Docsity la comunicazione interculturale nell era digitale chiara giaccardi PDF

Title Docsity la comunicazione interculturale nell era digitale chiara giaccardi
Author Erika Alaimo
Course Sociologia Dell'Educazione
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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è un riassunto fatto bene...


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La comunicazione interculturale nell'era digitale - CHIARA GIACCARDI Antropologia Culturale Università degli Studi di Roma La Sapienza 30 pag.

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La comunicazione interculturale nell’era digitale CAPITOLO 1- LA COMUNICAZIONE INTERCULTURALE La comunicazione interculturale è importante nel nuovo millennio: 1967 Watzlawick ha delineato il cosiddetto assioma metacomunicazionale che afferma che non si può non comunicare in quanto anche nel silenzio verbale o nel silenzio posturale (ovvero la nostra immobilità) esprimiamo un concetto. NB: Singer (1967) ci dice che: ogni comunicazione è a prescindere multiculturale (chi più chi meno) e ognuno di noi si dispone interculturalmente ogni volta che comunica con qualcun’altro. Mentre Simmel ci dice che ogni relazione è un mix tra vicinanza e lontananza che poi producono il rapporto con lo straniero: non è dunque vero che la comunicazione tra due culture sia nuova. Non è vero dunque che la comunicazione tra due culture sia nuova. È una radicalizzazione di una comunicazione tra diverse persone. (ogni persona è a prescindere in parte incomprensibile) L’era della globalizzazione ha posto in primo piano il concetto secondo cui non è possibile ignorare una cultura diversa o starne fuori, ( per esempio, i media ci permettono di avere informazioni su tutte le parti del mondo.) quindi non si può pensare di poter evitare di comunicare interculturalmente, in quanto la comunicazione è l’unica alternativa al conflitto ed essa può funzionare a due livelli: Situazioni (PRATICHE SITUATE) modalità di interazione al fine di evitare incidenti diplomatici e fraindentimenti in tutte le differenti situazioni della vita quotidiana. Mira dunque a definire le condizioni per una competenza interculturale e consiste di comportamenti efficaci (ovvero quando le persone sono in grado di raggiungere i risultati che si prefiggono) e appropriati (azioni che corrispondano alle aspettative e alle esigenze della situazione). Frames (PRESUPPOSTI CULTURALI) cornici di riferimento dell’agire comunicativo e la capacità di mettere a tema tali presupposti. Essi diventano occasione per approfondire la consapevolezza dei propri presupposti che la differenza pone come occasioni di riflessività In sostanza non posso ignorare, cercare di evitare un contatto e/o uno scambio e devo accettare che la diversità non è delimitata dalla distanza anzi essa non è assolutamente distante. Che cos’è la comunicazione? La comunicazione è un processo attraverso il quale i partecipanti creano e condividono informazioni il più delle volte molto complicato attraverso il quale si cerca di creare una visione del mondo da condividere, il che è molto frustrante. Paccagnella definisce la comunicazione come un processo di costruzione collettiva e condivisa di significato dotato di livelli di formalizzazione, consapevolezza e intenzionalità. Senso comune: comunicazione intesa come trasmissione di informazioni basato su un MODELLO DI TRASMISSIONE: AMB che è ok se si fa riferimento all’acculturazione ed è efficace se supera il rumore (ovvero insieme di elementi di disturbo). Questo modello però presenta una serie di limiti: È unidirezionale con destinatario passivo Il contesto non pare influente per la comprensione Messaggio che passa in un canale risulta immodificato Questo modello è limitativo per i tipi di comunicazione presenti al giorno d’oggi, sia che esse siano di tipo interculturale sia interpersonale. MODELLO DEL DIALOGO (esso è più razionale) Seguendo l’etimologia della parola, il dialogo è l’unione dei diversi, ovvero il legare ciò che è separato. Dunque, attraverso uno sforzo si incontra l’altro e lo si riconosce come interlocutore altrimenti si fanno monologhi. Il dialogo non è solo uno scambio di informazioni, ma un arricchimento personale, ovvero l’arrivo ad una nuova comprensione insieme con l’altro. Caratteristiche comunicazione intesa come dialogo: Scambio (no unidirezionale) Processo negoziale che implica un feedback che si aggiusta strada facendo

