O.R.S.A SINDROME DI ANGELMAN PDF

Title O.R.S.A SINDROME DI ANGELMAN
Course Psicopatologia generale e clinica
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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organizzazione sindrome di Angelman...


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CAPITOLO 4 4.1 L’O.R.S.A L’ORSA è la prima associazione costituita in Italia da familiari di soggetti affetti da sindrome di Angelman, con lo scopo di essere un punto di riferimento per quanti aventi qualche caso in famiglia cercano di avere delle notizie sulla sindrome di Angelman. Essa è nata dalla volontà di un primo gruppo di famiglie, che per la prima volta si sono riunite nel gennaio del ‘96 a Castellabate in provincia di Salerno, stabilendo i primi contatti a livello internazionale con gli esperti della Sindrome. Dopo una serie di incontri con i maggiori esperti italiani sulla Sindrome nel marzo del ‘96, viene costituita una commissione permanente di neuropsichiatria, con lo scopo di mettere insieme tutte le informazioni e le esperienze fatte sulla sindrome; ciò è stato indispensabile in quanto gli studi e i lavori abbracciano una casistica così ampia che nessun specialista può ancora oggi circoscrivere. Nello stesso mese viene istituito il primo sito internet dell’ORSA, grazie alla collaborazione dei soci del provider Netgroup di Marigliano (Na), che hanno messo a disposizione uno spazio a titolo gratuito. Il sito si propone di aiutare le famiglie, i medici e i terapisti che si trovano a contatto con una persona affetta da Sindrome di Angelman, e di incoraggiare uno scambio di esperienze che possa condurre ad una conoscenza sempre più approfondita della malattia, coscienti del fatto che una maggiore conoscenza potrà portare a cure e a programmi di riabilitazione progressivamente migliori che possano garantire una discreta qualità di vita.

L’ORSA possiede un proprio statuto, non ha scopi di lucro ed ha le seguenti finalità:  provvedere al sostegno finanziario della ricerca scientifica svolta in Italia e all’estero, nei suoi aspetti di laboratorio e clinici, ed in particolare al finanziamento di validi progetti di ricerca e di borse di studio destinate al perfezionamento professionale dei ricercatori.  promuovere ed organizzare la raccolta di fondi necessari allo sviluppo e alla ricerca nel campo della sindrome di Angelman, anche attraverso iniziative e manifestazioni, e servendosi a questo scopo anche dell’opera prestata volontariamente dai propri soci.  diffondere, principalmente tra i propri associati, la conoscenza delle attività di studio e di ricerca sulla sindrome di Angelman che vengono svolte in campo nazionale internazionale.

Tra le altre attività l’ ORSA propone anche:  l’istituzione di un servizio di consulenza telefonica  l’impegno nell’ informazione attraverso pubblicazioni ed incontri tra medici e famiglie.  L’opera di sensibilizzazione presso gli organi di informazione  La creazione di una banca dati sulla patologia in continuo aggiornamento  L’organizzazione di corsi di formazione e di aggiornamento per i terapisti della riabilitazione (in particolar modo corsi gli interventisti CAA, sono così complessi ed articolati, che richiedono conoscenze professionali specifiche)1

