Parlare Italiano e Dialetto in Sicilia- Alfonzetti PDF

Title Parlare Italiano e Dialetto in Sicilia- Alfonzetti
Author Simona Scattina
Course Sociolinguistica dell'italiano
Institution Università degli Studi di Catania
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Parlare Italiano e Dialetto in Sicilia- Alfonzetti...


Description

Parlare italiano e dialetto in Sicilia 1 Uno sguardo al panorama europeo. Negli ultimi decenni le lingue standard si sono rafforzate. Con lingua standard ci si riferisce alla varietà di lingua codificata dalle grammatiche, che vale come modello di riferimento per l’uso corretto della lingua e per l’insegnamento scolastico. Le cause di questo rafforzamento sono: ● Modernizzazione delle società industrializzate ● Aumento livello di istruzione ● Diffusione dei mass media ● Comparsa di internet e social media Tutto ciò ha avuto conseguenze concomitanti sui dialetti locali, perché ha determinato: l'indebolimento del dialetto e la restrizione negli usi e nelle funzioni del dialetto. L’indebolimento del dialetto è un processo bidirezionale: ● da una parte i dialetti si avvicinano alla lingua standard, assimilandone molti tratti > standardizzazione; ● dall’altra la lingua standard assume tratti regionali, fenomeno che prende il nome di regionalizzazione, accoglie tratti più colloquiali prima considerati non corretti, quindi da evitare se non in contesti molto informali. ● Formazione di varietà intermedie tra lingua standard e dialetti; la restrizione negli usi e nelle funzioni del dialetto si manifesta in un processo di sostituzione della lingua (la lingua prende il posto che prima era occupato dai dialetti locali) che avviene in modo differente nei vari paesi. ● In Norvegia il dialetto locale possiede grande vitalità e i dialetti hanno una valutazione positiva e grande diffusione difatti vengono utilizzati in contesti formali e non. ● In Danimarca invece vi è una quasi totale esenzione dei dialetti locali a causa della mancata trasmissione ai giovani ● Stessa situazione nei Paesi Bassi e in Belgio dove i dialetti locali sono stati sopraffatti dal francese. ● In Francia i dialetti sono in declino anche se nei centri urbani delle periferie meridionali e settentrionali si stanno formando varietà di francese regionale. ● In Inghilterra con l’abbandono dei dialetti non si è passati ad un incremento dello standard perché sono nate diverse varietà di dialetto (inglese parlato dagli immigrati che influenza la popolazione locale). ● In Germania si ha la quasi totale scomparsa dei dialetti a favore del tedesco standard e in Spagna convivono diverse varietà regionali in competizione. ● In Svizzera negli ultimi anni si è diffuso molto l’italiano Anche se i dialetti sono minacciati, il loro indebolimento non sopprime il bisogno di esprimere la propria identità locale o regionale attraverso il linguaggio → Revival dei dialetti, un fenomeno recente che si manifesta sotto forma di rivalutazione e interesse verso l’uso dei dialetti in vari campi come la musica, teatro e nella comunicazione al computer.

2 Che cosa succede in Italia; le principali dinamiche in atto in Sicilia e in Italia: ● Forte diffusione della lingua italiana

