La relazione educativa PDF

Title La relazione educativa
Author Rossana Sambuco
Course Scienze Della Formazione Primaria
Institution Università degli Studi di Salerno
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La relazione educativa La storia della scuola è la storia della consapevolezza scolastica ed educativa. Alla base della storia della scuola troviamo il maestro/formatore che è il PRINCEPS DEGLI EDUCATORI; essa è una sommaria storia dell'educazione, dei processi, dei rapporti educativi e quindi delle relazioni educative. Non ogni relazione è educativa. La caratteristica fondamentale della relazione educativa è che essa rende liberi, cioè capaci di compiere azioni morali. Molti educatori cadono nella frustrazione ritenendo educativo ciò che non lo è. Educare significa guidare alla conquista della libertà e per farlo non basta soddisfare i bisogni primari né trasmettere competenze strumentali: la sfida sta nel far maturare la moralità come “espressione in atto” della libertà. La pratica educativa, se analizzata nelle sue variabili (spaziali, temporali, sociologiche e culturali) rappresenta la libertà dell’essere umano nel suo concreto costruirsi. Dialogo tra Socrate e Lachete di Platone Attraverso questo dialogo dovremmo raggiungere l’attitudine maieutica di ricerca del vero che in quanto tale (vero), diventa sempre più ad ampio spettro e ingloba tutta una serie di prerogative che nella istintiva ricerca della risposta ridotta ed immediata, sicuramente vengono all'inizio scartate. L'esempio di tutto questo è il bellissimo dialogo tra Socrate e Lachete, all'interno del quale ci rendiamo conto che per quanto noi siamo istintivamente portati a dire che la prima risposta di Lachete sia giusta alla domanda “che cos'è il coraggio?” (Prima risposta: il coraggio è il soldato che resta e resiste nonostante tutto), man mano ci rendiamo conto che una DIALOGICA CRITICA mette ogni volta in crisi la convinzione di partenza. Se in questo discorso non ritroviamo immediatamente un agire pedagogico, sicuramente ritroviamo un agire che è quello della ricerca condivisa rispetto a un dato di partenza, che è la possibilità di trovare la verità rispetto a qualcosa. La relazione educativa è il frutto del rapporto teso alla ricerca di una verità, all'interno della cui ricerca è previsto il diritto alla libertà di fare questa ricerca. Ha inizio una grande storia, che ha origine nell'antichità classica (antica Grecia) con i grandi Socrate, Platone, Aristotele e che avanza in una continua dialettica. Si instaura quindi un rapporto tra il ruolo di GUIDA (maestro, pedagogista, pedagogo, mentore, genitori) e il ruolo di un DISCENTE che al contempo viene rispettato nella sua libertà. Questo è un equilibrio talmente precario che risente di un’evoluzione lunga millenni. Da educazione passiamo a pedagogia quando essa diventa una scienza dell'educazione. Si passa da storia della pedagogia a storia dell'Istruzione che si caratterizza per la formazione delle nuove generazioni. E questa sarebbe la storia della scuola ovvero l'evoluzione nell'evoluzione, per questo si parte da così lontano. Premessa l'evoluzione di tutta l'educazione, dell'umanità e permesso lo sviluppo di una pedagogia scientificamente intesa, è un bisogno naturale andare a collocare questi saperi nell'istruzione e nella ricostruzione storica dell'Istruzione che ci accoglierà in futuro come maestri e pedagogisti. Andare in aula come maestri o come semplici lavoratori è differente: ● andare in aula come maestri si fa in maniera presuntuosa perché è come essere capaci, socraticamente parlando, di scavare all'interno dell’allievo cercando di far scaturire la ricerca della verità; ● mentre andare come semplici lavoratori significherebbe applicare protocolli e programmi e stabilire obiettivi che bisogna raggiungere. Una cosa è dire di voler far scaturire nell'alunno con pazienza la giusta ricerca della verità, altra cosa è leggere in maniera approfondita tutta la stanca pazienza con la quale Socrate continua a lavorare ai fianchi, nella convinzione di un uomo granitico come Lachete e ne incrina le certezze, ferendolo ai lati e mettendolo in difficoltà dialettica fino a farci sorridere (pare che Socrate lo prenda in giro anche se

