Il servizio pubblico televisivo morte o rinascita della RAI PDF

Title Il servizio pubblico televisivo morte o rinascita della RAI
Course Linguaggi dei media
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Il servizio pubblico televisivo:morte o rinascita della RAI? ➣Fine del 2016: GB ridisegna la Royal Charter che regola i rapporti fra lo stato e la BBC → alla BBC viene affidato il ruolo di servizio pubblico radiotelevisivo e digitale. BBC → molto di più che un broadcaster (più potente e influente impresa mediale del mercato britannico +servizio pubblico più ammirato). Viene stilato un libro verde di proposte di riforma (fortemente critico nei confronti della BBC) e poi un libro bianco (sostiene e rilancia il valore di servizio pubblico; costituisce la bozza per il Royal Charter, in vigore dal 2017). ➣Italia, fine del 2016 → scade la già prorogata convenzione della RAI che concede l’esclusiva diffusione in Italia di programmi radiofonici e televisivi. A differenza della GB, non si parte da un chiaro progetto di riforma da porre sotto esame. Secondo un questionario ISTAT, la RAI non è vista come la BBC (quest’ultima e in grado di servire bene i suoi pubblici, mentre l’immagine della RAI si è offuscata ed è permeata di problemi specifici, come l’invecchiamento degli spettatori e l’invisibilità della sua offerta per i giovani sotto i 35 anni. La Rai ha inoltre quasi la metà dei finanziamenti della BBC). La Rai svolge l’importante funzione di volano dell’intera industria mediale, culturale e creativa del paese, sostenendo con i suoi investimenti la produzione indipendente di cinema nazionale, fiction e intrattenimento. ➣In GB, le politiche messe in atto negli anni duemila hanno dato uno slancio all’industria creativa e audiovisiva, facendola crescere in valore economico e in capacità di esportazione, e un ruolo di primo piano lo ha avuto il servizio pubblico. La Rai usa invece una parte rilevante delle sue risorse per mantenere la propria struttura e si pone poco il problema del rapporto con il resto dell’industria mediale. In Italia, il servizio pubblico non si e dotato di strumenti di governance adeguati per salvare la sua autonomia dalle pressioni economiche, politiche (è infatti diventato un prolungamento dei partiti del Parlamento) e non riuscendo a differenziarsi dalla tv commerciale. ➣Alla fine degli anni 80, con la fine dei Monopoli e con l’avvento della tv commerciale, il servizio pubblico è entrato in una crisi irreversibile in Italia, Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna. ➣In Italia, il dibattito nato dopo la crisi e stato poco attento a considerare l’ampiezza e la complessità delle questioni. Ci sono polemiche sull’introduzione del canone nella bolletta elettrica, sulla riforma della governance, sui super stipendi dei dirigenti Rai, ecc. Il dibattito sulla rai si può suddividere in due fazioni ideologiche: 1. Quelli che ritengono che il servizio pubblico sia superato e dannoso per il benessere individuale e collettivo (secondo alcuni, la RAI trae un ingiustificato profitto e arriva a una concorrenza sleale nei confronti di competitori che svolgono lo stesso servizio ma vengono considerati indegni perché non sono dello stato). 2. Gli esperti che ritengono che la Rai debba assumere un ruolo guida dell’ecosistema industriale audiovisivo per lo sviluppo di tecnologie e piattaforme che permettano una qualità tecnica di trasmissione; la rai dovrebbe inoltre creare anche uno spazio di

Open innovation e coinvolgere startup e innovatori + creare spazi adeguati per il sistema educativo (alcune di queste proposte sono considerate troppo ampie e bizzarre). ➣Le proposte del libro bianco britannico sono più concrete e introducono elementi innovativi (la governance, con un gruppo di professionisti competenti scelti dal governo e dalla BBC; il ciclo di vita delle convenzioni → 11 anni; la supervisione di un’autorità competente e indipendente come Ofcom). ➣Il concetto di servizio pubblico NON è unitario → nasce con specifiche vicissitudini ed è diverso di paese in paese: si modifica al mutare del sistema mediale, delle condizioni sociali e culturali. Venne elaborato per la prima volta negli anni 20 in Inghilterra; li, risente delle idee di quel periodo in merito alla funzione nazionale e di acculturazione delle masse.

