GOA6 - Teorie organizzative PDF

Title GOA6 - Teorie organizzative
Author Mattia Dellosto
Course Gestione e organizzazione aziendale
Institution Politecnico di Milano
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Appunti da lezione...


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TEORIE ORGANIZZATIVE LE TEORIE CLASSICHE Con questo termine ci riferiamo a tutte quelle teorie organizzative nate e sviluppatesi a partire dalla Prima Rivoluzione Industriale avvenuta nell’ ‘800. Il primissimo teorizzatore in assoluto di metodologie mirate al miglioramento della produttività aziendale è stato Adam Smith, il quale con la sua celeberrima produzione di spilli, dimostrò come la specializzazione del lavoro contribuisse in maniera radicale al miglioramento dei regimi produttivi. Con l’avvento della seconda rivoluzione industriale l’aumento di dimensione delle imprese ha portato anche all’evolversi delle teorie organizzative, in particolare nasce la figura del manager come personalità in grado di gestire dall’alto un gran numero di realtà all’interno dell’organizzazione. Analizzeremo in particolare due branche di analisi delle teorie organizzative classiche: da un lato parleremo delle teorie che puntano all’identificazione di metodi e strategie volte a migliorare la produttività, dall’altro invece tratteremo tutte quelle teorie focalizzate sulla gestione organizzativa non inerente alla produttività. L’OSL E LE TEORIE AD ESSA LEGATE L’organizzazione scientifica del lavoro e il contributo dei coniugi Gilbreth L’OSL, acronimo per Organizzazione Scientifica del Lavoro, è stata una teoria organizzativa ideata per la prima da Taylor all’epoca della seconda rivoluzione industriale. Gli assunti fondamentali della OSL sono: - La centralità della produttività all’interno delle organizzazioni, che sostituisce la tendenza passata di focalizzarsi su come spartirsi il cosiddetto surplus; - L’importanza della creazione di metodi e approcci organizzativi razionali nella gestione di un’organizzazione, abbandonando la tendenza a lasciare discrezionalità alle risorse nei processi produttivi. Il management deve quindi avere come prerogativa la razionalizzazione del sistema organizzativo. - L’identificazione di una best way organizzativa per le varie tipologie di contesti. L’OSL si fonda dunque su alcuni principi essenziali, che risentono dell’influenza degli assunti appena menzionati: - Studio scientifico dei metodi produttivi; - Addestramento; - Creazione di rapporti di stima tra dipendenti e management; - Ridefinizione del management, che non si dovrà più porre come semplice “capo” di un insieme di individui dotati di un certo grado di libertà decisionale, ma come gestore delle risorse, mente in grado di organizzare attraverso criteri scientifici i ruoli, i meccanismi di coordinamento e gli strumenti necessari per portare a compimento un ciclo produttivo. Parallelamente al contributo di Taylor, è da sottolineare anche il contributo dei coniugi Gilbreth, che si focalizzarono in particolar modo sullo studio dei movimenti: essi erano convinti che l’ottimizzazione delle procedure e “delle mosse” da eseguire avrebbe portato ad un miglioramento generale della produttività. In un certo senso quindi, i coniugi Gilbreth ragionarono in maniera scientifica quanto Taylor, teorizzando però strategie differenti. Il metodo MTM La teoria sempre collegata alla corrente di pensiero dell’organizzazione scientifica del lavoro è il cosiddetto metodo Misurazione Tempi e Metodi. Questa teoria prevede in un certo senso la fusione dei concetti citati sia da Taylor sia dai coniugi Gilbreth… Il metodo MTM prevede infatti: - La ricerca di una procedura standard per ogni fase del ciclo produttivo;

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La determinazione del tempo standard di produzione; La ricerca del metodo più economico per portare a compimento un ciclo produttivo; L’addestramento degli individui; Determinare delle modalità con cui sia possibile revisionare e verificare i risultati ottenuti grazie al metodo identificato.

