Compendio di criminologia ponti PDF

Title Compendio di criminologia ponti
Author Serena Monroe
Course Diritto Penale
Institution Università del Salento
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1 Introduzione allo studio della criminologia

1. Premessa Il problema della criminalità, della sua prevenzione e del suo trattamento, interessa molti operatori, da coloro che lavorano nelle carceri e nella giustizia, fino a coloro che lavorano nel sociale e nel sanitario. La disciplina criminologica è in grado di offrire, in una prospettiva umanistica, molteplici spunti per ampliare le conoscenze e favorire la riflessione sui fatti sociali, sulle caratteristiche psicologiche e relazionali dei singoli e dei gruppi, e sui disturbi mentali; e, ancora, sulla responsabilità morale e sulla libertà di agire, sui tanti fattori che si correlano alle scelte di condotta nella vita sociale. La criminalità, infatti, non è altro che un modo di agire e di comportarsi nella società. È necessario, quindi, conoscere i fattori sociali, le dinamiche psicologiche e le interrelazioni fra individui, gruppi e ambiente che sono alla base del comportamento umano, per comprendere delitti e delinquenti. I fenomeni delittuosi interessano ogni persona, e il crimine non lascia indifferente nessuno. Lo scopo della criminologia è quello, appunto, di non ricalcare semplicemente il buon senso o gli stereotipi e i luoghi comuni sul crimine. 2. Le scienze criminali Le scienze criminali sono delle discipline coltivate da studiosi dei fenomeni delittuosi, e la criminologia fa parte di queste scienze. La prima scienza criminale è, ovviamente, il diritto penale, sia sostanziale che procedurale. Esso definisce quali sono i reati

attraverso le pene per determinati comportamenti lesivi di beni ritenuti meritevoli di tutela. La criminologia, in questo senso, deve al diritto penale la definizione della delimitazione del suo oggetto di studio. Fra le scienze criminali rientra anche il diritto penitenziario, che ha come oggetto l’insieme delle disposizioni legislative e regolamentari in merito alla fase esecutiva del procedimento giudiziario penale. Attualmente esso pone l’accento sul trattamento risocializzativo e sulle misure penali in libertà, alternative e semi alternative al carcere, ponendolo in più stretta relazione con la criminologia. Quest’ultima disciplina si avvicina anche alla politica penale (o politica criminale) che ha come obiettivo quello di studiare, elaborare e proporre gli strumenti e i mezzi per combattere la criminalità. La politica criminale costituisce l’insieme dei contributi che molteplici discipline forniscono al legislatore per la formulazione delle leggi penali. Anche la sociologia del diritto rientra nelle scienze criminali, e dunque anche lo studio della reazione sociale, occupandosi entrambi di fattori sociali che intervengono nell’andamento di reati e nella loro causazione. Altre due discipline sono la psicologia giudiziaria e la psicologia giuridica che applicano la psicologia al mondo legale e forense e si occupano della persona in quanto attore, in diversi ruoli, del procedimento giudiziario. La psicologia giudiziaria si interessa di psicologia della testimonianza, meccanismi psicologici attraverso il quale si perviene all’attribuzione della responsabilità e analisi dei modelli processuali. La criminologia, dunque, studia il crimine e vede nella società in cui esso si verifica uno dei suoi campi di interesse. E, ovviamente, vede nella psicologia di chi delinque un altro campo di interesse. Infine va precisato che la criminalistica venga confusa con la criminologia. Essa è costituita da nozioni sulle tecniche di

