Monaca di monza PDF

Title Monaca di monza
Author daniela langella
Course Lettere e Filosofia
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
Pages 2
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Concordo con il pensiero del critico Momigliano che relativamente alla frase “la sventurata rispose” afferma che l’aggettivo comprende e il verbo condanna L’aggettivo è riferito a Geltrude, la monaca di Monza, la cui storia è diffusamente raccontata da Manzoni nei capitoli IX e X dei Promessi Sposi. Manzoni nel descrivere la monaca si ispira ad un personaggio realmente esistito, Marianna De Leyva, figlia di un nobile spagnolo, feudatario di Monza, che decise già prima della sua nascita che sarebbe andata in convento, per preservare l’integrità del suo patrimonio che doveva necessariamente essere trasmesso al primogenito viene subito educata alla vita monastica, ricevendo in dono bambole abbigliate da monaca. Geltrude è convinta fin da piccola che da adulta sarebbe diventata madre superiora ed è contenta del suo futur. Ma nell’adolescenza comincia a mostrare le prime perplessità riguardo al suo reale desiderio e interesse nel farsi monaca, soprattutto quando si accorge di provare invidia e gelosia nel sentire le sue coetanee (che avrebbero potuto scegliere di non prendere i voti) parlare di matrimoni, mariti e delle loro vite future fuori dal convento. Dopo aver trascorso in casa del padre il mese previsto fuori dal convento tra l’indifferenza e il silenzio dei familiari scelse il convento e fu “monaca per sempre” Non avendo ancora l’età per diventare badessa, vive da privilegiata in “un quartiere a parte”, contiguo alla casa abitata da Egidio, giovane scellerato il quale affascinato, invece che spaventato dai pericoli e dall’impresa empia, un giorno si permise di rivolgerle la parola. Gertrude invece che sfuggire alle provocazioni del giovane, rispose. Manzoni descrive il momento con la frase: “la sventurata rispose”, rappresentativa del destino ineluttabile di Gertrude. Lo scrittore Momigliano ha scritto che ‘’L’aggettivo comprende e il verbo condanna’’. In effetti, ritengo che dal termine “sventurata “ traspaia tutta la compassione del Manzoni verso la monaca, tutta la sua pietà e la sua comprensione. L’attributo ‘sventurata’ è utilizzato dall’autore senza alcuna sfumatura negativa, senza alcun giudizio di responsabilità della monaca la cui totale mancanza di forza morale e la cui incapacità di ribellarsi al male la spingeranno verso lo scellerato Egidio, acconsentendo anche a compiere un delitto, nonostante non vi partecipi materialmente. Gertrude viene qualificata sventurata siccome travolta dagli eventi sfavorevoli che non riesce ad eludere.

Manzoni, accosta all’aggettivo “sventurata”, con un ossimoro concettuale molto incisivo e non immediatamente percepibile, il verbo “rispose” Dando all’inciso “rispose” tutta la valenza negativa, volendo alludere alla volontarietà dell’azione di Gertrude che, invece di andarsene, decide di rispondere ad Egidio, decidendo scientemente di violare le regole religiose ed etiche, e, quindi, rendendosi responsabile dell’evento. Forse perché le parole di Egidio vengono fraintese come parole d’amore o, forse perché finalmente è libera di agire e di compiere peccati. Sono nuovamente d’accordo con Momigliano che ritiene che dal verbo “rispose” si evinca la condanna dell’autore verso la monaca la quale con la sua decisione di rispondere ad Egidio determina l’inizio di una conversazione e di un avvenimento che di certo non si sarebbe verificato se non avesse risposto. Ho notato l’ambivalenza di Manzoni riguardo alla responsabilità di Gertrude che nello stesso periodo viene negata (con il termine sventurata) e poi affermata (con il verbo: rispose) lasciando nel lettore il dubbio di chi sia la colpa di quanto succede a Gertrude. La vicenda della monaca di Monza si sviluppa come una tragedia nella quale gli eventi negativi e la colpa prendono il sopravvento, ma che poi, a differenza dalle tragedie greche, si neutralizzano grazie al potere di Dio che illumina e guida i peccatori verso la redenzione: infatti, nel canto XXXVII Lucia racconta che la “sciagurata” sospettata di atroci eventi, era stata trasportata in un monastero di Milano dove viveva volontariamente segregata in una cella, per espiare la sua colpa....


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