Il Fordismo Uno dei principali promotori dell’organizzazione scientifica del lavoro è stato Ford, il quale adattò i principi dell’organizzazione scientifica del lavoro al mondo della produzione delle auto: egli è in particolare il creatore della catena di montaggio, emblema della standardizzazione della produzione e dello studio scientifico dei metodi di gestione delle risorse. La produttività, in base a quanto teorizzato dall’OSL stessa, era in grado di aumentare dal momento che era stata attuata una grande parcellizzazione del lavoro, la quale tra l’altro permetteva lo sfruttamento delle economie di scala. La scuola delle relazioni umane e gli esperimenti di Hawthorne Una corrente di pensiero che si focalizzò in particolar modo sull’importanza delle relazioni umane all’interno del contesto dell’OSL è stata appunto la scuola delle relazioni umane, la cui nascita è da attribuirsi a E. Mayo negli anni ’20 del ‘900. Uno degli eventi fondanti di questa scuola sono gli esperimenti di Hawthorne. Hawthorne era uno stabilimento produttivo presso Chicago della Western Electrics dove vennero condotte delle indagini aziendali circa la soddisfazione dei dipendenti. In particolare, Mayo decise di svolgere delle ricerche in questo stabilimento volendo analizzare la correlazione tra illuminazione e produttività: si scoprì, inaspettatamente, che la produttività aumentava sia se l’illuminazione aumentava sia se l’illuminazione calava… Le conclusioni fondamentali tratte al termine di tali esperimenti furono una novità per l’epoca: -

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Il contesto lavorativo, le connessioni interpersonali non solo tra gli operai, ma anche tra i dirigenti stessi influenzavano maggiormente la produttività di quanto avevano fatto per esempio la definizione di salari individuali; Sollecitare l’opinione dei lavoratori, dar loro la possibilità di esprimersi aveva un effetto motivazionale forte.

TEORIE SULLA DIREZIONE E SULLA BUROCRAZIA Fayol Teorico francese che concentrò gran parte dei suoi studi sulla funzione direttiva di ogni organizzazione: egli credeva che tale funzione non dovesse essere un qualcosa di distante dalle unità organizzative lontane dal vertice aziendale, ma anzi, che dovesse essere una prerogativa di ogni parte dell’organizzazione. La funzione direzionale era affiancata dalla funzione commerciale, finanziaria e di sicurezza… Questi studi risalgono al 1916. Alcuni dei principi fondamentali della funzione direttiva sono: -

La divisione del lavoro: è necessario suddividere i compiti e le attività tra i vari individui di un’organizzazione. L’unicità del comando: esiste un solo capo per ogni individuo. L’unità di direzione: esiste un solo capo per ogni unità organizzativa. Principio scalare: il numero di compiti e di responsabilità è strettamente legato alla posizione gerarchica di chi si sta considerando: più in alto si va, maggiori sono i compiti e maggiori sono le responsabilità.

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Ampiezza di controllo; Unità di linea e di staff.

Weber Max Weber è stato un grande sociologo tedesco il cui più grande contributo in termini di teorie organizzative è stato quello in merito alla burocrazia. L’importanza della burocrazia può essere spiegata, dimostrando i motivi per cui un uomo agisce in un determinato modo e quali sono le forme di potere che si identificano nella società umana. Un individuo può agire: - Perché spronato da uno scopo: è questo il motivo che deve essere quello trainante in un’organizzazione; - Perché spronato da una tradizione; - Perché spronato da impulsi naturali; - Perché ciò che sta facendo è coerente con i propri valori. Le forme di potere che possono essere identificati nella società umana sono: - Il potere carismatico, cioè il potere esercitato da una persona idolatrata; - Il potere tradizionale: la tradizione rappresenta il motivo trainante del perseguimento di certe azioni - Il potere legale: una normativa stabilisce il potere attraverso le norme che la costituiscono. Detto ciò, quale forma di azione e quale forma di potere possono essere applicate per migliorare la gestione organizzativa? È evidente come l’agire secondo uno scopo sia la scelta più ovvia, dal momento che esiste sempre una mission aziendale oppure un motivo trainante all’interno di un’organizzazione; inoltre, la forma di potere che utopisticamente andrebbe scelta in un’organizzazione che unisce più individui è di tipo impersonale, quindi si privilegerà il potere legale. La perfetta fusione tra potere impersonale e agire secondo uno scopo è rappresentato, secondo Weber, dalla burocrazia. LE TEORIE MODERNE E LA DIMENSIONE UMANA Il superamento dei dettami della scuola dell’organizzazione scientifica del lavoro è stato possibile, dal momento in cui si è cominciato a considerare come variabile fondamentale nella gestione organizzativa non solo la dimensione produttiva, ma anche quella umana. Che ruolo ha l’uomo, in quanto essere umano in un’organizzazione? Può influenzare la produttività il suo benessere? Ovviamente sì, e sono state molte le teorie incentrate su questo concetto… Teorie X e Y Un altro contributo allo studio sui possibili miglioramenti delle organizzazioni è stato quello delle Teorie X e Y. Il fulcro di questa teoria (che contrappone le due teorie X e Y) sta nel fatto che il management debba essere consapevole che un generico individuo sia spronato ad agire secondo i dettami di queste due teorie, ma deve essere in grado di determinarne un bilanciamento oculato. La teoria X afferma che l’uomo, in quanto odia lavorare, deve essere spronato per farlo: il comando e la determinazione di regole precise sono fondamentali. Il ruolo del manager è dunque quello di spronare i lavoratori e controllarli. La teoria X è quindi più affine a quelle che sono le caratteristiche del modello tayloristico. La teoria Y al contrario afferma che le capacità intellettuali e le potenzialità strettamente produttive dei lavoratori non sono l’unico aspetto importante da considerare, perché ciò che conta è anche la componente legata alle soft skills dei lavoratori; inoltre questa teoria vede l’uomo come un individuo in grado di assumere le proprie responsabilità e di autoregolarsi all’interno del sistema-organizzazione in modo autonomo: l’uomo della teoria Y è quindi disciplinato anche

