Fattori di malattia, fattori di guarigione. - Ferro PDF

Title Fattori di malattia, fattori di guarigione. - Ferro
Course Diagnosi Psicoanalitica
Institution Università degli Studi di Padova
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Riassunto del libro di Ferro, con concetti per affrontare l'esame di diagnosi psicoanalitica....


Description

FERRO FATTORI DI MALATTIA, FATTORI DI GUARIGIONE FATTORI DI MALATTIA stazione E DIFESE Per affrontare il problema dei fattori terapeutici, È meglio affrontare prima il problema dei fattori di malattia e delle difese a cui viene fatto ricorso. Bion ci suggerisce che ogni mente alla nascita abbia bisogno di un’altra mente per potersi sviluppare. Questo sviluppo avviene attraverso un gioco di proiezioni e introiezione. Angosce e sensorialità primitive vengono evacuate nella mente della madre (identificazione proiettiva) E poi, trattate e bonificate dalla funzione materna (funzione alpha), vengono ridate al bambino trasformate in elementi figurabili (elementi alpha) assieme al metodo per trattarli (funzione alpha). La primitiva proiezione del bambino di angosce e sensorialità evacuate necessità di un’accoglienza, una trasformazione, di una restituzione che comporti anche le istruzioni per lo sviluppo di tale fattore sconosciuto, capace di trasformare elementi Beta (sono i vissuti primordiali, le protoemozioni e protosensorialità: elementi che precedono le emozioni e sensorialità più evolute, sono ancora dati “grezzi” non ancora elaborati-organizzati e perciò “indigeriti”) in elementi Alfa (che subiscono una prima elaborazione). Quando questo processo si svolge in modo sufficientemente normale, ripetuto più e più volte, progressivamente tale funzione alpha diventa operativa nella mente del bambino. Così le protoemozioni e le protosensorialità (gli elementi beta) vengono trasformati dalla funzione alpha del bambino in elementi alfa, grazie al buon funzionamento della funzione alpha introiettata. L’elemento Alfa È l’elemento protovisivo (o protoacustico, prototattile…) del pensiero che indica l’avvenuta trasformazione di ciò che urgeva come beta in un pittogramma visivo (alpha): es. Un vissuto primordiale di rabbia E di vendetta (beta) potrebbe trovare la prima pittografatura in un’immagine di una piscina piena di sangue (alpha). Elementi alfa vengono sono formati di continuo E costituiscono I mattoncini del pensiero onirico della veglia (immagini immaginate, i sogni da svegli, le immagini “soggettive” che ci accompagnano nella veglia). Gli elementi alfa costituiscono quindi I mattoncini della matrice protovisiva che continuamente filma sensazioni, sensorialità, facendone immagini non direttamente conoscibili. Questo film protovisivo (ossia la sequenza di elementi alfa continuamente creati) prodotto dalla funzione alpha, necessita di ulteriori operazioni per arrivare allo stato di pensiero e di immagine narrativa, quindi allo stato di discorso interno o condivisibile con altri. I derivati narrativi di tale pensiero onirico della veglia fungono da vettori verso il conoscibile, grazie a quelle operazioni di tessitura narrativa che hanno a che fare con lo sviluppo di un contenitore E di un contenuto, in un arco di possibilità che spazia dagli sfilacciamenti narrativi (tipici della posizione schizo-paranoide) alle trame definite (tipico della posizione depressiva). Questo secondo livello, di tessitura narrativa, implica un sufficiente sviluppo (sempre successivo a una relazione sufficientemente buona) di qualità mentali più elaborate, come: - Lo sviluppo di un contenitore (capacità-funzione di contenimento), attraverso esperienze ripetute di micro-essere all’unisono (nelle relazioni “primarie” [le chiamo io primarie per capirci]. - Lo sviluppo di un contenuto (capacità-funziona di costruire contenuti), che trova possibilità di esistere se trova un contenitore elastico e disponibile (sempre nelle relazioni “primarie”). - Lo sviluppo di capacità negative che consentono una tenuta rispetto alle posizioni schizoparanoidi, che passano attraverso le esperienze delle emozioni presenti nella mente dell’altro [sono quelle capacità di sopportare e vedere anche cosa prova l’altro, diverso da noi].

