Che cos\'è una carta geografica- riassunto PDF

Title Che cos\'è una carta geografica- riassunto
Author nicole vacilotto
Course Geografia I A
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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Summary

Riassunto completo di tutti i capitoli del libro per esame di Geografia I...


Description

CHE COS’È UNA CARTA GEOGRAFICA INTRODUZIONE Una carta geografica = rappresentazione di un territorio. Non è una rappresentazione scientificamente attendibile, la carta geografica è sempre uno strumento ambiguo, la raffigurazione di un punto di vista (quello dell’autore, del committente o delle relazioni di potere). Ciò significa che in un luogo dello spazio e in un momento della storia un essere umano o un gruppo di individui ha scelto come rappresentare un territorio, cosa mettere in risalto e cosa omettere in quest’ultimo. PASSATO E PRESENTE La storia della cartografia si occupa di ricostruire la produzione, l’uso e il ruolo che i documenti cartografici hanno avuto nelle società umane. Per lungo tempo la definizione condivisa di carta è stata quella di un calco, che riproduce e rappresenta fedelmente un territorio in modo sintetico, la carta come specchio della realtà. Questa definizione implica due criteri di giudizio delle carte: L’attendibilità della produzione, cioè la sua precisione nel disegno, l’indicazione di punti di riferimento, dell’ordinamento, di una scala di riduzione, dei parametri di proiezione del globo su superficie piana; La verosimiglianza rispetto a un ben riconoscibile spazio geografico. Attendibilità e verosimiglianza si pongono per lungo tempo come indiscussi parametri di valutazione delle carte, e intorno a essi si costruisce la prima storia della cartografia. Si è in questo modo riconosciuta una successione storica della produzione cartografica che tende sempre a maggior precisione e attendibilità delle carte secondo un percorso lineare e incrementale in linea con il progresso tecnologico. 1.2. uno strumento per comprendere il mondo Seconda metà del Novecento: messa in discussione della linearità e riconoscimento valore sociale della cartografia.  da visione neutrale a opaca, che tiene conto delle omissioni, selezioni del cartografo e dei motivi. Nuovi utilizzi della carta. A partire dalla seconda metà del Novecento si è aperta la strada a interpretazioni innovative del concetto di carta, mettendo in discussione la linearità. Alcuni ricercatori cominciano a riconoscere il valore delle carte come testi, espressione della concezione dello spazio nel contesto delle culture e delle società che li hanno prodotti. Si moltiplicano inoltre i significati riconosciuti alla carta geografica, oltre a quello di strumento tecnico. L’atto di mappare è uno dei modi di prendere le misure del mondo, in senso proprio e figurato, e di rappresentarle in modo che possano essere comunicate tra luoghi e persone diverse. Il riconoscimento di un valore sociale della cartografia ha coinciso di recente con un rinnovato interesse accademico, artistico e culturale per tale strumento, per la sua storia e per la sua influenza su altre discipline e campi del sapere. Oltre all’accuratezza della riproduzione cartografica, si presta interesse ad altri elementi: i significati più immediati del documento grafico costituito dalla mappa; il suo uso all’interno di un contesto sociale più ampio, come strumento di governo, o di oppressione, di regolazione e politico; la natura di opera d’arte che appartiene agli antichi manufatti cartografici.

Si tratta di passare da una concezione trasparente della mappa come neutrale trasferimento di informazioni a una visione opaca che tiene conto delle selezioni, omissioni e influenze del contesto. Prende il via un filone di lettura critica sul ruolo delle rappresentazioni nella strutturazione dei rapporti sociali. John Brian Harley ha spostato l’attenzione dal prodotto cartaceo all’intero processo cartografico. Per primo ha affermato che il carattere scientifico e obiettivo della mappa è una pura illusione creata nel XVIII secolo e arricchita dai nostri continui progressi tecnologici del cartografare. I suoi saggi hanno dato l’avvio a un dibattito sul senso delle carte che è tuttora in corso. 



