Quando IL Cinema NON C\'ERA PDF

Title Quando IL Cinema NON C\'ERA
Course Cinema e arti visive
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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QUANDO IL CINEMA NON C’ERA INTRODUZIONE La CAMERA OSCURA si può considerare come il vero antenato del dispositivo cinematografico? Solo in parte. Se è innegabile, infatti, una coerenza tecnologica tra la camera oscura e la cinepresa, in quanto mezzi in grado di riprodurre meccanicamente le immagini in movimento della realtà, è altrettanto evidente che la natura delle loro immagini non è la stessa. Per una ragione: in un caso siamo in presenza di labili riflessi ottici, mentre nell’altro c’è tutta la materialità della chimica che, con le sue trasformazioni, riesce a tramutare i raggi di luce in impronte durevoli. È quindi un’altra la relazione che lega la camera oscura al cinema; essa riguarda l’ILLUSIONE OTTICA: la SCIENZA OTTICA. Le prime teorie sul funzionamento dell’occhio, sulla luce e sulle immagini risalgono all’antica Grecia, in particolare a Pitagora, che nel VI secolo a.C., sosteneva che l’occhio inviasse raggi visuali, pensati come rette, a esplorare l’ambiente esterno. Intorno al 300 a.C. Euclide, sostenendo le teorie di Pitagora, diede vita all’OTTICA GEOMETRICA. Nei secoli successivi, l’ottica geometrica viene sviluppata nel mondo islamico, e grazie ad Alhazen, si arriva all’idea che ogni punto emetta infiniti raggi luminosi, ma solo il cono di raggi che convergono nell’occhio determinano la visione. Grazie al suo studio, si riuscì a spiegare il funzionamento dell’occhio, ovvero come le immagini vengono focalizzate sulla retina attraverso il cristallino. Keplero, nel 1604, espose nelle sue pubblicazioni, quella che è oggi l’ottica geometrica moderna. Nel 1873 Maxwell dimostrò per via teorica la natura ELETTROMAGNETICA della luce, e nel 1905 Albert Einstein dimostrò che essa si comporta come minuscoli corpuscoli, chiamati FOTONI. La risoluzione del problema della luce come particella o come onda si risolse pochi anni dopo con lo sviluppo della MECCANICA QUANTISTICA, che spiegò come la luce si comportasse sia da particella che da onda elettromagnetica. LA CAMERA OSCURA Il fenomeno empirico della CAMERA OSCURA è noto fin dall’antichità (vedi Euclide). Per molto tempo, tuttavia, esso è sostanzialmente sfruttato per osservare le eclissi solari. La camera oscura era in origine una stanza che aveva un piccolo foro in una delle pareti, e nessun’altra fonte di luce. Praticando questo foro in direzione di un soggetto ben illuminato, e facendo quindi in modo che la luce del mondo esterno entri dal buco sul muro, si ottiene un’immagine proiettata e ingrandita del soggetto, sulla parete opposta. L’immagine risultava capovolta e ben poco nitida. Comunque, solo dal Quattrocento in poi se ne sottolinea questo potere di riprodurre le immagini della vita che ci circonda, perché nell’antichità il fenomeno era utilizzato per studiare le eclissi. Dal Quattrocento in avanti, il processo fisiologico della visione verrà spiegato sempre più spesso facendo ricorso a questo particolare fenomeno empirico a tal punto da farlo diventare, nel corso del Seicento e del Settecento, il modello più utilizzato nel campo dell’ottica fisica, la metafora per definizione dell’occhio e del suo funzionamento. Parallelamente si intuiscono le possibili applicazioni del fenomeno in ambito artistico: diventa così oggetto di studio in tutto il filone di ricerche sulla prospettiva pittorica. La camera oscura incomincia così a essere annoverata tra i mezzi utilizzati nella pratica pittorica per la soluzione di alcuni problemi prospettici. Essa viene vista come uno strumento ideale di riproduzione mimetica della realtà. Keplero, a inizio 1600, mette a punto la prima CAMERA OSCURA TRASPORTABILE a tenda. A poco a poco le pareti dell’originaria stanza si sono ridotte fino a diventare una scatola all’interno della quale appaiono immagini di sorprendente luminosità e naturalità. Il fenomeno empirico viene quindi applicato a un dispositivo che consente di sfruttarlo al meglio e più agevolmente. Vi è una continuità