Derridario - riassunto libro PDF

Title Derridario - riassunto libro
Author Giorgia Tripaldi
Course Scrittura e decostruzione
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

riassunto libro...


Description

AUTOAFFEZIONE Affezione è l’effetto di un contatto. L’auto-affezione è una struttura universale dell’esperienza. Solo un essere capace di auto-affettarsi, è in grado di affettarsi dall’altro. L’individualità vivente si costituisce come tale in virtù della capacità di identificarsi quale sostrato degli effetti della propria esistenza. L’indiviualità deve essere in grado da sempre di padroneggiare le affezioni che patisce dall’esterno e di riprodurle in assenza. L’individualità non può entrare in contatto con se stessa se non nell’elemento dell’esteriorità che diviene condizione dell’interiorità. È per sfuggire alla legge della differenza che il pensiero occidentale ha cercato riparo in un’esperienza autoaffettiva pura sulla quale fondare il mito di una interiorità pienamente presente a se stessa. Di un’identità pienamente padrona di se e di un alterità in generale. L’esperienza di intendersi- parolare è possibile attraverso la voce pensare una produzione di una serie di significati che sembra poter fare a meno di ogni ricorso all’esteriorità.  nasce dal tentativo di rimuovere la dinamica della differenza. L’esperienza audiofonica permette di pensare un rapporto a sé interiore. La voce e la coscienza di voce sono il fenomeno di un’autoaffezione vissuta come oppressione della differenza. Il pensiero di un auto-affezione pura è un’illusione. È pensare se stessi come Dio. L’illusione dell’auto-affezione pura non si manifesta solo con la voce ma anche con l’esperienza tattile o autotattile. È un’illusione pericolosa perché crede di potersi fondare sulla rimozione delle proprie condizioni di possibilità. Della   

grammatologia: decostruzione archiscrittura autoaffezione

ARCHI-SCRITTURA Il termine archi-scrittura appare per la prima volta in della grammatologia e bisogna stare attenti a non confonderlo con la diffaerenza. Diffaerenza: in virtù della sua portata limitata è presa cioè nel movimento stesso di cui è la legge è differenziazione di sé, si lascia sottomettere ad un certo numero di sostituzioni, l’archiscrittura è una di queste sostituzioni. L’archi scrittura si distingue dalla diffaerenza in base al contesto in cui produce effetti determinanti. Riferimento alla scrittura: fin dalle origini è sempre stata presente come semplice strumento empirico. Sistema di rappresentazione contestuale. la scrittura assicura la sopravvivenza della significazione dalla sua dipendenza dalla presenza viva della coscienza che la produce. La meccanica della scrittura implica per struttura l’assenza e la possibilità della morte del locutore. La scrittura appare come sintomo della rimozione delle condizioni dell’esperienza stessa e dunque di una rimozione impossibile. Archi- scrittura in 2 parole: La possibilità di percepire la propria vita in maniera svincolata dal presente (che a detta di Derrida è già morto, perché se io voglio attingere dal presente in realtà mi è già sfuggito dalle mani quindi in realtà è un passato) quindi sarebbe la possibilità di lasciare una traccia. Cioè l’esistenza intesa come insieme di tracce a cui attingere dal momento che il presente mi sfugge continuamente.