● Formazione della varietà di italiano definita italiano popolare parlata e scritta da chi ha istruzione bassa, chi apprende italiano a scuola e come lingua madre ha il dialetto. Tratti tipici: scambio degli ausiliari, periodo ipotetico con doppio condizionale, i malapropismi... ● Ristandardizzazione dell’italiano ossia il consolidarsi di un nuovo standard (it. neo standard) che accoglie tratti della lingua parlata e tratti regionali > pronome dativale, espansione del pronome ci, indicativo si espande a spese del congiuntivo, indicativo con valore di futuro ecc... ● Formazione di varietà intermedie: a) Italiani regionali b) Dialetti italianizzati Alcuni tratti dell’italiano regionale siciliano sono oggetto preposizionale, uso di verbi intransitivi come transitivi, geosinonimi > mollica, tovaglia ecc… In questi casi si parla di regionalismi semantici. Ci sono pure i regionalismi lessicali: si tratta di parole riprese dal dialetto e italianizzate. Nell’area catanese si ha, per esempio mucco e capone, che sono le forme italianizzate dei termini dialettali muccu e capuni (in italiano bianchino e lampuga). Largamente utilizzate le frasi: calare la pasta, scotolare la tovaglia ecc… L’italianizzazione dei dialetti interessa soprattutto il lessico; ● cambiamento nella configurazione funzionale del repertorio da diglossia a dilalia: In passato in Italia esistevano due varietà: una alta, l’italiano (appreso a scuola, usato in situazioni formali) e una bassa, il dialetto (acquisito in famiglia e usato in tutti i contesti informali). Oggi la diglossia lascia posto alla dilalia (Berruto) che designa la situazione attuale: italiano acquisito in famiglia come lingua madre + adoperato in contesti informali oltre al dialetto. Da ciò ne deriva un largo uso di entrambi i codici nella conversazione: uso alterno di italiano e dialetto in uno stesso discorso da parte dello stesso parlante. Questo fenomeno prende il nome di commutazione di codice; ● grande variabilità: la regressione dei dialetti presenta forte differenziazioni interne e un alto grado di variazione in rapporto a diversi fattori: Variazione inter-regionale > nel nord ovest il dialetto è ridotto mentre nel nord est e al sud i dialetti hanno maggiore vitalità; Variazione intra-regionale >dialetto usato più in provincia che nei centri urbani; Variazione socio-demografica > i dialetti sono più parlati dai parlanti meno istruiti e dai ceti bassi, dalle generazioni anziane, dai maschi più che dalle femmine; Variazione situazionale > dialetti usati in situazioni private, informali; Revival dei dialetti > in ambiti quali insegne, poesia, teatro. Per sapere se i dialetti sono destinati a scomparire vengono fatte delle indagini sul campo che possono essere: a) Indagini di tipo qualitativo > si osserva il comportamento effettivo dei parlanti + ricerche a microlivello b) Indagini di tipo quantitavo > su larga scala, condotte per mezzo di appositi questionari. La lingua è un idioma che viene parlato in tutto il territorio nazionale, ha funzione unificatrice, è codificata dai dizionari, ha una lunga tradizione scritta, gode di maggior prestigio ed è elaborata nel lessico. Il dialetto ha diffusione ristretta, non è codificato dalle grammatiche, è usato a livello orale in contesti informali. 3 Come si comportano i parlanti in Sicilia? La prima cosa che si è notata analizzando attentamente le registrazioni è l’alta frequenza di commutazione di codice o code switching > passaggio da un sistema linguistico all’altro all’interno di uno stesso episodio comunicativo da parte dello stesso parlante: il parlante quindi passa dall’italiano al dialetto o viceversa all’interno della stessa conversazione. Da non confondere con l’alternanza di codice > scelta di un codice diverso a seconda delle situazioni o degli ambiti in cui ci si trova a interagire: famiglia, scuola, lavoro, amici ecc… La c.d.c non va confusa nemmeno con la variazione stilistica > uso di stili o registri più o meno formali della stessa lingua a seconda della situazione. “Mi passi il sale?” “Le dispiace porgermi il sale, per favore?”. La c.d.c va anche distinta dai prestiti dal dialetto, sia dai regionalismi semantici che lessicali. Mentre le commutazioni ricorrono una tantum nel discorso di un singolo parlante, i regionalismi sono invece caratterizzati da frequenza d’uso e diffusione comunitaria. La commutazione può essere utilizzata solo da chi conosce italiano e dialetto e può essere classificata dal punto di vista sintattico in: 1. Inter-frasale quando il passaggio da un codice ad un altro avviene tra una frase e l’altra 2. Intra-frasale quando il passaggio di codice avviene all’interno della stessa frase 3. Extra-