John Brian Harley: inglese nato nel 1932, delinea un percorso di decostruzione della mappa muovendo dal riconoscimento che essa è sempre stata un sistema culturale. Harley propone di osservare le carte all’interno del contesto che le hanno prodotte. Questa riflessione è stata decisiva per il passaggio della cartografia da disciplina tecnica a umanistica. History of cartopraphy project: un’iniziativa editoriale di ricerca che ha lo scopo d portare la storia della cartografia e del mappare all’attenzione internazionale. Il maggiore prodotto è stata l’enciclopedia “History of Cartography” nella quale, con un approccio multidisciplinare, si considerano aspetti della cartografia prima tralasciati e si studiano le mappe nel contesto delle società che le hanno prodotte. È nata da progetto di Harley e ancora oggi continua.

1.3 uno strumento quotidiano Nel mondo contemporaneo le mappe sono diventate oggetti della quotidianità, fra i più diffusi. Esse hanno subito un processo di “naturalizzazione”, sono divenute oggetti familiari in una società moderna di altissima – anche se ripartita in modo disuguale – alfabetizzazione cartografica, causando però scarsità di riflessione e ricognizione della carta geografica come incarnazione di intenti. Nel momento in cui una parte della storia della cartografia allarga il proprio punto di vista, rinunciando a una ricostruzione lineare dell’evoluzione dello strumento cartografico, per assumere invece una posizione di riflessione critica, si segna una netta separazione tra lo studio e la produzione di mappe. Mentre si accerta che le carte del passato sono testi complessi, alle carte del presente si chiede di essere strumento chiari, di uso immediato e di semplice divulgazione. Il linguaggio cartografico universalmente diffuso non è frutto di un percorso e un linguaggio lineare né neutrale ma di un percorso perfezionato che si è stratificato fino a noi oggi. 1.4 alle origini della storia Mapping: processo di costruzione delle carte. Le mappe, i disegni, le incisioni rupestri, come testi rivelano molto delle culture e delle società che le hanno prodotte, le tecniche di cui disponevano, gli scopi della rappresentazione, la visione dello spazio e del tempo in tempi e luoghi diversi della storia dell’umanità. Di fatto la capacità di rappresentare se’ stesso in relazione al proprio ambiente appartiene all’uomo prima della conquista della scrittura. Iscrizioni rupestri della val Camonica, la precisione delle indicazioni e i riscontri con i luoghi fanno presumere un utilizzo della mappa per raccogliere e trasmettere informazioni sull’uso del territorio.  la cartina geografica è un mezzo per comprendere il mondo. Oggi si è abituati alle carte di concezione illuministica, prodotto preciso di un momento storico, è anacronistico continuare a farne un uso acritico, è

utile cambiare prospettiva allargando lo sguardo al passato quando le carte erano ben più di uno strumento tecnico.

Per riassumere… Le carte sono interpretazioni della realtà. Si possono studiare come testi che permettono di comprendere le società che le hanno prodotte, la loro competenza tecnica e scientifica, la loro visione del mondo . Fino agli anni Sessanta del Novecento la storia della cartografia si era fondata su criteri di attendibilità e verosimiglianza, le mappe erano valutate secondo la precisione nel disegno e la verosimiglianza rispetto a un ben riconoscibile spazio geografico. Quando tali criteri sono stati messi in discussione si è aperta l’osservazione a numerosi documenti fino ad allora esclusi dalla storia cartografica. Nel mondo contemporaneo le mappe sono diventate oggetti della quotidianità, tra i più diffusi. Hanno subito un processo di “naturalizzazione”, sono divenute oggetti familiari in una società moderna di altissima alfabetizzazione cartografica. La carta geo-topografica a cui siamo oggi abituati nasce con l’epoca moderna e deriva dalla concezione illuminista dello spazio geometrico misurato con gli strumenti della geometria euclidea. Essa è il prodotto di un preciso momento storico con i suoi forti portatori ideologici, e a ben guardare è anacronistico continuare a farne un uso acritico inconsapevole delle sue implicazioni storiche. Gli studiosi ci insegnano che il percorso con cui sono giunte a noi e il linguaggio che ne deriva non sono affatto lineari, né tanto meno neutrali. Per questo è utile cambiare prospettiva allargando lo sguardo al passato, a quei momenti nella storia in cui le rappresentazioni del mondo – scritte o disegnate – erano ufficialmente ben più di uno strumento tecnico.