1 www. sindrome di angelman.org

4.2 La famiglia di fronte alla Sindrome di Angelman Il

processo

di

adattamento

della

famiglia

al

fenotipo

comportamentale di un bambino affetto dalla Sindrome di Angelman, si riversa irrimediabilmente sullo stile di vita dei genitori; la vita di coppia e i rapporti sociali vengono messi a dura prova in quanto tutte le energie vengono spese per il bambino affetto dalla sindrome, il quale sin dall’infanzia manifesta dei problemi, come delle insufficienze nella deambulazione e nella comunicazione. Avere un figlio con delle problematiche che possano ostacolare il regolare sviluppo, rappresenta per i genitori una delle esperienze più difficili da affrontare; ed il modo con cui essi fanno fronte a tale situazione è basilare per la crescita del bambino e della famiglia stessa. La gravità del ritardo dello sviluppo cognitivo e linguistico, le caratteristiche neurologiche e comportamentali della sindrome, possono spesso generare nei genitori dei vissuti depressivi ed ansiosi, una fragilità emotiva che porta ad identificare il proprio figlio con l’immagine di una profezia negativa, perché negative sono sia le conseguenze derivanti dal deficit, che la reazione dei genitori dinanzi all’evento. L’adattamento psicologico della famiglia alla disabilità del figlio è stato suddiviso da autorevoli specialisti in due fasi (rif.). La prima fase richiede ai genitori di rimodulare attese e desideri rispetto alla propria vita e a quella del figlio, cercando di eliminare i sensi di colpa e di vergogna. La diagnosi della malattia può infatti creare nel genitore un forte shock, causato dal fatto che si è creata una diversità, quasi un conflitto tra il bambino ideale, sano, allevato

come oggetto d’amore, soprattutto da parte della madre sin dalla gravidanza, su cui essa ha fantasticato nutrendo delle alte aspettative, ed il bambino reale, imperfetto che la realtà ha presentato loro. Tale discrepanza potrebbe generare nell’animo dei genitori, soprattutto nella mamma, un evidente distacco nei confronti del figlio e l’accrescimento di meccanismi di difesa che possano condurre spesso alla sensazione di essere ingannata, alla rimozione e al diniego perché non è riuscita a creare quello che voleva e ad ottenere ciò per cui si era cosi laboriosamente preparata. I genitori, in particolar modo la madre, devono allora trovare il modo e la forza di elaborare la perdita del bambino ideale, inesistente, su cui già avevano fortemente investito; ma soprattutto la capacità di impiegare il proprio amore e di annullare tutti quei significati di perfezione immaginaria affibbiati al bambino prima della nascita. Nella seconda fase la famiglia comincia a cancellare l’immagine del figlio come eterno svantaggiato e ad accettare l’idea di un figlio diverso da quello pensato prima, cercando di colmare le relative insufficienze e adottare appropriati piani educativi.2 Questa è la ragione per cui la famiglia debba quindi essere considerata come protagonista di un processo di adattamento, oltre che entità che subisce un disagio; essa ha il dovere di ricevere non solo chiare informazioni sulla condizione del figlio, che consentano loro di costruire con lui un rapporto reale, ma soprattutto di avvalersi di una serie di tecniche, anche del counseling, che l’aiuti a sviluppare un tipo di reazione costruttiva, anziché di totale rassegnazione.

2 Molinari E., Genitori e disabilità: risultati di una ricerca su un campione italiano, in Clinica psicologica in sindrome rare, op. cit., pp. 212-213.

Gli operatori specialistici possiedono pertanto un ruolo centrale nel sostegno dei genitori nella gestione di eventi depressivi; ma essi non devono essere caricati da eccessiva responsabilità da parte dei genitori; il loro intento è quello di “decentrarsi” per valutare il contesto e i bisogni della famiglia, ma in particolar modo di responsabilizzare i genitori insegnando loro a non delegare il soddisfacimento dei bisogni primari del bimbo, ma ad elaborare loro stessi un progetto educativo, equilibrato, proporzionato alle capacità del bambino, evitando di diventare nevrotici perché si vuol far fare al figlio tutto ciò che è in grado di fare, o di sviluppare soprattutto nelle delle madri un iperprotezione al limite della simbiosi morbosa, che spodesta il ruolo del padre e risulta essere dannosa per il futuro del figlio. 3 Il primo grande ostacolo allo sviluppo funzionale del figlio disabile può essere infatti la famiglia, la quale tende a etichettare il soggetto come dipendente, sfavorito, cristallizzandolo nel ruolo di bambino eterno e rallentando con questo tipo di comportamento il suo processo di evoluzione. Purtroppo la realtà italiana è caratterizzata del fatto che molto raramente i genitori sono aiutati da un professionista in maniera continuativa, al fine di scegliere un piano educativo coerente con il suo livello di sviluppo e le sue necessità. E’ importante ricordare però che nei bambini affetti da questa sindrome, il bisogno di comunicare, di relazionarsi, impegnarsi in