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in realtà ne sta stimolando la ricerca della verità aggirandolo, accerchiando ma soprattutto RISPETTANDOLO). La ricerca del rispetto dell'interlocutore consiste nell’adoperare una cautela nel confutare le certezze di Lachete, tanto da procedere in punta di piedi. Il bambino con cui avremo a che fare, infatti, ha la stessa fragilità di Lachete, solo che l'uno ce l'ha per spessore, il bambino invece perché è fragile, quindi nel caso in cui fosse fermamente convinto di dire una cosa giusta, seppur sia sbagliata, il nostro compito è quello di comportarci come fini psicologi cercando di capire in che modo “mettere in crisi” le conoscenze del bambino, ma rispettando il bambino stesso, senza però mettere in cirisi la sua autostima. Aristotele Aristotele ha trattato il tema della relazione. Poiché era sempre alla ricerca della concretezza in quelle cose che possono essere definite scienze matematiche, lui parla di relazione proprio in relazione ai numeri e alla matematica: i numeri spesso entrano in relazione tra loro; così come i numeri, anche le persone entrano in relazione tra loro, parlerà perciò di relazioni interpersonali. Questo non ci deve far pensare che Aristotele non si interessasse all’aspetto umano delle relazioni perchè un esempio di come per lui fosse importante la relazione sociale, lo ritroveremo nell’etica nicomachea in cui parla dell’amicizia , fondamentale per gli esseri umani. Attraverso la comunanza con gli altri uomini, c’è la possibilità che l’uomo possa migliorarsi e trarre esempio da chi sta accanto a lui, comprendendo che “dai nobili apprendi nobili cose” . Partendo da tale presupposto, Aristotele deduce che non può esserci l’atto educativo se non vi è la comunanza tra le parti. L’amicizia, il rapporto e la relazione che esistono tra persone che sono in comunanza, è testimonianza del fatto che io definisco “amico” colui nei confronti del quale mi comporto come mi comporterei con me stesso. Solo in questo caso si sviluppa la comunanza e possiamo parlare di una veritiera relazione. Che cosa accade dopo l’antichità classica? Innanzitutto è bene precisare che l’antichità classica ci fornisce le basi di ragionamento sull’evoluzione del concetto di educazione. Nella storia dell’umanità occidentale arriva la civiltà romana che innesta il concetto dell’Humanitas. Vi è lo spostamento dall’astrazione teoretica della relazione, dell’educazione e della pedagogia al concreto. C’è una grande testimonianza di evoluzione nei rapporti tra i soggetti che la civiltà romana ha montato su quella greca di fondo: il concetto di Humanitas è inteso come un accento riposizionato sull’uomo. Quest’ultimo è al centro dei rapporti tra cose, persone e società. L’uomo è al centro della riflessione dell’uomo stesso; non è più sottoposto alle leggi inderogabili, divine, intoccabili ma è artefice e protagonista del suo agire. Questo è un cambio epocale nel concetto stesso di soggetto, di fatti “humanitas” significa ricollocazione dell’uomo al centro dell’agire umano e non la considerazione dell’agire umano come agire sottoposto alle leggi che l’uomo subisce. Quindi vi è un passaggio dall’impersonalità di quelle regole alla personalizzazione del soggetto, siamo ai barlumi iniziali di quello che oggi definiremmo il metodo individualizzato, la personalizzazione, la considerazione personalizzata del soggetto. Nel momento in cui, con l’avvento della civiltà romana, l’uomo si fa protagonista delle sue vicende e anche ogni forma di trasmissione e di relazione dei saperi diventa riferibile a quello che è l’uomo, in quanto soggetto. Per questo motivo una delle più grandi storie della civiltà umana è quella romana. Che cosa significa allora rimettere l’uomo al centro? Per la prima volta un maestro immenso come Quintiliano n ell’ “istituzione oratoria” mette a frutto l’incontro tra il costume educativo romano improntato su rigore, severità e conquista e la cultura