CAPITOLO I ➣GB, 1985→ il governo affida all’economista Peacock la guida della decima commissione, destinata a decidere la sorte del sistema televisivo in un periodo di grandi trasformazioni tecnologiche e culturali. Peacock aveva provato a dare una definizione di servizio pubblico guardando al futuro di un sistema mediale caratterizzato dalle nuove tecnologie (satellite,cavo), dalla crescita dell’offerta, da una società più individualizzata. ➣La definizione però non è scontata. Il servizio pubblico è il contributo più originale che l’Europa occidentale ha offerto alla storia globale della televisione. Esso è un modello contrapposto al modello commerciale di origine nord americana; i due modelli hanno cominciato a concorrere dagli anni 80 del 900, quando tutti i sistemi televisivi europei hanno introdotto il principio di concorrenza fra pubblico e privato/commerciale, in un quadro di de-regolamentazione (o di totale vuoto legislativo in Italia fino alla legge Mammì). ➣Secondo Peacock, il servizio pubblico è frutto di una serie di circostanze storiche e ideologie diverse, NON una serie di nozioni universali a priori in quanto il contenuto è eterogeneo nei diversi paesi europei. ➣Secondo Bourdon, solo con la comparsa del modello commerciale e della crisi del servizio pubblico ci si comincia ad interrogare su cosa sia quest’ultimo. Da allora a oggi, il servizio pubblico sta vivendo una crisi permanente a causa delle sue fondamenta teoriche fragili (esse dipendono dal non aver fatto i conti con le radici storiche e le ragioni profonde di quest’idea). ➣Origini storiche del concetto di servizio pubblico possono essere rintracciate nel ventennio compreso fra le due guerre mondiali → avvento di nuovi mezzi di comunicazione. ➣1920-1925 → per Ortoleva rappresenta una delle fasi esplosive della storia della moderna comunicazione (avvento della stampa a rotocalco, telefotografia, fotocopiatrice, cinema sonoro, cinema a colori… la radiotelegrafia di Marconi comincia ad essere utilizzata in maniera nuova: non più da un luogo a un altro luogo ma per trasmettere contenuti destinati a chiunque). ➣È in quegli anni che nasce il broadcasting  (che costituisce uno dei termini della definizione di public service broadcasting ) prima in forma amatoriale, poi strutturandosi in istituzioni e imprese locali o nazionali.

