Appunti, Lezioni: Calvino, Una Pietra Sopra - a.a. 2014/2015 - Prof. G. Langella PDF

Title Appunti, Lezioni: Calvino, Una Pietra Sopra - a.a. 2014/2015 - Prof. G. Langella
Course Letteratura Italiana moderna
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Luca Muschio

matricola: 4410785

Italo Calvino, Una pietra sopra

Presentazione In questo volume ho messo insieme scritti che contengono dichiarazioni di poetica, tracciati di rotta da seguire, bilanci critici, sistemazioni complessive del passato e presente e futuro, quali sono andato successivamente elaborando e mettendo da parte durante gli ultimi venticinque anni. La ricorrente inclinazione a formulare dei programmi generali, testimoniata da questi scritti, è stata sempre controbilanciata dalla tendenza a dimenticarmene subito e a non tornarci più sopra. Direi che il mio obiettivo poteva essere quello di stabilire delle linee generali che facessero da presupposto al lavoro mio e degli altri; di postulare una cultura come contesto in cui situare le opere ancora da scrivere. L’ambizione giovanile da cui ho preso le mosse è stata quella del progetto di costruzione d’una nuova letteratura che a sua volta servisse alla costruzione d’una nuova società. [ … ] Certo il mondo che ho oggi sotto gli occhi non potrebbe essere più opposto all’immagine che quelle buone intenzioni costruttive proiettavano sul futuro. La società si manifesta come collasso, come frana, come cancrena [ … ] e la letteratura sopravvive dispersa nelle crepe e nelle sconnessure [ … ]. Il personaggio che prende la parola in questo libro [ … ] entra in scena negli anni Cinquanta cercando d’investirsi d’una personale caratterizzazione nel ruolo che allora teneva la ribalta: «l’intellettuale impegnato». Seguendo le sue mosse sul palcoscenico, s’osserverà come in lui, visibilmente anche se senza svolte brusche, l’immedesimazione in questa parte viene meno a poco a poco col dissolversi della pretesa d’interpretare e guidare un processo storico. Non per questo si scoraggia l’applicazione a cercar di comprendere e indicare e comporre, ma prende via via più rilievo un aspetto che a ben vedere era presente fin da principio: il senso del complicato e del molteplice e del relativo e dello sfaccettato che determina un’attitudine di perplessità sistematica. Il midollo del leone [ … ] tra le possibilità che s’aprono alla letteratura d’agire sulla storia, questa è la più sua, forse la sola che non sia illusoria: capire a quale tipo d’uomo essa storia col suo molteplice, contraddittorio lavorio sta preparando il campo di battaglia, e dettarne la sensibilità [ … ], il modo in cui esso uomo dovrà guardarsi intorno nel mondo [ … ]. Il vero tema d’un romanzo dovrà essere una definizione del nostro tempo [ … ], dovrà essere un’immagine che ci spieghi il nostro inserimento nel mondo. Noi crediamo che l’impegno politico, il parteggiare, il compromettersi sia, ancor più che dovere, necessità naturale dello scrittore d’oggi, e prima ancora che dello scrittore, dell’uomo moderno. Non è la nostra un’epoca che si possa comprendere stando au dessus de la melée ma al contrario la si comprende quanto più la si vive, quanto più avanti ci si situa sulla linea del fuoco. Noi pure siamo tra quelli che credono in una letteratura che sia presenza attiva nella storia, in una letteratura come educazione, di grado e di qualità insostituibile. Ed è proprio a quel tipo d’uomo o