investigazione, sulla medicina legale, sull’antropologia forense e tutte le tecniche che utilizza la polizia scientifica con lo scopo di risolvere problemi di ordine investigativo. Rientrano invece nelle competenze della criminologia, gli studi e le applicazioni pratiche aventi per oggetto la ricerca del reo utilizzando le caratteristiche psicologiche e comportamentali degli autori di taluni tipi di reato, ovvero il “criminal profiling” 3. Precisazioni terminologiche Delitto, crimine, reato hanno un significato sostanzialmente equivalente, ma con diverse sfumature: la parola reato ha un significato meno stigmatizzante della parola delitto, mentre la parola crimine si riserva solitamente per atti particolarmente efferati. Atto illegale o illegalità o illeciti penali contengono minore censura nei confronti di chi li ha commessi, sono più neutre in quanto più tecniche. Altre espressioni come comportamento disonesto o disonestà implicano una reazione sociale negativa ancora minore. Vi è poi il preciso uso giuridico dei termini secondo le distinzioni del codice penale, per il quale tutte le azioni penalmente perseguibili sono denominate reati e tra questi distinguiamo i delitti e le contravvenzioni. In ambito criminologico non ci si sente vincolati al rigoroso rispetto dei termini giuridici, ma si preferisce un linguaggio più vicino alla dizione comune. Si fa tuttavia attenzione, negli studi comparativi, alle giuste traduzioni di parole che, in un'altra lingua, assumono un significato differente. Anche i termini di criminale, reo, delinquente vogliono riferirsi semplicemente a colui che ha commesso un reato senza implicare giudizi di valore.

Nello studio della criminologia bisogna rifiutare gli stereotipi più comuni sui delitti e delinquenti, pertanto bisognerà rinunciare a un linguaggio contenente generalizzazioni che andranno sempre evitate. In ogni caso, in criminologia non è lecito confondere ciò che uno fa con ciò che uno è, reputando che la commissione di un qualsivoglia reato qualifichi totalmente una persona. Parlando delle cause, sarebbe bene utilizzare espressioni probabilistiche o possibilistiche piuttosto che i verbi all’indicativo. Le certezze non sono scienze dell’uomo, e quindi non appartengono alla criminologia: le generalizzazioni sono spesso banalizzazioni o erronee interpretazioni di realtà più complesse, che ci auguriamo sapranno evitare coloro che avranno affrontato lo studio di questa disciplina. 4. Oggetto e specificità della criminologia Il campo di indagine della criminologia comprende i fatti criminosi e i loro aspetti fenomenologici, le variazioni nel tempo e nei luoghi, le condizioni sociali ed economiche che ne favoriscono la diffusione e le modificazioni. All’interno del campo c’è anche lo studio degli autori dei delitti con le loro caratteristiche psicologiche o psicopatologiche e con i fattori ambientali e situazionali. Ancora, i diversi tipi di reazione sociale che il delitto suscita, l’analisi delle conseguenze sulle vittime e gli interventi a loro favore, ed infine il fenomeno della devianza, anche nelle sue manifestazioni non delittuose. La criminologia è quindi una scienza multidisciplinare, che richiede conoscenze diversificate. Tuttavia il criminologo non deve essere inteso come uno studioso onnisciente o un “tuttologo”; il suo preciso compito è quello di saper interpretare in una visione sintetica dati, conoscenze, approcci e metodi provenienti da campi diversi del sapere.

La criminologia è anche una scienza interdisciplinare che necessita il dialogo con altre scienze. Con la psicologia, la psichiatria, la sociologia, il diritto, al fine di affrontare specifici temi di politica penale. Per tutti questi aspetti la criminologia è una scienza dell’uomo, che studia la realtà complessa, articolata, multiforme che è il comportamento umano nei suoi infiniti aspetti. Essa studia l’uomo nella sua dimensione individuale e sociale, e come suo specifico oggetto lo studio dell’uomo allorquando viola la legge penale. La criminologia vede la sua indipendenza dottrinale nel fatto di essere capace di fornire un approccio diverso, da un lato più esteso e meno settoriale di altre discipline, dall’altro, e rispetto al delitto, più specifico. 5. La criminologia come scienza Per poter parlare di scienza, bisogna che si abbiano alcune caratteristiche e requisiti quali: -

Sistematicità Controllabilità Capacità teoretica Capacità cumulativa Capacità predittiva

