Educare le life skills. Come promuovere le abilità psico-sociali e affettive secondo l\'Organizzazione Mondiale della Sanità Paola Marmocchi,Claudia Dall\'Aglio,Michela Zannini PDF

Title Educare le life skills. Come promuovere le abilità psico-sociali e affettive secondo l\'Organizzazione Mondiale della Sanità Paola Marmocchi,Claudia Dall\'Aglio,Michela Zannini
Course Introduzione alle scienze dell'educazione
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 6
File Size 120.3 KB
File Type PDF
Total Downloads 57
Total Views 137

Summary

riassunto completo del testo educare le life skills. Ottimo come integrazione d'esame....


Description

EDUCARE LE LIFE SKILLS Il progetto skills for life dell'OMS (1993) si propone di migliorare il benessere e la salute psicosociale dei bambini e degli adolescenti tramite l’apprendimento di abilità utili per la gestione dell’emotività e delle relazioni sociali. Le life skills sono l’insieme di abilità personali e relazionali che servono per governare i rapporti con il resto del mondo e per affrontare positivamente la vita quotidiana, «competenze sociali e relazionali che permettono ai ragazzi di affrontare in modo efficace le esigenze della vita quotidiana, rapportandosi con fiducia a se stessi, agli altri e alla comunità», abilità e competenze «che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana. La mancanza di tali skills socio-emotive può causare, in particolare nei giovani, l’instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio in risposta agli stress». Il «nucleo fondamentale» di life skill è costituito da:  Decision making (capacità di prendere decisioni): competenza che aiuta ad affrontare in modo costruttivo le decisioni nelle diverse situazioni e contesti di vita. La capacità di elaborare in modo attivo il processo decisionale può avere implicazioni positive sulla salute attraverso una valutazione delle diverse opzioni e delle conseguenze che esse implicano. 

Problem solving (capacità di risolvere i problemi): competenza che permette di affrontare in modo costruttivo i diversi problemi, i quali, se lasciati irrisolti, possono causare stress mentale e tensioni fisiche.



Creatività: contribuisce sia al decision making che al problem solving, permettendo di esplorare le alternative possibili e le conseguenze delle diverse opzioni. La creatività inoltre può aiutare ad affrontare in modo versatile tutte le situazioni della vita quotidiana.



Senso critico: abilità nell’analizzare informazioni ed esperienze in modo oggettivo, valutandone vantaggi e svantaggi, al fine di arrivare ad una decisione più consapevole. Il senso critico può contribuire alla promozione della salute permettendoci di riconoscere e valutare i diversi fattori che influenzano gli atteggiamenti ed il comportamento, quali ad esempio le pressioni dei coetanei e l’influenza dei mass media.



Comunicazione efficace: consiste nel sapersi esprimere, sia verbalmente che non verbalmente, in modo efficace e congruo alla propria cultura e in ogni situazione particolare. Significa esprimere opinioni e desideri, ma anche bisogni e sentimenti; essere in grado di ascoltare in modo accurato, comprendendo l’altro. Significa inoltre essere capaci, in caso di necessità, di chiedere aiuto.



Skills per le relazioni interpersonali: capacità di interagire e relazionarsi con gli altri in modo positivo. Questo significa saper creare e mantenere relazioni significative, fondamentali per il benessere psico-sociale, sia in ambito amicale che familiare. Può inoltre significare essere in grado di interrompere le relazioni in modo costruttivo.



Autocoscienza: conoscenza di sé, del proprio carattere, dei propri punti forti e deboli, dei propri desideri e bisogni. Aumentare l’autoconsapevolezza può aiutare a comprendere quando si è stressati o sotto tensione. Rappresenta un prerequisito indispensabile per una comunicazione efficace, per relazioni interpersonali positive e per la comprensione empatica degli altri.



Empatia: capacità di comprendere gli altri, di “mettersi nei loro panni”, anche in situazioni che non ci sono familiari. L’empatia permette di migliorare le relazioni sociali, soprattutto

nei confronti di diversità etniche e culturali; facilita l’accettazione e la comprensione verso persone che hanno bisogno di aiuto e di assistenza, quali per esempio malati di AIDS o pazienti psichiatrici. 