UN PERCORSO NELLA STORIA “Geo-grafie”: “descrizione della terra” 2.1 SPAZI SACRI NON EUCLIDEI Una delle principali speculazioni dei primi filosofi riguardano la forma e la posizione della terra nel cosmo, si svilupparono tra le più diverse concezioni (labirinto, albero, insieme di cerchi concentrici, quadrato, disco galleggiante sulla schiena di un pesce) tutte completamente autonome dall’osservazione della terra e si proponevano di spiegare e diffondere miti che confermavano la superiorità dell’autorità costituita e la sua corrispondenza con la forma del mondo. Nell’antico Egitto e Babilonia: vi era una concezione dello spazio terrestre legata agli usi pratici, che si basava su sistemi di informazione geografica – ben sviluppati fin dal III millennio – i quali utilizzavano la misurazione metrica in modo concettualmente non troppo lontano rispetto ai giorni nostri. Delimitazione e rappresentazione dello spazio sacro in Egitto: il pensiero mitico legava in un’unica rappresentazione l’immagine del mondo terreste e funzioni del potere divino in uno spazio che aveva forma di racconto. Lo spazio terrestre e quello mitico-genealogico trovano il loro punto d’intersezione nel faraone/re. La geografia che spiegava il mondo apparteneva quindi al mito, mentre le carte geografiche erano strumenti locali, misurazioni regionali a fini esclusivamente pratici. Misurazioni dell’intero globo compaiono a partire dal mondo greco.

2.2 lo spazio del logos Antica Grecia: la forma sferica della terra fu ipotizzata dai filosofi greci intorno al 550 a.C. Secondo la scuola di Pitagora era sufficiente la perfezione geometrica della sfera e renderla l’unica forma accettabile per la terra. Erodoto, influenzato dal giro della terra di Ecateo in cui indica distanze dei luoghi visitate e osservazioni etnografiche, fu il primo a proporre un approccio fondato su viaggi ed esplorazioni, piuttosto che sulla pura geometria. (avvicinamento dello spazio del mito a quello dell’uomo) Con l’avvento della democrazia dell’età di Pericle si rende necessaria una rappresentazione razionale dello spazio universale che sia una traduzione nello spazio cosmico dell’ordine e dei rapporti che esistono tra i cittadini. In questo senso si incontrano geografia del mito e geografia dello spazio terrestre e divengono possibili innovazioni fondamentali per le tecniche cartografiche. Nel III secolo a.C. Eratostene di Cirene per primo affronta il problema della proiezione cartografica. Noto per aver ideato il sistema di coordinate (latitudine e longitudine), misura la circonferenza e il raggio della terra, la distanza fra il nostro pianeta e il sole (unità astronomica), la distanza fra terra e luna. Realizza inoltre una mappa dell’intero mondo allora conosciuto. È stato Eratostene a introdurre il termine “geografia” con il significato di descrizione della terra. Strabone cambia l’orientamento della geografia ellenistica di Eratostene, propone una disciplina che dia una descrizione dell’uomo e dello spazio in cui vive, l’ecumene. La geografia diventa, per lui, sussidio della storia, e come questa ha un fine descrittivo e pratico. L’astronomo greco Tolomeo, considerato uno dei padri della geografia, fu autore di due importanti opere scientifiche, la principale delle quali è il trattato astronomico noto come Almagesto. L’altra grande opera fu la Geographia, un compendio di tutta la geografia nota nel mondo romano all’epoca in cui egli scriveva. Tolomeo assegnò coordinate a tutti i luoghi di cui era conoscenza facendo partire la latitudine dall’equatore e la longitudine dal territorio più occidentale conosciuto. Scoprì e divulgò i metodi per creare mappe sia dell’intero ecumene sia delle singole province romane. Fu il geografo dell’Impero Romano nel suo massimo splendore, dichiarò le finalità della geografia intendendola come disegno della totalità della terra. Raccolse la conoscenza astronomica del mondo greco e babilonese e formulò un modello geocentrico – che da lui prenderà il nome, tolemaico – del sistema solare che rimase riferimento per tutto il mondo occidentale – ma anche arabo e indiano – fino a che non fu sostituito dal sistema solare eliocentrico di Copernico. Eratostene, geografia= descrizione della terra. Strabone, geografia= descrizione dell’uomo e dell’ecumene, sussidio della storia ha fine descrittivo e pratico. Tolomeo, geografia= disegno della totalità della terra. 2.3 l’età oscura Nel medioevo fu la religione a imprimere maggiormente il segno sulle raffigurazioni del mondo. Le rappresentazioni cartografiche erano la copia del mondo, rispecchiavano le relazioni di cui quest’ultimo si componeva, ed erano perciò una sua interpretazione religiosa e filosofica oltre che un suo disegno. Il Medioevo comunemente considerato era oscura, per la cartografia è il momento in cui si opera una chiara distinzione tra raffigurazioni e definizione dell’ordine celeste e raffigurazioni spaziali dell’ecumene. Nel Medioevo si ritrovano i primi documenti di cartografia navale che si sottraggono al ferreo controllo del pensiero religioso per valersi di una funzione unicamente strumentale, quale quella di delineare le rotte e i possibili approdi lungo le coste del Mediterraneo. È ancora in quest’epoca che rinasce una cartografia come sapere empirico, legato alle navigazioni mediterranee; grazie alla bussola è possibile situare i punti delle coste per mezzo di coordinate polari, anche se si sfrutteranno solo nei secoli successivi, quando riprenderanno le attività di esplorazione e di scambio. Si diffondono le mappae mundi: si trattava di costruire un racconto storico per dimostrare il dominio di Cristo o illustrare un episodio dell’Antico