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greca. Il risultato è LA RIVALUTAZIONE DEL RAPPORTO CON LA NUOVA GENERAZIONE DA EDUCARE. Mari scrive che l’ideale di Humanitas che ne scaturisce imprime un nuovo indirizzo all’educazione che si fa più attenta al profilo psicologico dell’educando. Quintiliano nel suo testo scrive che talvolta l’eccesso di severità scoraggia i ragazzi e occorre investire sulla speranza dell’educando perché se egli può sperare di fare meglio, allora io maestro non lo perdo e lo stimolo nel fare meglio. Nei versi di Quintiliano siamo già calati in un contesto didattico-scolastico che fa riferimento ai rapporti con allievi, compiti e scuola. Questa è la prima volta nella storia che si parla di chi deve apprendere considerandolo non solo nella sua essenza in quanto soggetto, ma anche per le sue attese e le sue speranze, dunque viene osservato secondo una MODALITÀ DI CONSIDERAZIONE LOGICO-PROTETTIVA. Se Quintiliano parla del maestro per formalizzare e completare questo scenario in cui c’è la rivalutazione del soggetto, le pagine di Mari, dedicate a Pseudo-Plutarco p arlano dei genitori con i figli. Se mettiamo insieme il concetto del maestro-allievo e quello di genitore-figlio, completiamo il prisma della relazione educativa rispetto alle nuove generazioni. I versi tratti da Pseudo-Plutarco “Come educare i propri figli ” sono di un’attualità sconcertante. I bambini non hanno tempo e i genitori oggigiorno non hanno cura e propensione di un loro talento e del tempo stesso del bambino perché vengono sovralimentati di attività. “I bambini sono come le piante: crescono con la giusta quantità d’acqua ma se gliene si dà troppa affogano, così la mente del bambino con le giuste fatiche si dilata, ma con quellae eccessive viene schiacciata. Bisogna dunque dare ai ragazzi la possibilità di riprendere fiato dalle continue fatiche, riflettendo che tutta la nostra vita è ripartita tra riposo e impegno, tra attività lavorative e attività ricreative.” L’avvento di Cristianesimo L’avvenimento successivo che determina un passo aggiuntivo significativo è il cristianesimo, con l’avvento di Cristo. A livello storico ha rappresentato per la storia dell’umanità e dei rapporti di relazione educativa la narrazione di salvezza dell’uomo. Il cristianesimo è l’unica religione che rivela all’uomo il fatto che egli sia figlio di Dio. Con l’avvento del cristianesimo la divinità scende tra gli uomini e si fa uomo concedendo agli uomini di ucciderlo, di fatti si scrive che “un Dio si lascia uccidere dai suoi stessi figli”. Tale racconto biblico cambia la storia dell’umanità perché diventa la più elevata rivalutazione del concetto di uomo, al contempo fragilissimo e la testimonianza di Dio in terra. Se riuscissimo a concepire il racconto della salvezza divina di matrice cristiana come evoluzione del concetto di Humanitas, noi vediamo una sorta di arricchimento, riempimento, che in senso laico e religioso arriva al completamento di un profilo che è l’umano espresso nella sua più elevata potenza e questo poi si riverbera in termini educativi e relazionali. Se con Quintiliano consideravamo per la prima volta la psicologia, le speranze, la velleità del soggetto, con il cristianesimo si fa forte e vivo il concetto di uomo come dono e come essere intoccabile e al contempo il concetto di bambino come germoglio della generazione della vita che verrà: diventa la svolta che pone definitivamente l’accento dell’educazione sulla prospettiva in direzione dell’educando. Il racconto del cristianesimo innesta un altro profilo della relazione educativa: Dio si mette tra gli ultimi e al contempo stando tra gli ultimi è maestro perchè Guida, quindi il f iglio di Dio diventa pedagogo. Se la prendiamo come racconto laico, la religione monoteista relativa a un Dio che uno e trino, non è nient’altro che una religione che ci concede di fare tutto ciò che vogliamo e prevede all’interno del proprio sistema la smentita della propria essenza, si parla di libero arbitrio: posso ribellarmi a Dio e posso peccare perché il male esiste ed è previsto dal bene; il male è figlio degenere della libertà