di donna che noi pensiamo, a quei protagonisti attivi della storia, alle nuove classi dirigenti che si formano nell’azione, a contatto con la pratica delle cose. La letteratura deve rivolgersi a quegli uomini, deve – mentre impara da loro – insegnar loro, servire a loro, e può servire solo in una cosa: aiutandoli a esser sempre più intelligenti, sensibili, moralmente forti. Le cose che la letteratura può ricercare e insegnare sono poche ma insostituibili: il modo di guardare il prossimo e se stessi, di porre in relazione fatti personali e fatti generali, di attribuire valore a piccole cose o a grandi, di considerare i propri limiti e vizi e gli altrui, di trovare le proporzioni della vita, e il posto dell’amore in essa, e la sua forza e il suo ritmo, e il posto della morte, il modo di pensarci o non pensarci; la letteratura può insegnare la durezza, la pietà, la tristezza, l’ironia, l’umorismo, e tante altre di queste cose necessarie e difficili. Il resto lo si vada a imparare altrove, dalla scienza, dalla storia, dalla vita, come noi tutti dobbiamo continuamente andare ad impararlo. [ … ] un rapporto affettivo con la realtà non ci interessa; non ci interessa la commozione, la nostalgia, l’idillio, schermi pietosi, soluzioni ingannevoli per la difficoltà dell’oggi: meglio la bocca amara e un po’ storta di chi non vuole nascondersi nulla della realtà negativa del mondo. Meglio sì, purché lo sguardo abbia abbastanza umiltà e acume per esser continuamente capace di cogliere il guizzo di ciò che inaspettatamente ti si rivela giusto, bello, vero, in un incontro umano, in un fatto di civiltà, nel modo in cui un’ora trascorre. Questa bocca amara e un po’ storta che la letteratura della negazione, la letteratura della crisi, del pessimismo programmatico, dell’esistenzialismo ha disegnato sul volto dell’uomo al cospetto d’un mondo di dissoluzione e di massacro, non ci sentiamo, noi che pur non crediamo alla negatività totale del mondo, di sostituirla con un’espressione più ilare o più melata o più radiosa [ … ]. Ma non possiamo sopportare la sufficienza, il cinismo freddo, lo sguardo di chi sa tutto e non si brucia, di chi non rispetta e ammira il fare, l’ardire, il durare degli uomini e delle donne. Intelligenza, volontà: già proporre questi termini vuol dire credere nell’individuo, rifiutare la sua dissoluzione. [ … ] I romanzi che ci piacerebbe di scrivere o di leggere sono romanzi d’azione [ … ] ciò che ci interessa sopra ogni altra cosa sono le prove che l’uomo attraversa e il modo in cui egli le supera. Lo stampo delle favole più remote: il bambino abbandonato nel bosco o il cavaliere che deve superare incontri con belve e incantesimi, resta lo schema insostituibile di tutte le storie umane, resta il disegno dei grandi romanzi esemplari in cui una personalità morale si realizza muovendosi in una natura o in una società spietate. [ … ] Vorremmo anche noi inventare figure di uomini e di donne pieni d’intelligenza, di coraggio e d’appetito, ma mai entusiasti, mai soddisfatti, mai furbi o superbi. In ogni poesia vera esiste un midollo di leone, un nutrimento per una morale rigorosa, per una padronanza della storia. Il rigore di linguaggio, il rifiuto d’ogni compiacenza romantica, il senso della realtà scontata e difficile, la non adesione alle apparenze più vistose, l’avara presenza del bello e del bene, questo è il midollo di leone [ … ] Così vorremmo trovare attraverso tutta quella montagna di letteratura del negativo che ci sovrasta, a quella letteratura di processi, di stranieri, di nausee, di terre desolate e di morti nel pomeriggio, la spina dorsale che sostenga noi pure, una lezione di forza, non di rassegnazione alla condanna. Non sono la decadenza, l’irrazionalità, la crudeltà, la corsa alla morte dell’arte e della letteratura che devono farci paura; sono la decadenza, l’irrazionalità, la crudeltà, la corsa alla morte che leggiamo continuamente nella vita degli uomini e dei popoli, di cui l’arte e la letteratura ci possono far coscienti e forse immuni, ci possono indicare la trincea morale in cui difenderci, la breccia attraverso cui passare al contrattacco [ … ] Non scambiamo la terribilità delle cose reali con la terribilità delle cose scritte, non dimentichiamo che è contro la realtà terribile che dobbiamo batterci anche giovandoci delle armi che la poesia terribile può darci.

