Metamorfosi - Riassunto PDF

Title Metamorfosi - Riassunto
Course Letterature comparate
Institution Università degli Studi di Catania
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Riassunto ...


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Le Metamorfosi, Ovidio. Libro III Diana e Atteone Il giovane Atteone, durante una battuta di caccia, si imbatté casualmente nella grotta in cui Diana e le sue compagne facevano il bagno. Non appena si accorse della sua presenza, la dèa, adirata per l’oltraggio subito, gli spruzzò dell’acqua sul viso trasformandolo in un cervo, impedendogli così di andare a raccontare ciò che aveva visto. Il cacciatore scappando giunse ad una fonte dove, specchiatosi nell’acqua, si accorse del suo nuovo aspetto. Nel frattempo egli era inseguito dai suoi stessi cani che, catturatolo, lo sbranarono.

Giove, Semele e la nascita di Bacco Zeus innamoratosi di Semele, figlia di Cadmo e Armonia, scatena per questo l’ira di Giunone. Egli, infatti, unendosi segretamente con la fanciulla, principessa di Tebe, concepisce con lei Bacco. Giunone venuta a sapere che Semele è incinta, diviene furiosa e decide di vendicarsi. Così, scesa dall’Olimpo nella reggia di Cadmo, assume le sembianze di Beroe, nutrice della fanciulla, e riesce ad introdursi nella sua stanza. Decisa a vendicarsi, fingendo di metterla in guardia, insinua in Semele il dubbio che il suo amante non sia realmente il sovrano degli dei e che per esserne certa avrebbe dovuto chiedergliene una dimostrazione. La fanciulla, persuasa dalla finta nutrice, si convince a chiedere al sua amante, come prova della sua identità, di mostrarsi a lei nello stesso aspetto in cui si mostra alla sua consorte divina. Tale visione non le avrebbe lasciato scampo poiché un mortale non può sopportare la visione divina senza rimanerne ucciso. Certa di essere prossima alla vittoria, Giunone, torna all’Olimpo mentre Giove, ignaro, raggiunge Semele. La finta nutrice si era raccomandata di far prima promettere il dio e di sottoporgli solo in seguito la richiesta che la giovane ignora essere una richiesta di morte. Non appena il suo amante le è di fronte, Semele fa in modo che egli giuri di accontentare qualsiasi sua richiesta e così il sovrano degli dei, annebbiato dall’amore, le concede il giuramento sacro sullo Stige, giuramento che per una divinità è irreversibile. Non appena la giovane comincia a formulare la sua richiesta, Giove cerca di fermarla, di chiuderle la bocca, ma senza riuscirci. Così, vincolato dal giuramento, sale all’Olimpo per prendere i lampi, le nubi e i tuoni che gli serviranno per mostrarsi a Semele nello stesso aspetto in cui si mostra ad Era. Commosso, sceglie un fulmine più piccolo per provocarle meno dolore e tornato nella stanza la conflagrazione è tale che Semele resta immediatamente incenerita. Un attimo prima della morte però, Giove estrae Bacco dal ventre di Semele e se lo cuce nella coscia per finirne la gestazione. Un volta nato, Giove affiderà il piccolo Bacco alla sorella di Semele, Ino, che per questo sarà anch’essa vittima.dell’ira di Giunone. Tra le altre tradizioni della vicenda, tra cui quella orfica, Semele sarebbe stata tirata fuori dall’Ade dal figlio e dunque resa immortale. A seguito di questo passaggio da mortale a immortale, la principessa tebana avrebbe preso il nome di Thyone.

Tiresia Un giorno Giove, disinibito dal nettare, intraprese una discussione con Giunone su chi, tra l’uomo e la donna, provasse più piacere. Non riuscendo ad accordarsi –Giunone, infatti, riteneva fosse l’uomo, Giove la donna- decisero d’ interpellare il pastore Tiresia. Egli era considerato l’unico capace di dare una risposta certa poiché una volta, trovatosi in una foresta, aveva colpito con un bastone due serpenti che si univano, separandoli, e questo aveva causato la sua metamorfosi in donna. Sette anni dopo sì trovò di fronte alla stessa scena e colpendo nuovamente i due serpenti, tornò ad essere uomo. Forte di questa esperienza, interrogato da Giove e Giunone, egli rispose che tra l’uomo e la donna a provare più piacere era senz’altro la donna. Tale risposta causò l’ira di Giunone che per punirlo lo accecò. Giove, per ricompensarlo del danno subito, lo dotò della facoltà di prevedere il futuro.