Gestione delle emozioni: significa riconoscere le emozioni in sé e negli altri, essere consapevoli di come le emozioni influenzano il comportamento e la capacità di gestirle in modo appropriato. Emozioni intense, come la rabbia e il dolore, se non riconosciute e gestite, possono avere effetti negativi sulla salute



Gestione dello stress: consiste nel riconoscere le cause di tensione e di stress della vita quotidiana e nel controllarle, sia tramite cambiamenti nell’ambiente o nello stile di vita, sia tramite la capacità di rilassarsi, in modo che gli stress inevitabili non diano luogo a problemi di salute.

Questo elenco, compilato da un gruppo di progetto internazionale sulla base delle esperienze realizzate in diverse nazioni, comprende quelle competenze di base che si ritiene utile potenziare, al di là delle differenze culturali e sociali dei diversi contesti, in quanto si ritiene che queste rappresentino il fulcro di ogni programma di educazione alla salute. I Progetti di Life Skills Education facilitano l’acquisizione di tali competenze, diventando propedeutici ad ogni intervento di prevenzione dei diversi comportamenti dannosi per la salute (fumo, uso di sostanze, gravidanze indesiderate, incidenti stradali, infezione da HIV, bullismo). Inoltre permettono di incidere sui meccanismi psicologici che sottendono le scelte nel campo della salute, rafforzando la personalità dei ragazzi. Possiamo quindi ritenere che tali skills, necessarie per la salute e il benessere sia fisico che relazionale, siano quelle abilità necessarie per realizzare nel miglior modo possibile le potenzialità della persona, aiutandola a vivere in armonia con gli altri e con il suo contesto sociale e culturale. La metodologia per l’insegnamento delle life skills Il presupposto teorico alla base dell'insegnamento delle life skills è la teoria dell'apprendimento sociale di Bandura l’apprendimento è un’acquisizione attiva che avviene attraverso la trasformazione e la strutturazione dell’esperienza. Secondo questa teoria, gli individui non subiscono passivamente le influenze del proprio ambiente ma mantengono con esso un rapporto di interazione reciproca e possono migliorare il proprio livello di autoefficacia acquisendo nuove conoscenze e abilità per affrontare e gestire situazioni diverse e problematiche. L’apprendimento può verificarsi o attraverso l’esperienza diretta oppure indirettamente, osservando e modellando le proprie azioni su quelle di altri in cui ci si identifica, o attraverso la formazione di abilità legate alla situazione specifica, come l’autovalutazione, che rafforza la fiducia di essere in grado di attuare un determinato comportamento. Nei processi di insegnamento tradizionale il docente cerca di far apprendere allo studente i contenuti e le informazioni dunque le capacità che si richiedono agli alunni sono quelli di comprendere e memorizzare. Questo metodo di insegnamento non è più ritenuto efficace poiché gli alunni non sono vasi da riempiere ma sono soggetti attivi nella relazione docente –alunno. L’acquisizione di abilità è basata sull’apprendimento attraverso la partecipazione attiva: si offre l’opportunità di praticare gli skills in un ambiente adatto a stimolare l’apprendimento. Le lezioni di ‘life skills’ sono interattive e basate sull’esperienza concreta: non insegnamento passivo e didattico, ma apprendimento attivo che coinvolge insegnanti e allievi in un processo dinamico. L’apprendimento attivo si basa principalmente sul lavoro di gruppo, in cui si condividono esperienze, opinioni, conoscenze e ci si fornisce una reciproca rassicurazione. Si promuove in tal modo la cooperazione, l’ascolto e la comunicazione, la gestione dei propri sentimenti, la tolleranza e la comprensione nei confronti degli altri, incoraggia l’innovazione e la creatività, aiuta a

