Arte e fotografia PDF

Title Arte e fotografia
Author giulia bottiglieri
Course Storia dell'arte contemporanea
Institution Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova
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Arte e fotografia Introduzione Inevitabilmente, dopo la scoperta della fotografia, nessun artista poté accostarsi alla propria opera senza avere coscienza del nuovo mezzo; e nessun fotografo poté guardare la propria senza tener conto delle altre arti visive. La simbiosi fra arte e fotografie diede vita a un complesso organismo stilistico. Questa combinazione di influenze può ampiamente spiegare l’alta incidenza dell’inventiva pittorica nell’arte dopo la comparsa della fotografia. Pressoché tutte le caratteristiche definibili della forma fotografica furono anticipate da qualche artista prima dell’invenzione della macchina fotografica. Mai, prima della scoperta fotografica, le immagini pittoriche erano esplose con tanta abbondanza. La fotografia si insinuò così inesorabilmente nell’arte dell’epoca che, anche nelle opere degli artisti che la ripudiavano, si possono scoprire i segni inequivocabili dell’immagine fotografica. ! La scoperta della fotografia fu annunciato nel 1839. Diversi artisti ritennero che sarebbe rimasta al suo posto mantenendo la sua funzione di factotum dell’arte. Il nuovo mezzo era così legato alla mentalità di un settore sempre più ampio del pubblico e alla crescente preoccupazione degli artisti di ottenere una rappresentazione veritiera, che ben difficilmente lo si sarebbe potuto relegare in una posizione così secondaria. Dopo il 1890, mettendo a tacere tutte le dispute, la fotografia fu accettata e riconosciuta come forma d’arte. Infine nel XX secolo l’ingresso della fotografia nel campo delle altre arti visive avvenne in un modo e in una misura senza precedenti. ! 1) L’invenzione della fotografia La camera oscura fu usata dagli astronomi e poi dagli artisti per verificare ciò che vedevano in natura e come mezzo per risparmiare fatica. Con la camera oscura le immagini naturali potevano essere registrate su una superficie corrispondente a una retina, per poi trarne tracciati lineari, disegni colorati e persino dipinti. Possiamo, a buon diritto, affermare che la maggior parte degli artisti che si dedicarono alla vasta produzione di quei , abbiano fatto largo uso della camera obscura. A parte l’utilità dello strumento, i complessi problemi di luce, di ombra e di prospettiva area che assillavano gli artisti desiderosi di trasferire il più possibile la realtà naturale nei loro dipinti, spiegano perché in alcuni casi alle immagini della camera oscura fosse riconosciuto un grado di autorità quasi pari a quello che poi sarà accordato alla fotografia. Ma, come più tardi gli artisti avrebbero discusso l’utilità e persino l’esattezza dell’immagine fotografica, così i loro precursori, soprattutto nel XVIII secolo, si accapigliarono sull’immagine della camera oscura. Lo strumento, ad esempio, venne respinto e accusato di assoggettare la visione dell’artista all’imitazione di una natura priva di vita anziché diana natura animata. Tra il XVI e il XIX secolo furono costruiti vari tipi di camere oscure, la conseguenza fu quella di avere la possibilità di ottenere una grande varietà di immagini. Le lezioni generali che se ne possono trarre riguardo a quanto concerne le zone di ombra e luce sono innegabili, nonostante ciò però un’imitazione troppo esatte sarebbe una distorsione, giacché il modo in cui vediamo gli oggetti naturali nella camera oscura è diverso dal modo in cui li vediamo naturalmente, le ombre sono rese più scure di quanto sarebbero naturalmente e gli oggetti appaiono di colore più deciso e luminoso, l’effetto ne è quindi intensificato ma è falso. Il conte veneziano Algarotti , difese senza riserve l’uso della camera oscura scrivendo: “non è dubbio che se fosse dato all’uomo di poter vedere un quadro fatto di mano della natura medesima, e studiarlo a suo agio, non fosse per trarne il più di profitto, che immaginare per qualcuno si possa giammai”. A partire dal XV secolo, vi furono altre innumerevoli invenzioni, il cui scopo era quello di assicurare la