di carattere tecnologico tra la cinepresa e la camera oscura come mezzi che riproducono meccanicamente le immagini in movimento della realtà intorno a noi; la differenza sta nel fatto che in un caso le immagini ottenute sono durevoli, mentre nell’altro sono labili. Il nesso tra la cinepresa e la camera oscura implica altresì un passaggio intermedio con la MACCHINA FOTOGRAFICA, fondata sul medesimo principio ottico e in grado di rendere i riflessi del mondo esterno permanenti, anche se fissi e inanimati. Le immagini che si formano grazie alla cinepresa non si formano solo grazie a un dispositivo che prende le mosse dall’antica camera oscura: perché esistano è necessario un PROCESSO CHIMICO che consenta alla luce di agire sulle sostanze sensibili della pellicola e di fissare così, permanentemente, gli effimeri riflessi che si creano all’interno della cinepresa. La camera oscura, nel tempo, diventa non solo un mezzo per riflettere le immagini del mondo esterno, ma anche una macchina per proiettare scene appositamente ricreate. LA CATOTTRICA Oggetto di studio della CATOTTRICA sono i fenomeni della RIFLESSIONE della luce sugli specchi (Euclide è tra i primi a interessarsi ad essa). Nel 1600, Kircher, un gesuita, lega gli artifici degli specchi a pratiche e finalità religiose, dimostrando come le immagini semoventi riflesse o proiettate possano essere utilizzate con intenti educativi e persuasivi. Gli specchi piani, se intersecati tra loro, producono infatti un effetto di MOLTIPLICAZIONE delle immagini riflesse. Ad esempio, ponendo nello spazio interspeculare un modellino raffigurante un drago, appaiono moltissimi draghi. Kircher costruisce un congegno, il TEATRO CATOTTRICO POLIDITTICO, che oltre all’effetto di moltiplicazione, presenta un apparato di fantasmi scenici, che consente di osservare, riflessi negli specchi interni alla

macchina, i continui cambiamenti di scene costruite sulle facce di un poliedro: muovendo la manovella esterna a cui è collegato appaiono, su un lato, una città ideale ricca di sontuosi palazzi e infiniti ordini di colonne, su un altro, tesori inesauribili. Basta usare modellini di piante, case, ori, libri, addirittura animali, e vederli moltiplicati sulle pareti speculari. Kircher consente inoltre di sperimentare in prima persona le trasfigurazioni allestendo una piccola stanza di specchi (l’equivalente in un formato assai più grande di una scatola catottrica) dove lo spettatore è sottoposto a una serie di trasformazioni. Le metamorfosi della figura umana, da qui in poi, ritornano come tema conduttore di altri artifici della magia catottrica accomunati dal segno dell’ILLUSIONE. LA LANTERNA MAGICA La LANTERNA MAGICA è una piccola scatola attrezzata con una fonte di luce artificiale, uno specchio concavo posteriore e un sistema di lenti. Essa consente di proiettare su una superficie bianca le immagini ingrandite di vetri dipinti con colori trasparenti. Svolge, sul profilo tecnologico, una funzione complementare a quella della camera oscura: la lanterna magica proietta infatti all’esterno immagini create ad hoc, mentre si è visto che la camera oscura riproduce sulla parete interna opposta al foro i riflessi delle immagini del mondo intorno a noi; tra le due macchine esiste lo stesso carattere di reciprocità che possiamo riscontrare oggi tra il proiettore e la cinepresa. I riflessi della lanterna magica non restituiscono le forme del mondo intorno a noi, ma l’effigie gigantesca di una realtà appositamente ricostruita: quella di una piccola immagine dipinta su un vetro, che il sistema di lenti può ingrandire a dismisura sullo schermo. Mentre la camera oscura nasce come mezzo di riproduzione e rappresentazione della realtà circostante, la lanterna magica nasce invece come mezzo di creazione e raffigurazione di una realtà artificiale. La lanterna magica si connota come una macchina da SPETTACOLO all’atto stesso della sua comparsa, proprio perché amplifica e drammatizza qualsiasi immagine si voglia raffigurare. Il primo riferimento indiretto alla lanterna magica risale al 1659, anno in cui il matematico e astronomo Huygens schizza in un manoscritto