riconoscersi nelle proprie capacità e risorse. Il ruolo dell’addestratore è di facilitare questo apprendimento interattivo. Le metodologie più utilizzate sono il role playing e il brainstorming, che accanto ad altri esercizi e stimoli, possono far vivere ai ragazzi esperienze simili a quelle della vita quotidiana, sulle quali poi è utile riflettere e confrontarsi per tentare strategie di coping più funzionali.  Brainstorming: è una tecnica creativa utile per produrre idee e proposte su un determinato argomento. Il gruppo viene invitato ad elencare in modo veloce e sintetico le associazioni che ciascuno fa sul tema proposto. Le idee vengono segnate dal conduttore su un cartellone. E’ un buon metodo per ascoltare il gruppo, conoscere idee e d esperienze su un certo argomento.  Role playing: è una modalità di formazione che si propone di simulare, per quanto possibile, una situazione reale, allo scopo di far conoscere ai partecipanti, attraverso l’esperienza pratica, le relazioni che si stabiliscono in un’attività caratterizzata da un importante processo di comunicazione. Il role-play mira, pertanto, a rendere i partecipanti consapevoli dei propri atteggiamenti, evidenzia i sentimenti e i vissuti sottesi alla situazione creata e rinvia alla dimensione soggettiva, alle modalità di proporsi nella relazione e nella comunicazione. Le caratteristiche di questo metodo forniscono molteplici stimoli all’apprendimento attraverso l’imitazione e l’azione, attraverso l’osservazione del comportamento degli altri e i commenti ricevuti sul proprio, attraverso l’analisi dell’intero processo. L’obiettivo fondamentale è quello di far emergere non solo il ruolo, le norme la persona con la sua creatività. In un clima collaborativo, rilassato, accogliente si organizza l’attività di role playing, che si articola in quattro fasi:  Warming up: attraverso tecniche specifiche (sketch e scenette, interviste, discussioni,ecc..), si crea un clima sereno e proficuo.  Azione: i corsisti sono chiamati ad immedesimarsi in ruoli diversi e ad ipotizzare soluzioni.  Cooling off: si esce dai ruoli e dal gioco, per riprendere le distanze.  Analisi: si analizza, commenta e discute ciò che è avvenuto . Le competenze del conduttore Il conduttore del gruppo dovrà essere in grado di proporre, inventare , adattare diversi tipi di attivazioni, per raggiungere gli obiettivi che si propone, tenendo presente le caratteristiche del gruppo a cui si rivolge. La dimensione del gruppo è infatti fondamentale nell’insegnamento delle Life skills, che si basa sull’apprendimento partecipante. Il gruppo è il luogo primario delle relazioni sociali sia nell’infanzia e adolescenza che nell’età adulta; al suo interno avvengono in modo spontaneo apprendimenti, condivisione di esperienze e sperimentazione di competenze. Per i programmi orientati alla promozione della salute e del benessere, l’OMS ritiene quindi il gruppo una dimensione irrinunciabile, sia come ambito, sia come strumento di apprendimento. Nell’ambito della formazione scolastica: Per quanto riguarda l’educazione, la formazione, la pedagogia e la didattica la letteratura è indubbiamente ricca di riferimenti al gruppo, ma è relativamente recente la ricaduta metodologica implicata dalla differenza che intercorre tra l’essere in gruppo e l’essere un gruppo. “La differenza consiste nell’usare il gruppo come palcoscenico oppure come il protagonista attivo del processo formativo. Molti insegnanti hanno svolto la loro attività didattica «davanti a un gruppo», ma senza valorizzarlo come strumento specifico di formazione, senza far scaturire le sue risorse pedagogiche, senza coinvolgersi personalmente con il suo processo di crescita”. Il gruppo viene considerato uno strumento prezioso in molti altri ambiti, non solo nella dimensione educativa. Una delle competenze fondamentali del conduttore è quella di saper condurre un gruppo di discussione, perché ad ogni stimolo o esercizio deve seguire una rielaborazione, che permetta ai ragazzi di cogliere e riflettere sul significato dell’esperienza. L'introduzione dell'insegnamento delle life skills richiede il supporto da parte delle scuole e delle autorità preposte all'educazione la realizzazione del materiale didattico per garantire la continuità degli interventi.

