Hertier - Maschile e femminile PDF

Title Hertier - Maschile e femminile
Author Sara Ricci
Course Antropologia culturale
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

appunto/riassunto sintetico del concetto di "maschile e femminile" di Hertier (per esame antropologia)...


Description

FRANCOISE HERITIER- MASCHILE E FEMMINILE. IL PENSIERO DELLA DIFFERENZA Lei stessa affermava d'aver acquisito uno sguardo critico, per quanto costruttivo, sull'opera di Lévi-Strauss: a suo avviso, non abbastanza sensibile, il suo maestro, verso ciò che lei aveva definito "valenza differenziale dei sessi". Tuttavia, spiegare esattamente i motivi per cui la valenza differenziale dei sessi, cosi come la proibizione dell'incesto, appare essersi imposta universalmente, mi sembra far parte di una stessa necessità: costruire il sociale e le regole che ne permettono il funzionamento. Accanto ai tre «pilastri» di Claude Lévi-Strauss - la proibizione dell'incesto, la ripartizione sessuale dei compiti e una forma riconosciuta di unione sessuale - vorrei metterne un quarto, così evidente che non si vedeva, ma assolutamente indispensabile per spiegare il funzionamento degli altri tre, i quali, anch'essi, tengono conto soltanto del rapporto maschile/femminile. Questo quarto pilastro, o, se si preferisce, la corda che lega fra loro i tre pilastri del tripode sociale, è la valenza differenziale dei sessi. cioè la tendenza, quasi universale, ad attribuire valore differente a uomini e donne. Héritier aveva finito per concentrare la propria attenzione giusto sul tema del dominio maschile, indagando i fondamenti antropologici alla base dell'ineguaglianza tra i generi. A suo avviso, è il potere generativo delle donne che ha indotto gli uomini - fin dal Neolitico, sostiene - a dominarle e ad appropriarsi dei loro corpi. Ma, come ha ribadito più volte, in tutto ciò non vi è nulla che sia imposto dalla natura. In nessuna civiltà infatti, secondo l’opinione della studiosa, si è finora realizzata una piena parità o addirittura una predominanza della donna sull’uomo: nemmeno nell’Occidente moderno. Persino nelle società matrilineari, come ad esempio presso la tribù dei Crow in Nordamerica, le donne rientrano sempre sotto tutela dei fratelli e degli zii e non hanno niente che si avvicini ai diritti civili e politici. Un dato che la Héritier ricollega all’esigenza da parte maschile di un controllo sul processo riproduttivo. Héritier afferma in prima battuta di non voler «raccontare o calcolare la natura, le variazioni e i gradi della differenza e delle gerarchie sociali che sono stabilite in tutto il mondo tra i sessi, ma di cercare di comprenderne in senso antropologico le ragioni; di scovare, cioè, nell’insieme delle rappresentazioni proprie a ogni società, quegli elementi invarianti il cui concatenamento, pur assumendo forme diverse a seconda dei gruppi umani, si traduce sempre in una eguaglianza che è considerata ovvia, naturale». Nella sua riflessione sul pensiero della differenza, l’antropologa francese cercherà di mettere in evidenza anzitutto come la differenza di genere, lungi dall’essere una risorsa per la persona, è un «ostacolo da rimuovere», il frutto di un cammino di «cieca adesione» al mondo che ha fatto del dualismo maschio/femmina, della logica dicotomica caldo/freddo, secco/umido, alto/basso, ecc., la base per una certa organizzazione della società; la Héritier, partendo dall’osservazione del comportamento sessuale di alcune popolazioni indigene della Nuova Guinea e dell’Alaska, cercherà di inferire una sorta di legge generale secondo la quale «la valenza differenziale tra i sessi» non sarebbe un fatto di natura, ma piuttosto un artifizio socio-culturale. Nel riflettere sulla questione dell’identità di genere, parte dal ritenere che nel sistema di pensiero umano ci sia una opposizione concettuale essenziale che costituisce quasi una sorta di «limite ultimo del pensiero», ossia l’opposizione identico/differente. Il pensiero occidentale, in particolare afferma l’antropologa, si fonderebbe su sistemi categoriali di opposizione, a motivo dell’eredità del discorso aristotelico che oppone il maschile al femminile, l’animato all’inerte, il caldo al freddo, la materia alla forma. Questa struttura di pensiero dualista coinvolgerebbe anche il discorso sui generi e sui sessi. La Héritier sostiene che l’identità di genere, ossia il modo con il quale un soggetto percepisce sé stesso, non sia funzione diretta del sesso biologico, bensì «una costruzione sociale», «un artefatto» fondato sulla ripartizione sessuale dei compiti e risultante da una serie di manipolazioni simboliche e concrete che riguardano gli individui.