Per quanto riguarda le prerogative di dottrina scientifica, la criminologia può essere annoverata tra le scienze empiriche, perché ritenuta fondata sull’osservazione della realtà criminosa e non sulla speculazione astratta, su presupposti teorici, o su giudizi di valore, e perché i suoi dati dovrebbero avere carattere oggettivo. Il carattere avaluativo e neutrale della criminologia è stato a lungo sostenuto, ma oggi tale caratteristica è stata decisamente

ridimensionata. E questo è avvenuto in tutte le scienze, con l’avvento della probabilità, per cui nessuna scienza può dire con certezza a proposito del divenire degli elementi fisici. A maggior ragione questo avviene nelle teorie criminologiche: “Le conclusioni dello scienziato, e quindi del criminologo, saranno sempre soltanto enunciati probabili e mai verità definitive, ovvero ipotesi che godono di un grado di conferma più o meno elevato” (Ceretti, 1992). Altri due aspetti della criminologia sono il suo essere scienza descrittiva dei fenomeni delittuosi, e nel momento in cui si aggiungono anche la ricerca e l’identificazione dei fattori responsabili di tali eventi, la criminologia assume il carattere di scienza eziologica. Per questa sua caratteristica, la criminologia si differenzia da altre scienze criminali, come il diritto, che hanno invece il carattere di scienze normative. In generale, quindi, alla criminologia viene attribuito lo statuto di scienza empirica a carattere causale-esplicativo, anche se è stata da tempo avanzata la tesi secondo cui la criminologia è anche una scienza conoscitiva a carattere normativo. In definitiva la criminologia viene definita scienza causale-esplicativa a contenuto normativo. Infine, bisogna segnalare che la criminologia ha un’altra caratteristica: quella di essere una scienza applicativa: fra le molteplici incombenze del criminologo vi è quella di intervenire operativamente sui fenomeni criminosi e sugli individui. Concludendo, la criminologia come scienza può essere coltivata secondo molteplici modalità: taluni criminologi sono ricercatori empirici, altri scienziati che si dedicano alla speculazione teorica, altri ancora possiedono come prevalenti le connotazioni di operatori pragmatici; è tipico della criminologia che frequentemente questi diversi ruoli siano ricoperti da uno stesso studioso.

6. Relativa neutralità della criminologia Il requisito fondamentale delle teorie scientifiche consiste nella “falsificabilità”, cioè nella loro attitudine ad essere sottoposte a congetture e confutazioni. Non esiste una verità assoluta, valida per sempre, ma piuttosto un succedersi di verità, sempre provvisorie, in attesa di essere superate, modificate o smentite da altre interpretazioni teoriche della realtà in cui viviamo. Inoltre, l’interferenza dell’osservatore renderà impossibile un’osservazione davvero neutrale. Questo è dovuto alla natura umana degli scienziati, che riflettono più o meno consapevolmente le costrizioni sociali e ideologiche e i pregiudizi della loro epoca, ma anche le esigenze culturali, e le legittime aspirazioni del momento in cui si trovano a vivere. Questa neutralità relativa non deve comportare scetticismo o rinuncia dell’impegno di seria, onesta, rigorosa ricerca, posto che solo la continua verifica operata attraverso l’esperienza, l’osservazione e il ripensamento assicura l’acquisizione di un complesso sempre più cospicuo di conoscenze. 7. Multicausalità e teorie criminologiche Una teoria multicausale cerca di conciliare molteplici fattori che intervengono nella causazione per offrire così una prospettiva interpretativa più ampia. Tuttavia nello studio del comportamento umano nessun fattore può spiegare completamente un fenomeno e lo stesso comportamento può essere inquadrato e spiegato secondo varie teorie causali, senza che in ciò si debba vedere una contraddizione. Ad oggi si parla di libertà morale condizionata, volendo intendere che la libertà di autodeterminarsi non ha carattere assoluto ma è sentita come una responsabilità che è talora, o spesso, attenuata.