Life skills education L’esperienza, realizzata in alcune scuole medie inferiori di Bologna nel corso di tre anni, ha visto l’attivazione di percorsi formativi rivolti ai docenti e di laboratori di Life Skills nelle classi, condotti da una psicologa e da insegnanti formati. La prima fase del progetto aveva quali obiettivi quelli di fornire ai docenti competenze in ambito relazionale e di sperimentare progetti nella classi, affiancati da psicologi, per arrivare a gestire, nel tempo, il progetto in modo autonomo. Questo passaggio ci sembra fondamentale in quanto riteniamo che un’educazione emotiva e sociale non possa essere disgiunta dalla vita e dal percorso scolastico; la scuola si deve rivolgere non solo alla sfera cognitiva e degli apprendimenti, ma ha fra i suoi obiettivi principali la formazione della persona nella sua complessità. Rogers evidenzia l’importanza di poter vivere a scuola esperienze in cui l’aspetto affettivo e cognitivo siano entrambi valorizzati; se il bambino può integrare i suoi sentimenti e la sua intelligenza, anche l’apprendimento migliora. Egli ipotizzò che anche nel campo degli apprendimenti potessero funzionare le stesse condizioni e atteggiamenti che erano stati sperimentati con risultati positivi nella psicoterapia, rendendo gli insegnanti dei “facilitatori dell’apprendimento”. Ricerche e studi successivi portarono a concludere che quando sono presenti atteggiamenti di rispetto, autenticità, comprensione degli studenti, non solo migliora l’apprendimento, ma aumenta nei ragazzi la fiducia in sé, la creatività e le relazioni interpersonali sono più soddisfacenti. Rogers teorizzò e sperimentò la possibilità di sviluppare negli insegnanti quelle qualità personali utili a promuovere la crescita degli studenti attraverso percorsi formativi, che proponessero esperienze integrate a livello emotivo e cognitivo. Egli sottolinea la necessità che ad addestrare gli insegnanti siano facilitatori che possiedano in alta misura le capacità di autenticità, comprensione e rispetto, in quanto ciò determina cambiamenti significativi nei partecipanti ai gruppi di formazione. Si delinea un processo a cascata, per cui esperienze significative emotive e cognitive condotte da facilitatori con caratteristiche personali positive attivano nei discenti processi di crescita e cambiamento. Tali riflessioni ci rafforzano nella nostra esperienza per cui riteniamo inutile la presenza di “esperti” in classe che sviluppino competenze socioemotive nei ragazzi, senza che parallelamente avvengano modificazioni nel clima relazionale complessivo della scuola e senza un coinvolgimento diretto dei docenti. Se Rogers teorizzò le basi di questo processo, Gordon strutturò un modello formativo che potesse fornire ai docenti le competenze necessarie per relazionarsi in modo efficace con gli studenti. All’interno di questa proposta le tre condizioni di Carl Rogers vengono declinate in skills più specifiche da applicare ai diversi momenti della relazione (ascolto attivo, problem solving, messaggi in prima persona). I corsi Gordon, pur efficaci in quanto percorsi strutturati che offrono una cornice definita in cui muoversi, rischiano di proporre “tecniche” da applicare, se non vengono inserite in un clima di attenzione all’altro, di ascolto e di libertà. La stessa possibile contraddizione si può presentare nel momento in cui viene proposto agli insegnanti e alle classi un percorso formativo sulle Life Skills, competenze socio-emotive che hanno una loro forza e validità solo se collocate in un contesto ad alta intensità relazionale. Tali abilità si potrebbero apprendere sperimentandole nella vita quotidiana in famiglia, a scuola, al lavoro, senza la necessità quindi di attivare momenti specifici, ma , come afferma l’OMS “[...] appare sempre più evidente che...molti giovani non sono più sufficientemente equipaggiati delle Skills necessarie per poter far fronte alle crescenti richieste e stress che si trovano a dover affrontare..E’ come se i meccanismi tradizionali per trasmettere le “Life Skills” (legati alla famiglia e ai valori sociali e culturali) non fossero più adeguati a causa dei nuovi fattori che condizionano lo sviluppo dei giovani, tra i quali i mass media e le situazioni di diversità etnica e religiosa” Il corso di formazione ha cercato di creare un clima di relazioni calde, in cui apprendere, confrontarsi, discutere, sperimentare attività piacevoli e, a volte, divertenti. Questo è l’aspetto che nella valutazione finale dei percorsi formativi i docenti segnalano come l’elemento più significativo e maggiormente apprezzato. La metodologia proposta è stata di tipo attivo ed esperienziale: brevi input teorici hanno introdotto laboratori, role playing, esercizi, il cui scopo era quello di far compiere esperienze con valenza sia emotiva che cognitiva, perché solamente vivendo e rielaborando è possibile un apprendimento reale e profondo, un