lo studio preparatorio per la realizzazione di quello che possiamo considerare il primo vetro animato da proiettare. La sua esperienza nasce in un clima culturale già familiarizzato con la sperimentazione di dispositivi ottici basati sulle proprietà degli specchi e delle lenti e volti a creare illusorie apparenze dotate di vita propria. Kircher aveva illustrato nel 1646 un dispositivo per la proiezione, formato da uno specchio piano e una lente, che si serviva della luce del sole: bastava dipingere al contrario sullo specchio un’immagine o una frase per vederla proiettata sulla parete di una camera buia. Huygens mette a punto un apparato ottico che si caratterizza come un prototipo di lanterna magica, e la macchina si diffonde in pochissimo tempo. Pur nascendo come dispositivo fondato su precise leggi scientifiche, la nuova invenzione finisce per apparire magica, soprannaturale. Questa è probabilmente una delle ragioni del suo successo. Si tratta di un apparecchio di facile uso, capace di stupire, impaurire, suscitare emozioni profonde, sedurre gli spettatori. All’aggettivo MAGICA, se ne è aggiunto un altro: TAUMATURGICA, che non solo rimanda alle eccezionali proprietà soprannaturali delle immagini luminose ma rievoca modalità di esibizione e di messa in scene consuete per chi seguiva la tradizione della MAGIA NATURALE (studio dei fenomeni incomprensibili offerti dalla natura). La lanterna taumaturgica appare tale perché può essere uno strumento capace di produrre meraviglie, per chi la utilizza e ne conosce il segreto, e perfino una macchina che fa prodigi agli occhi di chi ne osserva gli effetti senza capire il meccanismo. Nel caso di Kircher si aggiunge l’elemento religioso educativo. Se le mirabili visioni degli artifici catottrici consentono di celebrare il Cristo, allo stesso modo le qualità prodigiose della lanterna magica sono finalizzate all’educazione e cristianizzazione degli spettatorifedeli di Dio e la macchina taumaturgica diventa un efficace strumento funzionale al processo di evangelizzazione. Qualsiasi immagine la lanterna proietti ha il vantaggio di essere comprensibile a tutti e il suo linguaggio sembra non avere limiti di spazio e di tempo. Essa offre una risposta ideale al problema dell’elaborazione di una lingua parlata universale (molto sentito nel Seicento), utilizzando riferimenti iconografici facilmente riconoscibili. Con la lanterna magica si sottolinea la prerogativa di coinvolgere lo spettatore su un piano emotivo. Una prerogativa che, se alle origini dello strumento appare riconducibile al contesto in cui la macchina si afferma e ne conferma anzi le profonde aderenze con il barocco, in seguito si palesa sempre più come intrinseca alla macchina stessa: lo dimostra proprio la sua singolare efficacia nel tempo di mezzo conturbante che mette psicologicamente in gioco lo spettatore, ne sollecita l’adesione, lo seduce e lo persuade, può addirittura portare a uno sconvolgimento dei sensi. Per diverso tempo, la lanterna magica rappresenta un evento inspiegabile per gli spettatori, carico di aspetti emozionali, e così anche lo spettacolo di FANTASMAGORIA: esso verrà vissuto come un evento sovrannaturale che non appartiene né alla sfera della natura né a quella dell’arte, una di quelle cose non reali che tuttavia hanno una forte rassomiglianza con quelle reali. Nello stesso periodo in cui si percepiscono le prime immagini luminose come un’esperienza spettacolare e percettiva sconvolgente, si assiste in ambito scientifico a una definitiva riabilitazione dell’originaria natura ottica della macchina. Sturm, insegnante universitario di fisica e matematica, definisce la lanterna magica come MEGALOGRAFICA, capace cioè di proiettare immagini alte tre metri circa, “che fanno apparire una mosca grande come un elefante”. Per molti anni si continua a oscillare tra chi gioca sulla natura magica dell’apparecchio, sfruttandolo ad uso e consumo del popolo, e chi invece rivendica la vocazione scientifica della lanterna. Nel corso degli anni, poi, si è cercato sempre più di superare la fissità “innaturale” della figura sullo schermo per mostrarla in azione e si sono studiati sistemi meccanici più o meno

