Fisiatria - Lezione 11 6-12-2017 PDF

Title Fisiatria - Lezione 11 6-12-2017
Author Vincenzo Bernardi
Course Fisioterapia
Institution Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro
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appunti fisioterapia...


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Materia: Fisiatria Data: 06/12/2017 Prof: A. Nardone Lezione nº: 11 Indice degli argomenti trattati: - Cervicalgia - Lombalgia - Tendinopatie - Sindrome da conflitto della cuffia dei rotatori della spalla - Capsulite adesiva - Riabilitazione dei principali infortuni sportivi [Il professore consiglia il testo “La riabilitazione ortopedica in ortopedia” per chi fosse interessato. In questa lezione tocco alcuni argomenti che poi approfondirete meglio, molto rapidamente vi dò qualche informazione su cose anche abbastanza frequenti che vi capiterà di vedere nella vostra attività]

CERVICALGIA [Uno dei problemi che più spesso affronterete nel vostro studio medico è il dolore cervicale. La lezione di oggi si basa su quello che avete fatto in ortopedia. Sono state affrontate le patologie degenerative del rachide in ortopedia. Vengono date per scontate l’anatomia e la fisiopatologia e la definizione di cervicalgia, concentrandoci sulla riabilitazione].

1. Trattamento del dolore cervicale Si necessita di una corretta diagnosi: va fatta una valutazione con esame obiettivo, quindi valutate il movimento, la forza muscolare, i riflessi. Successivamente, escluso quindi che non ci siano problemi particolari (una banale artrosi o una semplice contrattura muscolare) potete iniziare un programma rieducativo. Tra gli obiettivi: - ridurre il dolore; - migliorare la mobilità; - correggere eventuali fattori posturali e professionali (gran parte delle problematiche del rachide cervicale sono infatti legate alla postura scorretta assunta durante il giorno); - si valutano poi le componenti relazionali, perché comunque sul rachide cervicale agiscono anche delle componenti psicologiche, nel senso che uno stato di contrattura muscolare per ragioni di tensione puramente psichica a lungo andare genera dolore. Per ridurre il dolore si utilizza la terapia farmacologica: analgesici e antiflogistici; la prima scelta è sempre l’antiflogistico, quindi sostanzialmente il paracetamolo. Come contenzione cervicale si può usare il collare, ma solo per brevissimi periodi (non va abituato il paziente ad usare un collare) e solamente se il dolore è molto importante. La fisioterapia, in particolare la termoterapia che utilizza il calore, la massoterapia (i massaggi come lo sfioramento e il decontratturante) e la TENS (Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation) applicata sulla cute. Autotrattamento per recuperare la mobilizzazione articolare attraverso utilizzo di esercizi di fisioterapia; tra

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questi vi è la mobilizzazione passiva del collo, quindi la messa in tensione della muscolatura (stretching).1 Si tratta di contrazioni isometriche della muscolatura del rachide cervicale.

Un esempio banale di termoterapia è l’uso di acqua calda. La termoterapia agisce a livello superficiale perché riuscite a scaldare solo le parti molto superficiali, non arrivate sostanzialmente al muscolo; se volete andare in profondità dovete usare tecniche fisioterapiche più avanzate come gli ultrasuoni. Molto importante è l’aspetto educazionale, cioè dare istruzioni al paziente. Ci sono delle posture che vanno assolutamente evitate (immagine a lato). Risulta quindi fondamentale analizzare sempre quello che è il comportamento del paziente, il tipo di lavoro svolto e lo sport praticato. Notevoli risultano a tal proposito gli errori che si fanno in palestra: lasciare le gambe penzoloni mentre si compie un esercizio implica aumento della lordosi del rachide cervicale e anche lombare e questo comporta compressione dei dischi e quindi dolore; gli addominali vanno rinforzati sempre tenendo flesse le ginocchia e le anche in modo tale da evitare che la colonna vertebrale vada in iperlordosi.

