: verbo di subordinazione all’amore che prova per una donna La figura della donna aveva un ruolo di subordinazione. Questo porta all’ideale-astrazione, una finzione in senso nobile, tramite la costruzione intellettualistica del tempo. Il sistema feudale pensava che “amare” e “servire” fosse la stessa cosa. Amando: quanto piacere può dare la donna quando concede il suo amore Gabando: gallicismo (unione di provenzale antico e francese antico), “si fa beffe” Pen’e tormento: dittologia sinonimica vv.3-11: nel momento in cui ci comportiamo conservando la dittologia, ne perdiamo alcuni elementi. ENDECASILLABO: è il verso principale della poesia italiana. Ne fa uso Giacomo da Lentini, l’inventore del sonetto. L’endecasillabo è formato da 11 posizioni (ictus) sui quali ricadono gli accenti. La decima posizione porta sempre l’accento, in tutti i versi. Non devono esserci posizioni in quinta posizione quando, nello schema dell’ictus e delle rime, ci sono le X in quarta e in sesta posizione. Per essere un endecasillabo, l’ultimo accento deve essere nella posizione 10. Può avere anche più di 11 sillabe, anche 12 o 13, purché nella 10° ci sia l’ultimo accento. La poesia italiana nasce già adulta. L’endecasillabo ha una regola: no ictus in 5° posizione a meno che non ci siano anche nella 4° o nella 6°. Si ha quindi la tendenza a distribuirli distanziati da ciascuna sillaba. Il verso chiave in questo sonetto è al verso 11: verso chiave che concentra il significato della poesia nella sua interezza. Sistema architettonico del sonetto: parallelismo // simmetria: rapporti avvertibili alla seconda o terza lettura “vedere” (v.1, v.4) > primo verso (I°), quarto verso (I°) “cocere” (v.2, v.6) > secondo verso I° e quarto della II° quartina “sembraria” (v.3, v.6) > terzo verso della I° quartina e seconda II° quartina

Che s’aprendesse in voi, [ma]donna mia, che mi mostrate dar solazzo amando, e voi mi date pur pen’e tormento. Certo l’Amor[e] fa gran vilania, che no distringe te che vai gabando, a me che servo non dà isbaldimento.

(E) (E) (D) (D) (D) (E)

POLO POSITIVO POLO POSITIVO POLO NEGATIVO POLO NEGATIVO POLO NEGATIVO POLO POSITIVO

E = euforia D = difforia I poli negativi sono racchiusi all’interno delle estremità dei poli positivi. I poli positivi e negativi hanno un valore oppositivo. 8

L’amore e l’odio rivelano: da un lato vissuti di calore, di tenerezza, leggerezza e levigatezza; dall’altro lato i vissuti opposti di freddezza, allontanamento, pesantezza e tensione. La simbolizzazione fonetica quindi è caratterizzata da suoni molli e fluidi (nasali, liquide, fricative) oppure suoni duri (occlusivi, ruvide) L’articolazione delle occlusive sembra possedere caratteri isomorfici, con i vissuti di violenza/...


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