semplici in grado di far muovere i vetri sovrapposti. In questo clima, si sperimentano altre nuove applicazioni della lanterna magica, ad esempio il MICROSCOPIO SOLARE, che mostra sullo schermo gli ingrandimenti giganteschi di alcuni soggetto microscopici, o le SCATOLE OTTICHE, che possono svolgere una funzione di strumento di conoscenza della realtà. Se si guarda ai soggetti raffigurati nelle VEDUTE OTTICHE (stampe caratteristiche) si può notare come esse siano soprattutto luoghi e città del mondo reale. Le scatole ottiche appaiono come un prodotto della CULTURA ILLUMINISTA SETTECENTESCA. Le scatole ottiche richiamano i congegni catottrici del Seicento, ma ancor più di essi e delle lanterne magiche, rappresentano per lo spettatore che guarda al di là della lente, un vero e proprio microcosmo teatrale che raffigura il mondo. Le immagini della lanterna magica si ergono all’improvviso sullo schermo davanti a un pubblico di spettatori seduti nella sala buia, e per questo li inebriano e li disorientano, avvolgendoli nella loro potenza illusoria e magnetica. Le immagini megalografiche proiettate dalle scatole ottiche, invece, si rivelano solo a chi si accosta verso la lente. Le prime si esibiscono a un pubblico, mentre le altre appaiono al singolo spettatore. Le scatole ottiche, nel tempo, diventano un passatempo personale. Esse saranno anche utilizzate per indicare con efficacia concetti e fenomeni complessi legati a stati psichici e modalità percettive: “mi sembra di essere davanti a una scatola ottica, guardo gli uomini davanti a me, e spesso mi chiedo se non si tratti di un’illusione ottica”. Diventa quindi metafora della mente e dei suoi meccanismi psicologici. I PANORAMI Robert Barker brevetta a Londra nel 1787 un edificio circolare con un’immensa veduta dipinta su una superficie estesa a 360 gradi: il PANORAMA. “Il pittore ha saputo restituire un effetto illusionistico tale da dare allo spettatore la sensazione di osservare, quasi fosse vera e in dimensioni reali, le città di Londra.” Il panorama nasce come SPETTACOLO ILLUSIONISTICO. Nel panorama, l’occhio dello spettatore è posto al centro dell’immagine: un’immagine che lo circonda (essendo esibita in un edificio circolare) e che viene osservata dall’alto di una piattaforma collocata in mezzo alla rotonda e a un’altezza tale da restituire l’impressione di stare di fronte allo stesso paesaggio raffigurato dal pittore. Rafforzano l’effetto di illusionismo l’illuminazione e i contrasti di luce e ombra. Molti esponenti della critica e della cultura si esprimono però in termini sfavorevoli nei confronti del panorama. Molti di loro considerano l’illusionismo assoluto del panorama come un inganno frutto dell’abilità tecnica. Il pubblico popolare invece accoglie con entusiasmo la promessa di viaggi visivi insoliti. Molte città (Londra, Berlino, New York, Vienna...) si dotano in breve tempo dei panorami. Guidato dall’esterno fin sulla piattaforma centrale, attraverso un corridoio completamente oscuro che allontana dalla luce naturale, lo spettatore passa senza soluzione di continuità dal buio alla vista del dipinto illuminato: il panorama gli appare allora in tutta la sua maestosa ampiezza e luminosità. Chi guarda si persuade di essere di fronte alla realtà, di poterla conoscere e possedere. Questa modalità di visione riflette il clima di un’epoca caratterizzata da una vocazione diffusa a scoprire, con un colpo d’occhio, la realtà nella sua interezza e a fare in tal modo dell’organo della vista un onnipotente strumento di controllo del mondo. L’assenza di suoni e di movimento, tuttavia, renderanno il panorama uno spettacolo obsoleto e superato da altre forme di rappresentazione. Nascono altri spettacoli in seguito al successo del panorama: i MOVING PANORAMAS in cui lo spettatore è trasportato da una località all’altra in un viaggio da farsi in battello, in treno o in una nave, e il DIORAMA di Daguerre, che si propone di simulare le variazioni progressive di luminosità, i contrasti chiaroscurali e le armonie cromatiche che accompagnano lo scorrere naturale della vita. Con