2. Colpo di frusta (whiplash syndrome) È un meccanismo lesivo che agisce sul rachide cervicale e che trasferisce energia con una rapida accelerazione e decelerazione della testa. Il rachide cervicale viene flesso ed esteso molto rapidamente e questo dà origine a problemi importanti. Le cause sono diverse, dal tamponamento2 di un autoveicolo ad un tuffo. Bisogna considerare che in questa zona ci sono legamenti, faccette articolari, capsule articolari, il midollo spinale e le radici nervose che possono essere stirate. Chiaramente lo stiramento dipende dall’entità del colpo di frusta. Possiamo avere delle lesioni ai tessuti molli. È chiaro che, se il colpo è particolarmente violento, si possono anche avere delle fratture vertebrali. Normalmente, dopo il colpo di frusta, il paziente ha il collo rigido per la perdita della normale lordosi cervicale, dovuta all’insorgenza di una contrattura muscolare di difesa che irrigidisce il rachide cervicale, cioè che lo rettilineizza. L’immagine a lato mostra lo stiramento di una radice cervicale.

1 In rete sono presenti varie tipologie di protocolli di riabilitazione utilizzabili; si consigliano in particolare i siti delle ASL o delle Università (più affidabili). 2 Adesso sono più rari i colpi di frusta, soprattutto la fase in estensione, perché si usa il poggiatesta che però deve essere posizionato correttamente, cioè deve toccare l’occipite e parte delle ossa parietali e non solamente la base del cranio.

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2.1. Fattori che influenzano il danno     

L’età, perché tutto il sistema è più rigido; le dimensioni del canale spinale (che con l’età tendono a restringersi); l’artrosi e le discopatie: l’uncoartrosi è un’artrosi delle apofisi unciformi (apofisi che stanno sul corpo vertebrale delle vertebre da C3 a C6); le alterazioni congenite; i processi patologici locali o generali che possono peggiorare la situazione.

Il danno quindi non dipende solo dall’impatto, ma dalle situazioni locali e generali del paziente. 2.2. Sintomi del paziente

- Dolore caratteristico: si può accusare anche cefalea, cervicalgia, dorsalgia e dolore tra le -

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scapole; sensazione di instabilità; parestesie agli arti superiori, ovvero formicolii alle mani causate dal rapido stiramento delle radici nervose (hanno prognosi favorevole, perché con il tempo passano); nausea; turbe emozionali, visive, uditive e dell’attenzione. Queste manifestazioni sono meno chiare. Alcuni pazienti possono avere, per questo rapido colpo di frusta, un distacco degli otoliti che vanno nei canali semicircolari e danno origine a quella che è la vertigine posizionale parossistica benigna, che quindi potrebbe spiegare in parte i disturbi di questi pazienti. Considerare, in termini medico – legali, la “sindrome dell’indennizzo”: tutte queste manifestazioni non necessariamente hanno una base organica, ma potrebbero avere una base assicurativa per il riconoscimento dei danni.

Dal punto di vista motorio, ci sono: - dolore sia da fermo che nei movimenti del rachide; - contratture muscolari a diversi livelli (non soltanto del rachide cervicale ma anche distalmente) e conseguenti limitazioni della mobilità del rachide. Possiamo avere degli atteggiamenti “viziati”: la perdita della lordosi cervicale ad esempio; - instabilità nella stazione eretta, nell’insieme del controllo dell’equilibrio.

3. Programma riabilitativo della cervicalgia Da attuare dopo che si ha certezza della stabilità del rachide cervicale (assenza di fratture o lussazioni vertebrali). 3 Si immobilizza il rachide, al massimo per quattro giorni con un collare. Incoraggiare quindi la ripresa delle attività di tutti i gironi e recuperare la mobilità dopo 4-5 giorni. Va ridotto lo spasmo muscolare e vanno evitate brusche mobilizzazioni del rachide. A lato, due tipi di collare: morbido o rigido di tipo Schanz. Vanno usati per poco tempo perché se si abitua il paziente a stare con il collare, poi si fa fatica ad abbandonarlo. Poi si inizia una riabilitazione molto tranquilla e cauta. Cerco di ridurre il dolore, quindi terapia antinfiammatoria ed eventualmente miorilassante. Ricordarsi che entro 3 mesi la maggior parte guarisce, quasi tutti entro 1 anno. 3A tal proposito in pronto soccorso vengono fatte delle radiografie antero-posteriori, laterali e anche quelle dinamiche, ovvero in massima estensione e flessione.