produzione della realtà naturale con la massima esattezza. Ma, furono tutti eclissati dall’invenzione della fotografia. ! La convinzione che soltanto una macchina avrebbe potuto diventare arbitra assoluta in questioni concernenti la verità visiva aumentò sempre di più, quindi gli artisti iniziarono a usare le fotografie per i dipinti e, Daguerre dovrebbe essere considerato il primo artista ad utilizzare questa tecnica prima che la fotografia venne realmente scoperta. Nel 1822 Joseph-Nicéphore Niepce riuscì a fissare sul vetro l’immagine e la chiama eliografia. Insieme a suo figlio iniziarono a praticare l’arte della litografia fin dal 1813. Niepce, che ha scarsa abilità nel disegno, pensa di fissare fotograficamente un’immagine sulla lastra e di inciderla per la stampa. Appena Daguerre venne a saperlo non tardò a mettersi in contatto con Niepce e si accordarono per un contratto d’associazione e firmano i documenti necessari nel 1829. Nel 1837, usando il sale marino come fissativo, Daguerre fece la sua prima fotografia relativamente duratura: Daguerre ritenne che la sua scoperta avrebbe dato nuovo impulso alle arti e, anziché danneggiare coloro che la praticano si rivelerà di grande utilità. Nel 1839 venne organizzata una mostra ma alla fine non ebbe luogo. Probabilmente Daguerre venne dissuaso dal vendere a privati la sua invenzione da Francois Arago, scienziato insigne e membro repubblicano della camera dei deputati. Il quale riuscì a far ottenere concessione dal governo francese di rendere pubblica l’invenzione della fotografia. ! Anche se la magia della macchina fotografica suscitò per lo più reazioni entusiastiche, alcune reazioni erano inequivocabilmente negative. Che cosa ci si poteva aspettare, che un’artista dicesse di immagini dichiarate più belle dei dipinti? Di immagini che dal sole, superavano l’opera della mano più abile?! Molti sistemi fotografici, erano stati sperimentati prima del 1839. In Inghilterra, Talbot lavorava a un suo metodo fin dal 1833. Nei primi mesi del 1839 comparvero altri inventori o sedicenti inventori con le prove dei loro esperimenti. Il metodo seguito da Talbot era notevolmente diverso da quello di Daguerre. Mentre il dagherrotipo era un procedimento positivo diretto, e ciascuna fotografia era un’immagine unica su una lastra di metallo bel lucidata, il disegno fotogenico doveva essere subito sviluppato in un negativopositivo di cui si potevano ottenere diverse copie su carta. In confronto con il dagherrotipo, il calotipo riproduceva meno bene gli aspetti infinitesimali e le sottigliezze atmosferiche della natura, da cui allora si teneva grande conto. Talbot scrisse nel libro the Pencil of nature, la prima pubblicazione in cui appaiono fotografie affiancate a un testo. Ma poiché il suo procedimento aveva il vantaggio che se ne potevano trarre riproduzioni, Talbot si assicurò la superiorità sul dagherrotipo. Fra i primi inventori francesi di

latri procedimenti fotografici si deve citare Hippolyte Bayard che fu probabilmente il primo a ottenere stampe positive su carta, ma la sua opera fu immeritatamente messa in ombra dagli sforzi per procurare un aiuto governativo a Daguerre. ! Gli incisori inglesi Frederick James Havell e James Tibbitts Willmore verso la fine di marzo avevano messo a punto due procedimenti per eseguire fotografie su lastre di vetro, il primo procedimento, lineare, consisteva semplicemente nel coprire la lastra di vetro con una vernice annerita come per prepararne un’acquaforte; poi si incideva il disegno e il vetro era usato come negativo a contatto per la stampa fotografica. Il secondo procedimento, tonale, esigeva che l’immagine fosse dipinta sul vetro con una vernice semiopaca. La comunicazione di questo procedimento fu data in marzo e fortunatamente gli incisori non sarebbero finiti in miseria, ma con il passare del tempo la professione degli incisori fu spazzata via dai metodi fotomeccanici. ! Il 1° agosto il progetto di legge per il dagherrotipo diventò legge, poi il 12 agosto, Arago, annunciò che Luigi Filippo aveva dato la sua sanzione. Poi lesse una lettera di Duchâtel che, proponeva per il lunedì successivo, una riunione. Delaroche, che certo partecipò alla riunione, è probabile che comunicasse il suo interesse agli allievi del suo grande atelier, molti dei quali sarebbero divenuti dei famosi fotografi, ad esempio, Jean-François Millet e Charles Daubigny. L’unione simbolica fra scienza e arte sbocciata dal dagherrotipo ebbe la sua migliore conferma nella presidenza di Eugène Chevreul, nuovo presidente dell’Académie des Sciences. ! 