cambiamento nel proprio “modo di essere”. Le linee guida dell’OMS propongono di utilizzare nell’insegnamento delle Life Skills una metodologia diversa dalla lezione tradizionale, che renda i ragazzi maggiormente partecipi dell’esperienza. Vengono segnalati in particolare due strumenti, il brainstorming e il role playing, che accanto ad altri esercizi e stimoli, possono far vivere ai ragazzi esperienze simili a quelle della vita quotidiana, sulle quali poi è utile riflettere e confrontarsi per tentare strategie di coping più funzionali. Una volta terminato il primo modulo formativo degli insegnanti è stato avviato un percorso nelle classi in cui una psicologa ha affiancato i docenti nel lavoro con i ragazzi e le ragazze. Il ruolo dello psicologo-facilitatore è consistito essenzialmente nel tradurre in pratica i concetti di accettazione positiva incondizionata, di empatia e di congruenza espressi nella teoria di C. Rogers, adattandoli al contesto scolastico attuale. Durante i laboratori di Life Skills, condotti durante l’orario scolastico i facilitatori hanno proposto stimoli, attività e giochi finalizzati a potenziare nei ragazzi alcune competenze, in particolare la gestione delle emozioni, la capacità di stabilire relazioni positive e l’autoconsapevolezza. Uno degli obiettivi principali dell’intervento è stato quello di creare in classe un clima accogliente e disponibile a partire già dalla disposizione degli alunni in cerchio. Disposizione alquanto insolita, ma che piace molto ai ragazzi, il cerchio aiuta la comunicazione e rende l’atmosfera “meno pericolosa” e più accogliente. Le attività proposte sono state in genere accettate volentieri dagli studenti che le hanno apprezzate e valutate positivamente; in poche classi invece, particolarmente problematiche, si sono presentate alcune difficoltà rispetto alla partecipazione di alcuni ragazzi. Rogers sostiene che “L'accettazione deve essere rivolta anche alla occasionale apatia dello studente”. Il pensiero di Rogers in ambito educativo è basato sulla fiducia nella natura umana e sull'ottimistico assunto che gli studenti siano motivati, proattivi e responsabili del proprio apprendimento. Questa prospettiva, che indubbiamente trovava una rispondenza nella realtà storica cui si riferiva Rogers, è più difficilmente applicabile ai nostri giorni. Rileviamo infatti che probabilmente, in conseguenza dei profondi mutamenti sociali, gli studenti di oggi appaiono spesso meno motivati e responsabili. Pertanto capita con frequenza che l’“occasionale apatia dello studente” diventi per alcuni di loro “abituale apatia”. In questo caso è senza dubbio più difficile essere “accettanti” da parte dell’insegnante e dello stesso facilitatore. Può però essere di grande aiuto far riferimento ad un'altra caratteristica dell’insegnante considerata da Rogers fondamentale nel processo di apprendimento: la congruenza. In un paio di occasioni durante i laboratori di Life Skills, la capacità di stare in modo empatico con i sentimenti espressi dalla classe ha consentito di percepire che esisteva una “stanchezza” di fondo negli alunni; diverse persone erano apatiche, disturbavano gli incontri o addirittura boicottavano le attività, rendendo impraticabile il lavoro dei facilitatori e degli insegnanti. Si è cercato di affrontare la difficoltà invitando prima i ragazzi a fare il punto della situazione, con un c...


Similar Free PDFs