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LOMBALGIA [Si consiglia, per gli interessati, il testo “Percorso diagnostico per l’assistenza ai pazienti con mal di schiena”] Si discute ldela lombalgia non specifica, cioè sostanzialmente una lombalgia che non origina da una patologia specifica, ma che ha un’origine meccanica molto spesso legata ad una contrattura della muscolatura del rachide lombare. Il trattamento è molto variabile, c’è molto ricorso alla prescrizione di terapie fisiche ed esercizi, per cui è una patologia che “costa molto” come paziente e costa molto anche in giornate lavorative perse.

1. Tabella trattamento del paziente con lombalgia non specifica4 [Non è spiegata tutta a lezione ma ai fini dell’esame conviene leggerla, recuperandola dalle slides, e gli altri trattamenti.] La tabella vi dice quali consigli dare sull’attività fisica e sul comportamento. Per esempio, sconsigliare il riposo a letto: una cosa che il paziente tende a fare è fermarsi, ma va evitato. Per quanto riguarda la terapia farmacologica, i FANS sono efficaci, ma sono possibili effetti collaterali soprattutto negli anziani. Non ci sono differenze tra i vari FANS per quanto riguarda l’efficacia, quindi si tende ad usare quelli più leggeri, meno gastrolesivi. Quello che viene considerato di prima scelta è il paracetamolo, perché ha minori effetti collaterali rispetto ai FANS e la dose raccomandata in genere non deve superare i 3 grammi al giorno. I miorilassanti ad azione centrale non sono di prima scelta perché possono dare dipendenza, rischio di cadute e sonnolenza. La terapia steroidea non è consigliata. Circa le terapie fisiche, invece, trazioni e corsetti non sono utili. Nemmeno le terapie fisiche lo sono: l’agopuntura non è efficace; le back school (ovvero la pratica di origine svedese di fare degli esercizi particolari in gruppo) non hanno dato grande efficacia. La consulenza chirurgica è indicata se ci sono segni di radicolopatia. Anche in questo caso si insegnano al paziente gli esercizi per l’autotrattamento. Sono esercizi che permettono di mobilizzare la colonna lombare, ruotare la colonna, rinforzare la muscolatura addominale [senza però mai tenere le gambe tese, per non sovraccaricare troppo la schiena]. Un’altra cosa molto importante è lo stretching dei glutei e della schiena, mantenendo la posizione 15-20 secondi o più. Va fatto sempre senza sentire dolore. Tra i consigli da dare al paziente, molto importante è il counselling: bisogna rassicurare il paziente e fare in modo che ritorni ad effettuare il più possibile le ADL.

TENDINOPATIE 4 Per quanto riguarda la forza della raccomandazione, si ricorda che A vuol dire che ci sono forti raccomandazioni scientifiche per seguire questa raccomandazione; mentre più andiamo verso B e C meno forte è la raccomandazione. Questo non vuol dire che non si debba considerare, ma che purtroppo non abbiamo ancora i dati per essere così convincenti su queste posizioni.

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Sono patologie delle giunzioni osteo-tendinee, chiamate anche entesopatie. Frequenti nello sportivo, sono legate a microtraumi, soprattutto nelle contrazioni di tipo eccentrico (in cui il muscolo si contrae mentre si allunga). Il tendine è l’anello debole della catena perché è ovviamente poco estensibile, si adatta poco all’allenamento a differenza del muscolo e perde resistenza alla trazione.

1. Fattori di rischio

- intrinseci ai tendini: scarsa vascolarizzazione dei tendini, malallineamenti tra i segmenti ossei, eterometrie, difetti posturali e di appoggio, lassità, sovrappeso e squilibri muscolari.

- estrinseci: tipo di sport o di lavoro, calzature inadatte, terreni di gioco inadatti. 2. Clinica    

Dolore spontaneo, soprattutto da sforzo perché utilizzando il muscolo si tira sulla giunzione tendinea e ciò provoca dolore; la digitopressione fa aumentare il dolore; edema, cioè si può ispessire il tendine ma addirittura si può avere un edema del tessuto attorno al tendine. se c’è l’infiammazione della guaina del tendine, che si chiama tenosinovite, magari a livello delle dita della mano, può subentrare quello che viene chiamato il cosiddetto dito a scatto, dovuto al fatto che la guaina del tendine si è ristretta e il tendine vi scorre meno bene dentro.

