La repressione criminale PDF

Title La repressione criminale
Course Storia del diritto romano
Institution Università degli Studi di Brescia
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Summary

Riassunto della sezione "La Repressione Criminale"....


Description

La repressione criminale Età delle origini. Ai tempi si parlava di violazioni di regole di tipo religioso, infatti si voleva mantenere la PAX DEORUM, cioè un costante buon rapporto tra uomo e divinità. Qualsiasi evento naturale era visto come risposta degli dei nei confronti degli uomini. Per evitare negatività verso il singolo o la comunità gli dei non si offendono. Dunque vengono create delle regole primitive “leges regiae” emanate dai re, infrangerle=distruggere il pax deorum. Re= capo supremo religioso e politico. I comportamenti non consentiti e le loro sanzioni: Innanzitutto bisogna distinguere i SCELERA EXPIABILIA(misfatti suscettibili di espiazione) dai SCELERA INEXPIABILIA(non espiabili). Se scelera expiabilia, l’autore doveva fare un’offerta espiatoria, il PIACULUM(dovevano offrire un animale o altre offerte. Se scelera inexpiabilia l’autore doveva rispondere co la propria persona nei confronti della divinità offesa, vi possono essere due sanzioni: la CONSECRATIO= consacrazione del colpevole e dei propri beni alla divinità o la messa a morte con un sacrificio rituale. Esempi di scelera expiabilia: le concubine non potevano toccare l’ara di Giunone , se lo facevano dovevano sacrificare un’agnella alla divinità offesa. La vedova non poteva risposarsi prima che passasse un anno dalla morte del marito, puinzione: sacrificare una vacca gravida (infatti vi era la paura che non si potesse sapere la paternità dei figli). Esempi di scelera inexpiabilia: Se non rispettati gli obblighi di reciproca fedeltà tra patrono e cliente(ancora ai tempi di Romolo. Nel V secolo le LEGES SACRATAE dei plebei prevedono la consecratio per chiunque violi i TRIBUNI. Chi subisce la Consecratio=Homo Sacer.. abbandonato alla vendetta della divinità offesa può essere ucciso da chiunque. La sua uccisione però non segue rituali religiosi predeterminati. Diverso è per il DEO NECARI, il colpevole viene sacrificato alle divinità offese con vari riti. Ad ex. chi uccide il proprio pater—> pena del sacco: gettato in un fiume in un sacco di cuoio nero con animali simbolici(vipera, cane, gallo, scimmia). Il ladro veniva appiccato ad un albero e poi fustigato a morte—> si riteneva offendesse Cerere, divinità dei raccolti. Lo stesso avveniva per il reato di PERDUELLIO: attentato contro la comunità politica. Sembra che risalga a quando Orazio uccise la sorella: non solo omicidio, ma perduellio perché le armi erano rivolte contro un cittadino e non un nemico. Venne ucciso senza aspetti sacrali, per questo viene introdottala provocatio ad populum. Emblematica la repressione dell’omicidio. Il re Numa Pompilio punì l’omicidio distiguendo due ipotesi: 1. L’omicidio volontario, commesso con dolo. Sanzione: possibilità di vendetta, il gruppo familiare dell’ucciso doveva uccidere l’omicida. (probabilmente sotto il controllo di quaestores parricidii). 2. Omicidio colposo, l’autore doveva in funzione espiatoria offrire un ariete alla famiglia dell’ucciso, al cospetto del popolo. Poi vi è una laicizzazione. Pagina 1  di 9 