Natura e storia nel romanzo È sciocco pregiudizio e ipocrisia far colpa alla letteratura se il quadro che essa rappresenta di come vanno le cose al mondo non è conforme ai nostri desideri. Delle cose del mondo la letteratura che vale ci dà la coscienza: ci fa esplodere sotto gli occhi la carica morale dei fatti perché noi reagiamo. Se negli scrittori [ … ] incontriamo talvolta il cinismo e la mostruosità è solo per svegliare le nostre reazioni morali impigrite dall’abitudine di accettare il mondo com’è. L’umanesimo del nostro tempo accetta la sfida del terrore che gli lancia l’epoca dei bombardamenti atomici, dei campi di concentramento, delle camere di tortura che ancora in questo momento in altre parti del mondo, risuonano delle urla dei suppliziati; l’umanesimo del nostro tempo si sforza di non chiudere gli occhi di fronte alle immagini peggiori e di tenersi in piedi stringendo i denti. Dialogo di due scrittori in crisi [ … ] la domanda è questa: c’è ancora bisogno di scrivere romanzi? Al bisogno di raccontare storie che esemplifichino i casi della nostra società, che segnino i mutamenti di costume, e mettano in linee i problemi sociali, bastano e avanzano il cinema, il giornalismo, la saggistica sociologica. Il cinema ormai sa raccontare bene, sa cogliere bene l’essenziale nei rapporti sociali, descrive gli ambienti, pone e risolve problemi di comportamento pratico, di sentimenti, di morale. [ … ] Ancora tanti scrittori insistono nello scrivere romanzi in concorrenza con i film: e non raggiungono che risultati poetici minimi. [ … ] La stampa quotidiana ed ebdomadaria segue e registra giorno per giorno i fenomeni di costume, sgrava la letteratura da quel compito di rappresentazione minuta del proprio tempo che fu suo onere e sua gioia nell’Ottocento. [ … ] Illustri esempi di romanzo mondano e pettegolo che si trasfigura in alta poesia non sono mancati, nella letteratura internazionale, proprio nel nostro secolo: ma ormai, anche su questo terreno, pare che non possa più crescere erba fresca. Anche il «romanzo di denuncia» sui problemi sociali ha i giorni contati. La politica e l’economia ora hanno bisogno d’inchieste documentate e d’analisi basate su dati e su cifre, non di reazioni sentimentali ed emotive. Sempre più appare come una presuntuosa fatuità quella dello scrittore che pretende d’affrontare con le sue approssimazioni letterarie problemi che esigono urgentemente tutt’altro tipo di conoscenza e di studio. [ … ] l’urgenza dei problemi sociali del mondo continua ad esigere l’intervento e la guida della cultura, ed è scrivendo un saggio o un’inchiesta o un pamphlet su di un problema sociale che si è portati a dare alle proprie pagine un suggello di praticità, d’immediatezza d’intervento, mentre la costruzione d’un romanzo appare un peso anacronistico [ … ] Insomma, se gran parte dei temi che parevano precipui del romanzo ora sono fatti propri da altri strumenti di conoscenza, nessuno di questi strumenti dà quello che la letteratura dava: però il romanzo è una pianta che non cresce sul terreno già battuto; deve trovare una terra vergine per piantare le sue radici. Il romanzo non può più pretendere d’informarci su come è fatto il mondo; deve e può scoprire però il modo, i mille, i centomila nuovi modi in cui si configura il nostro inserimento nel mondo, esprimere via via le nuove situazioni esistenziali. Qui soltanto forse possiamo riconoscere che la poesia non avrà mai fine, e così quel caso particolare della poesia che chiamiamo romanzo: la poesia come primo atto naturale di chi prenda coscienza di se stesso, di chi si guarda attorno con lo stupore d’essere al mondo. La sfida al labirinto Dalla rivoluzione industriale, filosofia letteratura arte hanno avuto un trauma dal quale non si sono ancora riavute. Dopo secoli passati a stabilire le relazioni dell’uomo con se stesso, le cose, i luoghi, il tempo, ecco che tutte le relazioni che cambiano [ … ] siamo entrati nella fase dell’industrializzazione totale e dell’automazione ( un sistema socialista mondiale); le macchine