senza il controllo del manager; il manager diventa quindi una figura che ha l’obiettivo di far sentire utile e importante un individuo, non di imporgli delle norme. I sistemi sociotecnici La rottura definitiva con le idee delle teorie relative all’organizzazione scientifica del lavoro si ha con le teorie dei sistemi sociotecnici. Questo filone di teorie nasce da ricerche effettuate nel 1946 sui lavoratori di miniere britanniche. Le teorie dei sistemi sociotecnici affermano essenzialmente che ogni organizzazione è da intendersi come un sistema in cui la dimensione umana, la dimensione organizzativa e la dimensione tecnologica convivono e si supportano vicendevolmente. Le idee e i concetti fondamentali di questa corrente di pensiero sono completamente in disaccordo con la OSL, difatti: - Si supera l’idea che sia l’uomo ad adattarsi alla tecnologia e si comincia ad affermare che è invece la tecnologia ad adattarsi all’uomo; - Non è più l’individuo il centro delle trattazioni circa la produttività di un’organizzazione, ma lo diventa il gruppo di lavoro; - La struttura organizzativa va snellita, evitando eccessive standardizzazioni e quindi di considerare l’uomo come un’appendice della macchina. - Non esiste più una soluzione organizzativa, ma è la varietà delle risorse umane presenti in un’organizzazione a determinare la soluzione migliore, tra le varie disponibili nel contesto. - L’ottimizzazione non si concentra più solo sui tempi o sulle tecniche produttive, ma anche sugli obiettivi in termini di benessere sociale all’interno dei gruppi di lavoro; - È necessario lasciare anche un certo margine di discrezionalità agli individui nell’organizzazione, piuttosto che prescrivere regole dettagliate. Sono quindi i lavoratori che, grazie alle loro competenze e alla coscienza di ciò di cui hanno bisogno per lavorare bene, formano la struttura organizzativa. Uno dei cardini delle teorie legate ai sistemi sociotecnici sono i cosiddetti gruppi primari all’interno delle organizzazioni: un gruppo primario in sociologia rappresenta un gruppo ristretto di individui aventi interazioni dirette tra di loro che permettono lo scambio di informazioni e la reciproca conoscenza, coinvolgendo anche molti aspetti della loro personalità. Un’organizzazione deve quindi essere un ambiente in cui non predomini l’importanza della produttività, bensì uno in cui si crei un equilibrio tra gli obiettivi produttivi dell’organizzazione stessa e il benessere di chi è responsabile di questa produzione, equilibrio quindi tra formalità e informalità. Teorie sulla motivazione: Maslow e Herzberg Queste due teorie vogliono spiegare da cosa derivi la motivazione all’interno di un’organizzazione. Secondo Maslow la motivazione è un processo per fasi: un individuo agisce perché viene spronato da bisogni che diventano via via più “generali”. La gerarchia dei bisogni è la seguente: - Bisogno fisiologici: il benessere primario, quale è la sopravvivenza fisica, è il bisogno fondamentale dell’uomo. - Bisogni di sicurezza: sentirsi al sicuro, protetti, all’interno di un’organizzazione è lo step successivo. - Bisogni di appartenenza: sentirsi parte dell’organizzazione è il primo bisogno che va al di là dei benesseri fisici. - Bisogni di stima: direttamente conseguente al bisogno di appartenenza in un’organizzazione è quello della stima da parte di chi compone un’organizzazione.