Argomento centrale della nascita del pensiero della valenza differenziale dei sessi sarebbe dunque l'opposizione controllabile / incontrollabile inscritta nel funzionamento biologico. Più che conseguenza di una fragilità corporea, la differenza è una necessità del sesso maschile che si sente incapace di controllare la riproduzione. Già Aristotele prova questa presunta inferiorità della donna nell'incapacità dell'essere femminile di controllare la perdita

sanguigna, perdita che invece nel maschio è voluta (caccia, guerra... situazioni cercate). Secondo il filosofo greco solo l'uomo ha la capacità di cuocere il sangue e trasformarlo in sperma, la donna, per il fatto di avere le mestruazioni, non può compiere questo atto (situazione che viene fatta dipendere dal calore corporeo). Questi elementi vengono, tramite la cultura, trasferiti nell'ordine sociale. Il dominio maschile, dunque, deriva da questa categoria conoscitiva, trasmessa per generazioni (interessante notare il fatto che l'idea che il sangue venisse prodotto dalle ossa era già presente fin dai tempi dei sumeri, che distruggevano le ossa dei nemici per distruggerne la storia, cioè il seme. Idea in seguito certificata dalla scienza). Studiando i sistemi di parentela patrilineari e matrilineari l'Héritier arriva ad individuare una ineguaglianza strutturale che fa sì che, nei sistemi matrilineari crow, la struttura si inceppi e non tutti gli uomini possano essere cadetti per tutte le donne del loro gruppo di filiazione, cosa che non accade mai nelle strutture speculari patrilineari. Il rapporto di ineguaglianza non è biologicamente fondato: questo prova che ogni sistema di parentela è una manipolazione simbolica del reale. Sesso forte, sesso debole non sono altro che termini dell'ideologia. Una parte del libro riflette, inoltre, sull'atteggiamento delle società nei confronti dell'infertilità femminile e bisogna annotare che tutti i casi di infertilità nelle popolazioni studiate (compresa la nostra, fino alle ultimissime scoperte scientifiche) erano imputate alla donna (donne spesso tacciate di stregoneria o ritenute pericolose per la comunità) grazie a sistemi di filiazione nei quali all'uomo era garantita sempre una discendenza, anche quando era, in effetti, sterile. La sterilità, infatti, non era mai vista come un qualcosa di ordine fisiologico. L'uomo dà la priorità all'ambito sociale su quello biologico, costruendo categorie culturali a seconda dei propri bisogni. L'Héritier a questo proposito cita una sentenza samo che dice è la parola che fa la filiazione, è la parola che la sopprime. Con vari esempi si arriva alla conclusione che la filiazione non è mai un semplice derivato della generazione. Questi studi sui sistemi di parentela, oltre a stabilire l'errore dell'ipotesi diffusionista, spiegano il modo in cui la differenza si è tradotta in diseguaglianza. Per questo, fra gli altri, per la Chiesa cattolica ufficialmente vi è uguaglianza ma, siccome Cristo sceglie di incarnarsi in forma maschile, alle donne è vietato essere ordinate sacerdote. Per questo i bastioni della diseguaglianza sono contraccezione e aborto, la riappropriazione del corpo della donna. L'idea è quella che il seme veicoli tutta l'identità, di conseguenza alle donne era/è negato lo statuto di individui. Il potere riguarda dunque il controllo (la negazione del controllo) della riproduzione biologica e sociale.