3. Diagnosi In genere viene effettuata tramite l’anamnesi e un esame posturale. Eventualmente si può ricorrere alla diagnostica strumentale di primo livello: l’ecografia dei tessuti molli, che è l’esame di scelta se sospetto una tendinopatia. Invece RX e risonanza magnetica servono solo per escludere altre patologie.

4. Epicondilite È una tendinopatia inserzionale a livello dell’epicondilo del gomito, quindi la parte distale laterale dell’omero. Legata soprattutto all’inserzione dell’estensore radiale breve del carpo. È una cosiddetta tendinosi perché c’è sostanzialmente una sofferenza del tendine. Viene chiamato gomito del tennista, anche se la maggior parte dei pazienti non gioca a tennis. 4.1. Fattori predisponenti

- Movimenti ripetuti lavorativi come l’estensione e la -

supinazione dell’avambraccio; ipovascolarizzazione inserzionale locale; errore nell’esecuzione di movimenti ripetitivi o di un movimento sportivo; attrezzatura inadeguata; predisposizione individuale; sport, tra cui il tennis (soprattutto atleti amatoriali). Nel tennis, infatti, se il rovescio viene ritardato c’è una sollecitazione abnorme a livello del gomito che determina l’insorgenza dell’epicondilite.

4.2. Sintomi

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Dolore nell’area laterale del gomito, che si irradia lungo il bordo radiale dell’avambraccio e che peggiora quando si compiono movimenti di estensione e supinazione. Se il dolore è importante, possiamo avere ipostenia correlata alla sintomatologia dolorosa. 4.3. Segni Ci può essere una tumefazione a livello dell’epicondilo nella sede preinserzionale e ci può essere dolore alla digitopressione. Il dolore può essere evocato con una serie di test: - Test di Cozen: estensione contro resistenza del polso ad avambraccio pronato ed esteso; - Test di Mills: supinazione contro resistenza a gomito flesso. C’è sempre da fare diagnosi differenziale con la patologia intra-articolare, nella quale in genere c’è qualche segno un po’ diverso e il dolore è differente; si fa una RX se c’è un dubbio. Se invece ci fosse una radicolopatia cervicale, avremmo dei sintomi neurologici, presenti anche in caso di sindrome del canale radiale. Nell’epicondilite non ci sono segni neurologici di perdita di forza. 4.4. Terapia Eliminare le attività dolorose: il riposo. Il ghiaccio è indicato nella fase acuta, 10-15 minuti più volte al giorno. I FANS in questo caso sono meglio del paracetamolo perché ci può essere una componente infiammatoria, ricordate però che il tendine è poco vascolarizzato. Si possono poi dare dei consigli su come cambiare abitudini per quanto riguarda per esempio le prese in pronazione, che devono essere sostituite con prese in supinazione. Una serie di esercizi per facilitare il ROM (Range Of Motion), in particolare lo stretching fatto con il gomito in estensione e il polso in flessione lievemente addotto. Il rinforzo muscolare si può fare solo dopo la risoluzione della fase acuta. Esistono dei tutori di controforza, che si mettono intorno al gomito e che hanno anche un punto che preme, che servono a detendere l’inserzione del muscolo. Si fanno anche infiltrazioni di steroidi localmente, però in genere è una terapia che si lascia nel caso in cui non si riesca proprio a risolvere il problema.

5. Epitrocleite5 È meno frequente. Coinvolge i muscoli che si inseriscono sull’epitroclea, che sono il flessore mediale del carpo, il pronatore rotondo e il palmare lungo. La causa è uno stress in valgo del gomito. 5.1. Fattori predisponenti Movimenti ripetuti, che in questo caso sono di estensione e supinazione; instabilità legamentosa mediale; valgismo di gomito; errori nell’esecuzione dei movimenti; errori nello sport, questo viene chiamato infatti gomito del golfista.