L’accertamento di se un omicidio fosse doloso o colposo, spettava alla Civitas ed era il re ad occuparsi del tutto. Questo compito passerà poi ai Quaestores paricidii , ausiliari del sovrano. Ergo 3 soggetti coinvolti: re, i suoi ausiliari, popolo. Buono spazio viene lasciato anche alla vendetta privata. Ad esempio in caso di danni tra minori erano i minori stessi ad occuparsi della sanzione. In questi casi la civitas si occupava di regolamentare queste vendette così da non lesionare la pace della comunità. Lo stesso valeva per il furto e per le lesini personali. Ciò si vede già dalle XII Tavole, per il “membrum ruptum”(lesione permanente di un organo), prevede la legge del Taglione—> vendetta, a meno che vi sia un accordo tra le parti. Nel caso dell’Os Fractum(rottura di un osso) o di Iniuriae (lesioni personali minori)-> pena patrimoniale fissa di tipo privatistico. Alcuni crimini sono puniti perché mettono in pericolo la sicurezza militare della civitas. Ad ex. Il Tradimento(la proditio), il passaggio al nemico, la codardio, la diserzione e la sedizione. No aspetto sacrale—> il re lo perseguita esercitando il proprio imperium. Laicità: colpevoli sottoposti a fustigazione e poi decapitati con scuri—> la scure compariva nei fasci littori, insegne regie rappresentanti il potere supremo del sovrano e la sua facoltà di mettere a morte i cittadini. Laicità dei crimini militari dovuta a motivi di praticità, si diffonde poi in tutta la società civile(la laicità della repressione criminale). Praticità perché per la difesa dell’esercito serviva una reazione immediata all’illecito.

Repubblica Passaggio dalla monarchia alla repubblica contrassegnato da limiti di potere dei Magistrati supremi nella repressione criminale—> provocatio ad populum. Lex Valeria de provocatione= votata dai comizi centuriati su proposta del console Valerio Publicola nel 509.—> nessun magistrati poteva far fustigare e mettere a morte un cittadino che aveva provocato al popolo. In realtà vi sono altre due leggi relative alla provocatio ad populum: una lex Valeria Horatia del 449 dopo l’esperienza decemvirale che vietava la creazione di magistrature esenti dalla provocatio e una Valeria del 300 che riprendeva il contenuto di quella del 500 aggiungendo una sanzione: il magistrato che uccideva il cittadino senza appello al popolo la sua azione sarebbe stata giudicata “improbe factum”(azione degna di riprovazione). La provocatio alla luce dello scontro tra patriziato e plebe era soprattutto strumento di tutela per i patrizi così che potessero essere giudicati da un’assemblea popolare che controllavano a pieno; mentre i plebei godevano dei tribuni. Leges sacratae—> sacertà per chiunque avesse impedito ai tribuni di proteggere i plebei. l’irrogazione, cioè l’imposizione di una pena, veniva disposta dall’assemblea della plebe. Il codice decemvirale prevedeva però che i comizi centuriati fossero l’unico organo competente a giudicare i reati puniti con la morte, sembrava sottrarre alla plebe il giudizio sui patrizi accusati di attentare alle prerogative sui tribuni. L’intervento dei magistrati plebei e dei concilia tributa plebis nella repressione criminale molto vip—> i tribuni verranno ammessi a sollevare l’accusa capitale davanti ai comizi centuriati. La provocatio era possibile sia in caso di pena di morte sia in caso di multe che superassero i 30 buoi e 2 pecore, cioè di 3020 assi. La fustigazione, invece, fino alla lex Porcia non era compresa nella provocatio. Inoltre la provocatio era utilizzabile per l’imperium domi, ma non per l’imperium militiae. Pagina 2  di 9 