Narciso Narciso era un giovane così bello che tutti, uomini e donne, s’innamoravano di lui; egli però non se ne curava, anzi preferiva passare le giornate in solitudine, cacciando. Tra le sue spasimanti la Ninfa Eco, costretta a ripetere sempre le ultime parole di ciò che le era stato detto; era stata infatti punita da Giunone perché la distraeva con dei lunghi racconti mentre le altre ninfe, amanti di Giove, si nascondevano. Quando Eco cercò di avvicinarsi a Narciso questi la rifiutò. Da quel giorno la ninfa si nascose nei boschi consumandosi per l’amore non corrisposto, fino a rimanere solo una voce. Infine, poiché un amante rifiutato chiese a Nemesi di vendicarlo, Narciso fu condannato a innamorarsi della sua stessa immagine riflessa nell’acqua. Egli si lamentava poiché non riusciva a stringerla né a toccarla e i suoi lamenti venivano ripetuti da Eco. Una volta resosi conto dell’accaduto, Narciso si lasciò morire struggendosi inutilmente; quando le Naiadi e le Driadi vollero prendere il suo corpo per collocarlo sul rogo funebre, trovarono al suo posto un fiore cui fu dato il suo nome. Penteo Il mito di Penteo, figlio di Echione e di Agave, una delle figlie di Cadmo, si ricollega al ciclo di Bacco. Nel momento in cui il dio decide di stabilire a Tebe il suo culto, Penteo è contrario e vuole opporsi alla sua diffusione perché lo considera privo di razionalità e troppo sfrenato. Bacco, per vendetta, suggerisce a Penteo di recarsi sul monte Citerone per spiare le donne ed essere testimone dei loro riti. Per fare ciò il giovane si nasconde su un pino, ma le donne lo scorgono, sradicano l’albero e, accecate dalla furia dionisiaca, vedono in lui un cinghiale, per cui ne straziano il corpo. Agave è la prima a colpirlo, si impadronisce della sua testa conficcandola su un tirso. Si reca poi a Tebe portando fieramente quella che crede un trofeo, per farla vedere a Cadmo. Solo in città si accorge di aver ucciso il proprio figlio.

Bacco e i marinai di Acete Bacco fanciullo viene rapito ebbro dai pirati tirreni che non lo avevano riconosciuto. Il dio chiede di essere condotto all’isola di Nasso, sua dimora, ma i pirati lo ingannano navigando nella direzione opposta. Il timoniere Acete, l’unico ad aver capito la natura divina del fanciullo, cerca di dissuadere i compagni da tale intento, ma viene deriso. Bacco, compreso l’inganno che gli era stato teso, si manifesta in tutta la sua potenza, facendo nascere dei rami d’edera tra i remi e un tralcio di vite dall’albero maestro; per punizione i pirati vengono trasformati in delfini. L’unico a salvarsi è Acete che diventerà un seguace del dio.

Libro X

Orfeo ed Euridice Orfeo, cantore e musico tracio, sposò la ninfa Euridice, la quale nel giorno stesso delle nozze morì per il morso di un serpente. Il matrimonio infatti era stato preceduto da gravi presagi: Imeneo, dio delle nozze, era stato invano invocato da Orfeo, non aveva pronunciato parole rituali, ma soprattutto la sua fiaccola non era riuscita a fiammeggiare, mandando così tanto fumo da far piangere. Orfeo disperato per la morte prematura della moglie, dopo averla pianta sulla terra, decise di scendere agl’Inferi per pregare i signori di quei luoghi di restituirgliela. La sua supplica a Plutone e Proserpina fu accompagnata dallo splendido suono della sua lira: invocando Amore, un dio noto anche agl’Inferi, Orfeo chiese che la sua amata potesse

ritornare con lui sulla terra, poiché il filo della sua vita era stato spezzato troppo presto. Se gli dei gli avessero negato questa possibilità sarebbe rimasto anche lui in quel luogo. La supplica di Orfeo commosse quanti in quel momento si trovavano in quel luogo, Tantalo, Sisifo, Issione e le nipoti di Belo si fermarono per un momento dalla pena che stavano scontando. Scrive Ovidio che persino le Furie, piansero per la prima volta, commosse da quel canto. Il re e la regina degl’Inferi, anch’essi colpiti da tale preghiera richiamarono Euridice. Una però fu la condizione posta ad Orfeo per riavere la sua amata: non avrebbe dovuta guardarla fino a quando non fossero usciti dalla vallata dell’Averno, altrimenti la grazia sarebbe stata vana. Orfeo, presala per mano, condusse Euridice per un sentiero ripido e avvolto dalla nebbia. Non lontani dall’uscita però, forse per paura di perderla, il musico contravvenne al patto e si girò a guardarla. Subito Euridice fu risucchiata indietro, inutilmente cercò di tendere le braccia per essere afferrata, e disse per l’ultima volta addio al suo amore. Orfeo cercò di raggiungere gl’Inferi una seconda volta ma fu scacciato da Caronte. Per sette giorni il cantore rimase sulla riva del fiume infernale, senza mangiare, pieno di disperazione e dolore, poi si ritirò sul monte Ròdope.