Bisogni di autorealizzazione: una volta integratisi nell’organizzazione è fondamentale per chiunque ricavare qualcosa di positivo per sé stessi da ciò che l’organizzazione rappresenta per noi. Secondo Herzberg invece la motivazione discende da due categorie duali di fattori, che in qualche modo fomentano i bisogni umani. - Fattori igienici: un fattore viene detto igienico se la sua presenza non è motivo di miglioramento del benessere, ma la sua assenza genera malcontento; un esempio di fattore igienico è lo stipendio: il fatto che un lavoratore riceva lo stipendio non generale motivazione, perché è normale che ciò accada, ma se egli non ricevesse questo stipendio, allora questo fatto lo demotiverebbe. - Fattori motivanti: un fattore è motivante quando invece la sua presenza è motivo di benessere, ma la sua assenza non genera malcontento. Un fattore motivante è per esempio il fatto che ad uno studente neolaureato venga richiesto di usare le proprie conoscenze universitarie in una prima fase lavorativa per svolgere alcuni ruoli in azienda. Una buona organizzazione è tale se è in grado di fare leva su entrambi i fattori: vedi tema d’esame 19 gennaio 2019 (esame 2) -

Le nuove teorie manageriali Con l’ulteriore complicarsi (e migliorarsi) delle tecnologie, in anni recenti si sono sviluppate un gran numero di nuove teorie organizzative, le più innovative delle quali sono state ideate in Giappone. Alcuni esempi di teorie sono quelli della Toyota e della Lean Production. L’innovazione della Toyota è stata quella di riuscire a trovare un giusto trade-off tra produzione efficiente ed efficace, ideando una modalità produttiva in grado non solo di soddisfare internamente chi è il responsabile diretto della produzione, ma anche chi usufruisce del prodotto. L’ingrediente segreto di questa teoria, però, non sta nel modo in cui essa viene proposta (cioè i dettami ecc.), ma nel contesto sociale in cui viene proposto per la prima volta tale teoria: la società giapponese si dimostrò perfetta per l’utilizzo di tale teoria, cosa che per esempio non accadde con quella americana, che tentò di emulare le idee della Toyota. A partire dallo studio di queste nuove teorie organizzative ne sono nate di altre, le quali si focalizzano sui più disparati aspetti gestionali di un’organizzazione. Alcune teorie moderne sono: - Il total quality management, il quale si focalizza essenzialmente sulla ricerca costante dell’efficienza e della qualità, basando la produzione sul principio di orientamento al cliente. - Il just in time, il quale si focalizza sulla riduzione degli sprechi e dei tempi morti. - Il total productive maintenance, che si focalizza invece sull’efficientamento degli impianti industriali. In generale, però, i principi fondanti della maggior parte delle teorie moderne sull’organizzazione possono essere riassunti da quelli che definiscono la lean organization. LA LEAN ORGANIZATION COME UNIONE DI TEORIE MICRO- E MACROSTRUTTURALI La lean organization è un modello innovativo di micro e macrostruttura che prevede sostanzialmente lo snellimento dell’organigramma attraverso una serie di modifiche organizzative. Si procede alla formazione di un’organizzazione snella per esempio facendo leva su: - Creazione di team: con la creazione dei team si è in grado di delegare maggiori compiti a delle entità più grandi rispetto all’individuo singolo; all’interno di un team inoltre è possibile migliorare tutti quegli aspetti sociologici quali il benessere e il senso di comunità, che sono alla base di tutte le teorie sociotecniche accennate in precedenza;

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Job enrichment: effetto della creazione dei team è l’ampiamento delle conoscenze del singolo individuo, il quale attraverso una determinata formazione all’interno di un team è in grado di crescere tecnicamente; Job enlargement: secondo effetto della creazione dei team; essere parte di un team permette una maggiore autonomia, rispetto al caso in cui una mansione ricca di attività fosse stata affidata ad un individuo singolo; Job rotation: ruotare i compiti e talvolta anche le mansioni è fonte di crescita personale, nonché di migliore gestione delle risorse; Snellimento della catena gerarchica: principio cardine di un’organizzazione che vuole definirsi snella; Autogestione dei team: la creazione di team autogestiti da vita ad un miglioramento in termini delle prestazioni e del senso di “comunità” dei singoli individui; Miglioramento dei flussi informativi: lo snellimento della linea gerarchica permette una migliore gestione della comunicazione (e della conoscenza) tra le varie sezioni di un’organizzazione; per migliorare ulteriormente tali flussi è possibile fare leva sui meccanismi di coordinamento sia a livello micro che macro. Per esempio, un meccanismo di coordinamento tipico a livello micro è il mutuo adattamento, facilmente applicabile nei team. Organizational citizenship: è il risultato ultimo di questa serie di interventi; è il sentimento di appartenenza dei componenti di un’organizzazione che porta i medesimi a considerarsi come parte di un sistema a loro familiare e vicino in termini di valori e sentimenti....


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