2) Il ritratto Il dagherrotipo poteva offrire riproduzioni soltanto in bianco e nero. Questa era una indubbia deficienza del dagherrotipo, ma non occorse molto tempo per perfezionare nuovi metodi atti a colorirne le immagini. Nei primissimi giorni della fotografia un inconveniente ancor più grave era l’eccessiva lunghezza della posa. Fu una delle prime caricature del nuovo vulnerabilissimo soggetto; nei decenni successivi la fotografia fornì a molti abbondante materiale per le loro satire. A ogni miglioramento della fotografia seguiva la reazione delle riviste dedicate alle arti visive. Il fotografo non possedeva il fascino del colore e non poteva conferire alla sua opera nessuna d quelle che un artista elargiva alla propria. tuttavia, Richard Beard brevettò un metodo per applicare il colore al dagherrotipo Il ritratto fotografico non tardò a diventare un’industria sia in Inghilterra sia in Francia. Il costo di un dagherrotipo, anche nei primi anni dopo il 1840, era molto inferiore a quello di un dipinto. Verso il 1854, con l’introduzione della piccola e straordinariamente popolare carte-de-visite, il prezzo dei ritratti fotografici scese a circa 20 franchi la dozzina. Segnò il declino del tratto pittorico nel XIX secolo. I primi artisti che risentirono degli effetti della fotografia furono i miniaturisti di ritratti. La macchina fotografica fece proprio il fascino del ritratto miniaturistico. L’affinità del dagherrotipo con il formato lillipuziano della miniatura, il costo più basso, la maggiore veridicità e la relativa facilità di esecuzione, resero quasi necessario al miniaturista medio, se voleva assicurarsi la sopravvivenza come artista, o di servirsi del dagherrotipo nell’opera sua o di adottare il nuovo procedimento. La miniatura, per quanto quasi eclissata all’inizio degli anni ’60, godette sul finire del secolo di una breve rifioritura. In quel tempo, era praticamente scomparso il dagherrotipo, probabilmente per un certo disprezzo per l’immagine ormai banale della fotografia, la miniatura tornò ancora di moda. I pittori di ritratti scoprirono che, servendosi della fotografia, potevano ridurre di molto le pose interminabili alle quali di solito costringevano i clienti e, in alcuni casi, eliminarle del tutto. Si era arrivato a esigere addirittura cinquanta sedute per ritratto. Ingres fu tra i primissimi artisti che si servirono del dagherrotipo per eseguire ritratti su commissione, divenne uno dei primi pittori la cui opera fu perpetuata dalla fotografia. Possiamo definire gli ultimi ritratti di Ingres come . Alcune loro curiose caratteristiche fanno pensare all’uso del dagherrotipo. Un nuovo modo di posare. La disposizione insolitamente rovesciata dei piccoli studi preliminari ci fa pensare al dagherrotipo, più tardi negli autoritratti ogni particolare si presentò quale appare alla percezione diretta o come si vede una fotografia stampata. Un altro pittore che non soltanto trovò utile la macchina fotografica ma passò alla storia come uno dei più eccellenti fotografi ritrattisti del XIX secolo fu David Octavius Hill. Si servì per primo delle fotografie per risolvere un problema difficile: comporre un ampio quadro commemorativo, in cui fossero raffigurate non meno di 474 persone. Insieme al chimico e fotografo Robert Adamson, cominciò a fare uno per uno i ritratti di tutte le persone che dovevano comparire nel quadro. Prescelsero il calotipo, perché era più maneggevole e anche perché i chiari e morbidi effetti tonali si adeguavano all’ammirazione di Hill per Rembrandt e Turner. Il quadro intitolato the signing of the dead of demission è assai lontano dal drammatico chiaroscuro e dalle composizioni potenti di quasi tutte le fotografie. Il successo di Hill dipende soprattutto dal fatto che è un