sono più avanti degli uomini; le cose comandano le coscienze; la società zoppica e inciampa da tutte le parti cercando di tener dietro al progresso tecnologico; lo sviluppo della tecnica e della produzione spingono come forze biologiche [ … ] Se dunque la cultura non s’è ancora riavuta dal trauma della rivoluzione industriale non c’è nemmeno da aspettarsi che si riabbia tanto presto. Il processo continua, guai se si ferma a mezzo, ha un senso (cioè ci libera) solo se va avanti fino alle estreme conseguenze, e l’uomo quindi è sottoposto a sempre nuovi sforzi d’adattamento e ridimensionamento, e la cultura gli serve a questo, guai a chi s’illude di aver trovato un equilibrio di tipo classico, di sapere che le cose vanno così e così [ … ] Già l’atteggiamento scientifico e quello poetico coincidono: entrambi sono atteggiamenti insieme di ricerca e di progettazione, di scoperta e di invenzione. [ … ] Possiamo dire che, se fino quel punto il termine d’antitesi alla impoeticità-disumanità dell’industria avanzante era cercato in una concezione umanistica precedente o meglio in un’immagine del mondo naturalistico-umanitaria in cui si cercava d’inglobare anche la realtà industriale, di qui in poi si va verso l’assunzione – cubismo, futurismo – d’un nuovo termine d’antitesi, cioè l’immagine di un futuro industriale che abbia ritrovato bellezza e pregnanza morale, ma non quelle di prima: diverse; cioè abbia trovato – abbia espresso – uno stile. Questa non rappresentazione ma mimesi formale-concettuale della realtà industriale comincia dalle arti della visione [ … ] È nella rivoluzione architettonica, da Morris e dall’art noveau al costruttivismo alla bauhaus al razionalismo all’industrial design, che ne possiamo trovare la sua direttrice di sviluppo più lineare. [ … ] Caratteristica fondamentale di questo atteggiamento stilistico che potremmo chiamare la «linea razionalista dell’avanguardia», è l’ottimismo storicista: contro le posizioni di rifiuto e dell’evasione, s’afferma il riscatto estetico-morale del mondo meccanizzato [ … ] È questa linea che salva, nella cultura artistico-letteraria del nostro secolo, una carica morale di non rassegnazione, nell’amore per le cose della vita e del lavoro [ … ] L’ottimismo storicista che l’«avanguardia» esprime al suo momento iniziale può prendere esiti ideologici molto diversi [… ] dall’illuminismo degli architetti, al panteismo rivoluzionario di Majakovskij, al nazionalismo bellicista del futurismo italiano, allo sberleffo anarchico dei dadà [ … ] Una spinta visceral-esistenzial-religiosa accomuna l’espressionismo, Céline, Artaud, una parte di Joyce, il monologo interiore, il surrealismo più umido, Henry Miller e giunge fino ai nostri giorni. [ … ] Anche oggi è possibile distinguere le due linee ( sebbene non sempre in maniera netta), ma la prima impressione è che gli sviluppi della seconda siano in netta prevalenza sugli sviluppi della prima. [ … ] È in questa situazione che la rappresentazione delle trasformazioni del mondo esterno – il tema sia del naturalismo che dell’avanguardia razionalista – viene perdendo d’interesse: ed è l’interiorità che domina il campo. L’uomo della seconda rivoluzione industriale si rivolge all’unica parte non cromata, non programmata dell’universo: cioè l’interiorità, il self, il rapporto non mediato totalitàio. [ … ] Il nuovo individualismo approda a una perdita completa dell’individuo nel mare delle cose; la dilatazione dell’io mira, attraverso il buddismo beat, la sensualità diffusa, le esperienze misticostupefacenti, alla perdita dell’opposizione dialettica tra soggetto e oggetto. Il giudizio negativo che diamo di questo atteggiamento non vuol dire che lo si consideri gratuito, privo d’una sua ragione storico-culturale. La letteratura, puntando su questa zona interna all’individuo, cerca di far breccia là dove la cultura ideologica presenta una lacuna. Oggi le ideologie che reggono il mondo industriale [ … ] puntano sul «pubblico» e fuggono il «privato», in una specie di corsa centrifuga dal loro nucleo di preoccupazioni antropologiche. [ … ] l’ideologia militante lascia sguernite le trincee dell’individuale; e il territorio che due secoli e più di storia del pensiero laico sono riusciti a sottrarre al dominio dei teologi è sul punto di cadere in mano ai negromanti. [ … ] A ben vedere, anche la linea razionalistica dell’avanguardia, geometrizzante e riduttiva, nella sua esperienza letteraria più recente ed estrema [ … ] ripiega verso un’interiorizzazione, e lo fa proprio