3 Molinari E., Genitori e disabilità: risultati di una ricerca su un campione italiano, in Clinica psicologica in sindrome rare, op. cit., pp. 213-215

attività manuali, ludiche e ricreative ed educative è estremamente più grande di quanto si possa immaginare. 4.3 Ricerca su un campione italiano di genitori di figli con sindrome di Angelman. Presento una ricerca (rif.), che ha voluto approfondire nel contesto italiano gli aspetti psicologici implicati nella gestione delle problematiche comportamentali dei figli da parte di genitori affetti dalla sindrome di Angelman. Lo studio è stato condotto su un campione di 54 coppie di genitori di bambini affetti dalla sindrome, associati all’ORSA, che hanno accettato di partecipare alla ricerca. Il gruppo dei padri ha un’età media di 44 anni e quello delle madri di 41 anni. Partendo

da

osservazioni

cliniche

emerse

nella

letteratura

internazionale sull’adattamento psicologico dei genitori alla disabilità, gli autori hanno scelto di studiare i seguenti temi:  Differenze negli aspetti psicologici esperiti dalle madri e dai padri.  Stile relazionale del genitore e problematiche del figlio. Per quanto riguarda il primo obiettivo, ossia le differenze negli aspetti psicologici esperiti dalle madri e dai padri, partendo da un analisi della letteratura sull’argomento, per lo studio della condizione psicologica dei genitori di bambini affetti da disabilità sono stati selezionati i seguenti aspetti psicologici:  Ansia  Depressione  Fragilità emotiva

 Capacità di far fronte ai problemi (problem solving)  L’autostima  La qualità della vita  La percezione della gravità delle problematiche del figlio da parte dei genitori. Dall’analisi statistica condotta è emerso che le madri rispetto ai padri, esperiscono livelli più alti dei parametri psicologici descritti sopra.

Per quanto riguarda il secondo obiettivo, cioè lo stile relazionale del genitore e la percezione delle problematiche del figlio: le osservazioni cliniche hanno messo in luce che la qualità della relazione coniugale ha un ruolo importante nel processo di adattamento psicologico della famiglia alla disabilità. I criteri psicologici presi in considerazione sono:  L’ansia: intensa preoccupazione per le relazioni sentimentali, paura di essere abbandonati.  L’evitamento: difficoltà di avvicinarsi emotivamente e ad affidarsi al partner. Lo stile relazionale è suddiviso in quattro categorie:  Sicuro: basso evitamento e bassa ansia  Preoccupato: basso evitamento ed elevata ansia.  Evitante: elevato evitamento e bassa ansia  Timoroso: elevato evitamento e elevata ansia In questa parte dello studio gli autori hanno voluto indagare se e come lo stile di relazione del genitore influenzi la percezione delle problematiche del figlio.

L’analisi statica mette in rilievo che i genitori con uno stile relazionale sicuro, hanno rispetto a quelli con uno stile relazionale timoroso, una minore percezione dei problemi legati al figlio. In un’ulteriore analisi è stato valutato il ruolo assunto dalla dimensione psicologica della coppia genitoriale nell’adattamento alle problematicità del figlio. A tale scopo si è confrontato lo stile relazionale della coppia con la percezione delle problematiche comportamentali del figlio. L’analisi statistica condotta pone in evidenza il ruolo di mediatore e di supporto svolto dal genitore con stile relazionale sicuro verso il genitore con stile relazionale evitante. Oltre la coppia con stile relazionale sicuro-sicuro, anche la coppia con stile relazionale sicuro-evitante, ha una percezione della gravità delle problematiche comportamentali del figlio inferiore al livello percepito dalla coppia (quale? Evitante-evitante?) e nei due genitori. Si noti come l’interazione tra gli stili relazionali dei due coniugi svolga un ruolo di mediazione rispetto alla percezione del singolo genitore riguardo alle problematiche del figlio. In conclusione all’interno della coppia coniugale sono emerse importanti differenze tra le madri e i padri, che potrebbero essere interpretate prendendo in considerazione la suddivisione dei ruoli educativi. Riportando un sunto della ricerca si può dire che:  Le madri sperimentano in misura maggiore dei padri, vissuti di depressione, di ansia e di fragilità emotiva che determinano nel

complesso una peggiore qualità della vita. Nella dimensione familiare emerge che le madri sono il principale caregiver del portatore di disabilità, in quanto passando maggior tempo con figlio provano livelli superiori di stress. La cura del bambino, in prevalenza da parte della madre può portare a un possibile deterioramento della coppia. 