frasale quando vengono commutati elementi non strettamente legati alla frase dal punto di vista sintattico come per esempio gli allocutivi > “Che dite ce ne andiamo, carusi?”, o i cosiddetti segnali discorsivi, elementi con cui si segnala l’inizio/la fine del discorso o si attira l’attenzione dell’interlocutore > “Certo, vadda, la facciata non è che sia male…” Perché si passa da un codice ad un altro? In alcuni casi le commutazioni hanno una funzione specifica per esempio enfatizzare un concetto, esprimere uno stato d’animo; in altri il parlante conoscendo bene entrambi i codici spontaneamente passa dall’uno all’altro senza neanche accorgersene. Parlando si commuta codice in base alle preferenze linguistiche/competenze del parlante, al contesto all’interno del discorso e ai valori socio-simbolici dei codici nel repertorio. Le funzioni della commutazione di codice dall’italiano al dialetto e viceversa si classificano in: 1. Commutazione di codice connessa ai parlanti 2. Commutazione di codice connessa al discorso. La commutazione connessa ai parlanti dipende dalle conoscenze linguistiche (una scarsa conoscenza di uno dei due codici costringe il parlante a passare all’altro). Teoria dell’accomodamento: due interlocutori con conoscenze sbilanciate tentano di adeguarsi l’uno all’altro. Un parlante può modificare il proprio modo di parlare per ridurre le differenze con l’interlocutore > Convergenza. Il caso contrario > Divergenza in cui si possono accentuare volutamente le differenze per sottolineare l’appartenenza a un gruppo sociale diverso. Nella commutazione di codice connessa al discorso invece il parlante passa dall’italiano al dialetto o viceversa per una serie di motivi che hanno a che fare con la maniera in cui è organizzata la conversazione. Esaminiamo alcuni casi. Commenti quando raccontiamo una storia capita di voler differenziare la narrazione degli eventi in senso stretto da un commento, in cui si dà una valutazione personale di quegli stessi eventi > commento personale. Quando si parla capita di dire qualcosa che non c’entra niente con il filo conduttore del discorso, anche in questo caso il parlante può passare all’altro codice per sottolineare che quanto sta dicendo è marginale rispetto all’argomento principale > commento marginale Cambio di argomento può essere annunciato dal passaggio dall’italiano al siciliano (o viceversa) Citazione quando si vogliono riportare le parole di qualcun altro sotto forma di discorso diretto o indiretto vi è un cambiamento di codice. Lo si fa per mantenersi fedeli alla lingua adoperata dal parlante che viene citato, tuttavia può accadere il caso opposto, nel senso che si riportano le parole di un altro parlante usando un codice che questi non aveva usato. Ripetizione il parlante per rafforzare quello che ha detto in uno dei due codici, lo ripete subito dopo nell’altro codice, con le stesse parole o con delle aggiunte. Nella maggior parte dei casi visti sin qui, la direzione verso cui si commuta non è così importante; ciò che conta è creare un contrasto tra due codici diversi. > reversibilità della direzione. Funzione espressiva ci sono tuttavia delle circostanze nelle quali la direzione è molto importante: quando si vuole esprimere uno stato d’animo, un’emozione, un atteggiamento negativo o positivo verso il destinatario o verso ciò di cui si sta parlando il parlante commuta prevalentemente in direzione del dialetto, perché questo serve a esprimere in modo più efficace il loro stato d’animo, che può essere di gioia, paura, tenerezza, rabbia ecc… Titoli di cortesia la direzione della commutazione è importante anche quando si usano appellativi o titoli di cortesia (generici, indicanti la professione). Si è notato che tutti coloro che parlano in dialetto passano regolarmente all’italiano nel pronunciare uno di questi appellativi > si parla in italiano per manifestare cortesia e rispetto nei confronti dell’interlocutore, mostrando così di conoscere le buone maniere. Appellativi di solidarietà quando si usano appellativi che esprimono solidarietà e vicinanza con l’interlocutore, non è raro che si passi al dialetto. Ci accorgiamo allora che si può passare da un codice all’altro in qualsiasi punto del discorso e in qualsiasi punto della stessa frase. Questa grande libertà e disinvoltura nel passare da un codice all’altro è favorita da 2 condizioni: ● l’assenza di conflittualità tra coloro che parlano italiano e coloro che parlano dialetto; la maggior parte dei parlanti sa parlare entrambi i codici e passa dall’uno all’altro senza remore; nelle situazioni informali i parlanti sono liberi di scegliere se parlare italiano o dialetto, entrambe le scelte sono possibili e ritenute appropriate.