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Lo sviluppo del fatto prescelto E di tenuta rispetto ad una posizione depressiva, ossia la capacità di lutto operata sempre attraverso l’incontro con la capacità di lutto nella mente dell’Altro. Semplificando questo schema, si possono distinguere due luoghi di patologia: a) Severa patologia da carenza di funzione alpha. b) Patologie da non adeguato sviluppo di: I. contenitore-contenuto II. passaggi da posizione schizoparanoide a posizione depressiva III. Passaggi da capacità negative a fatto prescelto. In tutte le patologie di tipo a, vi è una difettualità originaria della formazione del pittogramma visivo, Sino al mancato formarsi della stessa mente. È come se mancasse la pellicola E di conseguenza mancassero i fotogrammi di base per il film. Nelle patologie di tipo b, si ha la formazione di elementi alfa, sebbene siano difettuali gli apparati che su questi devono lavorare. Ecco come se c’è la pellicola ma: - manca lo sviluppo del film, per carenza di derivati narrativi (carenza contenuto) - o manca la funzione di regia E di montaggio Sulla miriade quantità di fotogrammi formati (lavoro schizoparanoide/depressivo) - o manca il luogo dove conservare la pellicola sviluppata (carenza contenitore) - etc etc Ma oltre alle patologie di tipo a e b vi è un’altra possibilità (tipo c), quella cioè che vi sia una quantità di stimolazioni sensoriali che superano la capacità della funzione alpha di formare elementi alfa: sono le situazioni traumatiche, Dove ci si trova in presenza di maggiori stimolazioni (elementi beta) di quante possano essere trasformate in elementi alfa e rese cioè pensabili. Quindi le patologie di tipo c sono da accumulo, da trauma, ove è traumatica ogni situazione che determini più elementi di beta di quanti possono essere trasformati in Alfa E poi trattati e tessuti in emozioni e pensieri. Esistono infinite combinatorie tra patologie a, b e c. Quando vi è un eccesso di elementi beta, rispetto a quanti possano essere metabolizzati, intervengono i vari meccanismi di difesa per farvi fronte. Il primo meccanismo di difesa È la formazione stessa di fatti indigeriti (elementi beta parzialmente trattati, che vengono conservate a zolle) in attesa che una funzione alpha possa essere fattore di trasformazione, di digestione di questi fatti: sono gli elementi balfa (beta parzialmente trattati), e sono fattori di transfert (si attivano nel transfert in analisi). Gli altri meccanismi di difesa sono quelli noti (scissione diniego negazione…). Il significato comune a tutte le difese è quello di consentire una gestione delle quote in esubero di elementi beta. L’uomo come specie vive in costante esubero gli elementi beta, per questo necessita sempre di difese; anche socialmente vengono elaborate strategie per evacuare, scindere, controllare, fobicizzare quelle quote di protoemozioni E protosensorialità che non siamo capaci di trasformare in poesia della mente, ossia in pensieri, emozioni e affetti. L’insieme dei meccanismi di difesa sono utilizzati da noi tutti in continuazione, essi diventano patologici quando prendono stabilmente il posto di un funzionamento mentale duttile. Se da un certo punto di vista essi sono fonte di patologia, dall’altro sono pur sempre una soluzione riuscita rispetto a catastrofi mentali ancora più gravi. A questo punto, il discorso sui fattori terapeutici È semplicemente il “positivo” riparativo del negativo pensabile rispetto ai punti a b c, fermo restando che ogni paziente È un misto.