I genitori con stile relazionale sicuro hanno rispetto a quelli con uno stile relazionale timoroso una minore percezione della gravità dei problemi del figlio.

 L’interazione tra gli stili relazionali dei due coniugi svolge un ruolo di mediazione nella percezione delle problematiche del figlio. In particolare il genitore con stile relazionale sicuro ha un ruolo di supporto nei confronti del genitore con stile relazionale evitante. La cooperazione nella coppia genitoriale mediante un’adeguata comunicazione e condivisione emotiva, può fronteggiare alle insufficienze e alle problematiche del bambino disabile affetto dalla sindrome.4 4.4 La collaborazione tra scuola e famiglia La collaborazione tra scuola e famiglia richiede una complementarietà a più livelli, riguardanti soprattutto l’importanza dell’impegno e il rispetto dei compagni. Un rapporto ottimale scuola-famiglia ha bisogno di un mediatore, cioè di una figura competente pedagogicamente e psicologicamente che abbia come compito primario quello di favorire la collaborazione tra genitori ed operatori scolastici.

4 Molinari E., Genitori e disabilità: risultati di una ricerca su un campione italiano, in Clinica psicologica in sindrome rare, op. cit. ,pp. 216-222.

Per i bambini affetti da Sindrome di Angelman, i quali sin dall’infanzia mostrano un comportamento iperattivo e un deficit a livello comunicativo e di apprendimento, la scuola ha il dovere di convogliare i servizi che essa offre verso il miglioramento di alcune abilità che in essi sono carenti: come la capacità attentiva, la mancanza di linguaggio verbale, l’autovalutazione. Data la varietà di problematiche che la sindrome comporta, la prima tappa per un efficace intervento composito e diversificato è l’individuazione di aeree specifiche sulle quali agire. E’ importante che al miglioramento di quelle capacità funzionali che nel bambino sono insufficienti, contribuisca la scuola, in particolare l’insegnante in sinergia con la famiglia. Egli per costruire un rapporto con il bimbo non deve mai farsi guidare dalla diagnosi, quanto dalla sua capacità di modificarsi attraverso la mediazione. Deve cercare di favorire in tutti modi, la realizzazione di quei prerequisiti basilari, soprattutto ambientali che possano permettere al bambino una conoscenza dell’ambiente circostante; per esempio deve cominciare a fargli sentire le cose attraverso l’esplorazione tattile, allo scopo di canalizzare l'attenzione per esempio sulle qualità di un oggetto. In tal modo l’insegnante dà la possibilità al bambino di sperimentare come le parti del corpo siano fatte per sentire, e non solo per essere agitate senza senso. 5Se si percepisce bene infatti, ci si muove bene e si può tentare di correggere o comunque di migliorare un deficit attentivo o un movimento alterato.

5 Vianello R, Influenza della famiglia sullo sviluppo psicologico di figli in situazione di handicap e rapporti tra scuola e famiglia, in Giornale italiano delle disabilità intellettive, op. cit, pp.131-134

L’insegnante deve pertanto imparare a spostare l'attenzione dal "non percepisce bene, non sta attento a tal tipo di informazioni", insomma dai processi cognitivi deficitari ai prerequisiti cognitivi presenti già nel bambino, suscitando in lui delle nuove necessità conoscitive che facciano emergere in lui nuovi comportamenti, e non "addestrarlo" invece a fare qualcosa ripetitivamente senza che per egli non abbia percepito lo scopo. La didattica, deve essere per il bambino e non sul bambino....


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