● italiano e dialetto sono due codici distinti ma imparentati, perché derivano entrambi dal latino parlato o volgare > hanno quindi molti elementi in comune nella grammatica e nel lessico che favoriscono il passaggio. (campagna e acqua sono termini sia dialettali che italiani). Si potrebbe dire che questo passaggio da un codice all’altro venga “innescato”, per così dire, da queste parole uguali nei due codici. Questo fenomeno in inglese viene chiamato triggering. C’è tuttavia un punto da approfondire: il comportamento dei giovani e il ruolo che il dialetto riveste nella loro modalità di comunicazione. Sostengono i sociolinguistici la fascia d’età cruciale per le sorti del dialetto, per la sua sopravvivenza, è quella giovanile. 4 Il dialetto e i giovani Differenze tra generazioni dovute all’età. Nelle situazioni migratorie distinguiamo: ● La Prima generazione di migranti che resta maggiormente legata alla lingua, materna, che è quella che conosce e pratica al meglio ● La Seconda generazione formata dai figli nati nel paese dove si sono spostati i genitori e ha un comportamento diverso in base a come è stata trasmessa la lingua d’origine e quindi dal grado di mantenimento di questa. ● La Terza generazione in molte comunità migratorie rappresenta lo stadio finale di un processo di sostituzione di lingua, infatti i parlanti diventano monolingui nella nuova lingua. In Sicilia: il dialetto è componente fondamentale nel linguaggio giovanile. Il linguaggio giovanile è il modo di adoperare la lingua da parte degli adolescenti e post-adolescenti quando comunicano tra di loro per parlare di temi legati alla loro condizione: scuola, amore, sesso ecc... Esso ha come base l’italiano colloquiale > la lingua informale adoperata ogni giorno + elementi gergali, termini di lingue straniere. Il linguaggio giovanile ha tre funzioni: a) Funzione identitaria: il suo uso sottolinea l’appartenenza al gruppo, delimitandolo dal mondo degli adulti b) Funzione di auto-affermazione: poter esprimere la propria identità ma anche l’eccentricità individuale c) Funzione ludica: per divertire e dare sfogo alla fantasia. Quanto usano il dialetto i giovani? come e perché? Inchiesta con questionario somministrato a 1.300 parlanti provenienti da vari centri della Sicilia, di età compresa tra i 14 e 25 anni, di ambo i sessi, con diversa estrazione sociale. Esso è diviso in due parti: 1) La prima parte contiene una serie di domande che creano come una carta di identità linguistica della persona intervistata (uso dell’italiano e dialetto nelle varie situazioni, la lingua materna, dove e quando è stato appreso il dialetto, se gli è mai stato proibito parlare dialetto ecc...) 2) La seconda parte raccoglie dati sul singolo intervistato (età, sesso, stato civile, composizione del nucleo familiare, professione genitori e fratelli, eventuale convivenza con i nonni o altri parenti anziani) Ciò che emerge è che i giovani dichiarano di parlare più italiano che dialetto e si fa una distinzione fra i due domini principali: ambito della famiglia e quello esterno alla famiglia. In famiglia: si parla italiano e dialetto, tuttavia nell’Italia contemporanea la famiglia non è più un ambiente omogeneo perché al suo interno vi sono significative differenze tra generazioni > infatti si fa una distinzione sulla base dell’età in cui si distinguono 4 generazioni: i nonni, i genitori, i fratelli-nipoti-cugini più piccoli. Inoltre vi sono differenze nel comportamento linguistico: con i nonni: drastica riduzione di coloro che parlano dialetto con i nonni; è aumentato tuttavia l’uso alterno dell’italiano e dialetto siciliano > fenomeno in tutta Italia non solo in Sicilia. con i genitori: stessa situazione dei nonni. con i fratelli coetanei: diminuisce la quantità di chi usa il dialetto e aumenta quella di chi dichiara di parlare l’italiano oppure entrambi. con fratelli, nipoti, cugini piccoli: la tenera età dell’interlocutore determina un quasi totale azzeramento dell’uso del dialetto. Le due tendenze generali sono dunque le seguenti: 1. l’uso del dialetto diminuisce via via che si passa dalla generazione dei nonni, quella dei genitori, a quella dei figli, cioè gli intervistati;