➣Broadcasting → ‘semina larga’ di contenuti sonori e dagli anni 30 anche audiovisivi. ➣Negli anni fra le due guerre, i governi europei sono impegnati a trovare forme organizzative per regolamentare, tassare, censurare, governare questo nuovo medium. Le forme di regolamentazione di questi anni sono cruciali per molti decenni a venire e sono condizionate dagli orientamenti ideologici dei sistemi politici. Dunque, dato che i sistemi politici sono eterogenei, le forme di regolamentazione saranno varie. ➣Il broadcasting poneva sin da subito due problemi per la regolamentazione in tutti i contesti nazionali (che contenevano già i germi potenziali; le risposte dei vari governi erano pragmatiche e lontane da chiare visito strategiche/progettuali): 1. Questione di carattere tecnologico che riguarda la scarsità delle frequenze. Dopo la 1 guerra mondiale, in USA sorgono a livello territoriale e locale molte stazioni radiofoniche che puntavano ad essere finanziate dalla pubblicità e dalle sponsorizzazioni di imprese private. In GB, invece, vi è una sorta di anarchia dell’etere: un numero eccessivo di stazioni affollavano la banda elettromagnetica causando sovrapposizioni e interferenze. I governi nazionali europei dovevano negoziare fra loro standard per l’assegnamento delle frequenze con accordi sia internazionali sia nazionali → dovevano passare segnali civili, militari e industriali. L’esigenza di assegnare delle frequenze in licenza per il broadcasting è la prima ragione fondamentale di intervento degli stati in questo ambito. 2. Questione di origine economica → riguarda le modalità di finanziamento del broadcasting. Ci sono diverse scelte fatte dai diversi paesi: negli USA, si ricorre alle risorse economiche provenienti dalla raccolta pubblicitaria. In europa, ad esempio in GB, si evita il broadcasting finanziato dalle merci e dalla pubblicità. ➣1992 → il governo inglese spinge i produttori di apparecchi di ricezione radiofonica e a costituire la società della BBC (British Broadcasting Company), a cui viene data in licenza la concessione di trasmettere programmi radiofonici in un regime di monopolio nazionale, tramite un’autorizzazione del Ministero delle Poste. Attraverso quest’ultimo veniva raccolto il canone annuale sul possesso degli apparecchi riceventi venduti (unica fonte di finanziamento). ➣Secondo Williams, il primo punto di partenza per capire come vengono organizzate le forme della comunicazione nel mondo contemporaneo è il tema del potere delle istituzioni comunicative (ossia dei media); il potere del mercato che da sviluppo a certe forme di contenuti perché capaci di generare profitto ; il potere degli stati e dei governi che hanno sviluppato specifiche politiche pubbliche nei confronti di diversi comparti dell’industria culturale del 900. ➣Ogni società/Stato organizza le proprie istituzioni in modi peculiari che incidono a vari livelli della vita quotidiana, sulle modalità di pensiero e di interazione. ➣Analizzando le forme di organizzazione delle istituzioni comunicative che si sono sviluppate soprattutto nella prima metà del 900, Williams distinge 4 modelli differenti (l’idea di servizio pubblico è a cavallo fra due di questi). ➣Nel ventennio fra le due guerre, i modelli dominanti di organizzazione dei media e del broadcasting erano quello autoritario e quello commerciale. 1. Modello autoritario → i media sono controllati (es. anni 20 e 30: fascismo e nazismo). Si utilizzano i mezzi disponibili per l’egemonia e per costruire consenso; mix di sorveglianza, propaganda e censura. Per quanto riguarda il broadcasting, il governo

fascista sceglie inizialmente delle vie simili alla Gran Bretagna: nel 1924 si unificano le diverse compagnie interessate allo sviluppo del broadcasting in un’unica concessionaria, la URI (Unione Radiofonica Italiana) → monopolio, canone, diretto controllo, che si fa più pressante con la trasformazione in EIAR nel 1927 (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche), e con la statalizzazione nel 1933. Le differenze del modello britannico sono che quest’ultimo voleva conquistare una duplice autonomia: sia dalle forze economiche del mercato, sia dai partiti del Parlamento e dal governo (sebbene sarà sempre un’azienda nazionale e governativa). Inoltre, un’altra differenza riguarda il metodo di finanziamento: il governo fascista inaugura un sistema misto raccogliendo anche una quota di pubblicità per la radio. Il modello autoritario non si esaurisce dopo la 2GM ma continua anche nel dopoguerra (Spagna franchista, Unione Sovietica…) 2. Modello commerciale → grande rilevanza nella costruzione di un’industria culturale in Europa. Liberato da forme di controllo di censura, la sfera pubblica creata dai media ha comunque dei limiti perchè soggetta a nuovi vincoli, ovvero soggetta alla regolazione del mercato e alla legge economica di domanda e di offerta. Inoltre, vi è una naturale tendenza alla formazione di oligopoli, allo sviluppo di grandi corporation nazionali. Gli Stati, riconoscendo sia un valore economico sia culturale, vengono però spinti a mitigare gli effetti distorsivi del libero mercato. 3. Modello paternalistico → tipico della Gran Bretagna dalla metà degli anni 20 alla metà degli anni 50. Qui è il direttore generale che forgia le caratteristiche del modello. L’atteggiamento nei confronti del pubblico/massa è gerarchico ed elitario, MA l’obiettivo di fondo è l’elevazione intellettuale l’acculturazione, la crescita dello spirito e delle menti della comunità nazionale. Il modello è quindi pedagogico e ha una missione educativa. Il passaggio dal concetto di public utility a quello di public service broadcasting avviene in GB negli anni 20 grazie a Reith. Negli anni 25-26, Reith presenta il suo manifesto davanti a una seconda Commissione parlamentare, che segna il destino della radiofonia e poi della televisione britannica. Il broadcasting è chiamato a diffondere il meglio delle conoscenze umane raggiunte in ogni area del sapere e delle arti. Il triplice imperativo Reithiano a proposito del concetto di servizio pubblico è (in ordine): 1. Educate 2. Inform → per costruire una comunità nazionale e consapevole 3. Entertain → inevitabile ma subordinata alle altre Limiti individuati da Williams per questo modello → atteggiamento irrimediabilmente paternalistico della BBC, idea restrittiva ed elitaria di cosa significhi “cultura”. ➣Riassumendo: 1. Autoritario → centrato sul controllo 2. Commerciale → volto al profitto 3. Paternalistico → ispirato a ideali educativo-divulgativi ➣La domanda che si pone Williams è: esiste lo spazio per un sistema di broadcasting pienamente democratico? Il destino del servizio pubblico sta nello sforzo continuo di