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Incontro con individui intesi come tali e non considerati astratti come membri di una categoria Rapporto paritetico, quindi il fatto che tutti sono importanti allo stesso modo Condivisione di uno stesso tempo (condizione stesso spazio non serve grazie alle nuove tecno) Il dialogo rende importante anche il riconoscimento di coevità dell’interlocutore infatti: Fabian ci dice che il tempo è una forma attraverso la quale definiamo il contenuto delle relazioni. Fabian parla poi di allocronismo che è una strategia retorica di messa a distanza dell’altro attraverso la negazione della coevità ovvero non concedendogli il tempo. Affinchè il dialogo sia possibile quindi occorre convenire sul fatto che tutti abitano lo stesso ambiente sebbene ognuno abbia la propria storia. MODELLO DEL CONSENSO Il termine non significa il raggiungere di un accordo ottenuto attraverso un’argomentazione razionale ma la comunicazione avrà successo non soltanto con confronto tra argomentazioni ma anche tramite una sintonia emotiva e sensoriale intersoggettiva. Si definisce quindi uno schema della comunicazione dialogica dove è presente la bidirezionalità e si tengono conto dei frames degli interlocutori; quindi la comunicazione non viene intesa come scambio di messaggio ma dalla capacità dei soggetti di mettere in gioco la loro dimensione simbolica, ovvero tutto ciò che rientra nell’inconscio culturale. Studio della comunicazione Ovvero le discipline che hanno come oggetto di studio la comunicazione Semiotica, che analizza le strategie di costruzione del discorso cercando di distinguere tra manifestazione superficiale e struttura profonda del testo. Sociolinguistica, che viene definita come l’interfaccia tra lingua e cultura o lingua e società e studia quindi in che modo la comunicazione ha influenza sociale e come la comunicazione si adatta alla situazione sociale. Psicologia, che studia la comunicazione in relazione al singolo soggetto e da quindi importanza alla comunicazione per creare/modificare reti di relazioni. Sociologia, comunicazione come fatto identificante di una cultura o di un determinato gruppo. Quindi la comunicazione diventa fondamentale soprattutto dopo i processi di globalizzazione. Antropologia, che definic eil legame tra comunicazione (che comprende linguaggi, contenuti, reti ecc) e la cultura. Douglas ha messo in mostra come i beni possano essere un codice di comunicazione che esprime le gerarchie dei valori e le forme della relazione di un gruppo sociale. Concetto di cultura Nell’età classica il concetto di cultura faceva riferimento al coltivare la terra (MET. Lo spirito) Arnold definisce la cultura quanto di meglio è stato pensato e conosciuto nei diversi ambiti dell’espressione umana. 1800 venne messa in discussione a causa del suo universalismo astratto e iniziano a delinearsi le specificità culturali nazionali. L’antropologia ha poi formulato il concetto scientifico che sottolinea il carattere condiviso, particolare e ordinario della cultura piuttosto che universale ed extraordinario. Questo concetto si basa sulla separabilità tra cultura e società quanto meno a livello analitico e su innovazione, cambiamento e importanza di interazione. L’altro è importante anche perché ha sviluppato il metodo etnografico. Hofstede ha definito la cultura come il software della mente umana, che fornisce un ambiente operativo per il comportamento quindi la cultura consente di operare un’elaborazione tra stimolo e risposta, costituisce il prerequisito per essere membri di un gruppo, fornisce stabilità e coesione. Essa è quindi quell’insieme di cornici condivise in cui noi siamo parte della cultura e la cultura è parte di noi. Definizioni antropologiche di cultura Kroeber cultura è superorganica, in quanto non è patrimonio innato e superindividuale perché acquisita per apprendimento. Kroeber+Kluckhon la cultura è composta da modelli espliciti e impliciti per il comportamento, acquisiti tramite simboli, essi sono da una parte il risultato di un’azione. K&K ci danno ben 150 definizioni di cultura raggruppabili in 8 sottocategorie:

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Il modo di vivere di un popolo, ovvero tutte le usanze relative alla vita quotidiana. L’eredita sociale che un individuo acquisisce nel suo gruppo di appartenenza. Il modo di pensare, di sentire, di credere (es. la gamma di emozioni ritenute accettabili e appropriate rispetto alle diverse situazioni e le modalità legittime della loro espressione nei diversi contesti. La generalizzazione derivata dall’osservazione dei comportamenti (in europa ci si bacia 2 volte mentre in Africa 3) Il deposito di sapere posseduto collettivamente(proverbi) L’insieme di comportamenti standardizzati nei riguardi dei problemi ricorrenti (decisione di chiamare il medico in caso di malattia) L’insieme di meccanismi per la regolazione normativa del comportamento (tutte le regole che disciplinano il comportamento coniugale) L’insieme delle tecniche per adeguarsi all’ambiente (tipo di abitazione, di alimentazione ecc) Geertz la cultura è un insieme di significati trasmessi storicamente, incarnati in forme simboliche, incluse azioni discorsi e oggetti di vario tipo, attraverso i quali gli individui comunicano l’un l’altro e condividono le loro esperienze. Hannerz la cultura è un insieme di sistemi collettivi di significato, quindi esse appartengono alle relazioni sociali e ai network di tali relazioni. Appartengono ai luoghi solo indirettamento e senza necessità logica. Queste otto definizioni mettono in luce le cinque dimensioni della cultura, ovvero cinque estremi di un continuum rispetto al quale la cultura può essere analizzata: La dimensione oggettiva/soggettiva: il primo aspetto si riferisce alle forme culturali in quanto collettivamente condivise, patrimonio di un gruppo e declinate in modo soggettivo (bandiera italiana ha valore di patriottismo, ma soggettivamente in modo diverso rispetto per un soldato vs ragazzo di 14 anni) Questa dimensione si ricollega alla dicotomia pubblico/ privato in quanto la cultura è pubblica perché oggettivamente accessibile ma privata perché fatta propria in modo diverso dal singolo. La dimensione concreta/astratta: concreta quando riguarda le cose tangibili (es.: abbigliamento) mentre astratta quando ha bisogno dell’interpretazione da parte di un osservatore esterno. La dimensione descrittiva-cognitiva/prescrittiva: da un lato la cultura è capace di fornire immagini del mondo, dall’altro la cultura è in grado di prescrivere specifiche modalità di comportamento sia per l’individuo che per la collettività. La dimensione esplicita/implicita: Secondo Hall c’è una cultura che viene appresa attraverso la parola e la socializzazione e una cultura tacita non verbale ma fortemente situazionale che opera secondo regole non consapevoli che non vengono insegnate ma acquisite nelle diverse circostanze. La dimensione coerente/incoerente: la cultura viene vista come coerente in tutte le sue parti, altrimenti essa non sarebbe neppure conoscibile come qualcosa di unitario, ma presenta anche un grado di pluralità, complessità e conflittualità interna che ne garantisce la varietà e il dinamismo. Accanto alle dimensioni della cultura gli studiosi hanno identificato anche una serie di componenti della cultura VALORI: sono ideali a cui un certo gruppo di persone sociale aspira e a cui fa riferimento quando deve formulare giudizi o prendere decisioni. In quanto parte della cultura anche i valori presentano una pluralità di dimensioni: Dimensione normativa in quanto ci dicono come dovremmo comportarci, o cosa dovremmo volere. Dimensione cognitiva dal momento che ci dicono come formulare giudizi e argomentarli. Dimensione affettiva dal momento che sono importanti per definire l’identità degli individui e le loro appartenenze. Dimensione selettiva in quanto funzionano come criteri per scegliere come agire. NORME: derivano dia valori in quanto è come se li strutturassero, li specificano attraverso prescrizioni e proscrizioni. (es: il valore dell’onestà viene specificato dalla norma “non si deve rubare”)