2. l’uso dell’italiano aumenta di molto con il diminuire dell’età dell’interlocutore. All’interno della famiglia si verifica una rottura sociolinguistica, dal momento che gli intervistati non usano il dialetto e l’italiano alla stessa maniera dei loro genitori/nonni. Vi è un processo di sostituzione della lingua > l’italiano prende il posto del dialetto > l’uso del dialetto si restringe a favore dell’italiano. Il dialetto può sopravvivere solo se i genitori lo tramandano ai figli. Nonostante ciò è in aumento la quantità di parlanti che è in grado di usare sia l’italiano che il dialetto. Fuori dalla famiglia: come si comportano i giovani intervistati con amici, partner, medico, insegnanti, estranei. Con gli amici dichiarano di parlare italiano e dialetto o solo italiano; quasi nessuno parla solo italiano. Con i partner e i colleghi prevale l’uso dell’italiano. Con il sacerdote, medico, insegnanti e negli uffici/negozi prevale l’uso dell’italiano. Con bambini piccoli quasi tutti i giovani intervistati dichiarano di parlare italiano quando si rivolgono a un bambino. Osservazioni generali sull’uso del dialetto nei contesti esterni alla famiglia: ● rafforzamento dell’uso dell’italiano ● l’uso del dialetto diminuisce via via che si passa dalle circostanze più intime e informali a quelle più formali ● la giovane età dell’interlocutore determina una decisa impennata dell’italiano: con i bambini si parla in italiano sia in famiglia che fuori. La lingua del pensiero: Tutti i giovani di ceto alto pensano in italiano, tutti quelli di ceto basso pensano sia in italiano che in dialetto. La lingua madre: Chi ha retroterra sociale alto ha cominciato a parlare italiano a differenza di chi ha retroterra socio-culturale basso. Rimproveri e proibizioni: molti giovani intervistati dichiarano di essere stati rimproverati se da piccoli parlavano in dialetto e i motivi sono due: a) Timore che il siciliano interferisca sull’apprendimento dell’italiano, ostacolandolo e peggiorando il rendimento scolastico dei figli. b) Convinzione che il dialetto sia volgare e non debba essere adoperato dalle persone per bene, soprattutto dalle bambine. L’idea che il dialetto sia un idioma prevalentemente “maschile” si ritrova anche fuori dalla Sicilia: alcuni studi condotti in altre parti d’Italia hanno mostrato che il dialetto è considerato un codice che esprime viralità e aggressività. Gli intervistati desiderano però che i loro figli un giorno imparino sia l’italiano che il dialetto perché esso rappresenta la tradizione locale e perché possiede bellezza, genuinità e ricchezza. Si dichiarano dispiaciuti all’idea della sua scomparsa, a differenza dei giovani appartenenti a ceti sociali più bassi, per i quali la prima lingua è il dialetto, i quali sono indifferenti ad un eventuale futura scomparsa dell’idioma locale. Il dialetto viene appreso dai compagni di scuola, da un gruppo di amici, quindi chi parla italiano in famiglia impara successivamente il dialetto come seconda lingua. I giovani quindi viaggiano in entrambe le direzioni: dall’italiano al dialetto e viceversa. Quelli che hanno cominciato a parlare dialetto in famiglia, apprendono l’italiano a scuola. La popolazione giovanile in Sicilia è quindi bilingue: conosce sia l’italiano sia il dialetto. Ma come parlano il dialetto i giovani? Bisogna perciò analizzare e vedere come parlano, quanto dialetto usano, quando, perché. Si notano delle differenze nei modi in cui gli adolescenti usano italiano e dialetto nei loro discorsi e ciò dipende da due fattori: la provenienza e il retroterra socio-culturale. 1) PRIMO STILE: è tipico dei giovani che abitano in città o in un paese di grandi dimensioni con retroterra socioculturale medio alto. Adoperano l’italiano in situazioni informali, il passaggio al dialetto non è molto frequente attraverso singole parole o brevi e semplici frasi, conoscenza del dialetto minima. 2) SECONDO STILE: caratterizza i giovani di provincia o città con retrote...


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