5.2. Sintomi

5 Molto spesso trovate nei testi (come nel caso dell’immagine) epicondilo laterale ed epico è l’epitroclea.

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Dolore mediale irradiato alla faccia volare dell’avambraccio ad insorgenza graduale. Tipicamente schiacciando il punto si provoca dolore. In questo caso l’esacerbazione del dolore si ottiene chiedendo al paziente di fare una pronazione contrastata oppure con una flessione di polso e dita contrastate. Epicondilite ed epitrocleite hanno prognosi favorevole ma la guarigione è lenta per la scarsa irrorazione. Le terapie fisiche sono utili, per esempio gli ultrasuoni perché vanno in profondità.

6. Tendinopatia rotulea (jumper’s knee) Chiamata anche ginocchio del saltatore, la tendinopatia è a carico della rotula e può essere o a livello dell’origine del tendine rotuleo o dove il quadricipite si inserisce nella rotula. Anche in questo caso si tratta di microlesioni del tendine. 6.1. Fattori predisponenti Possono essere alterazioni dell’allineamento inestensività del muscolo retto femorale.

femoro-rotuleo;

eccessiva

rotazione

tibiale;

6.2. Fattori scatenanti Calzature non idonee e/o attività su superfici non idonee. Tutte le discipline in cui si salta o in cui c’è un importante impegno dell’apparato estensore del ginocchio, ma anche nel sollevamento pesi durante la fase in cui va ammortizzato il peso. Jumper’s knee perché nella fase di atterraggio abbiamo una importante contrazione eccentrica del quadricipite per frenare la caduta del corpo. 6.3. Sintomi Dolore localizzato nella parte anteriore ginocchio, nella maggior parte dei casi proprio sotto rotula, che compare durante uno sforzo e scompare con il riposo. Tende a comparire o ad accentuarsi anche se il soggetto sta per tanto tempo nella stessa posizione, come semplicemente seduto con il ginocchio flesso. Se cronicizza tende a comparire anche a riposo. 6.4. Protocollo riabilitativo [Da recuperare dalle slides anche se non saranno mai chiesti all’esame nello specifico].

7. Tendinite dell’achilleo Tipica patologia da eccessivo utilizzo, anche in questo caso dovuta a microtraumi. Il tendine perde la sua estensibilità e la sua struttura. Bisogna ricordarsi che esiste un punto tra i 2 e i 6 cm dal calcagno che è molto poco vascolarizzato ed è molto pericoloso perché estremamente soggetto a rottura.

7.1. Fattori predisponenti

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- Fattori intrinseci: la scarsa vascolarizzazione; l’età avanzata; il sovrappesso per eccessivo lavoro del tendine; un piede con un appoggio alterato, il piede cosiddetto pronato; l’eterometria degli arti inferiori; alterazioni di forza o di elasticità e pregressi traumi. - Fattori estrinseci: ci sono dei farmaci tossici per i tendini, i fluorochinoloni e i corticosteroidi; lo sport. 7.2. Sintomi Dolore acuto, tagliente ma anche urente durante l’attività fisica e anche dopo; la palpazione evoca dolore e al mattino il paziente può avere una certa rigidità alla caviglia. La localizzazione tra i 2 e i 6 cm dall’inserzione può dare origine alla rottura del tendine. Test di compressione di Thompson: con il paziente in posizione quadrupedale con il ginocchio flesso, andando poi a schiacciare i gemelli è come se si contraessero facendo flettere plantarmente il piede. La flessione plantare del piede è indice del fatto che il tendine non è rotto. Alcuni soggetti “barano” perché quando chiediamo di farlo volontariamente (prima di effettuare il test) accennano una flessione plantare utilizzando il flessore lungo delle dita. In caso di dubbio di rottura o di lesione incompleta, si effettua un’ecografia, l’esame principale in tutte le tendinotapatie. 7.3. Trattamento Nell’iter riabilitativo possiamo distinguere tre fasi: - ridurre l’infiammazione e il dolore. All’inizio il trattamento è conservativo, quindi riposo e ghiaccio. È utile l’utilizzo di una talloniera in silicone perché ammortizza l’appoggio del tallone ed alza il calcagno detendendo il tendine d’Achille. Riposo attivo vuol dire evitare le...


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