Testamento. È possibile riconoscere diversi periodi e produzioni tra Quattrocento e Rinascimento. Nel primo periodo l’eredità intellettuale greca e romana è ancora presente, la visione del mondo prevalente era quella offerta dal decadente Impero Romano, che a sua volta l’aveva derivata dall’antica Grecia. Di fatto l’immagine della terra come un disco circondato da oceani fu l’interpretazione dominante dei cartografi medievali. Le mappe in seguito chiamate mappe in T e O. Si tratta di schemi in cui i fiumi Don e Nilo formano la barra orizzontale della lettera T e il mare Mediterraneo quella verticale, mentre i continenti noti assumono la forma di una O. la divisione in tre delle terre emerse rispondeva alla versione della Bibbia. Assenza di reticolo geografico e Gerusalemme posta al centro. A partire dal Settecento si ha una produzione cartografica più sviluppata, anche se di ancora più esplicita influenza religiosa. Si tratta in gran parte di mappe disegnate nei monasteri, come strumento per pellegrini e crociati, in cui sono disegnati agli apostoli che predicano in diverse parti del mondo, i percorsi dei pellegrinaggi o accurate planimetrie di Gerusalemme. Si tratta di carte molto più accurate nella definizione dei dettagli geografici delle mappe mundi in T e O. Il periodo tra il 1300 e il 1450 è considerato di transizione tra una cartografia dominata da influssi religiosi e una basata su elementi più laici. 2.4 le utopie rinascimentali Utopie: testi scritti per altri scopi e ricchi di illustrazioni e mappe, sono considerate rappresentazioni di mondi possibili, affrontano quindi il problema del rapporto società-uomo volendo cambiare la prima proponendo un’anti geografia. L’Utopia di Tommaso Moro (1516) e La città del Sole di Tommaso Campanella (1602) segnano un punto di passaggio decisivo tra la geografia antica e quella moderna. L’utopia affronta il problema del rapporto tra società e territorio, e volendo cambiare la società propone un’antigeografia per il territorio. Il Rinascimento con le sue utopie si spinge più in là e afferma che ciò che è razionale è naturale. È in questo punto che più ci si distacca dalla geografia dell’antichità: la geografia non è più il riconoscimento di un ordine spaziale preesistente e perfetto, ma il tentativo di ricondurre le cose terrestri a un ordine razionale e produttivo. Si tratta della premessa intellettuale all’appropriazione e alla trasformazione della natura che caratterizzerà i secoli a venire. 2.5 l’età delle grandi scoperte La fine del Quattrocento viene definita “età delle scoperte” con i viaggi di Colombo e Vasco da Gama, un momento decisivo per la storia del vecchio continente e del mondo intero. Le esplorazioni necessitano di mappe sempre più precise e riportano sempre nuove informazioni per aggiornarle. Sono anni decisivi per l’affermarsi di un nuovo tipo di geografia. La riscoperta della sfericità della terra sarà il primo passo per una teoria delle proiezioni, che consentirà di rappresentare anche ciò che non si è visitato, attraverso un unico sistema di coordinate. Da qui nasce la geografia cartografico-matematica, come mezzo per tracciare rotte e raggiungere luoghi lontani nel tempo più breve. La maggior parte delle carte prodotte erano carte nautiche, nate dallo sviluppo dei portolani (principali centri di produzione di portolani: Italia, Venezia e Catalogna  Enrico il Navigatore), strumenti pratici costruiti facendo affidamento alle osservazioni dei navigatori.