Allo stesso modo, quindi, vi sono trattamenti analitici: - di tipo C, con pazienti a funzione alpha integra, ad apparato per pensare i pensieri integro, ma con eccesso di fatti indigeriti, generatori di transfert E di identificazioni proiettive, in attesa che l’analista collabori al lavoro di significazione e di risignificazione. Sono questi I pazienti che rientrano nella ristretta categoria dei pazienti analizzabili secondo i criteri classici: pazienti che tollerano le interpretazioni classiche perché hanno un posto dove metterle e sanno come elaborarle, risultandone arricchiti. (nevrosi McW) - Di tipo B nei quali, ancor prima che sui contenuti indigeriti, c’è da lavorare su funzioni mentali carenti: carenza di contenitori, carenza di oscillazione tra posizioni schizo-paranoide e Posizioni depressive,… sono patologie borderline, narcisistiche, in cui c’è una funzione alpha adeguata ma i cui prodotti non solo poi gestibili; allora l’interpretazione classica genera spesso più persecuzione che crescita, poiché manca il luogo in cui tenerla E il modo di utilizzarla. - Di tipo A: sono analisi di ricerca, in cui c’è una significativa difettualità della funzione alpha, in cui c’è da rifare (O meglio fare per la prima volta) quel lavoro di trasformazione dei beta in singoli elementi Alfa; si tratta perciò di mostrare, co-costruire e favorire l’introiezione della funzione alpha, ossia del metodo per per produrre singoli elementi alfa. Le interpretazioni classiche, O elaborate sono in questi casi solo stimoli ulteriori di sensorialità che causano evacuazione: anche i pensieri possono essere evacuati come elementi beta, se manca una capacità recettoriale. Chiarimento di alcuni concetti. L’istinto di morte, per esempio, può essere visto come un lascito transgenerazionale di ammassi Di elementi beta che non hanno potuto essere trasformati ed elaborati. Perciò non esiste un istinto di morte in quanto tale, ma piuttosto esistono quote transgenerazionali di elementi beta che eccedono la capacità attuale della nostra specie di elaborarle. Quando le cose vanno bene, chiamiamo questo accumulo beta parte psicotica della personalità, che ogni uomo condivide con tutto il genere umano; altrimenti lo chiamiamo distruttività, istinto di morte: laddove è solamente il residuo rispetto ciò che è stato possibile elaborare in pensiero, ma solo per una questione quantitativa: la nostra capacità di mentalizzare è ancora inferiore rispetto alle necessità, e lo scarto non elaborato rimane attivo, preme e spesso ci spinge ad agenti violenti, a malattie psicosomatiche o psichiche. Un altro concetto da riconsiderare, per poter essere all’unisono con il paziente, È quello di onnipotenza, con la quale si eserciti ad esempio un controllo, o un tentativo di controllo assoluto sull’oggetto. Tale stile di relazione È necessario per il paziente, per due motivi: 1- Le situazioni in cui si persegue il controllo totale sul mondo E nelle relazioni servono a ridurre al minimo le afferenze sensoriali E protoemotive di fronte a una funziona Alfa deficitaria: il controllo serve ad evitare l’accendersi di stati protoemotivi (i precursori di emozioni) che non sarebbero gestibili (come chi, camminando su un filo sottilissimo, dovesse evitare ogni piccolo soffio di vento che potrebbe essergli fatale). In questa situazione, avremmo un paziente che non tollera il minimo cambiamento, che tiene tutto l’ambiente, anche quello inanimato, sotto controllo E tiranneggia tutti perché non ci siano cambiamenti, che sarebbero fonte di protostimoli che non saprebbe come gestire. 2- Le situazioni in cui dietro alla gelosia, al bisogno di possesso, c’è una sorta di sindrome del naufrago: ovvero a causa di fallimenti relazionali precoci c’è un forte il bisogno dell’oggetto, esattamente come un naufrago che non sappia nuotare ha bisogno della tavola a cui stare attaccato.