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Per rendere efficace una norma la si lega ad una sanzione, ma in questo caso possono dipendere da cultura a cultura in quanto le norme sono meno applicabili nella sfera privata. Poi alcuni gruppi tendono a sanzionare in maniera più rigida di altri mentre altri sono più flessibili. CONCETTI: strumenti per organizzare l’esperienza cognitivamente. Possono essere proposizionali ovvero significati del tutto univoci che non si prestano a differire di interpretazione oppure semiproposizionali ovvero che hanno varie interpretazioni (credenze e convinzioni) SIMBOLI: (termine greco synballein) che significa “mettere insieme” dividere in due moneta ecc. (segno di riconoscimento). Il simbolo dunque è caratterizzato dal rinvio, dal momento che sta per qualcos’altro. I simboli hanno un significato pubblico, condiviso possono essere impiegati in assenza delle cose che significano Aspetti: I simboli non sono legati alla cosa concreta ma possono essere evocati a distanza e questo fa si che loro siano in grado di ampliare le dimensioni dello spazio e del tempo, rendendo accessibile ciò che non è più e consentono di prefigurare ciò che non è ancora. I simboli, essendo pubblici e avendo un significato condiviso da una comunità possono riprodurre in un individuo le disposizioni e gli atteggiamenti di un altro individuo, quindi la comunicazione simbolica si caratterizza quindi per la sua capacità di stimolare risposte condivise tra due o più individui. I simboli permettono alle persone di autodesignarsi dentro un ambiente e quindi autodefinirsi proprio usando una serie di simboli. Comunicazione e cultura La comunicazione e la cultura rimandano l’un l’altro e sono in stretta interconnessione. Hall ci dice infatti che la comunicazione costituisce il cuore della vita e della cultura stessa. L’intreccio tra comunicazione e cultura può essere spiegato in due modi: La cultura insieme di segni dotati di significati che si esprime in pratiche comunicative. Le manifestazioni culturali sono quindi atti di comunicazione, quindi la comunicazione da visibilità alla cultura, definendola. La cultura sopravvive se è comunicata e si trasmette attraverso pratiche comunicative tra gli attori sociali. Inizialmente avviene attraverso l’apprendimento della lingua e poi con modalità per esprimere approvazione o meno trasmissione di modelli condivisi. La trasmissione culturale (Hall) avviene attraverso la comunicazione pubblica, interpersonale e attraverso i media tradizionali o i nuovi media come gli smartphones e i social networks. Gli ambienti entro i quali opera questo processo di trasmissione culturale sono legati alla socializzazione primaria (famiglia) e secondaria (diverse agenzie) Breve storia della disciplina Albori della disciplinanasce nella modernità considerate le innovazioni tecnologiche e i processi di urbanizzazione che intensificano di molto i contatti tra individui. Queste innovazioni sono in primis la presenza sempre più massiccia di trasporti che ha permesso la diffusione di persone in posti lontani; il colonialismo da una parte cercava di livellare le differenze tra culture inglobandole mentre dall’altra l’antropologia voleva preservare le singole culture. Un altro elemento rilevante è l’industrializzazione che richiamava “altri” (ovvero gente di periferia) al fine di utilizzarli come forza lavoro, al centro delle città. Un filone di studio della disciplina è la Scuola di Chicago (1892) dipartimento di sociologia che prima della fine degli anni Venti erano stati in grado di sistematizzare lo studio sulla diversità culturale e sulla devianza sociale delle metropoli. “Il contadino polacco in America e in Europa” (Thomas/ Znaniecki) dà il via a un filone sociologico che studia come la cultura di provenienza sia un mezzo per misurare quella di arrivo. Quest’opera anticipa il concetto di uomo marginale (che sarà ripreso da Park). Egli è colui che bede incongruenza tra società di partenza e di arrivo vivendola come duplice perdita (di status o di