Poi nel II secolo a.C.—> 3 leges Porciae : 1. Provocatio anche in caso di sola fustigazione. 2. Provocatio anche fuori dal pomerio, tipo nelle province. 3. Pena di morte per i magistrati che violavano la provocatio ad populum. La provocatio si opponeva all’esercizio indiscriminato dell’Imperium(che i magistrati avevano ereditato dal re), o meglio alla Coercitio(particolare attributo dell’Imperium). Coercitio=potere di punire senza giudizio, dunque in via amministrativa chiunque non rispettasse un ordine del magistrato o gli impedisse l’esercizio delle funzioni. Per questo la traduzione con “appello al popolo” non è esatta. La coercitio si opponeva ad un atto coercitivo del magistrato, con la richiesta di fare un processo davanti al popolo, cioè davanti ai comizi. Il processo comiziale aveva inizio solo se il cittadino contro cui il magistrato minacciava a coercitio si fosse opposto chiedendo di essere giudicato dall’assemblea popolare. Però con la Lex Valeria del 300 a.C. la provocatio era considerata implicita. Il magistrato dunque non usava più la coercitio e rinviava la questione ai comizi competenti. Questione portata davanti ai comizi dai Questores Parricidii. Facoltà di causare di fronte ai comizi centuriati era anche dei tribuni della plebe(come la perduellio). Mentre la competenza per i processi multatici spettava ai concilia tributa plebis. Il magistrato che voleva proporre l’accusa intimava all’accusato di presentarsi il tal giorno di fronte all’assemblea competente, comunicandogli il crimine e la pena che gli spettava. Il magistrato doveva naturalmente fornire dei garanti. Prima fase del processo: ANQUISITIO—> dedicata all’Istruttoria, si svolgeva in forma di dibattito, nel corso di 3 riunioni informali CONTIONES. Venivano sentiti i testimoni di entrambe le parti, il magistrato accusatore e l’accusato(assistito da avvocati). Al termine della terza riunione il magistrato poteva anche decidere di ritirare l’accusa. In caso contrario proponeva all’assemblea la condanna. Per la decisione finale vi era una quarta riunione formale, fissata dopo un intervallo di 24 giorni(TRUNUNDINUM) dall’ultima CONTIO. Il popolo votava senza ulteriori discussioni sul caso. Inizialmente voto espresso oralmente, dopo la Lex Cassia del 137 si passò al voto per mezzo di tavolette cerate su cui vi erano le lettere L(libero) e D(damno), i base a quale lettera veniva cancellata s’indicava il voler condannare o assolvere. L’accusato poteva sottrarsi dal pena capitale, andando in esilio prima dell’ultimo voto. Dopo this decisione vi era un’ “interdizione dell’acqua e del fuoco” che comportava: perdita della cittadinanza, confisca di tutti i beni, divieto di tornare a Roma. Però i reati di minor conto non erano istituiti di fronte all’assemblea popolare. Si pensava che di fronte ai comizi: solo reati di tipo politico; mentre gli illeciti comuni erano giudicati in modo diverso—> vi erano infatti strumenti processuali di tipo privatistico amministrati dai quaetores parricidi o dai pretori. Crimini di natura non politica—> quaestores parricidi. Compiti di polizia—> tresviri capitales. Due obiezioni: (la seconda è forse il fatto che non finivano tutte ai comizi)! 1. Non bastava il giudizio del popolo perché un cittadino non fosse messo a morte. La delinquenza di strada era repressa dalla polizia ad opera dei tresviri capitales e dunque per via amministrativa e non giurisdizionale. Per i crimini più gravi poteva esserci la carcerazione preventiva e non vi era l’obbligo di convocare i comizi entro un certo termine, dunque un cittadino meno abbiente vi poteva essere una data indeterminata dell’incarcerazione. Dunque al giudizio dei comizi perveniva solo un numero limitato di crimina. Col tempo si capì che il giudizio popolare non funzionava. Pagina 3  di 9 