aspirare alla democrazia, alla partecipazione e all’inclusione delle condizioni di vita sociale e culturale che mutano.

CAPITOLO II Costruire un idealtipo ➣Sistema britannico → punto di riferimento ideale per i servizi pubblici dell’Europa continentale (che però sviluppano il broadcasting televisivo fra la fine degli anni 40 e la prima metà dei 50, più in continuità con l’esperienza radiofonica nazionale, ad es. in Italia e in Germania, l’impostazione autoritaria viene rinegoziata adattandosi ai nuovi tempi della democrazia parlamentare). ➣In Italia, il passaggio dall’EIAR fascista alla RAI nel 1944, si gioca più sulla continuità che sulla discontinuità. Si voleva costruire un servizio di broadcasting nazionale come strumento di ricostruzione del Paese, adattandolo alla democrazia e sviluppando una visione del broadcasting educativa e non elitaria, propagandistica, egemonica… nonostante si intravedano i primi sforzi di elaborazione progettuale, sono molto più rilevanti le esigenze di controllo del mezzo. Nella RAI, controllo e progetto convivono. Una prima svolta avverrà negli anni 50 con l’ingresso massiccio di cattolici e l’avvio di trasmissioni televisive: i dirigenti cattolici, dopo essersi assicurati l’egemonia (ossia diretto controllo/dipendenza dal governo a guida democristiana), elaborano una prima visione organica di servizio pubblico nazionalesenza però definire concretamente la missione di esso. Questa esplicita definizione di Stato arriverà negli anni 80, quando per la RAI ci saranno 3 problemi principali: 1. Legittimità (contro l’affermazione delle televisioni private). 2. Finanziamento (come calibrare il rapporto fra canone, garanzia di autonomia finanziaria dal mercato e pubblicità) 3. Identità (cosa differenzia il servizio pubblico dalla tv commerciale)

➣L’Italia non è un caso isolato → in tutti i Paesi dell’Europa occidentale, il servizio pubblico passa dalla condizione di dato per scontato a una crisi permanente appunto di legittimità, modello economico, crisi di identità. Fallimento del mercato e beni pubblici ➣L’origine economica (che si sostanzia del concetto di fallimento del mercato) è una delle ragioni più rilevanti che ha spinto lo Stato a considerare necessario il suo intervento diretto nel broadcasting. Storicamente, la nascita e lo sviluppo del broadcasting non sono avvenuti nel classico quadro della legge della domanda e dell’offerta a causa di alcune particolarità (dei beni culturali e della radiotelevisione). Lo sviluppo del broadcasting è condizionato dal concetto di scarsità (esso è un bene pubblico e limitato che deve essere quindi regolamentato secondo un principio di pubblica utilità se non gestito dallo Stato). Inoltre, la comunicazione radiofonica e televisiva è considerata anche un bene pubblico, quindi deve possedere le caratteristiche della non rivalità e della non escludibilità del consumo (a differenza di un bene privato, nessuno può essere escluso) + bene immateriale (il suo valore risiede nel contenuto → educare, informare…).