la grande veduta a 360 gradi condividono le finalità illusionisticospettacolari e le caratteristiche mimetiche della raffigurazione. I Moving Panoramas e il diorama offrono allo spettatore una rappresentazione DINAMICA (e non più statica) della realtà e ripristinano la consueta modalità di visione in asse. Paiono così rispondere, a differenza dei panorami, ad altre istanze della cultura contemporanea: quella di simulare e mettere in scena lo scorrere della vita e, insieme, quella di ricostruire figurativamente il movimento, in risposta alla diffusa attenzione per la dinamicità del mondo reale; una dinamicità tanto più sentita in un’epoca di profonde trasformazioni, in cui nuovi rivoluzionari mezzi di locomozione stravolgono la percezione del mondo. Nati all’inizio dell’Ottocento, i Moving Panoramas mostrano agli spettatori una sequenza ininterrotta di immagini di grandi dimensioni. Allestito per la prima volta a Parigi nel 1822 da due pittori francesi, Bouton e Daguerre, il diorama coniuga la tradizione delle vedute a 360 gradi con alcune precedenti applicazioni della messa in scena teatrale. Nasce così uno spettacolo di grande impatto visivo che, come i Moving Panoramas, offre una risposta al problema della staticità della pittura panoramica introducendo nella rappresentazione la dimensione dello scorrere del tempo. Le prime due vedute disegnate da Daguerre e Bouton mostrano agli spettatori il suggestivo spettacolo dei cambiamenti atmosferici determinati dall’arrivo di un temporale e l’interno della cappella della Trinità nella cattedrale di Canterbury, oscurata a poco a poco dal passaggio delle nuvole. Il diorama diventa sempre più suggestivo grazie all’introduzione di un apparato illumino-tecnico che progredisce via via e che porta alla messa a punto di “effetti speciali”. È il caso del DIORAMA A EFFETTO DOPPIO, realizzato da Daguerre nel 1834, le cui immagini trasparenti si trasformano radicalmente o si sovrappongono al soggetto di partenza, con giochi di dissolvenza o di sovrimpressione che ritroveremo pochi anni dopo anche tra le proiezioni della lanterna magica e che anticiperanno di molti decenni tecniche cinematografiche analoghe. Sulla scia del successo che le trasparenze e le dissolvenze degli effetti dioramici hanno, sono inoltre prodotte e immesse

sul mercato alcune stampe trasparenti che si ripropongono in piccoli alcuni semplici giochi illusionistici esibiti nello spettacolo di Daguerre. Se con i panorami si assiste alla centralità del soggetto e del suo sguardo, totale e dominante, con il diorama di Daguerre e con tutti i dispositivi derivati, prevale invece la realtà messa in scena, con le sue immagini mutevoli. Ennesimo dispositivo spettacolare che chiude le esperienze della visione con il panorama e proseguite con i Moving Panoramas e il diorama, è il KAISERPANORAMA, una sorta di imponente struttura circolare in legno che presenta una serie di coppie di lenti (corrispondenti ad altrettante postazioni per gli spettatori, collocati di fronte), intorno alla quale uomini e donne osservano con curiosità ciò che appare oltre le lenti. Aperto al pubblico per la prima volta a Bratislava, nel 1880, dal tedesco Fuhrman, il Kaiserpanorama presenta delle vedute fotografiche in 3D (di città, paesaggi esotici o recenti importanti avvenimenti) che appaiono al di là di ogni singola coppia di lenti: il semplice sistema ottico funziona come uno STEREOSCOPIO, il visore ideato dal fisico Wheatstone che restituisce un effetto tridimensionale dell’immagine osservata. Il Kaiserpanorama consente una visione individuale a più spettatori contemporaneamente. La fortuna del nuovo dispositivo per la visione è tale da indurre Fuhrman a mandare un gruppo di fotografi dappertutto, per immortalare vedute di luoghi più o meno lontani, o eventi storici, in migliaia di immagini in 3D destinate alla rete dei quasi 250 Kaiserpanorama aperti nel corso del anni. Uno degli ultimi chiude nel 1939 a Berlino. FANTASMAGORIA Fantasmagoria (evocazione di fantasmi) è uno SPETTACOLO realizzato da Philidor. Esso è realizzato con una lan...


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