Vi erano 4 sedute ed il rischio che al momento della votazione ci fossero cittadini che non erano presenti a quelle precedenti. Inoltre per comprendere certi casi servivano delle cognizioni tecniche particolari. I cittadini erano spesso influenzati da pressioni politiche, infatti il Senato diventò mano a mano più ostile all’assemblea popolare. Nel II secolo a.C. il Senato iniziò a sostituirsi all’assemblea popolare nella repressione criminale e fu affidato a consoli e pretori il compito di perseguire fatti criminosi di particolare gravità. Come quando i seguaci di Bacco stavano facendo un frastuono tale da condurre il tutto, sotto ordine del Senato, dai consoli e senza iuridicia populi. Dunque per crimini che destavano allarme sociale, come la persecuzione dei seguaci di Tiberio Gracco—> si parlava di “quaestiones straordinarie”, erano indagini affidate ad un senatoconsulto. Anche se vi erano pure quaestiones straordinarie istituite col voto popolare di un plebiscito, su proposta dei tribuni ed in questo caso legittime dal punto di vista costituzionale. Il Senato si faceva sentire soprattuto in casi politici (Tiberio Gracco) ed in caso di ruberie dei governatori nelle province. Il Senato allora istituì commissioni straordinarie formate da senatori con inizialmente la sola funzione di accertare i fatti e di ordinare la restituzione del maltolto. Si trattava di procedure di tipo privatistico che si concludevamo con un’eventuale condanna risarcitoria e i provinciali non avevano neanche il diritto di agire in prima persona, ma dovevano farsi assistere da patroni romani. 149 a.C. primo tribunale permanente thx alla lex Calpurnia, tribunale presieduto dal praetor peregrinus e formato da giurati dell’ordine senatorio. Però con la lex Calpurnia si era ancora su un processo di tipo privatistico, il processo si svolgeva sulla base di un Sacramentum e non erano previste pene pubbliche, ma solo il risarcimento. Si passerà ad una pena pubblica da versare all’erario durante gli anni di Caio Gracco. Si parla ora di un vero e proprio crimen, i giudizi su questo erano di competenza di un tribunale penale presieduto da un pretore e composto da giurati appartenenti all’ordine equestre. Il Senato voleva che i giurati venissero dal proprio ordo, i populares che venissero dai Cavalieri, ordo a loro alleato. Questo processo finì per sostituire quello davanti all’assemblea popolare. Per quanto riguarda i crimini puniti con la pena di morte—> lex de capite civis fatta votare da Caio Gracco= solo il popolo poteva autorizzare la costituzione di corti giudicanti qualora fossero competenti d’infliggere la pena di morte, la legge tolse dunque il potere Senato. Nello sviluppo delle quaestiones perpetue è fondamentale anche Silla che restituì il controllo delle giurie al Senato e sottrae molti compiti alle assemblee popolari; inoltre istituì molti tribunali permanenti, ciascuno competente ad un determinato crimine. Poi Silla continuò a creare nuove quaestiones o a riordinare quelle esistenti. Anche Cesare e Pompeo si occupano di sistemare certe questioni. L’ultima riforma delle quaestiones perpetue fu quella di Augusto del 17 a.C. che riorganizzò il processo criminale. Le quaestiones erano competenti solo per i crimini commessi a Roma e entro mille passi della città. Nelle province era esercitata dal governatore, in quanto avente imperium. Nei confronti dei cittadini romani, in seguito alle Leges Porciae che avevano esteso il diritto di provocare ad populum anche nelle province, il governatore non poteva avvalersi liberamente dell’imperium. Egli dunque doveva inviare l’accusato nella capitale, così che fosse giudicato dalla quaestio competente.Sappiamo poco della repressione criminale Pagina 4  di 9 

nelle province.. alcuni processi contro cittadini romani si svolgevano in provincia, di fronte al governatore assistito da un consilium(procedura in sostituzione dell’invio del cittadino a Roma). Nei municipi, colonie e nelle città libere e federate vi erano tribunali simili alle corti permanenti giudicanti a Roma(non si sa però se erano competenti per tutti i crimini o sono per quelli minori). Ogni legge di una quesito permanente prevedeva la fattispecie criminosa e regolamentava la procedura da seguire di fronte alla giuria, stabilendo l pena del colpevole. Caratteristiche procedurali delle quaestiones perpetuae: 1. L’accusa era affidata ad un qualsiasi privato cittadino, si chiedeva solo che l’accusatore fosse un cittadino di buona reputazione. 2. Chi voleva proporre un’accusa, doveva presentare al magistrato che presiedeva la quaestio, un’istanza per far accertare la propria legittimazione ad accusare. 3. L’accusatore poi ingiungeva all’accusato di presentarsi di fronte al magistrato, davanti al quale lo incolpava del crimine. Il magistrato metteva la causa nel registro dei processi e fissava il giorno dello svolgimento del giudizio. 4. Prima del dibattito si formava la giuria dalle liste di giudici pubblicate ogni anno veniva estratto un numero superiore a quello necessario e poi accusato ed accusatore potevano eliminare i nomi dei giurati che non erano di loro gradimento. 5.Il dibattito si svolgeva sotto la direzione del magistrato presidente della quaestio e si poteva procedere anche in assenza dell’accusato. 1.Arringhe di accusa e difesa pronunciate da avvocati. 2.Escussione dei testimoni(interrogatorio dei testimoni in un processo) prima dalla parte che li aveva indicati, poi dall’avversario. Se i testimoni erano di condizione servile, erano sottoposti a tortura. 3. A fine dibattimento, la giuria si ritirava per decidere il verdetto. I giurati utilizzavano tavolette cerate che deponevano in un’urna, dove potevano votare: condanna, assoluzione o astenersi.Il magistrato presidente non votava. Se troppe astensioni e non si raggiungeva la maggioranza prescritta per la decisione—>si rinnovava il dibattito. 4. Col verdetto la giuria affermava l’innocenza o colpevolezza dell’accusato, mentre la pena era già stata decisa dalla legge istitutiva della quaestio. L’accusatore poteva essere però imputato per calumnia, se l’accusato era in realtà innocente e l’accusatore voleva soltanto nuocere a quest’ultimo. Quindi sarebbe stato condannato alla stessa pena dell’accusato. Vi erano 2 pene: morte o pagamento di una somma di denaro(il carcere non era previsto). Verso la fine della Repubblica viene introdotta come pena anche l’Esilio. Principato Cambiamento lento e graduale anche nella repressione criminale. Nuovi istituti processuali si affiancarono a quelli processuali fino a soppiantarli. Nuovo processo criminale: la Cognitio Extra Ordinem(così chiamata perché al di fuori del sistema dell’ordo iudiciorum publicorum costituito dalle corti giudicanti), protagonisti: il principe, il senato ed i funzionari imperiali. La COGNITIO EXTRA ORDINEM sostituì la procedura innanzi alle QUAESTIONES PERPETUE. Furono anche introdotti nuovi reati e nuove pene(la condizione sociale del condannato influiva sempre di più sulla pena prevista). Pagina 5  di 9 