Ogni teoria criminologica propone una sua prospettiva di conoscenza e fornisce una chiave di lettura che di volta in volta privilegia taluni fattori: solo utilizzando i vari approcci in una visione integrata e non esclusiva verrà favorita una migliore comprensione dei fenomeni. Ogni teoria ha il limite derivante dalla variabilità stessa delle condotte delittuose. L’idea di una singola teoria sufficiente a spiegare tutti i crimini sarebbe tanto assurda quanto quella di immaginare in medicina una teoria generale della malattia. La conoscenza di varie teorie è fondamentale per offrire un ventaglio il più possibile ampio di ipotesi e di parametri interpretativi. Una teoria deve essere valutata per il suo valore euristico, cioè dalla capacità di stimolare ricerche, proporre idee nuove, di superare vecchie concezioni, persino di suscitare opposizione o incredulità, per incentivare nuove ricerche e favorire nuove conoscenze. Lo studio delle cause individuali e sociali del crimine, con le limitazioni e le precisazioni qui poste, è dunque un aspetto irrinunciabile della criminologia.

8. Il concetto di causa in criminologia Abitualmente si designa come causa di un fatto l’antecedente necessario e sufficiente al suo accadimento. Necessario per la realizzazione del fenomeno e sufficiente per identificare, fra i necessari, solo quello che, in definitiva, ha provocato l’effetto. Se poi ci si propone di intervenire su un determinato fenomeno per modificarlo, appare chiaro come si renda necessario scegliere dal complesso degli antecedenti alcune condizioni, che risultano importanti per modificare l’effetto. Anche il criminologo si trova di fronte ad un esigenza di una causalità pragmatica, poiché il ricercatore ritiene la causa come l’interesse maggiormente significativo nella sua prospettiva operativa.

Così quei criminologi che valorizzano il significato causale delle carenze educative della famiglia d’origine concentreranno i loro interventi risocializzativi in quest’ambito; coloro che invece si concentrano maggiormente sul valore causale dei disturbi della personalità o dei fattori sfavorevoli dell’ambiente opereranno in questa prospettiva, e via discorrendo. Il concetto di causalità lineare (AB) ha imperato a lungo nelle scienze. Ma se per molti fenomeni naturali ha tuttora il suo pieno valore, per quanto attiene ai fenomeni riguardanti le scienze dell’uomo oggi essa non ha più credito assoluto. La causalità è da intendersi in una prospettiva sistemica ed è vista alla luce di un nuovo concetto di causalità, quella di causalità circolare. I rapporti personali costituiscono un sistema, la condotta di un soggetto influenza quella degli altri, e quella degli altri si ripercuote sul comportamento del primo agente: è questo appunto il concetto di causalità circolare. Il modello è mutuato dalla cibernetica che sostituisce lo schema della causalità lineare con quello della “retroazione” o feedback, per il quale ognuna delle parti del sistema influisce sulle altre (A B): ogni parte del sistema è causa ed effetto, e pertanto non si può più parlare di causa efficiente. In criminologia, peraltro, occorre sapere affiancare il principio di causalità circolare con un modello differente, la causalità giuridica, che procede secondo la logica della causalità lineare. 9. Il campo delle indagini criminologiche La criminologia estende il proprio ambito di interesse non solo al di là dei comportamenti hic et nunc sanzionati, ma affronta i problemi della produzione delle norme giuridiche, delle definizioni sociali di devianza e criminalità e dell’applicazione effettiva delle norme stesse. Il delitto è un “fatto sociale”, definito dalla legge. Tuttavia l’indicazione di ciò che è proibito muta nel tempo e nei luoghi ed è