col suo massimo sforzo di spersonalizzazione oggettiva: il processo di mimesi delle forme del mondo tecnico-produttivo si fa interiore, diventa sguardo, modo di mettersi in rapporto con la realtà esterna. [ … ] qui è la forma del labirinto che domina: il labirinto della conoscenza fenomenologica del mondo in Butor, il labirinto della concrezione e stratificazione linguistica in Gadda, il labirinto delle immagini culturali di una cosmogonia più labirintica ancora, in Borges. Ho dato tre esempi che corrispondono ad altrettanti filoni della letteratura contemporanea [ … ]: il filone neorabelaisiano-babelico-goticobarocco (che comprende Queneau e Gadda ma arriva fino a Nabokov e Günter Grass) si innesta in quello babelico-enciclopedico-intellettuale (la tentazione del romanzo globale, pan-saggistico si farà certo sempre più forte; Musil è arrivato a noi oggi con l’armamentario culturale di un’altra epoca, ma nel momento giusto per l’ambizione che lo muove), e questo nel pastiche «stravinskiano», geometrizzante anch’esso ma solo nelle linee interne della composizione, mentre i materiali fantastici sono tratti dalla cultura letteraria (come Borges che cerca di comporre una immagine dell’universo non mistica anche se desunta da teologi e visionari […] Questa letteratura del labirinto gnoseologico-culturale [ … ] ha in sé una doppia possibilità. Da una parte c’è l’attitudine oggi necessaria per affrontare la complessità del reale, rifiutandosi alle visioni semplicistiche che non fanno che confermare le nostre abitudini di rappresentazione del mondo; quello che oggi ci serve è la mappa del labirinto la più particolareggiata possibile. Dall’altra parte c’è il fascino del labirinto in quanto tale, del perdersi nel labirinto, del rappresentare questa assenza di vie d’uscita come la vera condizione dell’uomo [ … ] Resta fuori chi crede di poter vincere i labirinti sfuggendo alla loro difficoltà; ed è dunque una richiesta poco pertinente quella che si fa alla letteratura, dato un labirinto, di fornirne essa stessa la chiave per uscirne. Quel che la letteratura può fare è definire l’atteggiamento migliore per trovare la via d’uscita, anche se questa via d’uscita non sarà altro che il passaggio da un labirinto all’altro. È la sfida al labirinto che vogliamo salvare, è una letteratura della sfida al labirinto che vogliamo enucleare e distinguere dalla letteratura della resa al labirinto. Per chi si scrive? (Lo scaffale ipotetico) Per chi si scrive un romanzo? Per chi si scrive una poesia? Per persone che hanno letto certi altri romanzi, certe altre poesie. Un libro viene scritto perché possa essere affiancato ad altri libri, perché entri in uno scaffale ipotetico e, entrandovi, in qualche modo lo modifichi, scacci dal loro posto altri volumi o li faccia retrocedere in seconda fila, reclami l’avanzamento in prima fila di certi altri. [ … ] in tutte le epoche e le società, stabilito un certo canone estetico, un certo modo d’interpretare il mondo, una certa scala di valori morali e sociali, la letteratura può perpetuare se stessa con successive conferme e limitati aggiornamenti e approfondimenti. A noi però interessa un’altra possibilità della letteratura: quella di mettere in discussione la scala dei valori e il codice dei significati stabiliti. L’operazione d’uno scrittore è tanto più importante quanto più lo scaffale ideale in cui vorrebbe situarsi è uno scaffale ancora improbabile, con libri che non si è abituati a mettere l’uno a fianco dell’altro e il cui accostamento può produrre scosse elettriche, corti circuiti. Cibernetica e fantasmi (Appunti sulla narrativa come processo combinatorio) Tutto cominciò con il primo narratore della tribù [ … ] Il numero delle parole era limitato: alle prese col mondo multiforme e innumerevole gli uomini si difendevano opponendo un numero finito di suoni variamente combinati. [ … ] Il narratore cominciò a profferire parole non perché gli altri gli rispondessero altre prevedibili parole, ma per sperimentare fino a che punto le parole potevano combinarsi l’una con l’altra, generarsi una dall’altra [ … ] Le figure di cui il narratore disponeva erano poche: il giaguaro, il coyote, il tucano, il pesce piranha, oppure il padre il figlio il cognato lo zio, la moglie la madre la

sorella la ...


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