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riconoscimento), quindi quello che l’uomo vive nella cultura d’arrivo mette in discussione tutto il sistema di orientamento. Nascita effettiva della disciplina essa nasce propriamente dopo la Seconda guerra mondiale e ha come scopo il limitare le difficoltà che si creano quando c’è una comunicazione di due individui con base culturale diversa. L’obiettivo è rendere dunque la comunicazione efficace. Essa nasce innanzitutto in relazione ad un ambito politico-economico, nel quale la interculturalità viene vista esclusivamente come tentativo di “riuscire a dominare” l’altra. Con lo sviluppo dei cosiddetti STUDI COLONIALI, si rende molto più matura la disciplina a riguardo.

Park

(figure più rappresentative della scuola di Chicago), da vita ad una serie di riflessioni rilevanti sulla vita sociale nella metropoli (ovvero un’area culturalmente diversificata) e soprattutto sullo straniero. La metropoli di Chicago negli anni 1915/20(anni in cui egli era docente) era un agglomerato di piccoli mondi che si toccano ma non si compenetrano, quindi gli individui possono passare facilmente da un ambiente morale ad un altro ma anche di vivere in mondi diversi contigui; ma vivere tra due mondi significa non riuscire mai ad appartenere pienamente a nessuno. Questo concetto definisce l’idea di uomo marginale che trovandosi ai margini di due culture non riesce a riconoscersi pienamente in nessuna, avendo quindi anche una predisposizione per la devianza sociale definisce il grado di vicinanza e/o lontananza e familiarità e/o estraneità che lo accompagna tra soggetti sociali che appartengono a diverse culture. Assestamento disciplinare La disciplina come suddetto nasce durante la SGM in quanto l’obiettivo degli USA era di mantenere la pace e favorire lo sviluppo e la rinascita economica delle nazioni, in quanto un avanzamento di tipo socioeconomico avrebbe favorito l’affermazione di forme di governo partecipative e democratiche. Nonostante il nobile intento, l’attuazione effettiva avvenne tramite programmi poco consoni in quanto era necessario pianificare preliminari che tenessero conto di altri fattori rilevanti. Il libro “the Ugly American” (1958) mette infatti in evidenza il fatto che i fallimenti dei programmi proposti erano collegati all’inettitudine dei funzionari americani incapaci di comprendere la cultura e le usanze degli altri paesi. Proprio per questo motivo, la comunicazione interculturale diventa essenziale in quanto si iniziano a teorizzare piani che permettano la presenza dei diplomatici, includendo poi anche l’apprendimento della lingua e la cultura del paese di destinazione. Foreign Service Institute e Hall 1946= creazione del FSI che era un istituto creato al fine di formare i diplomatici affinchè riuscissero a capire la cultura di destinazione. All’interno dell’istituto lavoravano anche linguisti, molto preparati e specializzati nelle diverse aree e contesti culturali dei diversi paesi, cosi come antropologi che invece seguivano un programma tradizionale scarsamente funzionale. Per questo motivo intervenne Hall: Esegue un fondamentale rovesciamento della disciplina, mettendo in primo piano gli aspetti microculturali, usati inconsapevolmente come la postura o il tono della voce. The Silent Language è la base della nuova disciplina, dove H. sottolinea l’importanza del lavoro di Worf, che mette l’accento sull’esperienza che non è condivisa in tutte le culture ma c’è un’esperienza diversa per ogni cultura. All’interno dell’opera H. sottolinea l’importanza dell’ipotesi definita SWH sulla relatività linguistica, in cui si dice che il dialogo con gli altri non è mai stato facile in quanto il pensiero viene formulato in base alla lingua e che parlando diverse lingue ognuno di noi si crea un’immagine del mondo personale e diversa da quella degli altri. Di conseguenza queste immagini non combaciano e quindi il di...


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