Caratteristica del linguaggio: co implicazione di registrazione e trasmissione a cui si rileva la condizione di produzione di idealità. La produzione di idealità  implica l’iterabilità indefinita al di là del presente. Se cosi non fosse il prodotto ideale resterebbe inaccesibile ad una coscienza altra da quella che l’ha prodotta e in un momento altro da quello contingente. La possibilità della scrittura è condizione irriducibile del senso  la scrittura è la condizione di possibilità dell’idealità. È una pura possibilità di trascrizione che garantisce l’intellegibilità del senso in assenza delle condizioni contingenti da cui ha origine. Se la possibilità dell’iscrizione in una traccia iterabile è già all’opera all’interno della coscienza quale condizione di possibilità dell’esperienza allora bisogna ammettere che questa si costituisce come una scrittura che si realizza grazie all’iterabilità. Sia la lingua che la scrittura sono articolazioni dell’archiscrittura generale. Saussure: il principio di differenza come condizione della significazione affetta la totalità del segno cioè il significato e il significante. L’esperienza si costituisce come archi scrittura. L’attività di decifrazione deve tener conto della pluralità di istanze che intervengono nella genesi e nella scrittura del testo. DECOSTRUZIONE Con il termine decostruzione si è soliti identificare la filosofia di Derrida. Derrida non vuole identificare decostruzione con decostruzionismo, derrida dice che la decostruzione non è niente, né una filosofia, né un metodo, né una teoria. È qualcosa che resiste a qualsiasi forma di ricostruzione e di definizione teorica. Resistere è la parola chiave. Questa resistenza della decostruzione mostra come al cuore di ogni costruzione teorica vi sia un punto che resiste alla teoria che ne impedisce la chiusura totalizzante. LA DECOSTRUZIONE RESISTE ALLA TEORIA PERCHÉ DIMOSTRA L’IMPOSSIBILITÀ DELLA CHIUSURA. La decostruzione non può essere definita in termini teorici. Derrida utilizza per la prima volta il termine decostruzione in “della grammatologia” per tradurre dei termini heideggeriani. La decostruzione mira a destabilizzare la struttura concettuale. Si lega alla pratica di scrittura ogni volta unica, ogni volta inventa la propria pratica. Tuttavia la necessità di resistere al metodo produce inevitabilmente anche per la decostruzione degli effetti di metodo. Non vi è unicità in sé che non sia ripetibile. DA QUESTA ITERABILITÀ SI COSTITUISCE LA DECOSTRUZIONE. Alcune questioni decostruttive danno vita a dei metodi, a delle procedure tecniche, perciò si può dire che la decostruzione oscilla tra la singolarità e il metodo. La decostruzione infatti lavora sin dalle opposizioni concettuali. Non lavora semplicemente con delle opposizioni concettuali da neutralizzare ma con le opposizioni gerarchiche da sovvertire. È una fase di rovesciamento ma segue la neutralizzazione. Generalmente di due termini di opposizioni se ne aggiunge un terzo per scardinare l’opposizione del primo e del secondo. La decostruzione opera sulla dimensione dell’impossibile come apertura all’evento. rompe con il regime della possibilità. L’interesse della decostruzione è un’esperienza dell’impossibile. Ma la decostruzione è l’evento, vi è decostruzione ogni qualvolta qualcosa accade e l’evento non si deve mai impedire perché è meglio che ci sia dell’avvenire che il nulla. La decostruzione è una lettura non solo di quanto detto e leggibile, ma è il tentativo di lggere il non detto, l’illegibile, il non sentito, il non leggibile. Potremmo dire che è una pratica dell’illegibile. Cioè di tutto ciò che si dà in assenza. La decostruzione non cattura purezza, anzi dobbiamo essere consapevoli che la lettura è sempre contaminata, possiamo trasformarla in una ricchezza. Noi non siamo

incontaminati, parlare di contaminazione e purezza è parlare di identità. L’idea di purezza può avere degli esiti pericolosi. DIFFERENZA La parola differenza non esisteva in francese, è un’invenzione di Derrida. In rapporto di omofonia con difference e la terminazione in ance può essere colto attraverso la notazione grafica, segnando cosi un certo ricorso alla scrittura. L’introduzione della a serve a evidenziare l’irriducibile dimensione dinamicha della differenza. La differaenza è la matrice della decostruzione derridiana, la traccia della sua irriducibile originalità. La differenza impone di pensare che tutto ciò che è differisce da sé per essere se stesso, in quanto in rapporto all’altro non è se non in questa relazione differenziale all’alterità generale. Non vi è identità di per sé costituita, in se stessa e a se stessa presente, indipendentemente dall’alterità in generale, opposta all’altro in generale. In quanto irriducibile condizione di possibilità di tutto ciò che è presente, la diffaerenza rende conto dell’impossibilità di risalire o pervenire ad una presenza piena, assoluta, autonoma, indipendentemente e sovrana, rispetto all’alterità in generale che la si declini in chiave archeologica o teleologica. Se la diffaerenza è l’irriducibile condizione di possibilità di tutto ciò che si staglia nell’ordine della presenza allora deve essere intesa quale condizione di possibilità tanto dell’ente quanto dell’esperienza. Spaziatura divenire spazio del tempo e divenire tempo dello spazio. Perche il presente sia se stesso bisogna che un intervallo lo separi da ciò che non è tale: questo intervallo costituisce il presente ma divide anche tutto ciò che si può pensare da esso. Intervallo- spaziatura. Questa costruzione del presente è l’archi scrittura. Vedi archi scrittura. La differaenza permette di render conto di tutto ciò che fa differire da sé su cui si era concentrato hegel. Hegel—> spazio e tempo si determinano in “rapporto differenziante”. Nessuno dei due è di per sé determinato ma solo in questo rapporto di differenziazione reciproca. La relazione differenziale è la loro irriducibile condizione di possibilità. Dal momento che la stessa esperienza umana è determinata da questo intreccio spazio temporale allora il differire da sé, . Spazio—divenire -- tempo –> cambiamento differenza Quando non c’è vita non c’è cambiamento cioè differenza. Quando le cose sono sempre uguali non c’è storia. Per es. la vita non esiste senza differenziazione cellulare. La vita si protegge nella differenza la quale costituisce l’essenza della vita e la sua rimozione è la minaccia più grave. Ma la differenza non è nulla, non è essenza non è la vita. Se l’essere è determinto come sostanza bisogna intendere la vita prima come traccia che come presenza e allora la vita è la morte. SOPRAVVIVENZA Con la sopravvivenza Derrida indica la via per cogliere la declinazione della diffaerenza quale irriducibile condizione di possibilità della vita del vivente al di qua della presunta opposizione tra la vita e la morte. Presumibilmente prima volta che derrida usa il termine 1964. Partiamo dal presupposto che la vita è Diffaerenza, per essere deve differirsi e deve lasciar traccia del proprio differirsi  per esempio attraverso la scrittura. Bisogna rendere conto della scrittura come traccia che sopravvive al presente, la scrittura supplisce la percezione prima ancora che questa si manifesti a se stessa, la memoria o la scrittura sono l’apertura a questo manifestarsi stesso.