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dell’uomo, la fede stessa non avrebbe senso se non potessimo fare del male. In termini laici, quindi, è la più alta forma di rispetto e a autonomia che una religione abbia mai riconosciuto agli uomini. Sant’Agostino mette al centro una considerazione nuova dell’educando, cioè di chi dall’altra parte deve ricevere. Nella “La catechesi dei principianti” si considera l’interlocutore di una relazione educativa nella sua massima dignità perché pone il problema di indagare su quello che l’interlocutore già sa e conosce. Quando il maestro parla a un ragazzino e indaga su cose che già conosce, egli lo rifiuterà perchè stanco di sentire dire cose che anche approssimativamente conosce; ció perchè non ne stiamo rispettando il profilo: il bambino si indigna perché avvertendo che non stiamo considerando ciò che già sa, si offende. Il bambino si sente giudicato per qualcosa che il maestro nel momento della valutazione avrebbe dovuto intravedere nella sua preparazione. Nel suo passo avvertiamo un primo germe di metodo individualizzato: non siamo più solo nell’evoluzione pedagogica quanto piuttosto nella didattica. L’ars pedagogica è propria di chi al contempo è in grado di trasmettere saperi e leggere le persone. SAN TOMMASO, “De Magistro” Con San Tommaso arriviamo alla teorizzazione dell’evoluzione del rapporto tra educatore ed educando che tiene dentro di sè tutta la storia che ci siamo raccontati in precedenza. Nell’attività dell’insegnamento rinveniamo un doppio oggetto, lo stesso verbo insegnare regge in latino un doppio accusativo: ● il primo oggetto è rappresentato dall’argomento stesso che viene insegnato; ● il secondo è costituito dalla persona a cui il sapere viene trasmesso. Non si può pensare di parlare di insegnamento senza che ciò presupponga due oggetti di pari importanza, due elementi che prima di questa evoluzione storica erano un solo elemento, ovvero il CONTENUTO. “L’educazione monastica e cavalleresca” L’educazione monastica e cavalleresca è un passaggio ricco di modernità, dal rovesciamento pedagogico rispetto alla severità, alla costrizione, alla norma e alla ferocia di alcuni metodi del passato. Avanzando nei secoli, siamo dinanzi a dinamiche pedagogiche quasi sconcertanti. Il messaggio di Comenio (gigante dell’insegnamento) è un messaggio di grande modernità. In “Grande didattica” Comenio innesta un concetto nuovo, quello dell’umiltà. Per la prima volta pur facendo salva l’asimmetria tra educatore ed educando, si ammette di non poter educare senza umiltà, un concetto che però va contestualizzato. John Locke “pensieri sull’educazione” Nel testo si parla del maestro in funzione del rapporto che ha con l’allievo e quindi della dignità del maestro e del suo ruolo. L’allievo non deve percepire il fatto che il maestro non ha potere su di lui, il bambino non può avere rispetto dell’insegnante se non sono in primis i genitori a mostrare rispetto per il medesimo. I bambini non possono mostrare rispetto per un precettore che i suoi genitori disprezzano. Egli deve riconoscere una sana e corretta asimmetria dalla quale attingere qualcosa, e non riconoscere una forzata asimmetria all’interno della quale subisce. La possibilità di avere e la possibilità di subire da un rapporto differenzia una pratica educativa corretta da una scorretta. Vi sono tre elementi presenti all’interno di un rapporto educativo in cui l’educatore cresce, agli occhi dell’educando, in termini di prestigio. Tali elementi sono: 1. la giusta dose di severità;

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2. la capacità del maestro di non contorcere i rami di quest’arbusto che deve crescere; 3. la capacità di andare incontro alle speranze. Bisogna stabilire un rapporto in cui la figura del docente e la figura del discente si evolvono sul piano del prestigio acquisito. La corretta asimmetria viene rispettata laddove c’è la figura di un’autorevolezza. Viceversa, se ci fosse una pratica che va ad espletare una sorta di autoritarismo dettato dal prestigio che si vuole imporre perché “io sono il professore”, la corretta asimmetria è falsata. Guai a perdere prestigio e autorevolezza di fronte all’infanzia perchè i bambini che perdono stima nella figura dell’insegnante è difficile che la recuperino. Dare il “tu” alle maestre