La geografia che domina i secoli XVII e XVIII nasce in Portogallo, nell’osservatorio allestito da Enrico il Navigatore, dove si raccoglievano i più noti matematici, geografi e cartografi dell’epoca. Nei Paesi Bassi Gerhard Kremer, detto Mercatore (1512-1594), fabbrica strumenti di misura e costruisce carte geografiche, destinate a cambiare il corso della storia. La cartografia assume un ruolo strategico e la geografia ha valore in quanto scienza cartesiana, si ha una svolta nel modo di pensare le carte: da pensiero cartografico induttivo a deduttivo. Le esplorazioni e le colonizzazioni trovarono in questa disciplina il loro riferimento scientifico, e il viaggio di Colombo trovò nel primo mappamondo, realizzato da Martin Behaim nel 1492, il suo slancio. Dopo quello di Behaim, altri due famosi mappamondi furono realizzati, il Waldseemuller nel 1507, il primo a riportare il nuovo continente con il nome di America, e lo Schoner nel 1515. L’importanza di questi due globi risiede nella loro accuratezza e nella loro riproducibilità, grazie alla stampa, che ne consentì una diffusione fra studiosi e viaggiatori del tutto nuova per l’epoca. 2.6 guerre di conquista La produzione diffusa di mappamondi non rispondeva esclusivamente a brama di conoscenza delle terre nuove, ma soprattutto alle crescenti rivendicazioni di autorità imperiali su di esse, che vedevano contrapposte le corone di Portogallo e Spagna. 2.7 carte e identità nazionale Il secolo XVII vide già dalla prima metà una straordinaria diffusione cartografica in Europa, grazie all’impatto delle nuove tecnologie di stampa, e un affinamento dei dettagli grazie alla continua invenzione di strumenti di misurazione sempre più precisi. Ma è con la seconda metà del Seicento e con il secolo successivo che maturò un particolare clima intorno alla visione scientifica della cartografia, che trovò il terreno più fertile nella Francia di Luigi XIV. Si trattava di rispondere alle esigenze del nuovo Stato nazionale, per cui era di vitale importanza conoscere le proprie reali dimensioni e forma fisica, oltre che condizioni economiche e sociali. La cartografia diventa uno dei principali strumenti per la costruzione dello Stato nazionale moderno. Il ruolo specifico della cartografia in questa fase consiste nel divenire un potente strumento di comunicazione a supporto delle nascenti identità nazionali, e in questo la sua inattaccabilità scientifica è elemento fondamentale. Per riassumere… Nella storia della cartografia emerge il progressivo nascondersi del rapporto strutturale con il potere dietro la pretesa di oggettività scientifica della carta. Le immagini dell’universo degli antichi egizi e babilonesi contenevano esplicitamente i...


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