artista di cui l’equilibrio della composizione e dalla disposizione che mette le sue opere molto al disopra di quelle di qualsiasi altro fotografo mai visto. William Powell Frith, alla stessa guida di Hill, Meissonier, Yvon e altri che accettavano di dipingere su commissione gruppi di personaggi radunati per qualche cerimonia, ricorresse alla macchina fotografia. Alcuni artisti ammettevano sinceramente di servirsi del materiale fotografico; ma nella maggior parte dei casi, a quanto pare, prevaleva un silenzio discreto. Dopo il 1870 era opinione che . Col crescere della fiducia dell’artista nella fotografia, intraprendenti tecnici fotografici cominciarono a cercare mezzi per risparmiare ancora più tempo e fatica al pittore. Negli anni ’60 furono introdotti nuovi metodi sia per proiettare sia per fissare l’immagine fotografica direttamente sulla tela, in modo di utilizzarla come abbozzo preliminare su cui dipingere. Disderi in corrispondenza con un artista Americano aveva un tecnica per produrre fotografie positive su tela. Tale tecnica poteva essere applicata non soltanto alla ritrattistica, ma anche , L’alterazione degli oggetti naturali che più frequentemente si riscontra nella fotografia è l’inesattezza nel riprodurre toni e colori. È quindi facile immaginare quali difficoltà dovessero affrontare i fotografi di ritratti e di paesaggi prima che negli anni ’80 divenissero di uso corrente le lastre ortocromatiche. Ma anche le emulsioni ortocromatiche, molto migliori dei primi preparati, erano più sensibili allo spettro visibile, soltanto con l’introduzione della pellicola pancromatica, all’inizio del XX secolo, fu possibile migliorare la resa tonale della fotografia, sì da farla apparire più conforme alla percezione ottica. L’invenzione di diverse tecniche per produrre la luce con mezzi artificiali contribuì a diffondere ancor di più quest’aberrazione della fotografia. I violenti contrasti tonali che già constatavano nelle fotografie prese alla vivida luce del sole erano anche più grottescamente accentati dall’uso di batterie elettriche o di sistemi pirotecnici, come il lampo al magnesio. Vi sono alcune fotografie dove i violenti contrasti di masse scure e di masse chiare eliminano qualsiasi tonalità intermedia. Uno dei primi fotografi che s’interessò all’impiego della luce artificiale fu Nadar.

È difficile dire fino a che punto il deciso stile tonale della pittura di Manet possa essere attribuito alla fotografia. Abbiamo già detto che le fotografie alla luce artificiale non furono le sole a presentare questa caratteristica tonale. Manet, senza dubbio, conosceva queste fotografie, e era al corrente degli esperimenti di Nadar alla luce artificiale. Nonostante l’opinione che, in ultima analisi, un quadro è superiore a una fotografia, era inevitabile che, almeno per motivi economici, nel campo ritratto l’obiettivo spodestasse il pennello.

3) La fotografia di paesaggio e di genere Naturalmente i pittori paesaggisti dovettero subire le stesse pressioni esercitate sui ritrattisti, i pittori di vedute architettoniche in particolare modo. L’immagine fotografica divenne il metro per misurare le rappresentazioni pittoresche degli oggetti naturali. La forza persuasiva e la crescente autorità dell’immagine fotografica erano destinate a sovvertire qualsiasi idea sulla rappresentazione metaforica della natura, le immagini portavano il marchio dell’obiettività a lungo cercata da tanti artisti. Ora il fotografo era affascinato da vedute di esterni, da monumenti naturali e architettonici, come in pittura. Anche per i fortunati che potevano viaggiare, la fotografia sarebbe stata di immenso aiuto. Il dagherrotipo sarebbe stato dappertutto una testimonianza fedele di paesaggi, il compagno indispensabile del viaggiatore e dell’artista che non aveva tempo per disegnare. Con Horace Vernet il particolare assumeva un’importanza esagerata. Un altro pittore dell’etnografia pittoresca del Vicino Oriente du Jean-Léon Jérôme, le sue scene sono riprodotte con la rigorosa obiettività della macchina fotografica Come strumento di propaganda la fotografia non aveva chi potesse eguagliarla. I primi tentativi di reportage fotografico