Molti cambiamenti iniziarono ai tempi di Augusto: con la lex Iulia Iudiciorum pubicorum del 1. 17 a.C.Augusto da’ un assetto definitivo alle quaestiones perpetuae, era una sorta di “codice di procedura penale” con cui si regolamentò in maniera unitaria il processo criminale eliminando le differenze nelle varie leggi di quaestiones—> l’accusa doveva essere formulata per iscritto, tramite un libello in cui dovevano esservi il nome dell’accusato e i fatti che gli erano addebitati il riordino degli albi dei giudici da cui si dovevano trarre i nomi dei componenti della giuria. 2. Fece votare leggi che modificavano o precisavano alcune figure di reato come la MAIESTAS(crimine politico per eccellenza), la VIS pubblica e privata, il PECULATO, l’AMBITUS. 3. Istituì 2 nuove pene: per l’adulterio e per i crimini annonari. Adulterio—> da collocarsi nel clima di restaurazione morale del principe, con la Lex Iulia de adulteriis coercendis, l’unione sessuale con una donna coniugata o anche non coniugata purché di onesti costumi, veniva punita come un crimine. Il marito poteva uccidere l’amante della moglie ed il padre poteva uccidere la figlia ed il complice; ma solo se colti nella casa coniugale o in casa propria. L’accusa di fronte alla quaestio era riservata per 60 giorni al padre e al marito ed il marito era obbligato a divorziare (mentre l’adulterio del marito non era punito). Trascorso questo termine l’accusa poteva essere attuata da qualsiasi cittadino. Venne riconosciuta all’imperatore una competenza in materia criminale, poi estesa per delega imperiale ai funzionari e governatori imperiali. Dunque la cognizione criminale del principe si afferma come alternativa o sostitutiva di quella delle quaestiones perpetuae. Egli giudicava sia su richiesta dei privati sia di propria iniziativa. L’imperatore era inoltre affiancato da un Consilium di senatori e cavalieri di sua fiducia, davanti al quale si svolgevano le udienze del processo. Ma il parere di quest’ultimo non era vincolante. Tribunale imperiale sempre più rilevante. Da Adriano facevano parte del Consiulium giuristi illustri ed esperti funzionari. Questo appello che probabilmente s’ispirava alla provocatio ad populum era dovuto all’auctoritas del principe. Al di fuori delle quaestiones, l’attività giudiziaria non era totalmente nelle mani del principe: molti funzionari imperiali potevano giudicare sia in materia civile sia in materia civile sia in materia criminale. Si trattava di una cognizione di primo grado che pian piano sostituirà le corti permanenti. Ciò avvenne soprattutto nelle province: con l’estensione della cittadinanza romana comportò l’impossibilità di tutti i cives romani di farsi giudicare a Roma dalla quaestio competente con il ius provocationis. Dunque il principe permise ai governatori sia delle province senatorie sia di quelle imperiali di giudicare extra ordinem i cittadini nella zona da loro amministrata. I cittadini sottoposti al giudizio ...


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