Il ricorso alla sopravvivenza per descriverne le funzione  è la possibilità di lasciare una traccia sciolta dalla percezione immediata. In termini fenomenologici fin dall’inizio per la coscienza che si costituisce attraverso la ritenzione non vi è traccia del presente vivente della percezione, ma sempre e solo traccia del differire di questo presente, orientato all’avvenire. Se l’archiscrittura è la concezione che il presente vivente è sempre già passato ne consegue che la tradizione fonda la coscienza nella sua presenza in questo presente vivente, allora la sopravvivenza sarebbe l’elaborazione del lutto rispetto a questa perdita irriducibile. Nel testo la Sopravvivere, Derrida fa riferimento alla sopravvivenza sia come struttura dinamica dell’essre vivente sia come condizioni ideali dell’elaborazione delle formazioni ideali, attraverso le quali diamo senso all’esperienza. La logica immanente al vivente si pone come differirsi temporale attraverso l’elaborazione e la conservazione di trace che però differiscono dal presente vivente in vista di un riferimento a venire. È per questa ultima analisi che bisogna concepire la vita del vivente come sopravvivenza per rimarcare cioè che la vita del vivente dipende dalla possibilità di distaccarsi dal presente vivente, da ciò che la tradizione pensa come il proprio della vita, rilanciandosi al di là di questo attraverso quell’alterità irriducibile che non costituisce una semplice minaccia per la vita ma anche la sua irriducibile condizione di possibilità. Se la vita del vivente consiste in questo protendersi a priori verso l’avvenire questo è solo un effetto non l’origine del movimento vivente che quindi rispetto alla concezione tradizionale della vita deve essere pensato in termini di sopravvivenza. LA VITA E LA MORTE La vita e la morte è il nome di un ciclo di seminari tenuti a Parigi nel 1975 da Derrida. Derrida vuole decostruire l’opposizione fra la vita e la morte. Si tratta di rilevare la differenza come condizione della genesi e della struttura del vivente in generale. FREUD: propone una serie di riflessioni sulla natura del vivente e introduce alla fase dei fenomeni vitali l’opposizone tra pulsioni di morte e pulsioni di vita. Le prime tendono alla distruzione della vitalità le seconde alla conservazione di tali unità per costituirne di più complesse.  Derrida vuole decostruire queste pulsioni di morte, quali pulsioni delle pulsioni, attraverso le quali Freud determina il ritorno ad uno stato precedente quale matrice della vita. La differenza, il differente da sé l’essere altro da sé rende possibile lo scambio da un principio all’altro. È la condizione irriducibile della vita del vivente. Né il principio di realtà né il principio di piacere proposti da Freud sono la condizione della vita del vivente, perché l’affermazione, l’opposizione o l’indipendenza dell’uno contro l’altro porterebbe alla morte. Le pulsioni di vita non si oppongono alle pulsioni sono le stesse nel divenire da sé. Le pulsioni della vita lavorano al servizio delle pulsioni della morte in quanto difendono l’argomento dalle minacce provenienti dal mondo esterno per garantire all’organismo la morte ad esso immanente, la possibilità di morire la propria morte. Se attraverso le pulsioni l’organismo tende ad appropriarsi di se stesso, cikò significa che il vivente è già da sempre espropriato da se stesso. Per l’organismo vivente appropriarsi di se stesso significa fare propria la condizione di espropriazione irriducibile. Derrida rivela una pulsione più antica, ancora più fondamentale della pulsione di morte, condizione di ogni altra pulsione e quindi della costituzione dell’organismo vivente, rispetto alla quale la pulsione di morte è solo un effetto secondo e derivato, la pulsione sadica: l’affermazione di una pulsione di potere sull’altro. È una pulsione mortale che arresta la pulsione differenziale de la vita e la morta. Per scongiurare gli effetti di questa pulsione rileva una pulsione ancora più generale che è la pulsione di

impresa: deve legare le pulsioni dei processi primari attraverso l’elaborazione di formazioni secondarie. Per Derrida questa funzione irriducibile del legame ci permette di cogliere l’essenza e la dinamica delle pulsioni, le condizioni irriducibili della vita del vivente e quindi della costituzione dell’apparato psichico. Solo la pulsione di impresa è la pulsione delle pulsioni il potivo del potere è più atico del motivo del piacere. Quindi la funzione del legame, essenziale per la vita del vivente e quindi per la costituzione dell’apparato psichico bisogn intendere l’elaborazione dell’esperienza in termini di archi scrittura: la dinamica della traccia differenziale quale condizione irriducibile dei processi di elaborazione del senso, senza per questo ridurre i diversi gradi di specificità che li strutturano....


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