____________________________________ MASCHILE E FEMMINILE Heritier è un’antropologa sociale e come tale ritiene che il fine dell’antropologia sia quello di arrivare a formulare modelli universali delle pratiche sociali specifiche (ciò che in comune hanno le particolari pratiche di questo o quel popolo). Diversamente, l’antropologia culturale e in generale l’approccio culturalista è quello che tende a relativizzare lo studio ad una specifica cultura dicendo che questa è irriducibile a qualsiasi altra (atomizzazione). L’autrice non nega che vi siano delle differenze fondamentali ma ciò nonostante ritiene che l’antropologia possa e debba cercare quei meccanismi simbolico – rappresentativi di base che poi ogni cultura applica a proprio modo. Ci sono due modi per fare antropologia sociale: - ragionare per estremi: o si parte dall’approccio culturalista (relativismo assoluto) oppure, al contrario, ci si appella alla natura umana quasi che fosse una essenza universale -(autrice) associare le variabili culturali a dei meccanismi invarianti: per alcune comunità primitive non si può parlare di stato così come oggi lo intendiamo, tuttavia l’accumulazione del surplus agricolo è la logica alla base della creazione di uno stato. Due postulati dell’autrice: 1) materialista: bisogna partire dai fenomeni naturali, dai dati biologici, sapendo che il pensiero umano nelle varie epoche li ha però codificati in maniera differente (da questo punto di vista lei si oppone all’approccio culturalista: non si parte direttamente dalle culture nella ricerca antropologica); 2) vi è un sistema di possibilità che precede le varie opzioni culturali: cioè se due culture possono codificare in maniera differente una stessa pratica sociale è perchè quelle due possibilità erano già comprese in un ventaglio di opzioni implicite nella pratica stessa. Lo studio dell’autrice in merito alla parentela si indirizza in tre direzioni: 1 - determinare le leggi generali in base a cui sono state elaborate le strutture terminologiche della parentela 2 - funzionamento delle strutture semi complesse di alleanza 3 - capire se le regole delle strutture semi complesse si possano trasferire alle strutture di alleanza.