➣Da ciò si origina il primo fallimento del mercato: il broadcasting non è nato secondo la legge classica di domanda e di offerta ( non viene creato un modello efficiente di finanziamento perchè non c’era modo di identificare gli ascoltatori/spettatori). Per questa ragione, i modelli che si creano si aggirano su questo fallimento in modi differenti: - Stati Uniti → la merce venduta sul mercato è l’attenzione degli spettatori per la quale le imprese e gli investitori sono disposti a pagare - Europa → interviene lo Stato in regime di monopolio e il finanziamento attraverso il canone (che consente una copertura dell’intero territorio nazionale). ➣Questa accezione di fallimento del mercato sembra superata dall’età dell’abbondanza dei media e delle piattaforme trasmissive. Lo sviluppo tecnologico a partire dalla seconda metà del 700 ha messo a disposizione molte tecnologie che impediscono di giustificare il monopolio → da qui il servizio pubblico entra in una crisi permanente. ➣Una seconda accezione di fallimento del mercato è l’essere incapace di raggiungere obiettivi sociali diversi dalla pura efficienza economica. Quindi, l’intervento pubblico nel campo dei media si giustificherebbe perchè finalizzato a raggiungere un doppio fine che il libero mercato non sarebbe capace di raggiungere: - ridurre le esternalità negative (ossia gli effetti negativi per l’intera collettività) - incentivare le esternalità positive (costruire una sfera pubblica consapevole e centrata sulla democrazia). ➣La seconda accezione di fallimento di mercato, al contrario della prima, rimane attuale → il servizio pubblico dovrebbe essere riconcepito come un “bene di merito” che non può essere prodotto nelle normali condizioni di mercato. ➣Per una serie di ragioni che dipendono dalla natura economica dei beni mediali (in quanto beni pubblici e immateriali), i mercati della comunicazione hanno un’attitudine a creare concentrazioni, oligopoli e monopoli che possono generare esternalità negative (che minacciano dunque la sfera pubblica). ➣Dunque, il baricentro dei fallimenti del mercato dei media si è spostato dalla scarsità della banda elettromagnetica alla possibilità di generare effetti benefici per la sfera pubblica. Un’etica generalista ➣Per tentare di ricostruire un idealtipo di PSB (Public Service Broadcaster) , Blumler menziona il concetto di etica generalista (figlia del triplice imperativo reithiano) che mira a un compromesso fra qualità e popolarità. ➣[Nei diversi Paesi europei, soprattutto all’inizio degli anni ‘60 quando in ITA-GER-FRA-GB si passa da uno a due canali, c’è un tentativo di rendere l’offerta sempre equilibrata e complementare. Nel caso dell’Italia e di altri paesi europei, gli imperativi reithiani assumono una connotazione nazionale: - educare → insegnare una lingua unificata in primo luogo e inoltre, adattando le opere teatrali e i romanzi, ad avvicinare gli spettatori alle “letture obbligatorie”. - Informare → senza MAI raggiungere il professionismo e l’autonomia della BBC , faticando a scrollarsi il rigido controllo governativo (soprattutto quando si passerà dalla RAI governativa a quella lottizzata dopo la riforma del 1975).

- intrattenere con generi molto popolari come il gioco a premi e il varietà Insomma, con luci e ombre, l’etica generalista mira a un compromesso fra qualità e popolarità.] ➣L’etica generalista è uno dei risultati più rilevanti raggiunti dal servizio pubblico dagli anni 50 agli anni 70. In questi anni, la televisione pubblica contribuisce a una modernizzazione morbida, a una prima diffusione dei consumi, alla trasformazione dell’unità domestica e soprattutto (grazie al monopolio+presenza di solo uno o max 2 canali) alla costruzione di un senso rinnovato della nazione. MA con l’ulteriore elaborazione del concetto di servizio pubblico, con l’evoluzione economica e tecnologica del mercato, sembra si stia andando verso una direzione opposta all’etica generalista. Dopo gli anni 80, la comparsa della tv commerciale porterà i paesi europei a un generalismo differente destinato a massimizzare gli ascolti per dare spazio agli inserzionisti pubblicitari. Inoltre, in piena crisi di identità, anche le televisioni pubblic...


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