impossibile stabilire una volta per tutte quali siano i comportamenti delittuosi dei quali la criminologia deve occuparsi. All’epoca della scuola positiva venne rivalutato il vecchio concetto di delitto naturale che mirava a identificare i delitti secondo una criteriologia e un’etica universali, non subordinate al variare delle norme legali. L’antropologia culturale e l’etnologia ci ricordano invece che nessuna delle condotte proibite dalle norme si è mantenuta immutata nel corso dei più di centomila anni da quando sono comparti i nostri diretti progenitori. Il delitto non è pertanto “fatto naturale”, bensì “fatto sociale”, e come tale definito convenzionalmente, mutevole con il mutare della società. Il “delitto contro natura” è solo un rafforzamento dello sdegno di talune condotte, ma si tratta di un semplice modo di dire. Si è anche tentato di utilizzare i principi di antisocialità e di pericolosità sociale, ma queste sono condizioni ben difficili da oggettivare da parte delle scienze dell’uomo, e in definitiva rappresentano un giudizio di valore espresso nei confronti di taluni individui, spesso in virtù del loro status. Rientrano tra gli antisociali anche coloro che, pur non avendo commesso reati, ne sono reputati presuntivamente capaci. In questo modo si finisce per ammettere una criminalità “potenziale”, svincolando il concetto del delinquente da quello di delitto consumato e tentato. Questi due principi, appare chiaro, non possono prestarsi a definire il campo degli interessi criminologici. Nel tentativo di evitare l’ancoraggio della criminologia alle definizioni giuridiche si è tentato di parlare di criminologia dei diritti umani. Per altra via si è cercato di differenziare i delitti a seconda del criterio della maggiore o minore gravità, pensando di circoscrivere la criminologia solo ai primi. Anche questo criterio non può essere

accolto essendo pure contingenti la maggiore o minore gravità dei reati. Ovviamente la criminologia si occupa della corrispondenza (o della non corrispondenza) fra la percezione nel corpo sociale della gravità degli illeciti penali con quella della legge. In definitiva, se il parametro per delimitare i confini del campo degli interessi della criminologia è quello della legge, la dipendenza della criminologia dal diritto positivo non va però intesa come subordinazione concettuale nei confronti della norma. La criminologia esamina e analizza criticamente, e in piena indipendenza, la legge medesima, le sue modalità di applicazione, gli effetti che produce, l’esclusione o l’inclusione di un comportamento nel novero di quelli da punire. 10. Relatività storica del concetto di delitto Per un lungo periodo si può osservare che sono stati puniti reati che ora non sono più stati ritenuti tali. Di contro, reati che prima non erano puniti, o lo erano marginalmente, ora sono severamente perseguiti. Recentemente, e spesso in uno stesso paese, con il rapido evolversi dei costumi, si è osservata la depenalizzazione di certe condotte. La relatività del concetto di delitto si osserva anche in paesi differenti che appartengono comunque alla stessa area culturale. E ancora, in aree culturali fra loro maggiormente differenti, si possono osservare qualificazioni assai diverse di delitti o un’assai dissimile percezione di gravità. Tutta la convivenza umana è ordinata da norme, legali o di costume, che definiscono come ci si debba comportare e, viceversa, come non sia lecito agire nelle varie circostanze. L’apprendimento di tali norme è un fatto decisamente culturale, ed è favorito da un insieme di strumenti di controllo sociale.

Ogni condotta dell’uomo è suggerita, prevista, regolamentata da una miriade di norme che in ogni momento indicano a ciascuno quali sono i limiti comportamentali dai quali non è lecito, o opportuno, allontanarsi. La maggior parte delle norme non è codificata e questo ci fa pensare che queste siano “naturali”, cioè legate alla struttura biologica dell’uomo. Viene costantemente effettuata una selezione fra principi, beni, interessi, diritti, consuetudini, secondo una precisa gerarchia di valori. A protezione dei principi e dei beni ritenuti essenziali, nelle società simili alla nostra esistono norme scritte, istituzionalmente tradotte in codici e leggi, che ufficialmente ne proibiscono l’inosservanza, prevedendo per ciascuna trasgressione, la corrispondente pena. Le leggi penali sono pertanto da intendersi come uno dei numerosi “sistemi di controllo sociale” mirati a inibire quei comportamenti ritenuti più gravi perché minacciano quell’i...


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