Nel caso del sistema elementare di alleanza (3), ciò che conta è designare una categoria di individui definita genealogicamente, cioè delimitata da precisi rapporti di parentela. Esempio classico è quello della cugina incrociata matrilineare. Altri casi del sistema elementare sono, le società a sezioni: sono una complicazione delle società a metà nel senso che la società anziché essere divisa in 2 è divisa in 4 o in 8; le società a metà: se una società è divisa a metà chi nasce in una metà deve sposare uno appartenente all’altra metà. Il modello in questo caso, prevede che l’uomo sposi la cugina incrociata bilaterale (figlia del fratello della madre o della sorella del padre) La filiazione è la regola sociale che definisce l’appartenenza di un individuo ad un gruppo. Nella società occidentale è detta bilaterale o cognatica, nel senso che noi siamo imparentati allo stesso modo con nostro padre e nostra madre, con i 4 nonni e gli 8 bisnonni e abbiamo gli stessi diritti in tutte queste linee di parentela, ciò a dispetto delle apparenze: usiamo prendere il cognome del padre. Esistono anche le filiazioni unilineari, cioè la filiazione passa per un solo sesso, quindi diritti di successione, eredità dipendono da un unico ramo. Può essere patrilineare (se è l’uomo che trasmette la filiazione, le figlie appartengono per nascita al padre ma i loro figli apparterranno all’altro padre), o matrilineare (i figli appartengono al gruppo della madre, ma non i figli dei figli maschi che apparterranno alla nuova madre). Nelle società matrilineari, il potere sui figli è dato comunque agli uomini, non ai mariti, ma gli zii materni (che hanno rapporti di autorità) e il potere sulle sorelle è dato ai fratelli. Le filiazioni bilineari prevedono che si ereditino alcuni diritti solo dall’uno, e altri solo dall’altro ceppo. Le strutture semi complesse (2), rispetto a quelle elementari, corrispondono a sistemi sociali che stabiliscono i gruppi in cui non si può scegliere il coniuge, che funzionano quindi per proibizione e proscrizione. Nelle strutture complesse di alleanza la proibizione non agisce sui gruppi ma sui singoli. Un sistema di parentela esplica una determinata visione del mondo: ogni popolo adotta un sistema di parentela credendolo naturale, spontaneo, questo invece dimostra che i diversi sistemi di parentela sono un fatto culturale, non naturale. La nomenclatura o terminologia di parentela (1) è la totalità dei termini usati in una società o in una lingua per definire i rapporti di consanguineità o di alleanza. I termini allocutivi sono quelli con cui ognuno chiama i propri parenti. I termini di designazione sono quelli utilizzati per parlare di un parente in terza persona. Esistono 6 grandi sistemi terminologici di parentela: eschimo, hawaiano, omaha, sudanese, irochese, crow. Lo studio della parentela è lo studio dei rapporti che uniscono tra loro gli uomini attraverso legami fondati sulla consanguineità (è un concetto anche questo culturale e non biologico: si pensi all’adozione) e affinità. La filiazione non ha necessariamente a che vedere con la generazione biologica, la filiazione è dunque propriamente sociale (es. se prima di un matrimonio legittimo una donna ha un’amante da cui ha un figlio, quest’ultimo viene considerato figlio del marito legittimo, nonostante non abbia lo stesso sangue del padre legittimo). La consanguineità è una relazione socialmente riconosciuta e non biologica, quindi è una rappresentazione simbolica. Ciò non toglie che queste rappresentazioni simboliche debbano partire da un dato biologico elementare: il riconoscimento dell’ordine di generazioni (differenza tra genitore e figlio), il riconoscimento del carattere sessuato dei figli (differenza tra maschile e femminile), il riconoscimento del fatto che più individui possano avere gli stessi genitori costituendo una fratria (differenza tra maggiore e cadetto). L’individuo, il biologico e il sociale. Badinter, nel testo “I diritti dell’uomo di fronte ai progressi della medicina, della biologia e della biochimica”, affronta il tema della procreazione assistita dal medico e la medicina preventiva. Il sapere scientifico fornisce regole di comportamento, non dà regole di giudizio su di sé e sul suo impiego. Nel quadro della procreazione assistita dal medico, Badinter si chiede innanzitutto se sia bene limitare il ricorso a questa tecnica solo alle coppie sterili oppure se lo si possa estendere ad ogni essere umano: in questo caso la possibilità per le donne di generare figli da sole si estenderebbe -> di qui il timore del declino del maschile. Filiazione e generazione. L’uso della procreazione separata dalla sessualità genera un’ambiguità: il figlio non è concepito e potrebbe avere più di due genitori, cioè si tenderebbe ad assimilare generazione e filiazione. Tutti i surrogati della procreazione naturale costituiscono un palliativo alla sterilità individuale pur non avendo come scopo