Apollo e Ciparisso (vv. 106-142) Ciparisso era un giovane cacciatore dell’isola di Ceo (isola delle Cicladi, nell’Egeo), amato da Apollo, che si affezionò ad un cervo particolarmente mansueto, sacro alle ninfe della campagna di Cartea (una città dell’isola). Un giorno, durante una battuta di caccia, egli, credendolo selvatico, colpì per sbaglio il cervo con la lancia, e lo uccise. Resosi conto dell’errore, Ciparisso, afflitto ed inconsolabile, nonostante i ripetuti tentativi compiuti da Apollo, chiese agli dei di poter essere a lutto in eterno: venne, così, trasformato in un albero millenario, chiamato appunto cipresso dal suo nome, che Apollo decretò fosse da allora in poi di conforto ai defunti.

Giove e Ganimede Ovidio racconta come Giove si invaghì di Ganimede; trasformatosi in un’aquila, rapì e portò sull’Olimpo il giovane, che divenne il suo coppiere.

Apollo e Giacinto (vv. 162-219) Apollo s’innamorò anche di un giovane della Laconia, Giacinto, figlio di Amicla, e per stare assieme a lui tralasciò tutte le sue principali attività, trasportando invece le reti e tenendo i cani al guinzaglio quando quest’ultimo andava a caccia. Un giorno i due si spogliarono, si unsero d’olio d’oliva, ed iniziarono una gara di lancio col disco: Apollo lo fece volare in aria per primo, e Giacinto corse a riprenderlo, tuttavia, toccata terra, questo gli rimbalzò sul volto, ferendolo a morte. Apollo cercò di salvarlo, ma non poté nulla contro il destino, decise, comunque, di trasformarlo in un fiore color rosso porpora, proprio come il suo sangue, e col suo stesso nome, giacinto, affinché del giovane e del profondo dolore del dio per la sua morte si conservasse memoria in eterno.

Pigmalione Pigmalione è il leggendario scultore di Cipro che realizzò una statua eburnea di donna, talmente bella che se ne innamorò perdutamente. Chiese quindi a Venere di concedergli una sposa altrettanto bella e la dea esaudì la sua preghiera animando la statua stessa.

Mirra e Cinira Mirra, figlia di Cinira, re di Cipro, si innamorò del padre; grazie all’aiuto della vecchia nutrice, riuscì ad organizzare un incontro d’amore. Infatti, durante i festeggiamenti in onore di Cerere, la madre della ragazza aveva fatto un voto di castità; la nutrice, allora, propose a Cinira di accoppiarsi con una giovane vergine, la quale però non voleva farsi vedere. In questo modo Mirra riuscì ad unirsi per più volte col padre e a rimanere incinta. Una notte però, Cinira guardò l’amante e si accorse che si trattava della figlia: infuriatosi per l’inganno, cercò di uccidere Mirra inseguendola con una spada. La fanciulla, piangendo, chiese aiuto agli dei che la trasformarono in un albero da cui esce una resina chiamata appunto mirra. Dopo nove mesi dalla corteccia dell’albero nacque Adone, frutto di questo amore incestuoso.

Venere e Adone Adone, nato dall'unione incestuosa tra Cinira, re di Cipro, e sua figlia Mirra, era un giovane bellissimo. Venere, graffiata involontariamente da una delle frecce di Cupido, se ne innamorò perdutamente. Venere tentò invano di trattenerlo dal cacciare (e in particolare, lo mise in guardia rispetto alle bestie feroci, come cinghiali e leoni, facendo riferimento al suo coinvolgimento nella storia di Atalanta e Ippomene), ma non potè nulla. Un giorno, infatti, cacciando, Adone fu ferito mortalmente da un cinghiale. Udendo i lamenti del moribondo, la dea accorse in suo aiuto quando però era ormai troppo tardi. Nel punto in cui cadde il sangue di Adone spuntarono degli anemoni....


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