è una forma che corrisponde a dare minore importanza in termini di professionalità educativa e più confidenza in termini di colloquialità diretta. Rousseau e Pestalozzi Con Rousseau e Pestalozzi si arriva alla crisi del rapporto tra permissivismo, severità e esperienza pragmatica del vivere. Rousseau con il suo Emilio m  etteva in crisi il concetto di educazione frutto delle norme precostituite. Secondo Rousseau il bambino è al centro di una natura e di un universo e delle cose che dalla natura e dall’universo derivano. Pestalozzi completa il prisma perché riporta “il diario dell’educazione del figlio” e nuovamente la prospettiva va di pari passo tra educazione intesa come formazione di natura scolastica (maestro-allievo) e l’educazione intesa come avvicendamento generazionale (genitori-figli). Quindi dobbiamo sforzarci di leggere l’Emilio d i Rousseau e il diario dell’educazione del figlio di Pestalozzi in successione. Per Rousseau il bambino dovrebbe studiare un unico testo (Il Robinson Crusoe di Daniel Defoe, 1719) affinché cresca in un naturalismo di impostazione quasi globale e universale. Questo perchè l’uomo che si ritrova in una condizione di primitivo rapporto con sé stesso e con la natura, dovendo quindi autoformare se stesso al cospetto di una natura matrigna che riscopre come madre archetipica perché è naufrago, solo e non ha aiuti. “Non bisogna costringere un bambino a stare fermo quando vuole muoversi, né a muoversi quando vuole restare dov’è. Finché la loro volontà non è stata falsata dagli adulti, i bambini non vogliono mai nulla di inutile (provocazione di Rousseau). Quando ne hanno voglia devono poter saltare, correre, gridare a loro piacimento. Tutti questi movimenti esprimono il bisogno del loro organismo di irrobustirsi”. Questa è una visione completamente stravolta che scardina ogni recinto. Il “diario sull’educazione del figlio” di Pestalozzi è un encomiabile sforzo di sintesi, non rifiuta le provocatorie posizioni di Rousseau, ma la reinterpreta: pur inquadrando il soggetto in un serie di regole, tende comunque alla ricerca della libertà del bambino e del ragazzo. Il bambino deve obbedire al padre perché sa che il padre gli darà consigli buoni. È il ruolo che viene dai fatti e non la supina obbedienza ai fatti poiché provengono dal ruolo! RAPPORTO TRA CRISI DELL’EDUCAZIONE E NUOVE PROPOSTE PROVOCATORIE DI PERMISSIVISMO, RISPETTO ALLA CRISI DEI SISTEMI CONSOLIDATI STORICAMENTE DALL’EDUCAZIONE: ● Con ROUSSEAU, invece, si concepisce una proposta pedagogica che mette al centro il sovvertimento di quelle che erano le regole consolidate dall’educazione; ne scardina il concetto dalla base. CHE COS’ERA FINO AD ALLORA L’EDUCAZIONE PER ROUSSEAU? L’educazione era costrizione, norma, vincolo, forzatura. Per questo motivo egli ripropone un’educazione che ricollochi il fanciullo nel suo stato di natura. La libertà per Rousseau è la possibilità di essere ricollocati nel proprio stato di natura. Se il bambino vuole fare qualcosa deve farlo perché troverà il suo limite nell’esperienza diretta che lo metterà di

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fronte alle prove che gli concederà: ad esempio, se si fa male in futuro non compierà più quel gesto che gli ha provocato dolore. ● Con PESTALOZZI abbiamo la ricollocazione della ricerca della libertà in una corretta gestione pedagogico-educativa affidata comunque alla figura di un maestro che media tra una crisi dell’educazione, messa in totale discussione e ribaltata, e una corretta ricerca della libertà e delle attitudini del fanciullo. Qui si arriva al cuore di una ricentralizzazione del fanciullo. Partendo da Rousseau e Pestalozzi con l’elemento della natura, della libertà e del fattore esperienziale dell'infanzia, arriviamo a FROEBEL, cioè colui che concepisce i kindergarten, ricollocando l'evento educativo in uno scenario naturale e di libertà. Froebel si annovera tra i più grandi rivoluzionari di una corrente che potremmo derivare anche dall’attivismo che si consolida in una corrente che vede altri giganti come Montessori e Agazzi lavorare nel suo medesimo dis...


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