questo obiettivo. Dice Badinter: penso che non esistano società che non distinguono i ruoli sociali. Bisogna intendersi sui termini padre, madre e genitore. Padre e madre sono i nomi che indicano il rapporto di filiazione (sociale o ideale), genitore o genitrice i termini che indicano il rapporto di generazione (fisiologico). Nell’ordinamento giuridico si parla appunto di ruoli sociali, di padre e madre e indipendentemente dal fatto che siano i genitori fisiologici. Infatti, per l’ordinamento giuridico, il padre è semplicemente il marito della madre indipendentemente dal fatto che sia il genitore (si pensi alle adozioni). La filiazione è per natura un legame sociale di cui la società prende atto per segnare l’inserimento del bambino all’interno di una o più linee, di uno o più gruppi. La filiazione non deriva necessariamente dalla generazione, non è neanche collegata all’idea della riproduzione bisessuata, cioè si riferisce necessariamente, attraverso i generi maschile e femminile, a statuti paterno e/ o materno come supporti di affiliazione al gruppo. La verità biologica, la verità genetica non sono gli unici criteri o i criteri dominanti per fondare la filiazione: il sociale non è riconducibile al biologico. I nuovi metodi di procreazione generano due paradossi: - preminenza del genetico: una donna che non può portare avanti una gravidanza per un problema all’utero e che decide quindi di far portare ad un’altra donna l’embrione prodotto dalla fusione in vitro di un suo ovocita e degli spermatozoi di suo marito, è spontaneamente riconosciuta dalla collettività come la vera madre del bambino. - preminenza del legame sociale e della volontà sul genetico e sul fisiologico: Una donna porta un embrione di cui nè lei nè il marito sono gli autori in senso genetico. Tuttavia ci si accorda nel pensare che nell’esempio della preminenza del genetico la donna che porta e partorisce il bambino non è la madre invece nel secondo lo è. È dunque evidente che l’elemento fondamentale che serve da pietra di paragone per operare questa separazione è la volontà previamente espressa dai partner inseriti in uno statuto di coppia e preoccupati che la riproduzione vada a loro vantaggio, giustificando così l'arbitrario o l'artificio del sociale. Diritti degli individui e rapporti con gli altri. Ci si può porre due questioni: - qual è l’interesse del bambino che in quanto individuo deve poter esercitare i suoi diritti fondamentali: il diritto alla vita non è tutto. Un bambino ha il diritto di avere due genitori e non soltanto due generatori tant’è che quello privo di uno o entrambi i genitori può fare ricerche di paternità /maternità per confermare la propria identità. Quindi sembra difficile da accettare il ricorso ad anonimi donatori. - il disconoscimento: secondo il diritto francese esistono 4 modi di accesso alla filiazione: la filiazione naturale, la volontà espressa, la verità biologica e il possesso di stato. Con l’esercizio alternato di questi criteri, è possibile per un individuo riconoscere e poi rifiutare un rapporto di filiazione. Ma ogni figlio ha il diritto di avere una filiazione e un’identità costanti. Pienezza individuale e legge del gruppo Il problema relativo all’eugenetica è volto a capire se un bambino non ancora concepito possa essere considerato o meno portatore di diritti e interessi da difendere. L’improbabile potere delle donne Il problema è quello del potere. In effetti ci si può chiedere se le donne abbiano mai, in un qualche luogo, esercitato un vero potere nelle diverse sfere, in particolare in quella politica. L’inserimento delle donne nei quadri giuridici moderni non implica necessariamente la realizzazione dell’uguaglianza nell’esercizio dei diritti giuridici, civili e politici. Anche se le donne devono presentarsi fisicamente a votare, in molti paesi sono il padre, il marito o il fratello che porgono loro la scheda che dovranno mettere all’urna. “Il potere è negato alle donne in quanto individui veri, perché prima di tutto sono donne, cioè segnate dai condizionamenti del loro sesso.” Alla base di tale considerazione è lo stereotipo culturale che esercita sull’uomo un forte potere di coercizione attraverso le norme che vengono auto- imposte. Per la chiesa cattolica romana l’argomentazione è ovvia: vi è uguaglianza, ma allora ci si può chiedere perchè Gesu abbia deciso di incarnarsi in una forma maschile e non femminile? Heritier ribatte con l’esempio delle due cravatte: se tra due cravatte che gli sono state regalate un uomo ne prende una per indossarla subito ciò non implica che l’altra non gli piaccia ma che

culturalmente (visto lo stampo della società di allora) non gli è permesso di portarne due insieme. L’età dell’uomo Per me, antropologa, uno dei primissimi interrogativi nell'esercizio di questo mestiere- passione si è rivolto alla mancanza di studi sistematici sull'età dell'uomo e sulla mascolinità propriamente detta, nei lavori storici, sociologici, antropologici. Va talmente da sé che questo sia il referente ultimo che è inutile parlarne. Se ne può parlare in termini di istituzioni sociali particolari che definiscono soglie e passaggi, ad esempio i sistemi a classi di età. Si parla dell'infanzia, dell'adolescenza, della vecchiaia ma non dell'età di uomo, della maturità attiva, di quello che nei suddetti sistemi è ritenuto esercitare cariche, responsabilità, potere. L'età dell'uomo è il buco nero, l'ultimo referente. Forse dovremmo interrogarci su questi strani annullamenti...


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