In questa situazione, avremmo un paziente che esercita un controllo possessivo e geloso per l’angoscia di sprofondare, di annegare se non è aggrappato all’oggetto. Rispetto al concetto di frustrazione, il problema centrale è che comporta un cambiamento di stato della mente, con un accendersi di sensorialità versus protoemozioni: se non c’è una sufficiente funzione alpha, allora si crea più turbolenza di quanta se ne possa gestire e questa turbolenza, che non può essere pittografata in elementi alfa, diviene fonte di malessere, che può essere alleggerito O con l’evacuazione o, nel migliore dei casi, con successive ruminazioni mentali. Anche rispetto alla violenza contro sé stessi, userei il criterio di considerare le difese come il male minore. La scissione per esempio È una violenza contro sé stessi, ma spesso scindere parti che non si sa come gestire È l’unico modo per sopravvivere, E se questo vale per mutilazioni di parti del Sé, credo che allo stesso modo valga per molte forme di automutilazione o di autodanneggiamento. Basti pensare all’anoressia in cui emozioni di violenza incontenibile sono scisse e “affamate” come unica possibile modalità di gestione per salvare il salvabile. Perciò dobbiamo partire dalle difese per trovare altre strategie per salvare la mente, Meno sacrificanti del sé, del mondo interno, del corpo e delle relazioni. Spesso la genesi della sofferenza psichica deriva dal trauma della disponibilità/ indisponibilità, o meglio, dai gradienti di disponibilità nella mente dell’altro, unitamente al tipo e alla qualità di emozioni presenti, di cui è soffusa la mente dell’altro. Se la mente dell’analista è ingombra da emozioni altre rispetto quelle che il paziente si attende, allora tale incontro, in cui manca la realizzazione, diviene traumatico, anche se non c’è una indisponibilità o un rifiuto, ma un semplice mancato aggancio tra la preconcezione del paziente E ciò che si verifica, tra attesa e realizzazione. Il paziente può vivere una di queste situazioni come mancanza di interazione, O mancanza di risposta. La mancata risposta, il non trovare l’aggancio, crea una ferita, ma sembra essere anche una frustrazione capace di sciogliere qualcosa che era rimasto congelato e non narrabile. È anche vero che la ferita viene tamponata da un cheloide caratteropatico; il cheloide è una crescita anormale di fibra per cicatrizzare una ferita: è chiara la metafora psicologica. Esempi di cheloidi sono le situazioni erotizzazione, di eccitazione, di narcisismo… Ma trovata la falla, scoperta la ferita, l’analisi può riparare a questa ferita antica, che si è dovuta riproporre nel transfert, consentendo successivamente il venir meno di quelle strategie difensive Sino a quel momento necessarie e vitali. Il trauma di cui si occupa la psicoanalisi È il più delle volte questo micro-traumatismo, spesso ripetuto, della mancata corrispondenza tra attesa e realizzazione, di una frustrazione; la situazione analitica consente il riproporsi di tale situazione in presenza di qualcuno con il quale vedere e riparare il guasto originario. Guasto originario che può avere anche danneggiato lo sviluppo di altre attrezzature del pensare, O addirittura delle attrezzature per formare le sottounità visive del pensiero stesso (funzione e elementi alpha). Se si privilegia l’attenzione al funzionamento mentale del paziente E si privilegia il favorire la sua capacità di pensiero (quindi lo sviluppo di un contenitore), si potrebbe cogliere l’emozione presente di aver subito un torto e che questo ha attivato più emozioni di quelle gestibili; di riconoscere quindi l’evento traumatico, le emozioni che questo ha generato, la difficile metabolizzazione di queste, rimanendo sul testo manifesto del paziente, che intanto sentirà condiviso il proprio punto di vista E sentirà una analista Che lo alleggerisce, anziché un’analista che lo appesantisce con una verità sul suo conto. Naturalmente, L’analista terrà in mente come l’intolleranza ad ogni cambiamento sia l’indice di un’inadeguatezza della funzione alpha E di contenitore E contenuto a metabolizzare e gestire quelle protoemozioni che ogni cambiamento comporta. In quest’ottica, più che ai contenuti storici o fantasmatici, l’attenzione viene posta su