risalgono a poco dopo la comparsa della nuova arte: se nel XIX secolo la pittura che illustrava avvenimenti storici contemporanei raggiunse tanta importanza, il merito va attribuito a fotografi come Fenton e Brady. La necessaria autenticità pittorica di personaggi pubblici, avvenimenti e catastrofi sociali fu inevitabilmente acuita dalla macchina fotografica. Contrariamente all’opinione che prima del 1860 la fotografia di paesaggio fosse tenuta in scarso conto, in realtà era già praticato da tempo su larga scala. Oltre ai morbidi effetti chiaroscurali propri del calotipo, spesso si constata nelle prime fotografe di foglie o di fronde in movimento una certa indefinitezza dell’immagine. Un effetto visivo analogo lo dà il cosiddetto alone ove le zone illuminate invadono le parti periferiche di adiacenti forme più scure. La conseguente indefinitezza di queste forme si rivelò all’improvviso nell’opera di Camille Corot. L’insensibilità delle prime emulsioni fotografiche ai colori dello spettro faceva si che le zone di lui e e ombra si riducessero ad ammazzi di superfici piatte quali non esistevano nei primi dipinti di paesaggi, se non nelle parti più lontane della scena. Tutte queste caratteristiche compaiono nei quadri di Corot. Non è senza motivo se si associa il nome di Corot e di altri pittori dalla scuola di Barbizon alla fotografia. Non si può pensare che questi artisti, nei tardi anni ’40 e ’50, ignorassero l’opera dei fotografi contemporanei. Fra i fotografi inglesi, a partire dagli anni ’50, cominciò a diffondersi l’usanza di comporre fotografie mettendo insieme un certo numero di vedute prese in condizioni diverse, l’artista fotografo non fa nulla in più dell’artista: studia singolarmente ogni figura, poi raggruppa insieme diversi per formare una sola positiva, il procedimento fu ripudiato in Francia. La storia dell’arte dimostra che la costruzione composita di un quadro non comporta necessariamente la perdita dell’unità pittorica. All’artista è sempre toccato saldare insieme varie elementi, per quanto diverse ne fossero le origini, in un complesso omogeneo. La difficoltà di dipingere con esattezza meteorologica, gli agglomerati di nuvole erano un problema che si trascinava da lungo tempo nell’arte quando ci si rese conto che la fotografi poteva essere d’aiuto, fotografare le nuvole, in particolare modo se si voleva includere un paesaggio, era allora un problema assai arduo. Erano necessari tempi diversi di esposizione per registrare correttamente la luminosità del cielo e i toni più scuri della terra sottostante. Il mezzo più ovvio per aggirare le difficoltà era quello di prendere fotografie separate del paesaggio e del cielo e di mettere insieme i negativi prima di procedere alla stampa. Un’altra scappatoia era quella di limitarsi a dipingere le nuvole sulla fotografia. Cooke annunciò di avere trovato un sistema per fotografare simultaneamente il cielo e il paesaggio. Già in anni precedenti erano stati fatti validi studi sulle nuvole, ma il merito della priorità fu riconosciuto nel 1856 a Gustave Le Gray. Le sue drammatiche fotografie di mari e di cieli erano prese solitamente in quelle ore del giorno in cui il sole è basso all’orizzonte, e le nuvole proiettano ombre su altre nuvole con toni fortemente contrastanti. Tuttavia, ancora alla fine del secolo, molti si lamentavano perché le fotografie erano cucite insieme. Secondo la conclusione di un critico nel 1858, fu riconosciuto che il carattere della pittura contemporanea era stato condizionato dalla fotografia. In Francia, sopratutto dal 1885 e pilo 1890, gli assillanti problemi creati dal rapporto fra fotografia e arte furono seriamente dibattuti via via che cresceva l’interesse per il significato astratto della forza e del colore, in Inghilterra la situazione era diversa. Qualunque fosse il loro atteggiamento verso la fotografia, artisti e critici insistevano ancora sulla supremazia della rappresentazione naturalistica. Soltanto nel XX secolo gli artisti inglesi cominciarono a svincolarsi dalla lunga e tenace devozione all’arte imitativa e a liberarsi dal dilemma apparentemente ...


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