come sviluppare la capacità di trasformazione e di contenimento del paziente, attraverso l’esperienza di micro-essere all’unisono (essere all’unisono con l’analista). Il paziente ci dà delle indicazioni attraverso delle sue frasi o commenti, su come ci vive, sulla qualità dei nostri incontri. Quando cogliamo una certa denuncia nel significato delle frasi del pazienti, in un significato relazionalmente e attualmente più significativo, questo poi dovrà innestarsi con le fantasmatizzazioni E con la storia del paziente. Ma saranno fantasmatizzazioni che trattate e metabolizzate nel qui ed ora subiranno trasformazioni che andranno il mondo interno e la storia di quella persona in modo nuovo. In un’ottica di campo, abbiamo a che fare con quanto avviene in seduta: narrazioni, protoemozioni, sensorialità etc. Fine dell’analisi È quello di far sviluppare nel paziente le potenzialità della mente iscritte come preconcezioni della specie, ma che necessitano dell’adeguata realizzazione attraverso l’incontro con la mente dell’altro. Il punto centrale diviene come funziona/ disfunziona la mente del paziente, E come funziona/disfunziona la mente dell’analista, come funziona/disfunziona la relazione cui l’incontro delle due menti dà avvio in modo da consentire sviluppo o in modo da produrre involuzione (del paziente e dell’analista. Una volta che la capacità di formare pittogrammi (immagini visive) E di tesserli in sottounità narrative sarà sviluppata, allora ci si potrà dedicare ai contenuti; ma quest’ultimo processo dovrà solo essere avviato dall’analisi, poi il paziente continuerà da sé il lavoro. Per l’attualità della relazione vale questa metafora: se portassimo dal tecnico una macchina fotografica che fa brutte fotografie, sarebbe irrilevante lavorare sulle fotografie mal riuscite, O rintracciare persone e paesaggi fotografati per inferirne il grado di distorsione. Sarebbe più sensato, E ognuno di noi se lo aspetterebbe, riparare il meccanismo della macchina fotografica stessa. Merita una riflessione il funzionamento mentale dell’analista relativamente a tutte le operazioni non interpretative che egli compie: l’interpretazione è l’ ultimo atto di una serie di processi trasformativi E di ricerca del senso. È spesso da capovolgere l’assunto “rifletti prima di pensare” in “parla prima di riflettere”, in quanto ciò consente di entrare in contatto col funzionamento onirico della mente, che è capace di creare molti più nessi e sensi di qualsiasi ragionamento. In fondo c’è richiesto di trovare un senso nuovo e originale a dei fatti di per sé muti. Allora la funzione alpha dell’analista forma immagini, l’apparato per pensare i pensieri tesse una narrazione possibile (grazie alla REVERIE =dal francese, fantasticazione), E ciò che appariva senza senso comincia ad acquistare una sua possibile organizzazione. È implicito che questo lavoro nella cucina analitica troverà poi modo, se confermato, di esser servito in modi e in tempi dovuti anche nel ristorante analitico. Merita alcune riflessioni il tema dell’analista come persona. In un’ottica di campo, la presenza della costellazione delle angosce/ difese dell’analista co-struttura il campo assieme al paziente. Vorrei focalizzare come entri in gioco il funzionamento mentale dell’analista giorno per giorno: il modo di funzionare dell’analista in seduta, con maggiore o minore recettività, con minore o maggiore reverie, con minore o maggiore competenza narrativa, co-determina infatti la seduta stessa. E se da un certo punto di vista il disfunzionamento mentale dall’analista è un fatto doloroso, per il paziente, dall’altro, È una preziosa e inesauribile fonte di informazione sulle modalità di accoppiamento tra le menti E su come tutto ciò venga costantemente arriva narrato dal paziente, anche attraverso le proprie fantasticherie e i propri pittogrammi. Comprendere questo significa essere consapevoli che la nostra mente è una variabile del campo E che il paziente, il nostro miglior collega, può aiutarci, più delle volte a sua insaputa, a segnalarci una nostra esondazione, un nostro malessere, una nostra disattenzione di cui non possiamo non

farci responsabili; il che significa lavorare con noi stessi per ritrovare, il prima possibile, il nostro assetto abituale. Sono sempre più convinto che tanto più un analista è abitato da un ideale dell’io, ossia da un super io analitico e molto esigente, tanto più non riesce a porsi al servizio del paziente tollerandone le difese e le capacità assuntive cogliendone le segnalazioni, ma si pone come un crociato della supposta verità di cui è detentore, unto da questa o quella teorizzazione psicoanalitica con la quale si accoppia in una sorta di scena primaria compiaciuta: il paziente, se non sta al gioco dell’analista, appare quindi un paziente che si difende, che resiste, che attacca, che è invidioso, che non è idoneo all’analisi. Allora è necessario riportare questi analisti ad un ascolto modesto, attento e ...


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